(segue dalla I parte, la traduzione di D. Di Sorco dell'intervista a don Y. Escher ).4 - Il prete DEVE obbedire
Ecco il grande paradosso. Tutto è stato svenduto, ma esiste ancora un'arma, quella dell'obbedienza. I Vescovi sono Papi nelle loro diocesi. Lo dissi ad uno che faceva appello al mio dovere di obbedienza: "Se vuole l'obbedinza del suo clero, Eccellenza, sia lei per primo a dare l'esempio, obbedendo al Santo Padre, altrimenti non può pretendere obbedienza dal suo clero". La discussione è finita lì.
È assai significativo che si insista continuamente sull'obbedienza. I preti finiscono per farsene un complesso, pensando: "Sono disobbediente, sono un cattivo prete, non va bene". Quindi, in coscienza, meglio sbagliare obbedendo che fare le cose giuste disobbedendo.
.5 - Il prete snaturato
Credo che vi sia una reale volontà di non avere più la pastorale sacramentale che la Chiesa ha sempre praticato, vale a dire la confessione e la santa Messa. Oggi bisogna andare agli incontri con la gente - cosa in sé positiva, nella Chiesa tutti i missionari l'hanno fatto - ma per risvegliare in essi il desiderio di Cristo, suscitare un'esperienza trascendente del sacro perché essi stessi scoprano Cristo.
Non bisogna più essere dogmatici o imporre delle formule. La chiamano la pastorale della formazione. Ma queste pastorali cambiano ogni anno, anzi ogni cinque anni ci si trova di fronte ad un nuovo metodo pastorale, si scrive, si organizzano simposi, poi ci si accorge che non funziona, si cambia, si adatta... Chi dobbiamo biasimare?
Oggi la gente, i giovani - io ho lavorato molto coi giovani - hanno sete della verità. La verità ha un nome, un volto, non è una semplice teoria, è una persona, è Gesù Cristo, e bisogna essere capaci di portare loro nostro Signore Gesù Cristo. Certo, con molto tatto, delicatezza, bisogna presentare la verità in modo amabile, non vogliamo uccidere nessuno a colpi di catechismo, su questo siamo tutti d'accordo; ma non possiamo limitarci ad essere animatori di un "villaggio turistico" spirituale: non avrebbe alcun senso. Siamo, come dice san Paolo, gli ambasciatori di Cristo. Vorrei sapere quanti, oggi, considerano il prete come ambasciatore di Cristo.
.6 - Uno stato di liquefazione
Sono fatti che io stesso ho sperimentato quando ero studente. Molti altri, in seminario, hanno sperimentato la stessa cosa. Il mio scopo è quello di illustrare una tendenza. Non bisogna generalizzare, ma al tempo stesso occorre mostrare lo stato di liquefazione che caratterizza la formazione clericale e che si cerca di imporre ai seminaristi: musiche da liscio per l'adorazione del Santissimo, una lunetta per l'adorazione eucaristica posta ai piedi dell'altare sopra un ceppo d'albero per simboleggiare l'umiltà di nostro Signore, e altre cose di questo genere. Lo scopo non è generalizzare. Vi sono episodi ben precisi, che sono il segno di una più generale perdita di senso.
7 - Vaticano II, il vitello d'oro
È il vitello d'oro, è un idolo. Non lo si legge mai. Sarei curioso di sapere chi l'ha letto da capo a fondo, commentato, annotato. Se si avesse per lo meno l'audacia, il coraggio di leggere integralmente il Concilio, se ne potrebbe discutere. Ma chi l'ha letto integralmente? Si parla per slogan. È lo spirito del Concilio, è un evento. La scuola di Bologna, marcatamente liberale, che ha studiato il Concilio e pubblicato una storia del Concilio in cinque o sei volumi, tradotti in parecchie lingue tra cui il francese, mostra assai bene che il Concilio non sono i testi, il Concilio è un evento, che prosegue nella durata e nel tempo. È uno spirito. Così ci viene risposto. Se si prova ad invocare il Concilio, per esempio la costituzione sulla liturgia: "il Concilio afferma che il latino resta la lingua della Chiesa, che il canto gregoriano resta il canto proprio della Chiesa latina", ci si sente dire: "Ora siamo andati oltre, il Concilio è spirito, apertura, rinnovamento".
Si tratta davvero di un idolo, continuamente invocato, che distrugge l'interiorità. Perché, al di fuori di tutto questo, non c'è nulla. Dall'idolo deriva l'ideologia e l'ideologia è sempre, sempre totalizzante. Esclude tutto il resto, distrugge tutto il resto. E la caratteristica dell'ideologia è quella di distruggere anche coloro che la professano, di acciecarli completamente. Questo è il problema: siamo di fronte ad un acciecamento. Non penso che ci sia stata veramente della mala fede, ma piuttosto una forma di acciecamento.
Come è possibile che, con la pratica religiosa al 5%, si cerchi la soluzione in rimedi puramente umani, come l'accorpamento delle parrocchie? Ma dove si vive? A un certo punto, bisogna sedersi, affrontare la situazione e dire: "Così non va bene". Invece no, si continua. Si arriva perfino a giustificare i fallimenti pastorali dicendo: "Nostro Signore si è umiliato: la Chiesa vive la stessa condizione, è umile e povera", e si cade in una sorta di vittimismo che è completamente falso. Ma non si cessa di giustificare tutto questo col Concilio.
8 - Il "peccato" di Tradizione
Credo sia il peccato più grave.
Nella Chiesa vi perdonano molte cose. Vi perdonano se avete una relazione amorosa, se non dite Messa tutti i giorni, se trascurate il Breviario, se deridete preghiere approvate, se sostenete opinioni eterodosse, e molto altro ancora. Tutto ciò vi sarà perdonano. Perché bisogna essere molto caritatevoli. Una sola cosa non vi sarà perdonata.
Il peccato supremo è quello di guardare con simpatia alla Tradizione e, peggio ancora, di guardare con simpatia alla Fraternità di S. Pio X. Vi sarà permesso di partecipare al culto protestante, di fare la "comunione" in una funzione protestante (è già accaduto), di organizzare un dialogo interreligioso coi buddisti, di andare a ritiri zen. Anzi, si dirà che siete i preti più aperti del mondo, che siete meravigliosi, che siete da prendere ad esempio.
Invece, celebrare la santa Messa in latino, non necessariamente la Messa di S. Pio V, ma anche quella di Paolo VI, oppure portare l'abito talare, è sospetto. Recitare il rosario e confessare nel confessionale significa essere sospettati di integralismo.
Figuratevi, allora, mettersi a parlare positivamente, con amore ed amicizia, di mons. Lefebvre, per esempio, o della sua opera: imperdonabile. Vi sarà perdonato tutto, tranne questo.
traduzione di Daniele di Sorco