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[SM=g1740733] LETTERE AL DIRETTORE

dal Bollettino salesiano del 2009 riportiamo alcune domande dei lettori ed utili risposte per TUTTI... [SM=g1740722]


VOCAZIONE. Caro direttore, a volte mi chiedo se tutto ciò che faccio sia opportuno farlo. Sono un ragazzo e vorrei seguire le vie di Cristo ma non riesco a trovare la mia vera vocazione. Mi dedico molto alla vita parrocchiale […]. Spesso mi da soddisfazione ma talvolta mi capita di rimanere smarrito… un po’ nervoso […]. Mi pongo molti dubbi sulla resurrezione di Cristo, e se non fosse risorto dai morti? Ho molta fede, ma a volte mi rendo conto che non basta.

Luca N.N.

Risposta:
Caro Luca N.N., sei uno dei pochi che si pone certi interrogativi, quindi aggiungo a “pochi” anche il sostantivo “fortunato”. Chiedi una cosa grande e terribile: come si fa a percepire la “chiamata”, come è possibile scoprire la propria vocazione? Non credo sia così difficile individuare il percorso migliore per la propria vita, la difficoltà è nelle premesse, negli atteggiamenti previi, nella posizione (o disposizione) di partenza… Mi spiego. Occorre prima di ogni altra cosa essere coraggiosi e pronti alla battaglia con i troppi che credono di sapere della tua vita e delle tua tendenze più di quello che sai tu. Tra i saccenti di questo tipo spesso, ahimè, ci sono anche i familiari. Un’altra delle disposizioni indispensabili è la personale convinzione che la società, il mondo, hanno urgenza di Dio più dell’acqua e del pane. Se si va sempre peggio, è perché sempre più devastante è l’assenza dell’Unico che può cambiare il cuore e la mente dell’uomo, dell’Unico per cui vale la pena vivere e morire.

Gli indizi di vocazione, non sono difficili da scoprire. Se oltre all’amicizia, allo sport, agli affetti, ti piace pregare, senti il desiderio di aiutare chi è debole, vorresti che attorno a te tutto fosse più limpido, più vero, più pacifico, più giusto, più santo; se ti attira la figura di Gesù che ha dato il sangue per salvare l’uomo dalle secche in cui perennemente naviga; se senti che è bello dare speranza, prospettare un “oltre” che dia senso all’adesso, un Princìpio che dia ragione al creato, un Fine che giustifichi l’Inizio… allora è quasi certo che sei uno di quei – ripeto il vocabolo – “fortunati” che la forza misteriosa di Dio spinge verso una strada speciale. “Se mi vuoi bene, seguimi”, dice ancora e sempre Gesù a chi gli domanda “Che devo fare?”.

(Nel numero di ottobre 2008 ho già risposto a una lettera più o meno simile alla tua, intitolandola “La propria strada”).



VELINE. Caro direttore, sono scandalizzato da mia nipote che da quando ha fatto la velina in una tv privata è diventata impossibile… ha messo su una cresta… pare che esiste solo il ballo. Non ha più pudori… è la ragazza di tutti… Mi dia uno spunto, una pista, un’idea… Ma perché mio figlio non le dà quattro ceffoni come Dio comanda?

Alfonso, prov. Frosinone

Risposta:
Caro signore, il discorso sarebbe lungo; le trascrivo, citando a memoria, una breve riflessione di don Milani, che purtroppo non sono riuscito a ritrovare, ma ne ricordo bene il contenuto e potrebbe fare al caso nostro (forse lo spunto che chiede). Dice dunque il famoso prete di Barbiana, parlando di una ragazza tutta ballo e superbia, che “La scemetta che tutti cercano è felice, va a casa e se la fa sotto senza nemmeno accorgersene, perché è troppo gonfia e tronfia… Tutti l’adorano. E l’adorano non perché l’hanno trovata intelligente o perché l’hanno trovata dotta e colta, ma semplicemente perché l’hanno trovata capace di sgambettare – ma lo fanno anche le oche – e capace di lasciarsi toccare – ma lo fanno anche le vacche – oppure perché l’hanno trovata bella! – Ma non è merito suo, non si è fatta da sé!”. Con ciò voglio dirle che… “dura minga!”, dietro l’angolo si nasconde la trappola, se non altra, la livella del tempo. Dica a sua nipote di aprire un po’ di più gli occhi, anche quelli dell’anima. Tuttavia mi punge vaghezza che sarebbe da dire qualcosa di “forte” e “pepato” anche e soprattutto ai suoi genitori.



LA QUESTIONE ROM. Caro Direttore […] lei ricorderà che nel maggio 2008 il quotidiano “la Repubblica” ha dato evidenza all’accusa contro due rom che a Catania si credeva volessero rapire una bimba (l’accusa fu della madre). Ebbene saprà anche che i due si sono beccati 4 mesi 4 di carcere e li hanno fatti e poi, a settembre, sono stati prosciolti evidentemente perché non avevano commesso il fatto. Ebbene crede lei che “la Repubblica” abbia pubblicato la smentita con l’evidenza con cui aveva sostenuto l’accusa? Affatto […] Per farla breve, il quotidiano ha perso un lettore; vabbè, loro se ne fregheranno, ma io sto meglio!

Marino, Genova

Risposta:
Caro signore, può essere che il noto quotidiano sia scivolato sulla classica buccia di banana. Non sarebbe la prima né sarà l’ultima volta. Checché se ne dica, i giornali cosiddetti “seri”, spesso dimenticano di esserlo. La tentazione di ricercare lo scoop invece che la verità è la malattia di molti giornalisti; la tentazione di giudicare prima del giudice è un vezzo che qualcuno ha definito nazionale. E la deontologia professionale? Beh, può attendere, tanto alcuni non sanno nemmeno cosa sia.



VIOLENZA. Caro direttore, qualche tempo fa ho assistito – perché invitata dal direttore didattico – a una conferenza dove un tale professore, forse un sociologo, ha continuato a blaterare sui nostri figli, alunni delle elementari, affermando che sono fragili ma anche molto recettivi e assorbono tutto, ecc. Perciò occorre vigilare, perché altrimenti si creano dei piccoli robot. L’educazione deve essere aperta, non ideologica, quindi l’illustre professore ha detto che non va bene la preghierina, il crocifisso, il presepe, ecc. perché sono violenza psicologica e la violenza poi resta dentro per tutta la vita. Che cosa significa questa storia della violenza?

Rosanna, Sesto San Giovanni

Risposta:
Cara signora, una statistica di quelle fatte non certo da preti e frati ma da agenzie laiche specializzate, predica che un bambino italiano al termine delle elementari (11 anni circa) ha già visto in TV circa 80mila omicidi e più o meno 100mila atti di violenza… Allora le consiglio un atto di coraggio: informi l’illustre (ma mi pare che riluce solo per anticlericalismo un po’ demodé) conferenziere (e anche il direttore didattico che l’ha invitato) che, stando alle statistiche, hanno proprio sbagliato bersaglio: invece che prendersela con la “preghierina” e il presepe, dovrebbero scagliarsi contro la TV. Guardando il piccolo schermo, sì che i nostri figli imparano la violenza! Ma, ahimè, la TV è un feticcio, non si tocca; ormai ha conquistato ogni stanza della casa (anche il bagno!), scalzando il crocifisso.

Invece sembra che abbiano deciso di non interessarsi di quel che vedono i propri figli e di non ascoltare quello che ormai si sente urlare in tutti i toni e le lingue, ogni giorno. E questa è una colpa. Grave. Ne dovranno rendere conto. “Vedrà, vedrà, caro direttore – mi scrive un’insegnate elementare – se si continua di questo passo va a finire che il bullismo di cui soffrono troppe scuole elementari è colpa… del crocifisso appeso al muro! Io che ci insegno da molto tempo sono invece convinta del contrario: la protervia del bullismo è colpa del fatto che stiamo togliendo il crocifisso non solo dalle pareti delle aule ma dal cuore, in nome di una laicità che non si sa che bestia sia!”. Non esagera la maestrina. Anzi, forse l’ha proprio azzeccata. Lo sfascio che avanza è segno che la religione sta regredendo. Conviene che ci pensino i genitori e gli educatori. Domani sarà troppo tardi. È forte il giudizio di un ragazzo di prima liceo: “I miei genitori, caro direttore, si sono dotati di un filtro selezionatore che distrugge tutte le notizie non conformi alle loro precomprensioni. Una specie di antivirus alla rovescia”.



SANTITÀ E ALLEGRIA. Caro direttore, Don Bosco diceva sempre che la santità consiste nello stare molto allegri. Ebbene, io non riesco ad essere allegro. Le ingiustizie, la povertà, le malattie, la precarietà, la violenza, veder soffrire tanta gente non riesce a darmi allegria. Però sono sicuro che esiste un modo per essere allegri ma non so qual è. Può aiutarmi?

Claudio.@...

Risposta:
Caro sig. Claudio,l’allegria nasce “dentro”.
Quella di cui parlava Don Bosco ai suoi ragazzi si riferiva principalmente alla serenità interiore che poi sfocia nella imperturbabilità esteriore.
Il che non significa affatto chiudere gli occhi di fronte alla realtà, far finta di non vedere “le ingiustizie, le malefatte, le precarietà”, come scrivi tu (spero che mi concederai il tu!). Significa invece continuare a sperare contro ogni speranza, significa aumentare la propria fede in una Provvidenza che nonostante possa apparire il contrario, è vigile.

Mi scriveva qualche tempo fa un’anziana professoressa, da tempo in pensione: “Caro direttore, sono ormai quasi novantenne, ne ho viste e passate tante che, se gliele raccontassi tutte, lei stenterebbe a crederci. Ma le assicuro di non aver mai dubitato che il pennello di Dio continuasse a disegnare il suo invisibile capolavoro. Ho sempre creduto che sotto il fumo degli incendi, le macerie delle bombe, i disastri dell’ecosistema, il Suo disegno invisibile ai miei occhi (che continuavano a vedere solo fumo e macerie e morte) continuasse a prendere forma secondo il suo programma, che considera non solo la piccola bilia di questa nostra Terra sperduta nell’immensità dello spazio, ma per l’appunto l’intera creazione che va ben oltre il globo terrestre e supera le galassie, e dà senso ai buchi neri, ed espande sempre più gli indeterminati confini dell’immensità…”.Le assicuro, caro sig. Claudio, che la lettera, scritta con mano ormai incerta, ma con grande lucidità, mi ha sorpreso e commosso: mi sembrò di essere di fronte alla “Saggezza” che aveva preso forma umana. La vecchia insegnante aveva capito tutto. C’è un disegno, non può non esserci, sotto il mistero d’iniquità che sembra dominare il mondo. Così, siamo di fronte al mistero di iniquità e al mistero di Dio. Non ho dubbi su come andrà a finire, di chi sarà la vittoria finale. Questa è la fede, da questa fede nasce quella tranquillità interiore, che Don Bosco – seguendo San Paolo – chiamava allegria. Tale stato d’animo non può lasciare per nessuna ragione il credente.




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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)