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SACERDOTIUM ET REGNUM NELLA
BOLLA "UNAM SANCTAM" DI PAPA BONIFACIO VIII

(Roma, il 13 maggio 1996)




(Padre Alex sito italiano)









0. INTRODUZIONE
 

Alla fine questo lavoro scritto dovrà essere diventato un aiuto per entrare direttamente nella famosa bolla di Bonifacio VIII, Unam sanctam. Ma dobbiamo amettere subito, che ci sarà soltanto un primo viaggio molto generico. Ci interessa sopratutto il rapporto preciso tra sacerdotium et regnum in questa bolla di 1302. Perciò primo vengono date alcune spiegazioni sul contesto, cioè sul contesto dottrinale in generale e sul contesto storico. Poi viene la parte più importante, che semplicemente "racconta" il contenuto di Unam sanctam, ma con chiari riferimenti alle fonti e qualche volta già con piccole interpretazioni. Forse possono servire anche gli appendici (comprendendo la bolla e uno schema, diciamo, sulla sua parte seconda). La parte seguente tratta proprio delle interpretazioni, sopratutto considerandone la questione potestas directa oppure potestas indirecta, e nell'ambito di quella directa o con significato soltanto in spiritualibus o anche in temporalibus. L'unico punto chiarissimo prima di iniziare è solamente la definizione dogmatica finale (DS 875) sulla sottomissione di ogni uomo al successore di Pietro essendo de necessitate salutis.



I. IL CONTESTO DOTTRINALE IN GENERALE(1)

La teoria ierocratica, chiamata in genere teocrazia papale e "più giustamente ... potestas directa"(2) pur avendo radici lontane, fu concretamente formulata al principio del secolo XIII da alcuni canonisti, soprattuto da Alano, che abbandonò la dottrina del decretista Uguccione da Pisa (+ 1210), e poi questa teoria fu autorevolmente affermata e diffusa da Innocenzo IV (+ 1254), sotto la spinta della grande lotta tra papato ed impero. Nella seconda metà del '200 i canonisti l'ebbero consacrata nei loro monumentali commenti alle Decretali, trasmettendola così ai teologi, che attinsero al diritto canonico per la dottrina sul primato del papa. L'apporto dei teologi fu di grande importanza, perché permise di unificare ed inquadrare gli eterogenei elementi dei canonisti nel grande sistema teologico-scolastico. S. Bonaventura (+ 1274) più di altri contribuì a questo inserimento della teoria ierocratica nella teologia del tempo, mentre più cauta era la posizione di S. Tommaso (+ 1274). Sorse intanto, tra i teologi della generazione successiva, la giusta critica alla dottrina, ed uno dei più acuti, il francescano Pietro di Giovanni Olivi (+ 1298), pur discepolo fedele di S. Bonaventura, con geniale argomentazione ne demolì le malferme basi. Ma la nuova lotta tra i due poteri, portata dai difensori di Filippo IV il Bello (+ 1314), re di Francia, sul terreno teologico, sospinse i teologi di Bonifacio VIII a mantenere le estreme posizioni dei canonisti. Egidio Romano (+ 1316) e Giacomo da Viterbo (+ 1307) consolidarono ed allargarono la teoria ierocratica, facendone la dottrina del papato, e sviluppando a suo favore motivi teologici ed idee del loro maestro S. Agostino (+ 430).



II. IL CONTESTO STORICO(3)

Alla genesi del documento stavano anche e sopratutto le rivalità tra Bonifacio e Filippo il Bello. Già nel 1294 e nel 1295 Filippo ebbe imposto un tributo agli ecclesiastici del suo regno per finanziare la campagna imperialista che stava conducendo contro l'Inghilterra. Il papa, che era contrario alla guerra, si lanciò alla difesa delle immunità ecclesiastiche con la bolla Clericis laicos (24. 2. 1296), senza però nominare il re, il quale comunque rispose il 17. 8. 1296 con la proibizione di esportare valuta dalla Francia e privando così il papa degli introiti pecuniari provenienti dal clero francese. Bonifacio pubblicò allora un'altra bolla rivendicando la libertà della Chiesa (Ineffabilis amor - 20. 9. 1296).

La reazione contro le due bolle fu tumultuosa ed anche una parte degli ecclesiastici si schierò con il re, inviando una lettera di protesta al papa (31. 1. 1297) firmata dagli arcivescovi di Reims, di Sens e di Rouen. Bonifacio fu costretto a far marcia indietro e mitigare il senso delle precedenti con altre due bolle (De temporum spatiis e Romana mater Ecclesia, entrambe del 7. 2. 1297). Seguirono, sempre in tono conciliante, la bolla Coram illo fatemur (28. 2.) e la costituzione Etsi de statu (31. 7.). Si addivenne così ad un accomodamento provvisorio, al quale contribuì non poco la canonizzazione del re Luigi IX (11. 8.).

Ma il dissidio infuriò di nuovo qualche anno dopo e con maggior asprezza. Fin dall'anno 1298 Filippo provocava Bonifacio ad esercizio più severo della pontificale potestà. Gli avversari del papa, pilotati dai cardinali della casa Colonna e da una parte della nobiltà romana, tentarono non solo di esautorarlo, ma addirittura di sancirne la deposizione sotto l'accusa di illegittimità. Sconfitti e trattati con una certa magnanimità, si diedero alla fuga e ripararono nel 1303 in terra franca, dove il re continuava a spremere denaro al clero ed ebbe incarcerato il vescovo di Pamiers, nunzio pontificio a Parigi e particolarmente benvoluto dal papa (12. 10. 1301).

Quando lo venne a sapere, Bonifacio mandò al re la bolla Ausculta fili, importantissima perché svela la mentalità del pontefice. Egli insiste sulla necessità della comunione con la Chiesa Romana, fuori della quale non c'è salvezza, e dell'obbedienza di tutti i battezzati al suo capo, che è il vicario di Cristo e il successore di Pietro. È stoltezza pensare che i re non debbano essergli sottomessi come ogni altro cristiano. Contemporaneamente (5. 12. 1301) il papa convocò i prelati per il 1. 12. dell'anno successivo (1302) allo scopo di procedere alla correzione del re di Francia. Il re da parte sua convocò la prima assemblea degli "stati generali", che, riuniti a Parigi il 10. 4. 1302 nella cattedrale die Nôtre-Dame, si allinearono in massa dalla sua parte.

Approfittando del soggiorno dei legati del clero francese, Bonifacio tenne un solenne concistoro (24. 6. 1302). Dopo aver ascoltato un grandioso discorso del Cardinale Matteo d'Acquasparta, discepolo di S. Bonaventura, il papa vi prese lo spunto per minacciare la deposizione del re di Francia(4) e la degradazione dei prelati che l'avevano favorito, e confermò l'indizione del sinodo romano, da inaugurarsi il 30. 10. con il compito di esaminare i principi dottrinali che devono regolare le relazioni del potere temporale con la suprema autorità pontificia.

L'11. 7. 1302 Filippo fu sconfitto dai fiamminghi nella battaglia di Courtrai, provocata dalle su mire imperialistiche. Il sinodo romano fu aperto il 30. 10. con la partecipazione da parte francese di quattro arcivescovi, trentacinque vescovi, sei abati e numerosi dottori e teologi, in aggiunta agli italiani. Il decreto emanato l'ultimo giorno (18. 11.), che dobbiamo analizzare fra poco, ha forse il pregio di essere stato elaborato in collaborazione da un'équipe di numerosi prelati e teologi d'oltralpe. Di nuovo Filippo non fu nominato nella famosissima bolla. Malgrado tutto non diede il minimo segno di resipiscenza, e il papa preparò una bolla di scomunica che avrebbe dovuto essere pubblicata l'8. 9. 1303; ma il giorno prima fu arrestato ad Anagni da Guglielmo di Nogaret. La vertenza si chiuse soltanto con la morte di Bonifacio (+ 11. 10. 1303).



III. IL CONTENUTO DI "UNAM SANCTAM": COMPENDIO GENERICO DELLE FONTI PRINCIPALI E DELL'ARGOMENTAZIONE(5)

È ovvio che il materiale presentato al sinodo fu considerato nella bolla. Ma in realtà Bonifacio VIII non fece che ribadire principalmente il detto in altre sue scritte papali.(6) Non ci sono più dubbi oggi circa l'autenticità della bolla(7), le cui fonti principali sono Bernardo di Chiaravalle(8) (+ 1153), Ugo di S. Vittore(9) (+ 1141), Egidio Romano(10), Tommaso d'Aquino(11) e anche Innocenzo III(12) (+ 1216). Forse Bonifacio poté scriverla da solo con l'aiuto di Card. Acquasparta e, in questo caso ci sarebbe stato l'opera De postestate ecclesiastica del predetto Egidio Romano(13). Le sentenze bibliche non erano tutte di Bonifacio, come vedremo sotto. A Bonifacio si attribuì la violenta contorsione delle bibliche sentenze (prese dalla tradizione Patristica), perché dovette lui più immediatamente combattere gli usurpatori del diritto ecclesiastico.(14)

La grossa bipartizione nel Denziger corrisponde secondo l'autore alla logica e al contenuto del documento: DS 870 - 872 (D 468) = De unicitate Ecclesiae; DS 873 - 875 (D 469) = De potestate spirituali Ecclesiae. Su questa seconda parte c'è uno schema come appendice (VI./2.). Adesso cominciamo a riferire il contenuto preciso.

III./1. L'unica Chiesa di Cristo

Questa prima parte della bolla è il grande presupposto per il suo resto. La Chiesa è unica, santa, cattolica, apostolica e fuori di essa non c'è salvezza. È il corpo mistico di Cristo, che ne è il capo, e il cui vicario è il successore di Pietro. Così la Chiesa è definita, per la prima volta in un documento ufficiale, corpo mistico di Cristo.

1.1 Canticum Canticorum VI,8 (= VI,9 NOVA VULGATA)

"Una est columba mea, perfecta mea. Una est matri(s) suæ, electa genetrici suæ"(15).

Viene preso dal papa per dire, che c'è soltanto una sola e vera Chiesa come l'unico corpo mistico di Cristo, "extra quam nec salus est". Già questo passo della scrittura fu usata da S. Bernardo, che al riguardo disse chiaramente: "Ubi unitas, ibi perfectio."(16)

1.2 Epistula B. Pauli ad Ephesios IV,5

(Cominciamo con Eph 4,4: "Unum corpus, et unus Spiritus, sicut vocati estis in una spe vocationis vestræ." 4,5: "Unus corpus, una fides, unum baptisma." 4,6: "Unus Deus et Pater omnium, qui est super omnes, et per omnia, et in omnibus nobis.")(17)

Le parole vengono usate per continuare il grande concetto divino dell'unità della e nella Chiesa.

1.3 Liber Genesis VI,16

("Fenestram in arca facies, et in cubito consummabis summitatem ejus; ostium autem arcæ pones ex latere; deorsum, coenacula et tristega facies in ea.")(18)

Viene ricordato l'arca di Noè come ulteriore prova dell' unità incomparabile della Chiesa, perché "in uno cubito consummata unum". Inoltre ebbe un solo timoniere e un solo comandante. Il brano serve anche come nuova dimostrazione della sua necessità assoluta ad salutem, perché "extra quam omnia subsistentia super terram legimus fuisse deleta."

1.4 Liber Psalmorum XXI,21 (= XXII,21 NOVA VULGATA)

"Erue a framea, Deus, animam meam, et de manu canis unicam meam."

Secondo il papa questo è la preghiera del Signore per se stesso, per la testa e il corpo, "quod corpus unicam scilicet ecclesiam nominavit" a causa dell'unità dello Sposo, della fede, dei sacramenti e della carità ecclesiale.

1.5 Evangelium secundum Joannem XIX,23

("Milites ergo cum crucifixissent eum, acceperunt vestimenta ejus, [et fecerunt quatuor partes, unicuique militi partem] et tunicam. Erat autem tunica inconsutilis, desuper contexta per totum.")(19)

L'immagine della tunica inconsutile del Signore, che non venne divisa, bensì estratta a sorte dai soldati nella Passione, fu presa sin dal III secolo, quale simbolo della Chiesa, che rimane intatta contro le scissure inutilmente provocate dagli eretici, e divenne sia nella patristica, sia in tutto il Medio Evo, un motivo per l'approfondimento dottrinale della nota della unità, data alla Chiesa nel simbolo apostolico.(20) E nella bolla viene presa quest'immagine chiarissima per spiegare quest'unità, con cui non potrebbero esserci due teste come se fosse un mostro.

1.6 Evangelium secundum Joannem XXI,17

"Pasce oves meas."

Adesso vengono citate parole del Signore stesso sulla confermazione di aver istituito Pietro come vicario, il che vale anche per tutti i successori di Pietro. Importante è il risalto a "meas", perché secondo il papa si capisce così, che Cristo gliele affidò tutte, ne non soltanto una parte qualsiasi - tutto dev'essere sotto il Romano Pontefice.

1.7 Evangelium secundum Joannem X,16

("Et alias oves habeo, quæ non sunt ex hoc ovili; et illas oportet me adducere, et vocem meam audient, et fiet unum ovile, et unus pastor.")(21)

Viene usato per mostrare, che secondo le parole di Cristo c'è solo un gregge, è percio tutti coloro che affermano di non essere stati affidati ai successori di Pietro non possono essere in o di questo gregge.

III./2. Le due spade nell'unica Chiesa di Cristo(22)

Contenutisticamente comincia adesso la seconda grande parte di Unam santam. - Nella Chiesa, appena esposta come questo solo gregge, esistono due spade: una spirituale, a lei stessa affidata, e una temporale, che essa manovra per la mano degli stati e dei regnanti.

2.1 Evangelium sec. Lucam XXII,38 - Matthæum XXVI,52 (comprensione di S. Bernardo)

"Ecce gladii duo hic". ("Satis est.") - "Converte gladium tuum in vaginam."

S. Bernardo - dopo aver citato simili brani (Jo 18,11 al posto di Mt 26,52) - scrisse: "Uterque ergo Ecclesiæ et spiritualis scilicet gladius, et materialis; sed is quidem pro Ecclesia, ille vero et ab Ecclesia exserendus: ille sacerdotis, is militis manu, sed sane ad nutum sacerdotis, et jussum imperatoris."(23) La teoria dei duo gladii fu già enunciata da Goffredo di Vendôme (+ 1115) e così accettata da Bernardo di Chiaravalle. L'argomento preso come simbolo dai canonisti del sec. XIII fu seguito presto dai teologi come il segno biblico del possesso di ambedue nelle mani di Pietro.(24) Anche S. Tommaso prese questi passi di S. Bernardo positivamente.(25)

Secondo Bonifacio si deve comprendere bene il brano di Matteo: il papa ha entrambe le spade in posesso(26). - Perciò possiamo dire, che non basterebbe l'uso non "contra Ecclesiam", ma era sempre necessario l'uso "in commodum et favorem Ecclesiæ"(27).

III./3. La spada materiale è sotto l'altra

Quindi il potere civile, pur distinto da quello ecclesiastico, le è subordinato, perché da lei trae la propria origine: deve dunque a lei ispirarsi quanto alle leggi, e tenerne conto nelle relative applicazioni.

3.1 Epistola B. Pauli ad Romanos XIII,1

"Non est potestas nisi a Deo; quæ autem sunt, a Deo ordinata sunt".

Viene usato per confermare questa predetta soggezione, perché essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all'altra.

3.2 Reductio omnium ad unum

L'argomento della reductio omnium ad papam, fondato sul principio aristotelico che tra gli uomini c'è una subordinazione ed una gerarchia, che conduce ad un unico uomo, il quale ne è la misura ed il vertice(28), fu stato utilizzato ormai da più di un secolo, per asserire la subordinazione al papa, vicario di Cristo, di tutte le potestà terrene, compreso l'imperatore (Dio -> papa -> imperatore). Dal canonista Alano, ai primi del '200, era passato ai grandi decretalisti, come l'Ostiense (+ 1270), poi fu stato fatto proprio dai teologi fautori della ierocrazia papale, sviluppato particolarmente da S. Bonaventura(29). In questa grandiosa concezione il papa è esaltato al grado supremo tra gli uomini, ed a lui come in causa si deve ricondurre tutte la umana società. "Ubi est reductio ad summum in genere hominum, eiusmodi est Christi vicarius, pontifex summus"(30).

III./4. La piena potestà giuridica della spada spirituale

4.1 Epistola B. Pauli ad Hebræos VII,5 - 7

("Et quidem de filiis Levi sacerdotium accipientes, mandatum habent decimas sumere a populo secundum legem, id est, a fratribus suis, quamquam et ipsi exierint de lumbis Abrahæ. [6] Cujus autem generatio non annumeratur in eis, decimas sumpsit ab Abraham, et hunc qui habebat repromissiones benedixit. [7] Sine ulla autem contradictione, quod minus est, a meliore benedicitur.")(31)

Questo principio enunciato della lettera agli Ebrei che "sine ulla contradictione, quod minus est, a meliore benedicitur" fu usato con conseguenze ierocratiche. Anche Bonifacio accenna subito alle conseguenze che derivano dalla consacrazione del sovrano da parte dell'autorità spirituale, quando parla della superiorità di quest'ultima sul primo "ex ... benedictione, et sanctificatione".(32) Anche Ugo di S. Vittore(33) usò questo brano, ma soltanto dopo la sua phrase famosa.

4.2 Ugo di S. Vittore (De sacramentis Chiristianæ fidei, lib. II)(34) e la congiunzione papale con la Prophetia Jeremiae I,10

Nel secondo libro(35) della sua opera dogmatica De sacramentis la seconda parte tratta "de unitate Ecclesiæ"(36). E qui il quarto capitolo aveva il titolo "Duas esse vitas, et secundum duas vitas duos populos; et in duobus populis duas potestates, et in utraque diversos gradus et ordines dignitatum; et unam inferiorem, alteram superiorem."(37) Prima della phrase famosa, che ci interessa a causa della citazione diretta, vi sono anche importanti accertamenti, che accennano al suo vicino contesto: "Terrena potestas caput habet regem. Spiritualis potestas habet summum pontificem. Ad potestatem regis pertinent quæ terrena sunt, et ad terrenam vitam facta omnia. Ad potestatem summi pontificis pertinent quæ spiritualia sunt, et vitæ spirituali attributa universa. Quanto autem vita spiritualis dignior est quam terrena, et spiritus quam corpus, tanto spiritualis potestas terrenam sive sæcularem potestatem honore, ac dignitate præcedit."(38)

E subito dopo comincia un nuovo capoverso: "Nam spiritualis potestas terrenam potestatem et instituere habet, ut sit, et judicare habet si bona non fuerit"(39). Era uno degli argomenti maggiori portati dai difensori della teoria ierocratica, enucleato da Ugo così a metà del sec. XII e sviluppato dai teologi del sec. XIII, sino ad essere assunto, con autorità tra gli argomenti più gravi dell'Unam sanctam: "Nam, veritate testante, spiritualis potestas terrenam potestatem instituere(40) habet, et iudicare, si bona non fuerit."

Ma da Ugo stesso il contesto conferma che lui "continua a parlare della superiorità della potestà spritiuale (prior in tempore et maior dignitate), dimostrata dalla consacrazione regale per opera della potestà spirituale. Questo infatti è il senso proprio del passo in discussione, e la institutio della potestà temporale ... non è più della consacrazione del sovrano compiuta dal sacerdote."(41) Mentre nella bolla di Bonifacio il passo sembra essere usato in un altro o nuovo contesto e perciò con un significato più forte. Secondo G. B. Ladner non dev'essere una sorpresa, che il papa pretese il diritto all'institutio delle potestà terrene dopo aver annunciato che tutte queste potestà fanno parte della Chiesa.(42)

E con questa dottrina evidentemente chiara della bolla si avvera - secondo il papa - la profezia di Geremia riguardo la Chiesa e il potere della Chiesa:

"Ecce constitui te hodie super gentes et regna, (ut evellas, et destruas, et disperdas, et dissipes, et aedifices, et plantes.)"(43) Ma d'altra parte quell' "applicare al papa le parole indiritte da Dio a Geremia fu cosa ben più antica di Bonifazio, e nella greca e nella latina Chiesa."(44)

4.3 Epistola B. Pauli ad Corinthios prima II,15

"Spiritualis homo iudicat omnia, ipse autem a nemine iudicatur."

Come da Ugo viene così subito usato questo brano per confermare - almeno nella bolla - la "gerarchia di giudicare" e che finalmente il potere spirituale supremo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dall'uomo, come afferma l'Apostolo.

III./5. L'ordine di Dio riguardo al Romano Pontefice

5.1 Evangelium secundum Matthæum XVI,19

"Quodcunque ligaveris (super terram, erit ligatum et in coelis: et quodcunmque solveris super terram, erit solutum et in coelis.")(45)

Viene adesso usato per mostrare l'origine divina di sudetta autorità, benché conferita ad un uomo ed esercitata da un uomo. Proprio da tali parole (Mt 16) i canonisti facevano derivare un'estensione senza limiti dei poteri di Pietro, che comprendeva anche la potestà temporale.(46)

5.2 Epistola B. Pauli ad Romanos XIII,2

("Itaque qui resistit potestati, Dei ordinationi resistit. Qui autem resistunt, ipsi sibi damnationem acquirunt".)(47)

Con le parole di S. Paolo il papa desume che perciò chiunque si oppone a questo potere istituito da Dio, si oppone all'ordine di Dio.

5.3 Liber Genesis I,1

("In principio creavit Deus coelum et terram".)(48)

E per confermare (poco prima della definizione dogmatica finale), che tutto viene da un unico principio e che anche tutte le autorità logicamente vengono soltanto da un unico principio (ovviamente dal potere spirituale supremo), viene ricordata la creazione con le parole del primo libro di Mosè, che non nei principii, ma nel principio Dio creò il cielo e la terra.

5.4 L'uso di parole di S. Tommaso per la definizione dogmatica

Nell'opuscolo Contra errores Græcorum possiamo leggere: "Ostenditur etiam quod subesse Romano Pontifici sit de necessitate salutis"(49) Non manca nello stesso luogo il riferimento all' "universalem ecclesiam ..., in qua necessario salutis animarum nostrum est manere".

E nell'Unam sanctam viene definito: "Porro subesse Romano Pontifici omni humanæ creaturæ declaramus, dicimus, diffinimus et pronunciamus omnino esse de necessitate salutis."


continua..................


[Modificato da Caterina63 09/11/2010 19:51]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)