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4- TRE ARGUTE RIFLESSIONI SUL REFERENDUM SVIZZERO CONTRO I MINARETI

da I Tre Sentieri

Il recente referendum riguardante la costruzione dei minareti sul territorio svizzero ci spinge a fare qualche riflessione. Lo facciamo perché siamo convinti che l’esito di questo voto non solo non sia preoccupante (come è stato invece affermato da più parti), ma addirittura interessante e pieno di speranza. Le riflessioni che faremo sono tre.

PRIMA RIFLESSIONE

Si è detto – ed è vero - che ciò che ha spinto la maggioranza degli svizzeri a votare contro la costruzione di nuovi minareti sia stata la preoccupazione che venisse intaccato il “volto” del tipico paesaggio svizzero: paesini di montagna con campanili e non certo con le torrette delle moschee. Ora, andando ad analizzare una motivazione di questo tipo, ci sembra che essa ci fornisca degli elementi molto interessanti che smentiscono tante impostazioni sociologiche dominanti. La Svizzera è uno Stato con una ricchezza procapite più che buona, così come il tasso di alfabetizzazione è al 99%. Solitamente si crede che la ricchezza porti alla secolarizzazione e un alto tasso culturale ad una prospettiva laicista e relativista. Ebbene, un simile risultato smentisce totalmente queste convinzioni. Il popolo svizzero – ricco e istruito - ha votato affinché l’identità culturale del territorio non andasse perduta. Un’identità indiscutibilmente legata alle radici cristiane. Insomma, tale voto ha fatto capire che l’affezione identitaria è tutt’altro che rimuovibile dalla natura umana e che questa non si riduce solo alla promozione e salvaguardia di qualche uso e costume (o addirittura di qualche semplice ricetta gastronomica locale), ma a qualcosa di più: ad un sistema valoriale e di giudizio che va ben oltre il vivere nel momento presente ma che invece riconduce al destino eterno.

Dire no ai minareti ha significato implicitamente dire di sì ai campanili, nella convinzione cioè che non è possibile conservare un’affezione alla propria terra che non sia anche affezione alla storia della propria terra e alle scelte culturali e religiose dei propri padri. Riguardo a questa motivazione c’è stato chi da parte cattolica ha storto il naso, obiettando: si è trattato di una difesa di tipo formale a cui non corrispondono scelte concrete nella propria vita, infatti il popolo svizzero è anch’esso molto secolarizzato. E’vero: si tratta di una scelta formale, che non certo risolve il problema dell’evangelizzazione. Ma – attenzione - si tratta di una scelta che fornisce una speranza.

Sapere che chi non è più praticante (o lo è a fasi alterne) decida comunque di difendere le radici cristiane del proprio territorio non risolve certo il problema più importante (che è quello della Vita di Grazia), ma fa capire ancora meglio quanto la missione evangelizzatrice (in questo caso dovremmo dire ri-evangelizzatrice) sia non solo urgente ma anche capace di avere successo. Nell’uomo di buon senso – anche se pieno di cose e tutto concentrato in una sorta di ateismo pratico- rimane sempre il desiderio di rispondere seriamente alla propria vita e di trovare questa risposta non in una dimensione astratta ma dentro la sua vita, in mezzo ai suoi luoghi cari, nelle sue abitudini, in quello che incontra ogni giorno, nella sua storia quotidiana.


SECONDA RIFLESSIONE

La motivazione della salvaguardia del paesaggio è stata importante ma non determinante. Dagli studi effettuati sul voto si è visto che sono state soprattutto le donne a dire no alla costruzione di nuovi minareti (cfr.Libero del 2 dicembre scorso). Seguiteci in questo ragionamento. Nel 1948 a salvare l’Italia dalla sovietizzazione fu soprattutto il voto femminile, ciò perché le donne furono più sensibili alle indicazione dei parroci. Infatti, il Partito Comunista Italiano era prima favorevole alla concessione del voto alle donne poi fece marcia indietro, ben sapendo che questo voto sarebbe stato più “cattolico”. Ciò, tutto sommato, è ancora adesso. Basta prendere in considerazione il fatto che le messe festive (e ancor più quelle feriali) sono soprattutto seguite dalle donne. Ebbene, in questo caso in Svizzera si è verificato un fatto in contro-tendenza. Sappiamo che la Chiesa svizzera aveva auspicato un altro tipo di risultato. Qualche vescovo aveva anche insistito sul voto a favore della costruzione dei minareti, per cui ci sarebbe aspettato che il voto femminile fosse stato più su questo versante.

E invece no: le donne hanno votato in modo contrario. Ciò ci fa capire che alla base del recente referendum abbia giocato non poco il fattore anti-islamico. Le donne sono le più preoccupate dell’islamizzazione dell’Occidente, proprio perché sanno bene quanto il genere femminile paghi prezzi inauditi a quella cultura religiosa. Ora, non solo ciò non deve preoccupare, piuttosto dovrebbe muovere ad un senso di umiltà. Si sa che tra l’uomo e la donna esiste una profonda differenza psicologica, ed è proprio questa differenza a far sì che uomo e donna si completino a vicenda.

Ora, se l’uomo è certamente più portato ai grandi ragionamenti analogici e concettuali, la donna è certamente più portata ad una conoscenza simbolica ed intuitiva. La prima conoscenza è, sì, più incontrovertibile ma più lenta; la seconda è più vulnerabile ma più rapida. Ecco perché, quando si tratta di pericoli incombenti, la donna, a differenza dell’uomo, riesce con più facilità a mettere in guardia. E’ un dono della Provvidenza per il fatto che ella è chiamata ad essere madre e quindi a immediatamente proteggere il frutto del suo grembo.

TERZA E ULTIMA RIFLESSIONE

Molti hanno detto che il recente voto del referendum svizzero può mettere a serio rischio la speranza che i Paesi islamici si aprano alla prospettiva di costruzione di nuove chiese cristiane. Ci sembra che tale obiezione sia un po’ debole e diciamo subito il perché. Prima di tutto non ci risulta che l’enorme disponibilità alla costruzione di nuove moschee nei Paesi occidentali abbia dato frutti positivi per quanto riguarda la cosiddetta “reciprocità”. Secondo, un tale risultato potrebbe alla distanza comportare effetti positivi e non negativi. Chi studia le religioni sa che esse hanno specifiche “psicologie”. La “psicologia” islamica ha caratteristiche particolari fra cui il fascino nei confronti della difesa della propria identità. Ora, se al fedele musulmano ci si mostra disposti a svendere la propria identità cristiana, questi, invece di avvicinarsi amichevolmente, può iniziare a nutrire profonda disistima nei confronti dell’interlocutore (anche se non lo dà a vedere per ovvie ragioni strategiche), convincendosi ancora di più nelle sue scelte. Egli pensa: se i cristiani sono disposti a questo, vuol dire che non ci credono proprio! Altra cosa, invece, se il dialogo lo si fa con decisione, fermezza e affezione per le proprie ragioni... allora sì che il musulmano potrebbe iniziare a mettersi in discussione.

Articolo non firmato
Fonte: I Tre Sentieri, 5 dicembre 2009


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5- EVOLUZIONISMO, IL TRAMONTO DI UN'IPOTESI: VIETATO CRITICARE DARWIN ORMAI DIVENTATO UN DOGMA (ANTISCIENTIFICO)

di Roberto de Mattei

Non mi sembra che l’anno darwiniano si stia concludendo nel clima di trionfalismo che certi superevoluzionisti avevano auspicato. In questi giorni i principali quotidiani italiani danno atto, infatti, dell’esistenza, all’interno della comunità scientifica, di un forte dibattito che va ben al di là delle mura del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Tutto ha preso inizio da un Workshop internazionale sull’evoluzionismo da me promosso lo scorso 23 febbraio presso l’ente di cui sono attualmente vicepresidente. Mi sia permesso di ricordare i nomi dei partecipanti a quell’incontro, tutti studiosi di diverse nazioni e discipline: Guy Berthault, membro dell’associazione Internazionale dei sedimentologi; Jean de Pontcharra, ricercatore in nano-elettronica all’Università di Grenoble; Maciej Giertych, membro dell’Accademia polacca delle scienze; Josef Holzschuh, ricercatore di Geofisica alla University of Western Australia; Hugh Miller, chimico, dottore alla Ohio State University; Hugh Owen, presidente del Kolbe Center negli Stati Uniti; Pierre Rabischong, professore emerito dell’Università di Montpellier; Josef Seifert, rettore dell’International Academy for Philosophy del Liechtenstein; Thomas Seiler, dottore in fisico-chimica all’Università di Monaco; Dominique Tassot, Direttore del Centre d’Etudes et de Prospectives sur la Science; Alma von Stockhausen, presidente della Gustav-Siewerth-Akademie.

Gli atti di quel convegno sono stati pubblicati a novembre dall’Editore Cantagalli, con il titolo “Evoluzionismo. Il tramonto di un’ipotesi” (pp. 192, euro 17,00). Quanto è bastato per suscitare le ire di Marco Cattaneo, direttore della rivista “Le Scienze”, di Marco Ferraguti, presidente della Società dei biologi evoluzionisti, e del filosofo della scienza Telmo Pievani.

Quest’ultimo, ha dedicato ben nove pagine sulla rivista “MicroMega”, per irridere e insolentire un libro che, per sua ammissione, non aveva letto. Nel suo articolo Pievani si è spinto a chiedere la mia rimozione dal CNR affermando che “chi nega una realtà comprovata non dovrebbe ricoprire cariche che implicano un’influenza sull’opinione pubblica o sulla gestione di enti pubblici” (p. 115). Ma qual è la “realtà comprovata”? Forse è quella che dà il titolo al più recente pamphlet dello stesso Pievani: “Creazione senza Dio”? Un libro in cui egli auspica che al reato di “vilipendio della religione” si sostituisca quello di “diffamazione della scienza” (p. 102)? Pievani accusa il “creazionismo” di spacciare per scienza un contenuto di fede. Ma cosa fa lui, se non spacciare per scienza, la sua negazione non della fede, ma dei principi evidenti della ragione. E’ più “evidente” per l’intelletto umano affermare che Dio esiste, piuttosto che ritenere che l’uomo discenda dalla scimmia, come si ripete acriticamente da Darwin in poi.

Però la prima affermazione è declassata a opinione “fideistica”, la seconda elevata a verità assoluta. L’attacco di Pievani si inserisce non a caso in un virulento numero monografico contro Benedetto XVI, “Il Papa inquisitore”, come lo definisce il direttore della rivista Paolo Flores d’Arcais nel titolo del suo articolo di apertura (pp. 5-22). In quest’articolo si critica la “volontà di anatema” (p. 6) e l’“intransigenza dogmatica di questo inquisitore postmoderno” (p. 18) che “vuole imporre al mondo la verità della sua Chiesa, cattolica apostolica romana, nell’intero orizzonte etico-politico” (p. 13).

Dal fascicolo di “MicroMega” emerge però l’esistenza di un’altra chiesa, quella evoluzionista, ben più censoria e inquisitoria di quella di cui oggi è capo Papa Ratzinger. Benedetto XVI dialoga infatti con gli evoluzionisti, tollerando perfino che ricoprano alte cariche nei dicasteri pontifici, mentre i fanatici dell’evoluzionismo, non riservano che sprezzo e irrisione a chi non condivide il loro “Verbo”. Non è questo l’atteggiamento tipico di chi ha paura di misurarsi sul terreno delle idee, perché è consapevole della inconsistenza delle proprie ragioni? Gli anni passano, le prove non arrivano e l’evoluzionismo appare sempre di più, non una teoria scientifica, ma una mera opzione filosofica anticreazionista.

La teoria dell’evoluzione rappresenta infatti la radicale negazione di ogni verità metafisica, a cominciare dall’esistenza di un Dio creatore dell’universo, in nome di una scienza che rinuncia ad esercitare il metodo scientifico per farsi filosofia. C’è la cristofobia di chi vuole svellere le radici cristiane d’Europa e cancellare ogni traccia di identità cristiana dei luoghi pubblici, ma c’è anche la teofobia di chi vuole sradicare, se mai fosse possibile, ogni traccia del divino dalla natura e dalla vita dell’uomo. Era una caratteristica dell’evoluzionismo marxista, lo è oggi dell’evoluzionismo “post moderno”.

Gli evoluzionisti credono di essere “anticreazionisti”, ma di fatto, essi trasferiscono l’azione creatrice da Dio alle creature, senza uscire dal vituperato “creazionismo”. Cos’è infatti la cosiddetta trasformazione delle specie se non un’“auto trasformazione” che implica la capacità della materia di “auto-crearsi”? Il materialismo evoluzionista attribuisce di fatto un potere creatore alle creature, espropriate del loro primo principio e del loro ultimo fine.
Chi ha la capacità di auto-trasformarsi ha una capacità creatrice: le proprietà che vengono negate a Dio vengono attribuite alla materia, eterna, infinita, “pensante” e assolutamente “libera”, perché non determinata da altri che da se stessa: in una parola divina.

In realtà nessun esperimento né argomento razionale è in grado di provare che una creatura possa autodeterminare la propria natura. Né una molecola di materia inerte, né una cellula vivente è in grado di “pensarsi”, di “crearsi” e di “superarsi”. La creazione, che è produzione di una realtà secondo tutta la sua sostanza, senza alcun presupposto, creato da altri, o increato che sia, si impone a chi voglia esercitare la ragione, come una “realtà scientifica”, o, se si preferisce, come una verità razionale radicalmente incompatibile con la fantasia evoluzionista.

Un’ultima considerazione. L’articolista del Corriere della Sera tenta di isolarmi all’interno del CNR. Ma il presidente dell’Ente, prof. Luciano Maiani, che è uno scienziato serio, che crede nella libertà della ricerca, lo ha ripreso in questi termini: “Il carattere aperto della ricerca intellettuale” e la “personale contrarietà a ogni forma di censura delle idee” per me e per il Consiglio nazionale delle ricerche non sono un “contentino”, come afferma l’articolo (del Corriere della Sera), ma valori fondanti, coerenti con la civiltà del nostro Paese. Con l’occasione intendo ribadire con forza – al di là delle diverse posizioni culturali – i rapporti di stima, amicizia e proficua collaborazione che mi legano al Vice Presidente, Prof. Roberto de Mattei” (Dichiarazione del 1 dicembre 2009).

Roberto de Mattei
Fonte: Il Foglio del 2/12/2009

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)