00 30/11/2012 21:00

[SM=g1740758] Approfondiamo un altro passo assai eloquente della Rerum Novarum, dice così Leone XIII:

"- Le cose del tempo non è possibile intenderle e valutarle a dovere, se l'animo non si eleva ad un'altra vita, ossia a quella eterna, senza la quale la vera nozione del bene morale necessariamente si dilegua, anzi l'intera creazione diventa un mistero inspiegabile. Quello pertanto che la natura stessa ci detta, nel cristianesimo è un dogma su cui come principale fondamento poggia tutto l'edificio della religione: cioè che la vera vita dell'uomo è quella del mondo avvenire.

Poiché Iddio non ci ha creati per questi beni fragili e caduchi, ma per quelli celesti ed eterni; e la terra ci fu data da Lui come luogo di esilio, non come patria. Che tu abbia in abbondanza ricchezze ed altri beni terreni o che ne sia privo, ciò all'eterna felicità non importa nulla; ma il buono o cattivo uso di quei beni, questo è ciò che sommamente importa. Le varie tribolazioni di cui è intessuta la vita di quaggiù, Gesù Cristo, che pur ci ha redenti con redenzione copiosa, non le ha tolte; le ha convertite in stimolo di virtù e in maniera di merito, tanto che nessun figlio di Adamo può giungere al cielo se non segue le orme sanguinose di Lui.

Se persevereremo, regneremo insieme (7). Accettando volontariamente sopra di sé travagli e dolori, egli ne ha mitigato l'acerbità in modo meraviglioso, e non solo con l'esempio ma con la sua grazia e con la speranza del premio proposto, ci ha reso più facile il patire. Poichè quella che attualmente è una momentanea e leggera tribolazione nostra, opera in noi un eterno e sopra ogni misura smisurato peso di gloria (8).

I fortunati del secolo sono dunque avvertiti che le ricchezze non li liberano dal dolore e che esse per la felicità avvenire, non che giovare, nuocciono (9); che i ricchi debbono tremare, pensando alle minacce straordinariamente severe di Gesù Cristo (10); che dell'uso dei loro beni avranno un giorno da rendere rigorosissimo conto al Dio giudice."

 

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Benedetto XVI nell'Enciclica Spe Salvi,  domanda: " Innanzitutto c'è da chiedersi: che cosa significa veramente " progresso "; che cosa promette e che cosa non promette?"

arrivando appunto a denunciare certe pretese dette oggi "progressiste" che non solo non risolvono i problemi sociali, ma che sono spesso la causa delle crisi sociali e culturali (etiche e morali) alle quali l'uomo non riesce a far fronte. Del resto il moderno presupposto essenziale "della fede nel Progresso" è che, la marcia della storia, che è marcia esclusivamente sottoposta alla ragione, conduce infallibilmente a un incremento continuo del bene, ne è la sua sollecitazione purché vi sia chi, continuamente, ne spieghi la sua applicazione e non lo confonda con la fede nel "progressismo". Quando infatti Benedetto XVI scrive che "non è la scienza che redime l'uomo" (n. 26), egli si riferisce a una certa idea della ragione esclusiva che conduce ad un falso progresso e si stagna nell'illusorio progressismo, quello che ispira le diverse forme di scientismo e di relativismo. Significativa è appunto la critica "dell'errore fondamentale di Marx. Egli ha dimenticato che l'uomo rimane sempre uomo. Ha dimenticato l'uomo e ha dimenticato la sua libertà. Ha dimenticato che la libertà rimane sempre libertà, anche per il male", che abbiamo riportato sopra.

La crisi economica attuale, aggiunge Benedetto XVI, non può essere disgiunta dalla crisi morale, etica e culturale del nostro tempo e scrive ancora nell'Enciclica:

" 44. La protesta contro Dio in nome della giustizia non serve. Un mondo senza Dio è un mondo senza speranza (cfr Ef 2,12). Solo Dio può creare giustizia. E la fede ci dà la certezza: Egli lo fa. (...)

 Dio è giustizia e crea giustizia. È questa la nostra consolazione e la nostra speranza. Ma nella sua giustizia è insieme anche grazia. Questo lo sappiamo volgendo lo sguardo sul Cristo crocifisso e risorto. Ambedue – giustizia e grazia – devono essere viste nel loro giusto collegamento interiore.

La grazia non esclude la giustizia. Non cambia il torto in diritto.

Non è una spugna che cancella tutto così che quanto s'è fatto sulla terra finisca per avere sempre lo stesso valore...."

Anche qui il Papa, la Chiesa stessa, non offre la soluzione delle crisi, ma espone il metodo per affrontarle: "Un mondo senza Dio è un mondo senza speranza. Solo Dio può creare giustizia.."

E questo ci riporta alle parole di Leone XIII nella Rerum Novarum:

" I fortunati del secolo sono dunque avvertiti che le ricchezze non li liberano dal dolore e che esse per la felicità avvenire, non che giovare, nuocciono (9); che i ricchi debbono tremare, pensando alle minacce straordinariamente severe di Gesù Cristo (10); che dell'uso dei loro beni avranno un giorno da rendere rigorosissimo conto al Dio giudice"...

Leone XIII raccoglieva la difficile eredità di una Chiesa che si era scontrata con gli Stati nazionali borghesi e liberali, animati da un diffuso laicismo e in molti casi da ostilità nei confronti della religione, specialmente da uno ingiustificato fronte anticlericale spesso alimentato dalla massoneria. Nella sua prima enciclica, la Inscrutabili Dei consilio (21 aprile 1878), così descriveva la nuova realtà che aveva sconvolto gli antichi equilibri sociali e politici, promuovendo il socialismo e il marxismo:

"Ci si presenta allo sguardo il triste spettacolo dei mali che per ogni parte affliggono l'uman genere:  questo così universale sovvertimento dei principî dai quali, come da fondamento, è sorretto l'ordine sociale; la pervicacia degl'ingegni intolleranti di ogni legittima soggezione; il frequente fomento alle discordie, da cui le intestine contese, e le guerre crudeli e sanguinose (...) La cagione precipua di tanti mali è riposta, ne siamo convinti, nel disprezzo e nel rifiuto di quella santa e augustissima autorità della Chiesa, che a nome di Dio presiede al genere umano, e di ogni legittimo potere è vindice e tutela".

E' importante sottolineare che il magistero di Leone XIII non si rinchiude solamente nella Rerum Novarum, i suoi moniti spaziano su grandi temi del momento, un anno prima aveva scritto una enciclica missionaria, Catholicae Ecclesiae, del 20 novembre 1890, nella quale invitava i cattolici a sostenere con larghi mezzi le missioni al fine di combattere le pratiche schiaviste e "l'abuso nel commercio degli schiavi". Tra l'altro Leone XIII non mancò di favorire la formazione nei vari paesi di associazioni antischiaviste, davvero le prime nel loro genere.

Il Movimento Missionario cattolico che trova in questo pontificato un nuovo slancio e un nuovo grande fervore, non è altro che la base della Rerum Novarum, l'inizio se vogliamo, della Dottrina Sociale della Chiesa in quanto, per la prima volta, interessava i luoghi e le persone poste al di fuori di ciò che erano stati, fino a quel momento, gli Stati Pontifici.

Da qui una evidente apertura verso il riconoscimento ufficiale dello Stato in quanto tale e in quanto guidato dal "Cesare" di turno al quale non si chiede altro che di poter esercitare liberamente la propria missione.

Con l'enciclica del 1 novembre 1885, Immortale Dei, sulla Costituzione cristiana degli Stati, Leone XIII riaffermava infatti l'accettazione da parte della Chiesa di qualsiasi forma di governo, "purché orientata verso il bene comune dei cittadini".

Nella successiva enciclica Libertas, del 20 giugno 1888, Leone XIII sottolineava l'attenzione della Chiesa per le libertà moderne. L'enciclica rappresentava un chiaro e nuovo sviluppo delle indicazioni della Quanta cura e del famoso e discusso Sillabo, Papa Leone XIII infatti non le cancella, ma le sviluppa, e reclama così anche per la Chiesa quelle libertà che dovevano servire alla difesa della verità e della moralità. Questi documenti pontifici costituirono una non trascurabile base dottrinale, in un armonico progresso, per favorire un riavvicinamento della Chiesa con le nuove istituzioni politiche che si andavano affermando in Europa.

La Rerum Novarum, infatti, fu la presa di coscienza della Chiesa, alla luce delle Scritture e della Tradizione cristiana, di una nuova realtà sociale e di nuovi e gravi problemi presenti nel  mondo  del  lavoro. Le soluzioni che propone non sono dirette all'instaurazione di un nuovo ordine politico né a ribaltare i rapporti di forza tra le classi sociali. Tuttavia, le parole di Leone XIII presentano  una  forte carica  innovatrice  e  un linguaggio nuovo nei documenti della Chiesa che, come abbiamo letto, sollecitava la nascita di associazioni a tutela degli interessi dei lavoratori:  dalle società di mutuo soccorso, perfino alle assicurazioni private di assistenza e previdenza sociale, sino a vere e proprie organizzazioni sindacali, che l'Enciclica chiama "corporazioni", usando la vecchia terminologia medievale, ma interpretata in chiave moderna.

Insomma, scavando all'interno del Magistero Pontificio, possiamo davvero imparare molte cose, e possiamo comprendere che molto di ciò che viene attribuito oggi al comunismo o al socialismo, di fatto era già raccomandato dalla Chiesa e che solo una diabolica e perversa interpretazione degli anni '60, ha tentato di occultare e far dimenticare solo per poter togliere di mezzo Dio, per scristianizzare il mondo.

Possiamo anche parafrasare l'esempio e la genialità del cardinale Henry Edward Manning (1808-1892) prete anglicano prima, poi convertitosi proprio come il beato Newman al cattolicesimo, persona davvero religiosa e al tempo stesso non refrattaria dai problemi sociali e culturali del suo tempo,

Per altro fu anche uno fra i cardinali che contribuirono alla formazione dell'Enciclica stessa perché, apriamo una breve parentesi, come dovreste sapere le Encicliche e i Documenti Pontifici, non nascono dal giorno alla notte o da una voglia letteraria di un solo soggetto: il Pontefice individua l'argomento e il tema da trattare e poi lo elabora con diversi collaboratori che lo affiancano nelle ricerche bibliche, della tradizione e della cultura dei popoli, ricerche filosofiche e quant'altro, poi il Papa conclude il Documento dandogli quell'imprimatur dell'infallibilità che gli viene dal ruolo che ricopre, sostenendolo con ciò che chiamiamo "dottrina", e perciò, infallibile, e qui chiudiamo la parentesi.

Dunque, dicevamo di Manning, un prete prima ancora che cardinale, che non restava con le mani in mano, ma andava nelle fabbriche non per fare il "prete operaio" o per rivendicare i diritti (la dignità) dei lavoratori predicando contro la dottrina della Chiesa, al contrario, andava nelle fabbriche per spiegare meglio le ragioni della dottrina sociale della Chiesa, scendeva nelle miniere, visitava le case dei lavoratori portando conforto e conoscenza dei problemi. E quando i suoi sermoni cominciarono ad allarmare i padroni, scandalizzando i conservatori, venne accusato di essere socialista, ma lui paternamente e molto nettamente rispondeva:

"no cari signori, non faccio politica, io faccio del cristianesimo".

La sua perseveranza nella difesa della dottrina sociale della Chiesa fece tremare i trust di Londra, fece aprire le borse ai magnati per far fronte alle crisi del proprio tempo, e tutto questo senza mai alzare una barricata, senza mai usare la violenza, senza incitare mai i lavoratori contro i padroni, senza spingere mai gli operai alle devastazioni, senza mai rivendicare espropriazioni, senza mai invocare alcuna rivoluzione.

Papa Leone XIII, e come del resto tutti i Pontefici ancora fino ad oggi, sosteneva come un assurdo l'antagonismo tra le due forze, quella operaia e quella degli imprenditori, egli sosteneva con santa ragione che soltanto unite, queste due forze, avrebbero potuto davvero progredire per il bene sia dei singoli lavoratori, quanto per l'autentico progresso della società, la quale non potrà mai fare a meno degli imprenditori, così come lo stesso lavoratore ha bisogno dell'imprenditore che gli garantisca "la dignità della sua mercede" (cfr Lc.10,7)

Per concludere vi offriamo le parole della Catechesi che Giovanni Paolo II avrebbe dovuto pronunciare in quel 13 maggio 1981 quando fu colpito dal vile attentato. La Catechesi era stata preparata proprio per i 90 anni della Rerum Novarum. Così diceva il Papa:

" Ricordando il 90° anniversario dell’enciclica leoniana, sulla scia e in consonanza con il Magistero dei miei predecessori, desidero pertanto riaffermare l’importanza dell’insegnamento sociale come parte integrante della concezione cristiana della vita.

Su questo argomento non ho mancato nei frequenti incontri con i miei fratelli nell’episcopato di raccomandare alla loro pastorale sollecitudine, la necessità e l’urgenza di sensibilizzare i loro fedeli sul pensiero sociale cristiano, affinché tutti i figli della Chiesa siano non solo istruiti nella dottrina, ma anche educati all’azione sociale.

Fratelli e sorelle! Torneremo ancora più a lungo sui vari temi e problemi che l’anniversario dell’enciclica, Rerum Novarum evoca. Per concludere questa mia riflessione odierna voglio rispondere all’interrogativo posto all’inizio. Sì, l’enciclica Rerum Novarum ha ancora oggi la sua vitalità e validità stimolante e operante per il Popolo di Dio, anche se apparsa nel lontano 1891. Il tempo non l’ha esaurita, ma collaudata; tanto che i cristiani la sentono così feconda da derivarne coraggio e azione per i nuovi sviluppi dell’ordine sociale cui il mondo del lavoro è interessato. Continuiamo dunque a viverne lo spirito con slancio e generosità, approfondendo con amore operoso le vie tracciate dall’attuale Magistero sociale ..."

 
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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)