00 19/03/2010 18:30

Come pilotare la Chiesa nella tempesta. Una lezione

L'ha impartita Benedetto XVI in un'udienza generale ai fedeli, contro chi invoca un nuovo inizio del cristianesimo, senza gerarchia né dogmi. Il segreto del buon governo, ha detto, "è soprattutto pensare e pregare"

di Sandro Magister




ROMA, 18 marzo – Pochi l'hanno notato, ma in un momento della bufera che ha investito la Chiesa cattolica sull'onda dello scandalo dato ai "piccoli" da alcuni suoi sacerdoti, Joseph Ratzinger ha fronteggiato la sfida in un modo tutto suo. Con una audace lezione di teologia della storia, non priva di rimandi alla propria biografia di teologo e di papa.

La lezione l'ha rivolta ai pellegrini che gremivano l'aula delle udienze generali, la mattina di mercoledì 10 marzo.

Più volte il papa ha alzato gli occhi dal testo scritto e ha improvvisato. La trascrizione integrale è riprodotta più sotto e va riletta da cima a fondo. Ma alcuni suoi tratti vanno rimarcati da subito.

Al centro della lezione si staglia san Bonaventura da Bagnoregio, dottore della Chiesa, uno dei primi successori di san Francesco alla testa dell'ordine da lui fondato.

E questo è il primo dei tratti autobiografici. Perché è proprio sulla teologia della storia di san Bonaventura che il giovane Joseph Ratzinger pubblicò nel 1959 la sua tesi per la libera docenza in teologia, di recente ristampata.

La novità di quella sua tesi giovanile fu d'aver messo a confronto per la prima volta la teologia della storia di san Bonaventura con quella influentissima di Gioacchino da Fiore.

L'influsso di Gioacchino da Fiore sul pensiero di quel secolo e dei secoli seguenti, sia cristiano che ateo, è stato grandioso, fino ai giorni nostri. Ad esso il teologo Henri De Lubac ha dedicato trent'anni fa un memorabile saggio in due tomi dal titolo: "La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore".

Quando oggi, come reazione allo scandalo di taluni preti, ancora una volta si invoca una purificazione epocale e radicale della Chiesa, un nuovo Concilio che sia "nuovo inizio e rottura", un cristianesimo spirituale fatto di nudo Vangelo senza più gerarchie né precetti né dogmi, che cos'altro si invoca se non l'età dello Spirito annunciata da Gioacchino da Fiore?

Nella sua lezione del 10 marzo scorso, Benedetto XVI ha descritto e attualizzato con rara chiarezza la contrapposizione tra Gioacchino e Bonaventura. Ha mostrato come l'utopia di Gioacchino ha trovato nel Concilio Vaticano II un terreno fertile per riprodursi di nuovo, vittoriosamente contrastata, però, dai "timonieri saggi della barca di Pietro", dai papi che seppero difendere la novità del Concilio e nello stesso tempo la continuità della Chiesa.

Dallo spiritualismo all'anarchia il passo è breve, ha ammonito Benedetto XVI. Era così nel secolo di san Bonaventura ed è così oggi. Per essere governata la Chiesa necessita di strutture gerarchiche, ma a queste deve essere dato un fondamento teologico evidente. È ciò che fece san Bonaventura nel governare l'ordine francescano. Per lui "governare non era semplicemente un fare, ma era soprattutto pensare e pregare. Alla base del suo governo troviamo sempre la preghiera e il pensiero; tutte le sue decisioni risultano dalla riflessione, dal pensiero illuminato dalla preghiera".

Lo stesso – ha detto il papa – deve avvenire oggi nel governo della Chiesa universale: "governare, cioè, non solo mediante comandi e strutture, ma guidando e illuminando le anime, orientando a Cristo".

È questo il secondo, decisivo, tratto autobiografico della lezione del 10 marzo. In essa Benedetto XVI ha detto come lui intende governare la Chiesa. L'ha detto con la mite umiltà che gli è propria, ponendosi all'ombra di un santo.

Come per san Bonaventura gli scritti teologici e mistici erano "l'anima del governo", così è per l'attuale papa. L'anima del suo governare sono le omelie liturgiche, l'insegnamento ai fedeli e al mondo, il libro su Gesù, insomma, il "pensiero illuminato dalla preghiera". È lì che la struttura gerarchica della Chiesa romana e i suoi atti di governo trovano fondamento e nutrimento. È lì che la Chiesa di papa Benedetto attinge la guarigione dei peccati dei suoi figli e la risposta agli attacchi – non innocenti – che le arrivano da fuori e da dentro.

Ma lasciamo a lui la parola, il testo in questione è il secondo da sopra, ma tutte e tre le Catechesi del santo Padre sono da meditare e riflettere attentamente...



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)