La storia è segnata anche da periodi di rapporti molto stretti tra i due "mondi" (l'Islam della prima ora e l'Occidente di allora presentato dal Cattolicesimo) e da influenze reciproche talora assai feconde. Le pieghe "oggettive" della storia ci informano inoltre di compromessi di ordine politico ed economico che attraversarono i due campi: la religione passava spesse volte nettamente in secondo piano rispetto a interessi di potere e di denaro. Ma, a partire soprattutto dall’epoca ottomana, il pericolo principale per Europa cristiana è stato individuato nei Turchi musulmani. Non è facile sciogliere l’intrico inestricabile tra religione, affari e politica. Ma l’immaginario tende a demonizzare l’avversario e a santificare la difesa. Così è facile passare alla benedizione delle armi, che in realtà difendono soprattutto la cultura o l’egemonia politica, giustificandola in funzione della difesa della religione "vera" contro le contaminazioni e l’invasione da parte di una religione "falsa" e bugiarda.
Un esempio molto chiaro di questo atteggiamento ambiguo lungo la storia è vicino a noi. Basti pensare alla potenza della Repubblica marinara di Venezia, costituitasi di fatto su continui traffici ora in sintonia con i sultani del dâr al-islâm ora in lotta contro di essi. Venezia (ma Genova non era di meno) trafficò sempre con tutti, a prescindere da questioni religiose, mettendo in primo piano sempre e comunque il proprio interesse commerciale. Che cosa c’era, in realtà, dietro i suoi appelli al Papa o ai governi cristiani d’Europa per organizzare crociate contro il Turco? Veneziani e genovesi, in lotta tra loro per il possesso di concessioni e fòndachi in Costantinopoli, erano il nerbo principale delle truppe che dovevano difendere la capitale dell’impero bizantino nel 1453 dalle truppe di Maometto II; a loro volta ambedue erano fieramente odiati dai cristiani greci ortodossi di Costantinopoli, che preferivano la sottomissione al turbante musulmano che chinarsi alla tiara pontificia del Papa di Roma (e questo la dice lunga sui rapporti tra i cristiani anche in funzione antiislamica. Notiamo che l’imperatore bizantino e un riottoso patriarca avevano appena firmato, con il cappio la collo della necessità assoluta di aiuto da parte dell’occidente, l’unione delle due confessioni cristiane a Firenze, sconfessati subito dopo dai loro sudditi. Il tasso di gelosia era altissimo).
Per non parlare delle innumerevoli alleanze tra principi e re cristiani con capi musulmani per dirimere questioni e dissidi tra potentati cristiani stessi. Le medesime ambiguità ebbero naturalmente luogo anche nel campo avversario: principi musulmani stabilivano tranquillamente alleanze con i corrispondenti cristiani per questioni economiche o di potere. Ambedue le entità poi, lungo il corso dei secoli, si servirono ampiamente di organici militari o amministrativi o intellettuali del campo avverso. La storia della Spagna, con la sua splendida e tormentata presenza dell’Andalusia musulmana fino alla definitiva riconquista sotto i "re cattolici", è lì a testimoniare che la religione era spesso un palliativo, una foglia di fico per nascondere inconfessabili vergogne. La splendida e intricata storia di Federico II nell’Italia del sud, con la sua meravigliosa e illuminata corte di Palermo, è un altro esempio di collaborazione tra le tre religioni in vista di un progetto culturale e politico comune, che rimase però a livello di utopia per il prevalere di altri interessi. La storia è maestra, anche se inascoltata. Ed è piena di ambiguità e di ipocrisie, spesso farisaicamente velate dietro i paraventi della religione, un punto a favore di alcuni Pontefici di quell'epoca espanzionistica occorre darlo: più di uno impartiva ordini volti a non coinvolgere "la sede di Pietro" per questioni "di mercantinaggio", ribadendo che tale Sede aveva solo il compito di sorvegliare che la fede cristiana non subisse decapitazioni ed in questo, benchè non si dica troppo, accordi venivano conclusi per "il quieto vivere". Prima di indire le famose crociate è indiscutibile che fu proprio l'opera diplomatica di alcuni Pontefici, a partire da papa Gregorio ad evitare sanguinose guerre. La vera ambiguità ha inizio con i rapporti sempre più disastrosi con la relatà Bizantina la quale aveva capito il pericolo musulmano, e tuttavia chiusa nel suo orgoglio, non ritiene salutare alcuna alleanza per non dover scendere a compromessi con Roma, tale risoluzione sappiamo bene a cosa porterà e sarà l'inizio di tutto.
Non mi sogno nemmeno di sminuire i problemi, anche religiosi, che si pongono davanti a noi. Invito solo a non essere troppo faciloni, precipitosi, massimalisti in un senso o nell’altro. Distinguere il grano dalla zizzania è difficile sempre e per tutti. E nel breve periodo non è mai appagante.
La storia comunque, imperterrita, si ripete, con poche varianti, fino ai giorni nostri a partire dalla tormentata propaggine europea dei Balcani per allargarsi a livello planetario: definizioni di stati e di regimi musulmani come "moderati", "progressisti" o "fondamentalisti" sono spesso funzionali non a una realtà religiosa ma a rapporti di altro tipo.
Se volessimo indicare delle date che segnano altrettante fasi simboliche dei rapporti tra Islam e Cristianesimo, dovremmo indicare degli eventi che sono stampati nella memoria collettiva dell’Europa:
732: la battaglia di Poitiers segnò la fine (simbolica) della conquista araba musulmana proveniente dalla Spagna.
1099: conquista di Gerusalemme da parte delle truppe crociate. 1187: battaglia di Hattin. Saladino sconfigge le truppe cristiane e termina praticamente il Regno latino di Gerusalemme. L’atto finale è rappresentato dalla caduta in mano musulmana della roccaforte di S. Giovanni d’Acri nel 1291.
1453: caduta di Costantinopoli e fine dell’impero romano d’oriente a opera dei Turchi.
1492: conquista di Granada, con espulsione dalla Spagna di musulmani ed ebrei.
1571, 7 ottobre: battaglia di Lepanto. Vittoria non sfruttata da parte cristiana ma altamente simbolica per l’unione della cristianità e per i riflessi psicologici e soprattutto commerciali che ebbe in tutta l’area del Mediterraneo orientale. Questa vittoria fu ed è tutt'oggi il simbolo della spiritualità di Roma perchè unica nel suo genere la risoluzione dei fatti che non cercò alcun profitto, ma che si "chiuse" in una Lode e Preghiera di ringraziamento che ancora oggi ne commemora i fatti il 7 Ottobre.
1683: battaglia di Vienna e sconfitta dei Turchi. Segna la fine della grande paura da parte dei governi cristiani europei, che vedevano minacciata l’Europa centrale. Anche questa Battaglia che si ha nei periodi in cui una fascia di protestantesimo combatteva i cattolici con le armi, passerà quasi inosservata nei libri di storia di oggi. Eppure anche questa battaglia, con quella di Lepanto, assumono i medesimi contorni ed un finale risolutivo con la preghiera del Rosario che veniva in contemporanea combattuto dalla Riforma. Un paradosso, eppure una realtà ignobilmente messa da parte.
Le immagini negative dell’altro in quanto "musulmano", cosa dire oggi?
La storia del dialogo tra cristiani e musulmani è stato un lungo susseguirsi di scontri politici, culturali e religiosi, in cui le dispute polemiche hanno generato malintesi e pregiudizi che si sono rafforzati con passare del tempo.
Quali sono i pregiudizi che popolano l’immaginario collettivo a proposito dei musulmani? Provo ad accennarne alcuni tra i più comuni, sia nella storia che nell’attualità.
Anzitutto, per l’Europa e in particolare per l’Italia funziona ancora un "corto circuito", che identifica il musulmano con l’arabo o con il turco, mescolando categorie etniche con categorie religiose. Abbiamo già visto che questo assunto è vero solo in parte, anche se gli Arabi e i Turchi sono i popoli a maggioranza musulmana che circondano il mar Mediterraneo. Il Corano invita, d’altra parte, a essere fedeli alle alleanze e accusa i non musulmani esattamente della stessa cosa che i cristiani addebitano ai musulmani. Resta per l’appunto una tradizione cavalleresca cristiana parallela che attribuisce una qualifica di lealtà ai musulmani e di slealtà ai cristiani. Passerà alla storia la recriminazione del Papa Pio II Enea Silvio Piccolomini, che suona come una terribile accusa ai principi cristiani di essere sleali e attenti solamente ai loro interessi e non alle sorti della cristianità. E parallelamente la sua lode nei confronti dei sultani musulmani, fedeli alle loro consegne. Forse non sarebbe male passare da una anonima accusa generica a rapporti più stretti con le singole persone: ci si accorgerebbe immediatamente che gli stereotipi cadono da soli. Altro aspetto del cristianesimo odierno sono i Movimenti Evangelici di matrice Protestante che pur di non prendere accordi ecumenici con la Chiesa Cattolica, stanno diventando quella fascia di cristiani fondamentalista della nostra Europa, rischiando di danneggiare i lavori di dialogo, confronto, rispetto e reciprocità finora raggiunti con molti gruppi musulmani.
Un secondo "corto circuito" è quello che identifica i musulmani con i "fondamentalisti". A parte il fatto che la terminologia stessa è nata in ambiente cristiano per qualificare gruppi di cristiani, sètte protestanti del 1600 accusavano Roma di fondamentalismo, non dimentichiamo che il fenomeno del fondamentalismo islamico è molto recente e amplificato dai mezzi di comunicazione. I corrispondenti dai paesi musulmani hanno preso l’abitudine di semplificare paurosamente i movimenti musulmani, facendo corrispondere le qualifiche all’atteggiamento dimostrato superficialmente nei confronti della cosiddetta civiltà occidentale. Le notizie che arrivano dal tanto demonizzato Iran sciita proprio in questi giorni stanno dimostrando che il processo in atto in quel paese è molto più significativo e aperto alla libertà e alla democrazia della "moderata" Arabia Saudita. I movimenti cosiddetti "fondamentalisti" o "integristi" o "integralisti" nella loro espressione violenta, armata e terroristica rappresentano una realtà, certamente, ma raggruppano di fatto una minoranza ristretta della popolazione musulmana. Tale minoranza, che ha caratteristiche di indottrinamento e di organizzazione ferrea e strutturata, riceve spesso legittimazione proprio dall’enfatizzazione che ne fanno i mezzi di comunicazione. Essa rappresenta un momento dialettico e senz’altro pericoloso nei paesi musulmani, che stanno cercando faticosamente di trovare una loro via autonoma di presenza nel mondo e una loro visibilità sullo scacchiere internazionale. L’adesione che ricevono talora dalla popolazione locale è spesso fondata sull’ignoranza e sull’unica reazione possibile a governi corrotti e despoti. L’Algeria insegna. Molti di questi movimenti, inoltre, non sono diretti contro l’esterno, ma contro la corruzione e il "paganesimo" interno. La cautela è d’obbligo anche nell’attuale situazione degli immigrati musulmani in Italia.