Giunta questa collaborazione, la giro a voi......ringraziando il Dott. e amico Bruti che continua a leggerci e a collaborare con noi.......
Cara Dorotea,
intervengo ancora per cercare di chiarire acuni problemi emersi nel forum "
la lettura della Bibbia" ( alcuni passaggi di Stefano S79 e risposte di
Raptor).
Questa volta sull'ipotesi Darvininiana che viene presentata sempre come un
dogma.
Molte prove esistono a favore della micro-evoluzione. Il colore della pelle
e dei capelli e tutti gli altri caratteri di un essere umano o di un animale
possono combinarsi liberamente ed essere ereditati.
L'uomo stesso, in questo senso, si fa artefice della micro-evoluzione
attraverso la produzione di nuove forme di piante e di animali. Per esempio,
nuove razze canine possono nascere tramite incroci naturali o mediante una
selezione artificiale ( da un unico cane originario può svilupparsi un
bassotto, un alano ecc. ). Perciò, ancora oggi, da questo punto di vista l'
uomo può migliorare le sue caratteristiche o peggiorarle.
La macro-evoluzione ( che dovrebbe essere chiamata più propriamente
IPOTESI TRASFORMISTA), in cui credevano Darwin e gli evoluzionisti più
radicali, consisterebbe, invece, nella trasformazione di una specie in un'
altra, attraverso il meccanismo della selezione della specie: un processo
di continua trasformazione che va dalla materia inanimata agli organismi
unicellularri e giunge fino all'uomo e dovrebbe continuare anche oltre in un
continuo movimento di trasformazione. Su questa evoluzione il Professor
Sermonti, genetista di fama mondiale, getta delle OMBRE SOSTANZIALI.
Riassumo i passaggi di un suo libro recente:
Ombre sull'evoluzione
Interessante è la ricognizione attuale, fatta dal genetista Giuseppe
Sermonti, sulle teorie evoluzioniste.
Le variazioni di cui si interessano gli evoluzionisti moderni derivano da
un processo cieco, la - mutazione -, che Darwin e Mendel ignoravano. L'
accumulo di mutazioni diverse è ciò che, secondo la Teoria sintetica,
produce la differenza tra le specie.
Naturalmente ciò richiederebbe tempi lunghissimi e l'opera della Selezione
Naturale, che scelga tra le mutazioni le rarissime vantaggiose, le più
vitali.
Il professor Sermonti dice che anche lui ebbe, in tempi lontani, questo
pensiero: se coltivassi miliardi di batteri e avessi una tecnica per
selezionare quel che volessi, tirerei fuori dalle mie piastre un elefante.
In realtà tutti gli organismi posseggono difese immediate dalla variazione.
Queste passano sotto il nome di - meccanismi di riparo -. La Selezione
Naturale, che certamente opera in natura, ha primariamente una funzione
equilibratrice, stabilizzante. Essa elimina tutti coloro che osano spostarsi
dal tipo: gli - eccentrici -, gli - avventurieri -, i - marginali -. Essa
corregge sempre le popolazioni, ma lo fa in ogni caso riportandole alla
norma. Cambiando le condizioni ambientali, la selezione può spostare i
valori della media, con quel processo che è noto come - adattamento -. Se
il clima si fa rigido, vengono sfavoriti i freddolosi, se si fa ventoso
vengono sbattuti fuori i più esposti, se esplode una malattia, si perdono i
più cagionevoli. Ma queste furbizie servono finché passano le nuvole. La
specie è in realtà un'entità organica, una forma tipica, che può deviare
solo per ritornare nel solco del suo destino, può sbandare solo per
ricomporsi nella sua banda.
Tutto ciò che scompone, sproporziona o distorce è, prima o poi, ricondotto
al tipo, restituito all'equilibrio. Da molti è stato confuso l'adeguamento
temporaneo con i grandi destini, la piccola astuzia con il segno dei tempi.
E' vero che una specie può perdere qualcosa - diciamo: la talpa gli occhi
o la pianta grassa le foglie - e non recuperarla mai più. Ma così nascono le
specie infelici, mutilate, ai margini degli areali, le specie estreme, le
specializzate. Esse non hanno avvenire, non sono pioniere, sono recluse nei
penitenziari della natura.
Tra le mutazioni che alterano la forma degli animali alcune sono
catastrofiche, provocando vere sovversioni morfologiche. Le prime furono
osservate nel moscerino dell'aceto, la drosofila. Nella drosofila è stata
artificialmente aumentata la frequenza delle mutazioni con tutti i mezzi
immaginabili. Drosofile con zampe in luogo delle antenne, col torace
raddoppiato, con quattro ali, prive del tutto di occhi. Il risultato, anche
se morfologicamente mostruoso, è lo stesso: sempre Drosophila melanogaster
viene fuori da tali esperimenti.
Un obbiettivo della ricerca sulle mutazioni era la speranza che il loro
accumulo avrebbe prodotto nuove specie. Ma ciò non è mai accaduto: anzi,
specie affini presentano lo stesso quadro di mutazioni, che è piuttosto un
contrassegno di unità che una fonte di diversità.
Nonostante le specie con morfologia abnorme, recluse nei penitenziari
della natura, le specie si mantengono stabili, talvolta per milioni di
anni - a dispetto delle offese della mutazione e delle spinte della
selezione - e poi si estinguono..
L'opossum, un grosso topo con marsupio ( Didelphis marsupialis ), abita
tutto il continente americano, dove si arrampica sugli alberi ed è
perseguitato per i danni al pollame. Le femmine hanno sino a tre parti all'
anno, ognuno di 10-18 piccoli. Le ossa fossili dell'opossum, che risalgono
al Cretaceo ( circa 100 milioni di anni fa ) sono uguali a quelle del
moderno opossum.
Nonostante la grande prolificità e la estrema varietà degli ambienti, la
specie si è mantenuta fedele a se stessa. Pensiamo poi alla Lingula, un
mollusco bivalve del philum dei brachiopodi; alcune sue specie sono rimaste
quasi immutate dall'origine degli animali pluricellulari, per 450 milioni di
anni.
La crosta terrestre è più variabile degli organismi che su di essa si
appoggiano e da essa spiccano il volo. I continenti sono andati alla deriva,
si sono scontrati e compenetrati, mentre le specie mantenevano la loro
fisionomia. Ha scritto Thorpe: " La cutrettola ( Motacilla ) là in
giardino era qui prima che sorgessero i monti dell'Himalaya".
Gli organismi pluricellulari sono emersi in breve tempo, in tutti i loro -
tipi -, mezzo miliardo di anni fa, senza forme intermedie e senza forme
premonitrici. I mammiferi moderni sono anch'essi apparsi, ben distinti nei
loro - ordini -, praticamente tutti insieme, all'inizio del Cenozoico.
Sermonti dice che anche le grandi differenze non sono genetiche. Se
trasferiamo il gene che posiziona l'occhio di un gattino nell'uovo di un
moscerino cieco, riparando il suo pacchetto posizionale, il moscerino
riacquista i suoi rossi occhi sfaccettati, seppure il gene gli sia stato
offerto da un gattino con gli occhi tondi e azzurri.
Che cosa allora fa mosca la mosca e gatto il gatto ? Anche i geni che
governano l'ordine delle regioni del corpo sono universali negli animali e
noi siamo dunque ancora in cerca di quel quid che fa l'esclusiva differenza.
E sempre più si consolida l'idea che esso non si trovi nel profondo cuore
molecolare delle cellule; semmai in un vago - campo - che si svolge sino a
risolversi nella forma stessa della mosca o del gatto. E ci balena il
sospetto che queste forme non siano soltanto l'esito ultimo della tinta
genetica e della sua spalmatura ad opera del pennello del - campo -, ma
abbiano esse stesse qualcosa di importante da dire nella fabbrica del
vivente. Per esempio, il cristallino oculare è prodotto all'interno dell'
epidermide frontale quando la vescicola ottica, che si prolunga dal cervello
embrionale, si appoggia all'epidermide. Esso è incorniciato dall'iride
colorata, proveniente da tutt'altro tessuto. Se ad una salamandra si asporta
il cristallino, questo si rigenera, ma non dall'epidermide prospiciente. Si
forma dal bordo dell'epitelio dell'iride, che si scolora, prende a
moltiplicarsi e si sagoma in cristallino trasparente. Driesch chiama la
proprietà di raggiungere lo stesso esito morfologico per diverse vie -
equifinalità - .
Verrebbe da dire che una forma finale - attrae - lo sviluppo verso se
stessa, a riempire il suo spazio. E allora non solo il freddo occhio della
salamandra, o l'animalino tutto, ma ogni forma della natura sembra accorrere
verso un bacino preparato per lei, verso un paesaggio predisposto. " Ogni
forma propria - ha scritto René Thom - aspira all'esistenza e attrae il
fronte d'onda degli esseri .".
Sermonti dice che ci troviamo, in realtà, di fronte ad una rivoluzione
scientifica: non sono le mutazioni o la selezione che producono le specie e
che fanno il mondo.
( Bruto Maria Bruti )
Bibliografia: Giuseppe Sermonti, Dimenticare Darwin, Ombre sull'evoluzione,
Rusconi, Milano 1999, pp. 158