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IV. QUESTIONI DELL'INTERPRETAZIONE
(50)

Anche J. Collantes sottolinea inanzitutto(51) che gli autori medioevali danno al termine "Chiesa" il significato più ampio, cioè come sinonimo di "cristianità", sicché, pur distinguendo tra potere spirituale e temporale, tengono sempre presente che l'autorità civile è esercitata da principi Cristiani in una società Cristiana. "Ricordiamo che allora vigeva un regime cristiano assai vicino all'agostinismo politico."(52)

Nel corso del Concilio Ecumenico XVIII, del quinto Concilio del Laterano (19. 12. 1516) il documento stesso fu confermato da Leone X con l'altra bolla Pastor æternus(53), unitamente però ad un'altra di Clemente V del 1. 2. 1306(54), diretta a Filippo il Bello per chiarire che l'Unam sanctam non menoma in nulla il potere regale.

IV./1. Senza discussione: Il contenuto della definizione dogmatica finale(55)

L'unica verità formalmente definita è l'ultimo capoverso, cioè che ogni uomo è sottoposto alla giurisdizione papale: è la logica conseguenza della necessità di far parte della Chiesa Cattolica, e quel che si crede di questa necessità dev'essere esteso a questa soggezione - "sensus ad regimen spirituale restringendus iam adumbratur initio bullae, ubi de necessitate Ecclesiae ad salutem agitur (DS 870), praecipue vero ex opusculo S. Thomae Aqu., ex quo desumpta est".(56) Tutto il resto non sono definizioni ex cathedra, e nonostante le argomentazioni forti precedenti questa definizione finale dev'essere compresa nel senso che ogni uomo - non direttamente ogni governo(57) - dev'essere sottomesso al Romano Pontefice de necessitate salutis.

IV./2. Discussione: Unam sanctam = potestas directa vel indirecta in temporalibus?

Quanto a quest'interpretazione, le opinioni sono divergenti. L'interpretazione tradizionale(58) sembra quella di dire, si tratti di una potestas directa, ma solamente sulle cose spirituali. Perché in questo modo e soltanto così si potrebbe capire la definzione dogmatica finale e il suo significato. E sulle cose politiche i preti avrebbero soltanto una potestà di giurisdizione indiretta oppure soltanto "direttiva". Così viene "assolto" Bonifacio VIII dal rimprovero della deviazione dalla dottrina allora sana-tradizionale. Ma allo stesso tempo viene ammesso che nelle premesse della definizione finale il papa volle vedere sotto questa potestas directa puramente compresa in spiritualibus non soltanto la persona del sovrano e i suoi atti privati, ma "encore les pouvoirs publics eux-mêmes."(59) Subito dopo questa analisi viene detto, che il papa d'altra parte non volle immischiarsi stesso, perché nella bolla possiamo leggere soltanto "manu regum et militum". E quest'ultima interpretazione dell'intenzione papale verrebbe ancora chiarita dalle fonti di S. Bernardo.

Addirittura il breve Meruit di Clemente V, per cui i re di Francia furono stati esentati dall'osservanza della bolla Unam sanctam, veniva preso in questa tradizione apologetica come quasi-prova, che il papa non sarrebe andato fuori la dottrina sana-tradizionale: "Declaratio vero haec Clementis V. confirmat Bonifacii doc(t)rinam (...) Scilicet Bonifacius non ius novum condidit, sed ius antiquum et divinum authentice declaravit et idcirco Christianissimus Rex subiectus erat Romanae Sedi post Bullam Bonifacii non secus ac prius."(60)

E perciò anche secondo J. Collantes Bonifacio VIII non intendeva sostenere la potestà diretta del papa sulle cose temporali, né pretendeva annullare la sovranità dei principi. Perché ad esempio nel sinodo romano del 1302 il papa ebbe sostenuto la subordinazione di ogni cristiano, non esclusi i sovrani, "a causa del peccato". "Quanto alla fonte della giurisdizione regale, il papa non si riferisce al potere temporale in astratto, ma a quello dei principi della cristianità, che la Chiesa integra con una legittimità complementare, perchè anch'essi sono suoi sudditi che vegliano sul buon ordine della collettività dei credenti."(61) Mentre H. X. Arquillière analizza nel Dictionnaire de Droit Canonique, che si tratti di alcuni teologici moderni, che seguono Bellarmin (+ 1621), con loro interpretazione della potestà indiretta a causa delle parole importanti "ratione peccati". Arquillière domanda, dove si troverebbe una potestà diretta, se non nell'Unam sanctam. "C'est un peu jouer sur le mots"(62). Per lui le interpretazioni e domande su "directa o indirecta?" non hanno nessun senso. E perciò segue Ch. V. Langlois, che nella bolla vede la "plus absolue proclamation de la doctrine théocratique an Moyen Age"(63) Più o meno ci venne distrutto il diritto naturale concernente lo stato e assorbito dal driitto ecclesiastico.(64) E secondo la premessa di Denzinger-Schönmetzer il documento fu almeno compreso in senso della potestas directa in temporalibus.

Ma nella sua stessa premessa all'Unam sanctam si trovano anche punti per arrivare a una potestas indirecta. Perché viene citata una risposta del papa nel sudetto concistorio (24. 6. 1302). Il papa protestò - si potrebbe forse dire - contro una certa potestas directa: "Quadraginta anni sunt, quod Nos sumus experti in iure, et scimus, quod duae sunt potestates ordinatae a Deo; quis ergo debet credere vel potest, quod tanta fatuitas, tanta insipientia sit vel fuerit in capite Nostro? Dicimus quod in nullo volumus usurpare iurisdictionem regis, et sic frater noster Portuensis(65) dixit". "Non potest negare rex seu quicunque alter fidelis, quin sit nobis subiectus ratione peccati."(66) "Non è senza un profondo significato che Bonifacio VIII, di fronte all'accusa di ierocratismo, si appella espressamente ai quarant'anni di conoscenza del D i r i t t o ."(67) Nella sua risposta al Card. Acquasparta(68) poi ha anche detto: "Cum rex commisit omnia quae illi commiserunt et maiora, nos deponeremus regem ita sicut unum garcionem, licet dolore et tristitia magna."(69)

A. M. Card. Stickler offre una chiave per l'interpretazione in generale, toccando forse così anche l'Unam sanctam. Perché la dottrina del potere coattivo materiale (= spada materiale = Sacro Romano Impero) della Chiesa appare come il vero fondamento giuridico-canonico dell'Imperium nel senso ecclesiastico; essa ci permetterebbe di distinguere anche giuridicamente il Regnum, ossia l'autorità civile-secolare, dal Sacrum Imperium (Romanum) e ci darebbe così la chiave per una giusta interpretazione.(70) Ma considerando il testo e il contesto della bolla si dovrebbe esaminare, se questa chiave vale anche per la bolla.(71) Anzi, dovremmo domandarci se certe parti dell'Unam sanctam potrebbero essere classificate con un'altro esito di Card. Stickler: "risultano ... poche incrinature in senso ierocratico a causa della confusione in campo dottrinale e per l'uso della detta figura delle spade in senso politico."(72)

E inoltre, certe parole papali di 1303 potrebbero essere anche in favore di una interpretazione della bolla in senso di una chiara potestà diretta. Nel concistoro del 30. 4. 1303 per la conferma ad imperatore di Alberto d'Austria Bonifacio VIII disse nell'Allegacio: "Et sicut luna nullum lumen habet, nisi quod recipit a sole, sic nec aliqua terrena potestas aliquid habet, nisi quod recipit ab ecclesiastica potestate."(73) Anche oggi viene considerato la più rigida espressione della teoria della potestas directa. Il papa ci parlò anche dello "ius constituendi imperatorem et imperium transferendi"(74). E non si può evitare di dire che anche l'abolizione di eventuali consequenze pratiche o politiche attraverso il sudetto breve papale mostri che la bolla fu compresa nel tale senso.(75) E se veramente ci fosse un più forte influsso di Egidio Romano(76) - un dottore della potestà diretta - non sarrebbe sbagliato: "Les interprétations les plus favorables à l'omnipotence pontificale semblent donc ici les plus exactes".(77)



V. CONCLUSIONE

L'autore spera che questo lavoro scritto sia veramente uno sguardo generale alla bolla di Bonfiacio VIII, Unam sanctam, e che non abbia saltato nessuna cosa importante. Quanto alla interpretazione del contenuto prima di DS 875 possiamo capire meglio adesso perchè c'erano opinioni divergenti sull'interpretazione della potestas precisamente intenta dal papa. E l'autore non è riuscito a risolvere questo problema al 100 %, ma possiamo dire che Bonifacio VIII pretese almeno una cosidetta potestas directa in spiritualibus anche sui governi concreti e non soltanto in certi casi. E ci vorrebbe più tempo per arrivare alla certezza necessaria se si tratti infatti anche di una tale potestas directa in temporalibus.

Sembra molto interessante, che anche oggi la famosa bolla Unam sanctam non sia dimenticata. Anche il nuovo Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium con le sue fonti(78) (1995) ci ricorda al documento, almeno due volte: sotto il Can. 43 ("Ecclesiae Romanae Episcopus ...") e sotto il Can. 1058 ("Romanus Pontifex a nemine iudicatur.") Allora, non rimane soltanto la definizione dogmatica finale.



VI. APPENDICE: UNAM SANCTAM (18. 11. 1302)(79)

a) (DS 870»)(80) Unam sanctam ecclesiam catholicam et ipsam apostolicam urgente fide credere cogimur et tenere, nosque hanc firmiter credimus et simpliciter confitemur, extra quam nec salus est, nec remissio peccatorum, sponso in Canticis (cf. Cant. VI,8) proclamante: "Una est columba mea, perfecta mea. Una est matri(s) suæ, electa genetrici suæ;" quæ unum corpus mysticum repræsentat, cuius (corporis) caput Christus Christi vero Deus. In qua unus Dominus, una fides, unum baptisma.(81) Una nempe fuit diluvii tempore arca Noe, unam ecclesiam præfigurans, quæ in uno cubito consummata(82) unum, Noe videlicet, gubernatorem habuit et rectorem, extra quam omnia subsistentia super terram legimus fuisse deleta. (DS 871») Hanc autem veneramur et unicam, dicente Domino in Propheta: "Erue a framea, Deus, animam meam (cf. Psalm. XXI,21), et de manu canis unicam meam." Pro anima enim, id est pro se ipso, capite simul oravit et corpore, quod corpus unicam scilicet ecclesiam nominavit, propter sponsi, fidei, sacramentorum et caritatis ecclesiæ unitatem. Hæc est tunica illa Domini inconsutilis(83), quæ scissa non fuit, sed sorte provenit. (DS 872») Igitur ecclesiæ unius et unicæ unum corpus, unum caput, non duo capita, quasi monstrum, Christus videlicet et Christi vicarius Petrus, Petrique successor, dicente Domino ipsi Petro: "Pasce (Ioa. XXI,17) oves meas." Meas, inquit, et generaliter, non singulariter has vel illas: per quod commisisse sibi intelligitur universas.

(Traduzione italiana:)

ad a) Per imperativo della fede noi siamo costretti a credere ed a ritenere, che vi è una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica, e noi fermamente la crediamo e professiamo con semplicità, e non c'è né salvezza né remissione dei peccati fuori di lei - come lo Sposo proclama nel Cantico: "Una sola è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice". Essa rappresenta l'unico corpo mistico, il cui capo è Cristo, e (quello) di Cristo è Dio, e in esso c´è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Una sola infatti fu l'arca di Noè al tempo del diluvio, che prefigurava l'unica Chiesa; ed era stata costruita da un solo braccio, ebbe un solo timoniere e un solo comandante, ossia Noè, e noi leggiamo che fuori di essa furono sterminati tutti gli esseri esistenti sulla terra. Questa (Chiesa) noi veneriamo, e questa sola, come dice il Signore per mezzo del Profeta: "Libera, o Signore, la mia anima dalla lancia e dal furore del cane, l'unica mia". Egli pregava per l'anima, cioè per Se stesso - per la testa e il corpo nello stesso tempo - il quale corpo precisamente Egli chiamava l'unica Chiesa, a causa dell'unità dello Sposo(84), della fede, dei sacramenti e della carità ecclesiale. Questa è quella veste senza cuciture del Signore, che non fu tagliata, ma data in sorte. Dunque la Chiesa sola e unica ha un solo corpo, un solo capo, non due teste come se fosse un mostro, cioè Cristo e Pietro, vicario di Cristo e il successore di Pietro, perché il Signore disse a Pietro: "Pasci le mie pecorelle". "Le mie", Egli disse, parlando in generale e non in particolare di queste o quelle, dal che si capisce, che gliele affidò tutte.

b) Sive ergo Græci sive alii se dicant Petro eiusque successoribus non esse commissos: fateantur necesse (est) se de ovibus Christi non esse, dicente Domino in Ioanne, unum (Ioa. X,16) ovile et unicum esse pastorem. (DS 873») In hac eiusque potestate duos esse gladios, spiritualem videlicet et temporalem, evangelicis dictis instruimur.(85) Nam dicentibus Apostolis: "Ecce gladii duo hic," in ecclesia scilicet, quum apostoli loquerentur, non respondit Dominus, nimis esse, sed satis. Certe qui in potestate Petri temporalem gladium esse negat, male verbum attendit Domini proferentis (Matth. XXVI,52). "Converte gladium tuum in vaginam." Uterque ergo (est) in potestate ecclesiæ, spiritualis scilicet gladius et materialis. Sed is quidem pro ecclesia, ille vero ab ecclesia exercendus. Ille sacerdotis, is manu regum et militum, sed ad nutum et patientiam sacerdotis. Oportet autem gladium esse sub gladio, et temporalem auctoritatem spirituali subiici potestati. Nam quum dicat Apostolus: "Non est potestas nisi a Deo; quæ autem (cf. Rom XIII,1) sunt, a Deo ordinata sunt," non autem ordinata essent, nisi gladius esset sub gladio, et tanquam inferior reduceretur per alium in suprema. Nam secundum B. Dionysium lex divinitatis est infima per media in suprema reduci. Non ergo secundum ordinem universi omnia æque ac immediate, sed infima per media et inferiora per superiora ad ordinem reducuntur. Spiritualem autem et dignitate et nobilitate terrenam quamlibet præcellere potestatem, oportet tanto clarius nos fateri, quanto spiritualia temporalia antecellunt. Quod etiam ex decimarum datione, et benedictione, et sanctificatione, ex ipsius potestatis acceptione, ex ipsarum rerum gubernatione claris oculis intuemur.

(Traduzione italiana)

Ad b) Se quindi i greci o altri dicono di non essere stati affidati a Pietro e ai suoi successori, devono per forza confessare di non essere tra le pecorelle di Cristo, perché il Signore dice in Giovanni che c'è un solo gregge e un (solo e) unico pastore. Proprio le parole del vangelo ci insegnano che in questa Chiesa e nella sua potestà ci sono due spade, cioè la spirituale e la temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" - che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare - il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti. E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono nel potere (a disposizione) della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale. Però quest'ultima dev'essere esercitata in favore della Chiesa, l'altra direttamente dalla Chiesa; la prima dal sacerdote, l'altra dalle mani dei re e dei soldati, ma agli ordini e sotto il controllo del sacerdote. Poi é necessario che una spada sia sotto l'altra e che l'autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l'Apostolo dice: "Non c'è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all'altra, e, come inferiore, non fosse dall'altra ricondotta a nobilissime imprese. Poiché secondo san Dionigi è legge da Dio, che l'inferiore sia ricondotto per l'intermedio al superiore. Dunque le cose non sono ricondotte al loro ordine alla pari e immediatamente, secondo la legge dell'universo, ma le infime attraverso le intermedie e le inferiori attraverso le superiori. Che il potere spirituale supera in dignità e nobiltà tutti quelli terreni dobbiamo proclamarlo tanto più apertamente quanto lo spirituale eccelle sul temporale. Il che, invero, noi possiamo chiaramente constatare con i nostri occhi dal versamento delle decime, dalla benedizione e santificazione, dal riconoscimento di tale potere e dall'esercitare il governo sopra le medesime,

c) Nam, veritate testante, spiritualis potestas terrenam potestatem instituere habet, et iudicare(86), si bona non fuerit. Sic de ecclesia et ecclesiastica potestate verificatur vaticinium Hieremiæ (Hier. I,10). "Ecce constitui te hodie super gentes et regna" et cetera, quæ sequuntur. Ergo, si deviat terrena potestas, iudicabitur a potestate spirituali; sed, si deviat spiritualis minor, a suo superiori; si vero suprema, a solo Deo, non ab homine poterit iudicari, testante Apostolo (I. Cor. II,15): "Spiritualis homo iudicat omnia, ipse autem a nemine iudicatur." (DS 874») Est autem hæc auctoritas, et si data sit homini, et exerceatur per hominem, non humana, sed potius divina (potestas), ore divino Petro data, sibique suisque successoribus in ipso, quem confessus fuit petra, firmata, dicente Domino ipsi Petro (Matth. XVI,19): "Quodcunque ligaveris etc." Quicunque igitur huic potestati a Deo sic ordinatæ resistit, Dei ordinatione resistit(87), nisi duo, sicut Manichæus, fingat esse principia, quod falsum et hæreticum iudicamus, quia testante Moyse (Gen. I,1), non in principiis, sed in principio coelum Deus creavit et terram. (DS 875») Porro subesse Romano Pontifici omni humanæ creaturæ declaramus, dicimus, diffinimus et pronunciamus omnino esse de necessitate salutis.(88) Dat. Laterani, XIV Kal. Dec., Pont. nostri Ao. VIII.

(Traduzione italiana)
Ad c) poiché la Verità attesta che la potestà spirituale ha il compito di istituire(89) il potere terreno e, se non si dimostrasse buono, di giudicarlo. Così si avvera la profezia di Geremia riguardo la Chiesa e il potere della Chiesa: "Ecco, oggi Io ti ho posto sopra le nazioni e sopra i regni" e le altre cose che seguono. Se dunque il potere terreno devia, sarà giudicato dall'autorità spirituale; se poi il potere spirituale inferiore degenera, sarà giudicato dal suo superiore; ma se è quello spirituale supremo, potrà essere giudicato solamente da Dio e non dall'uomo, come afferma l'Apostolo: "L'uomo spirituale giudica tutte le cose; ma egli stesso non viene giudicato da nessuno." Questa autorità infatti, benché conferita ad un uomo ed esercitata da un uomo, non è umana, ma piuttosto divina, attribuita per bocca di Dio a Pietro, e resa intangibile per lui e per i suoi successori in colui che egli, la pietra, aveva confessato, quando il Signore disse allo stesso Pietro: "Qualunque cosa tu legherai ecc." Perciò chiunque si oppone a questo potere istituito da Dio, si oppone all'ordine di Dio, a meno che non pretenda come i manichei che ci sono due princìpi, il che noi giudichiamo falso ed eretico, perché - come dice Mosè - non nei principii, ma nel principio Dio creò il cielo e la terra. Per consequenza noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario alla salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Romano Pontefice. Data in Laterano, nell'ottavo anno del Nostro Pontificato.


continua......



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)