00 04/01/2011 10:56

Melloni "tradizionalista"

Un interessante articolo di Alberto Melloni, la voce più scomposta del progressismo ecclesiale, apparso sul Corriere della Sera del 2 gennaio.

La liturgia, rifugio della fede emarginata e oppressa
di ALBERTO MELLONI

A chi chiedesse che cosa ha tenuto viva la fiammella della fede nella Russia durante i decenni sovietici dell’ateismo di Stato, o ha preservato la fisionomia spirituale dell’ortodossia nei territori conquistati dall’Islam, si potrebbe rispondere telegraficamente: la liturgia, anzi la divina liturgia. Un gigantesco archivio di teologia dei padri, di formule antichissime, di segni e di simboli che possono essere praticati in modo meccanico senza consumarsi, oppure possono alimentare una intera vita di fede con la stessa eleganza e la medesima sobrietà. Su questo patrimonio immenso si concentrano dall’Ottocento in poi anche gli occhi di quegli studiosi così speciali che sono i «liturgisti» : dotti che hanno bisogno di tutta l’erudizione del filologo e del codicologo, delle grandi biblioteche di studio, del polpastrello fine che sa sentire perché in uno scriptorium dell’VIII secolo colui che detta ai suoi copisti una preghiera— così nel post communio dell’Epifania del sacramentario gelasiano — muta una vocale e scambi affectu con effectu, convinto di raddrizzare un errore e non di mutare il corso di un testo.

Oggi i liturgisti però hanno anche bisogno dei computer: si sono messi anche loro sulla scia di quel pioniere che è padre Roberto Busa, che a suon di messe per la defunta moglie convinse il patron di quella che negli anni Cinquanta era un’aziendina dal nome corto, Ibm, a fare la concordanza degli scritti di Tommaso d’Aquino prima su grandi macchine, su schede, su nastri, su dvd e ora pronta per passare su iPhone; e usando di quella scienza che è la linguistica computazionale scompongono i libri liturgici in frequenze, contesti, occorrenze, e svelano l’architettura profonda di queste fonti. Da qualche settimana due liturgisti di prima grandezza come Manlio Sodi, presidente della Pontificia accademia teologica, e Alessandro Toniolo, docente di liturgia e webmaster di liturgia. it, hanno completato l’ultimo tratto della doppia serie di volumi editi dalla Libreria editrice vaticana sulla liturgia riformata dal Concilio di Trento: ai dieci tomi dei Monumenta Liturgica Concilii Tridentini e ai Monumenta Liturgica Piana, che fornivano l’edizione anastatica dei libri pubblicati fra la fine del Concilio e il papato di Clemente VIII, aggiungono ora Liturgia Tridentina. Fontes, indices, concordantia 1568-1962 (pp. 126, € 49). Un’opera specialistica, a dir poco: impreziosita dalla riedizione di un introvabile strumento di padre Placide Bruylants, una delle figure di spicco del movimento liturgico, sulle fonti che trasmettono tutte le preghiere contenute nel messale edito da san Pio V.

Ma a suo modo un’opera di severa attualità. Il vociante mondo lefebvriano cerca oggi di impossessarsi di una convinzione di Benedetto XVI.
 
Dagli anni Settanta l’allora professor e cardinal Ratzinger sostenne che imporre il messale del Vaticano II era un errore, perché la continuità ontologica della Chiesa universale, che è al centro della sua posizione, non poteva non manifestarsi al livello della Chiesa orante. Ma egli, come tutti, sapeva bene che c’è più tradizione — tradizione orientale, mozarabica e anche latina— nel messale che Paolo VI «sostituì» a quello di Pio V, che nel suo immediato predecessore. Giacché, come documentano le analisi di Sodi e Toniolo, il messale tridentino voleva creare un linguaggio liturgico uniforme, che permettesse ai fedeli di riconoscere immediatamente la natura del culto che «ascoltavano» : e oggi la moltiplicazione dei riti «romani» pone il problema opposto.

Evitare cioè che la liturgia diventi un fatto de gustibus, nel quale ciascuno si scelga la comunità, l’ambiente, la lingua, lo sfondo musicale e l’iconografia che più gli aggrada e perda il senso della liturgia come disciplina e grammatica della fede che educa e custodisce chi la ama.


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breve riflessione.....

A Melloni che ragionevolmente afferma :  
 
A chi chiedesse che cosa ha tenuto viva la fiammella della fede nella Russia durante i decenni sovietici dell’ateismo di Stato, o ha preservato la fisionomia spirituale dell’ortodossia nei territori conquistati dall’Islam, si potrebbe rispondere telegraficamente: la liturgia, anzi la divina liturgia.  
 
..... rispondiamo anche che mons. Athanasius Schneider, rispose con la sua personale testimonianza nel brillante tascabile: Dominus est..... Smile  
 
Poi Melloni dice:  
 Il vociante mondo lefebvriano cerca oggi di impossessarsi di una convinzione di Benedetto XVI. Dagli anni Settanta l’allora professor e cardinal Ratzinger sostenne che imporre il messale del Vaticano II era un errore, perché la continuità ontologica della Chiesa universale, che è al centro della sua posizione, non poteva non manifestarsi al livello della Chiesa orante. Ma egli, come tutti, sapeva bene che c’è più tradizione — tradizione orientale, mozarabica e anche latina— nel messale che Paolo VI «sostituì» a quello di Pio V, che nel suo immediato predecessore.  
 
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ma questo non è esattamente così.... innanzi tutto, spiace dirlo, ma è onesto farlo, è Benedetto XVI che ha trovato nel mondo lefebvriano UN FORTE SOSTENITORE PER RIPORTARE IN LIBERTA' QUELLA LITURGIA ABUSIVAMENTE VIETATA..... Embarassed  è lui stesso che spiega nel Summorum Pontificum di come L'INSISTENZA DI QUESTI GRUPPI fedeli all'antica Liturgia ED UMILIATI  E PERSEGUITATI lo hanno spinto a rilegittimare quella forma Liturgica....  
 
Caro Melloni, NON può esserci "più tradizione" in qualche cosa che si priva delle propria FONDAMENTA che portano con sè la Tradizione.... Wink  
la "liturgia DE GUSTIBUS", caro Melloni, l'abbiamo avuta nel momento in cui è stata data mano libera alla CREATIVITA' della NUOVA FORMA penalizzando l'antica, VIETANDOLA..... "imporre" QUEL Messale fu veramente un abuso!! tanto è vero che quel Messale ha subito ben cinque revisioni in 40 anni.... "imporlo" fu un abuso soprattutto perchè veniva sottointeso che quello antico era FINITO, CESSATO, SUPERATO.....  
Il Messale Tridentino non fu un'invenzione di quel momento storico.... non fu UNA MODA.... ma fu una barriera a difesa della devastazione PROTESTANTE SUL SACERDOZIO E SULLA MESSA.... san Pio V NON inventò nulla, ma RACCOLSE LA TRADIZIONE liturgica, rassettandola, riordinandola, DANDOLE UNA FORMA DEFINITIVA PER TUTTA LA CHIESA di rito latino....  
 
Mentre il Messale san Pio V divenne IL SEGNO DISTINTIVO DEL CULTO CATTOLICO contro la riforma Protestante.... il Messale Paolo VI, a torto o a ragione, divenne il SIMBOLO DELLA CONTESTAZIONE ALLA TRADIZIONE....  




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)