00 23/03/2010 14:58
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Da: cristianocattolico Inviato: 30/11/2002 9.41
Dalla storia del canone risulterà che l’accettazione nel canone di un libro sacro da parte dell’autorità della Chiesa non è necessario sia fatta solennemente: basta anche l’accettazione pratica, per vie di fatto. Consta con certezza che non sono giunti fino a noi alcuni scritti dei quali, dalla Bibbia, conosciamo l’esistenza e talvolta anche il titolo. Così per l’A.T. il “libro del Giusto”, le profezie del profeta Gad, ecc., e per il N.T. almeno un’altra epistola di S. Paolo ai Corinzi e una ai Laodicesi (Col 4,16). Se fossimo sicuri che questi libri erano ispirati, dovremmo anche ammettere che di fatto alcuni libri ispirati sono andati perduti.
Per sapere se questi libri erano ispirati bisogna interrogare la tradizione cattolica, unico criterio d’ispirazione: ma essa tace assolutamente in proposito. Non basta il fatto che questi scritti erano dovuti a qualche profeta e apostolo, perché il criterio dell’apostolato non è sufficiente. Quindi ignoriamo se di fatto qualche scritto ispirato sia andato perduto.
Quanto poi alla questione astratta se sia possibile che qualche libro ispirato sia andato perduto, bisogna distinguere tra libro soltanto ispirato e libro ispirato e canonico. Ora non sembra possibile che sia andato perduto un libro ispirato e canonico, cioè già universalmente riconosciuto e dichiarato ispirato dalla Chiesa: ciò supporrebbe che la Chiesa non è stata fedele alla sua missione di custode delle fonti della rivelazione, il che non si può ammettere.
Di un intero libro ispirato del N.T. (vangelo di Matteo, scritto originariamente in aramaico) e di alcuni libri e brani deuterocanonici dell’A.T. è andato perduto il testo originale, ma ce ne sono rimaste traduzioni sostanzialmente conformi.
Occorre innanzi tutto ricercare come si formò il canone dei protocanonici presso gli Ebrei e che cosa essi pensassero dei deuterocanonici. L’opinione dei giudei in proposito potrebbe anche essere trascurata, poiché i cristiani hanno ricevuto il canone dell’A.T. non da loro, ma da Gesù e dagli apostoli. Però tutto fa pensare che in questa materia il Signore e gli apostoli non hanno fatto che accettare e trasmettere il canone giudaico. Ora, mentre non c’è dubbio sul pensiero dei giudei in favore dei protocanonici, rimane invece incerto che cosa essi pensassero dei deuterocanonici.
Secondo il nostro modo di contare, i protocanonici dell’A.T. sono 34. Ma antichi documenti giudaici (l’apocrifo IV Esdra, il Talmud babilonese, con altri scritti rabbinici) e due scrittori ecclesiastici (S. Gerolamo, S. Ilario di Poitiers) ne contano solo 24: questa cifra è una riduzione ottenuta mediante raggruppamenti di libri simili tra loro e sostanzialmente corrisponde alla nostra cifra.

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Da: cristianocattolico Inviato: 30/11/2002 9.44
A motivo della scarsità di documenti è impossibile tracciare una storia completa del canone dei protocanonici dell’A.T.: i pochi dati ci permetteranno di stabilirne soltanto le linee generali.
Nella Bibbia ebraica i protocanonici dell’A.T. sono distribuiti in tre classi: la Legge (Tòràh), i Profeti (Nebì’ìm), gli Scritti (Ketùbìm). Questa tripartizione è attestata da antichi documenti, i quali menzionano le prime due classi con i loro nomi ben determinati, la terza con termini fluttuanti.
La seconda e la terza classe abbracciarono a loro volta raccolte minori. Tutte queste ripartizioni bastano a dimostrare che il canone dell’A.T. non si formò di un solo getto, ma a poco a poco e in varie tappe, di cui le essenziali sono rappresentate dalle tre raccolte principali: Legge, Profeti, Scritti.
La Legge o Pentateuco. Tre avvenimenti permettono di tracciare le linee maestre del processo di canonizzazione della prima raccolta.
Verso il 444 a.C., al tempo della restaurazione nazionale dopo il ritorno dell’esilio babilonese, Esdra capo spirituale della nazione, in varie adunanze pubbliche legge al popolo la “Legge di Mosè” (Neem 8-10): il popolo ascolta la lettura con viva attenzione; pentito, domanda al Signore perdono delle trasgressioni proprie e di quelle dei padri, e s’impegna ad osservarla in seguito. Di qui risulta che alla Legge viene riconosciuto un valore normativo per la vita religiosa e sociale, anche per il tempo precedente, poiché si deplora che anche gli antichi padri, a cominciare dall’epoca di Mosè non abbiano conformata la loro condotta alla Legge (Neem 9,16 ss.). Questo valore normativo è appunto quello che noi chiamiamo “canonicità”.
Qualcosa di simile era avvenuto al tempo di Gioisia, re di Giuda (639-609). Nel 621 fu ritrovato casualmente nel Tempio il “libro della Legge”: venne letto al re, il quale poi lo fece leggere solennemente al popolo; il re riconobbe che le prescrizioni della Legge non erano state osservate in passato e s’impegnò a farle osservare in avvenire; eseguì la riforma religiosa, conformandola pienamente alle norme della Legge. Dunque questo valore normativo della Legge si riconosceva già alla fine del sec. VII a.C. e si supponeva esistente anche in passato.
Infine, leggiamo che Mosè, quando ebbe finito di scrivere la “Legge”, la fece collocare accanto all’Arca dell’alleanza, dando ordine di leggerla pubblicamente ogni 7 anni (Dt 31,9-13. 24 ss.).
La canonizzazione della prima raccolta ha dunque una sua storia, che, sebbene sia nota solo in modo approssimativo, permette di ritenere come certo il riconoscimento del suo valore sacro e normativo; tale storia ebbe una fase decisiva, se non finale, nel sec. IV ad opere di Esdra. L’importanza di questa raccolta fu tale che con il termine “Legge” a volte si soleva designare tutto l’A.T.

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Da: cristianocattolico Inviato: 30/11/2002 9.48
I Profeti. Un dato abbastanza sicuro indica il termine del processo di canonizzazione della seconda raccolta.
Verso il 180 a.C. l’autore dell’Ecclesiastico, tessendo l’elogio degli antenati, enumera i vari personaggi esattamente secondo l’ordine dei corrispondenti libri della seconda raccolta
(Eccl. 46,1 – 49,15). Mezzo secolo più darti (verso il 130) il nipote dell’autore dell’Ecclesiastico (nel prologo) tra la Legge e gli altri “Scritti” dei padri nomina anche i “Profeti” come una collezione ben distinta.
Possiamo dunque affermare che la canonizzazione della seconda raccolta era già terminata nei primi anni del sec. II a.C.? E’ verosimile, ma non certo.
Che essa fosse terminata prima della terza non si può arguire con certezza dalle espressioni dove la formula “Legge e Profeti” equivale a tutto l’A.T.: si tratta infatti della designazione delle parti principali per il tutto, cioè di una sineddoche.
Gli Scritti. Ezechia re Giuda (718-689) fece raccogliere un certo numero di proverbi di Salomone (Prov. 25,1) e istituì o regolamentò il canto liturgico dei salmi di Davide e Asaf (2 Cron 29,30): sono le prime collezione appartenenti alla terza raccolta. 
La canonizzazione degli “Scritti” dunque, iniziata con Ezechia, si andò sviluppando a poco a poco: non si può stabilire quando sia giunta a compimento.
Dal fatto che i Giudei aggiunsero alla Legge anche i Profeti e gli Scritti, possiamo concludere che essi riconoscevano alla seconda e alla terza raccolta lo stesso valore normativo attribuito alla Legge, cioè le consideravano raccolte di libri sacri.
Esdra autore del canone dei protocanonici? Fu opinione di vari scrittori ecclesiastici che Esdra avesse formato e chiuso il canone. L’opinione si diffuse largamente fra protestanti e cattolici e dominò fino ai nostri giorni passando come tradizionale: secondo i protestanti Esdra avrebbe chiuso il canone in modo che non sarebbe più stato permesso aggiungervi altri libri, mentre i cattolici sostenevano che i Giudei di Alessandria vi avessero aggiunto più tardi i deuterocanonici.
Oggi questa opinione è universalmente abbandonata, perché i documenti su cui si fondava (IV Esdra, Flavio Giuseppe, Talmud) su questo punto non sono degni di fede, perché se veramente Edra avesse chiuso il canone, ne resterebbero perciò esclusi i libri protocanonici delle Cronache, di Esdra-Neemia e dell’Ecclesiaste, che si ritengono posteriori a Esdra.
Almeno ad Alessandria il canone comprendeva anche i deuterocanonici. I codici della Bibbia greca alessandrina, detta “versione dei LXX”, (settanta) contengono i deuterocanonici, e non in appendice, come se fossero di altro genere, ma nel corpo, mescolati ai protocanonici: dunque gli Ebrei di Alessandria attribuivano loro lo stesso valore.
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Da: cristianocattolico Inviato: 30/11/2002 9.52
Probabilmente anche in Palestina il canone comprendeva i deuterocanonici, perché tra le due comunità giudaiche di Gerusalemme e di Alessandria corsero sempre buoni rapporti, particolarmente in materia di libri sacri. Questi buoni rapporti difficilmente sarebbero durati se gli alessandrini avessero considerati come sacri alcuni libri non ritenuti tali dai palestinesi.
All’epoca di Nostro Signore a Gerusalemme esisteva almeno una sinagoga per gli Ebrei alessandrini (Atti 6,9); ora una delle pratiche eseguite nella sinagoga era la lettura della Bibbia e, naturalmente, il testo usato nella sinagoga alessandrina di Gerusalemme era la versione greca dei LXX, che conteneva anche i deuterocanonici. Siccome non consta che i gerosolimitani abbiano protestato, è presumibile che essi non fossero ostili ai deuterocanonici.
Gli stessi apostoli usavano la Bibbia dei LXX, questo è un fattore determinante per assicurare l’effettiva ispirazione dei 7 libri del V.T., in quanto in nessuno degli scritti apostolici troviamo avvertimenti verso i 7 libri, oltretutto troviamo alcune loro citazioni nel N.T.
Il canone lungo giudaico
(comprendente i libri deuterocanonici) fu probabilmente accorciato dai farisei. Dopo la caduta di Gerusalemme (70 d.C.), distrutto il tempio e con esso cessato il sacerdozio, i farisei, che già godevano il favore popolare, conquistarono facilmente il primato spirituale. Essi vollero sottoporre a un esame scrupoloso tutti i libri sacri per assicurarsi se tutti “macchiassero le mani” (gli antichi ebrei usavano dire che i libri sacri macchiavano le mani, cioè lasciavano un impronta nella mani, era un modo di dire, che indicata la sacralità dei libri) o se non fosse il caso di escluderne qualcuno dalla lettura sinagogale.
I criteri su cui fu basato il nuovo esame furono tre: antichità del libro, composizione in lingua “sacra” (ebraica o aramaica), conformità alla Legge. Che i farisei abbiano sottoposto il canone a un nuovo esame, si può dedurre dalle discussioni sorte tra il I e il II secolo d.C. intorno al carattere sacro di cinque libri protocanonici. Nessuna discussione è invece riferita intorno ai deuterocanonici. Ma proprio questo silenzio è significativo. I farisei che facevano questo esame dei libri sacri erano ostili ai discendenti di Simone Maccabeo (asmonei), che consideravano come usurpatori dell’antica dinastia davidica e perché avevano parteggiato per i sadducei. Così si spiega come senza discussione alcuna vennero esclusi dall’uso sinagogale i due libri dei Maccabei, e con essi i libri dell’epoca maccabaico-asmonea (o almeno creduti di quel tempo), col pretesto che erano troppo recenti, scritti talvolta in lingua non “sacra” e trovati forse contrastanti con la Legge.
Il fatto stesso che il canone dopo la rottura definitiva con i cristiani fu sottoposto a rianalisi la dice lunga sulla sincerità dei farisei, i quali non accettarono in tronco tutto il N.T. perché non scritto in lingua “sacra” (aramaico o ebraico) e soprattutto perché non riconoscerono il Messia.
Quale autorità gli si può quindi riconoscere dopo la nascita del cristianesimo?
E come si può ritenere gli Ebrei gli unici a poter stabilire il canone non si capisce.

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Da: Soprannome MSNcristiano-cattolico Inviato: 04/12/2002 0.40
Gli Ebrei ebbero il privilegio di avere affidata la Legge e gli oracoli del Signore, ma con la nascita del cristianesimo la loro autorità cessò, i loro occhi non riconobbero il Messia, quindi i libri sacri furono affidati alla Chiesa nascente, ella era la nuova autorità costituita da Cristo, ed ella fissò il canone del N.T. e riconfermò il canone del V.T. rifacendosi alla traduzione dei LXX, gli ebrei persero tutto quello che gli era stato dato, nessuna autorità  ebbero più perché peccarono contro lo Spirito Santo rinnegando Gesù Cristo.
Quindi molti protestanti farebbero bene a rivedere le proprie posizioni,
perché basate sul giudizio di un popolo che ormai da quasi 2000 anni ha perso ogni autorità biblica.
Non ci sarebbe nemmeno bisogno continuare, ma per amore della precisione e della verità continuo a illustrare la storia del canone e dei libri deuterocanonici, per dipanare ogni dubbio in proposito.
Quando avvenne la chiusura del canone ebraico e da chi fu operata?
Verso l’anno 130 a.C. il nipote dell’Ecclesiastico parla di una traduzione “della Legge, dei Profeti e di altri libri”; verso lo stesso periodo il I Mac. parla di “libri sacri”, libri cioè che godono di una particolare venerazione presso il popolo di Israele, mentre vengono proscritti dai pagani Seleucidi;
Il 2 Mac. 2,13 riferisce che tra le attività riorganizzative di Neemia vi fu pure una biblioteca che, probabilmente, con i libri sacri ne comprendeva altri.
Vi furono dei dubbi su quali libri includere anche nei protocanonici perché in Ezechiele furono trovate alcune contraddizioni con la Legge, poi furono trovate contraddizioni interne anche in Ecclesiaste e i Proverbi, o anche il contenuto in apparenza profano per il Cantico, il pericolo di provocare dell’odio contro il popolo giudaico per Ester.
Alcuni sostenevano che questi libri “macchiavano le mani”, altri che bisognava “nasconderli” (cioè escluderli dalla lettura sinagogale). Finì per prevalere l’opinione favorevole alla canonicità.
Alle soglie dell’era cristiana, tra gli Ebrei vi erano ancora esitazioni: il giudaismo palestinese rivela la tendenza a considerare sacri soltanto i libri antichi, scritti soprattutto in ebraico, e non quelli scritti in greco; ma questa è la tendenza dei farisei; ve n’erano pure altre. L’ambiente sadduceo considerava canonico solo il Pentateuco; mentre nella diaspora alessandrina e a Qumràn, forse, si riteneva che la parola di Dio non fosse terminata e si avesse il diritto di attendere ancora un messaggio ispirato. E’ così che nella diaspora si riconosce una vera autorità divina ai deuterocanonici.

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Da: Soprannome MSNcristiano-cattolico Inviato: 04/12/2002 0.44
Quanto agli altri per conoscere realmente il loro pensiero è meglio vagliare i loro scritti, perché se alcuni espressero qualche dubbio, ma poi nelle loro opere citano i libri deuterocanonici vuol dire che in definitiva essi li riconoscevano come ispirati, avendo chiarito i loro dubbi in merito.
Concludendo, possiamo affermare che la maggioranza dei Padri non ha alcun dubbio intorno all’ispirazione dei deuterocanonici; solo una minoranza ne dubita in teoria, mentre in pratica se ne serve come dei protocanonici: nei loro dubbi essi riflettono il pensiero giudaico, da cui sono direttamente o indirettamente influenzati; nell’uso pratico attestano la fede della Chiesa.
Nei secoli successivi vi furono anche altri Padri che riportarono dei dubbi, basandosi sulla teoria di Gerolamo, anche l’autorevole Tommaso d’Aquino ebbe delle incertezze, ma se controlliamo le sue opere ci accorgiamo che fa un ampio uso dei deuterocanonici, ma dopo il 1912 nessun dubbio è più ammissibile, perché fu scoperto un documento recante un suo discorso accademico del 1256, dove Tommaso dà la divisione dei libri della Bibbia, e, senza alcuna distinzione e frammisti ai protocanonici, elenca anche i deuterocanonici.
Zwingli essendo egli stesso protestante, della traduzione fatta da Lutero diceva che essa “alterava e corrompeva la parola di  Dio”.
Balgy, famoso teologo anglicano, diceva che i Protestanti ebbero il singolare talento di vedere tutto ciò che essi bramavano di vederci, cioè di far dire alla Bibbia ciò che ognuno voleva.
Tutti sappiamo che la Congregazione dei Testimoni di Geova, con sede centrale a Brooklyn
(New York) ha superato tutti, divenendo, in questo settore, i “falsari della Bibbia”.
Essi costituiscono una setta eccentrica e strana, ed è il prodotto più aberrante del protestantesimo americano.

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Da: Soprannome MSNcristiano-cattolico Inviato: 04/12/2002 0.47
La Bibbia dei fratelli protestanti non è uguale alla nostra, bisogna comunque distinguere tra le varie traduzioni bibliche che usano i protestanti. I testimoni di Geova ad esempio usano una loro traduzione (fatta dalla Società Torre di Guardia) che presenta pesanti e minuziose alterazioni, infatti essi fanno dire alla Scrittura ciò che vogliono loro, ad esempio gli fanno affermare che Gesù non è Dio, e che lo Spirito Santo non è una Persona divina. Gli “evangelici” pentecostali invece hanno la Bibbia quasi uguale alla nostra (cattolica romana), tranne che in alcuni libri che il protestantesimo ha scartato, ritenendoli non ispirati e chiamandoli pertanto “apocrifi”, e che traduce alcuni termini in maniera leggermente differente, ad esempio la Diodati.
I protestanti hanno preferito usare il canone ebraico, nel quale non sono compresi alcuni libri del V.T., questo suscita in me un po’ di stupore, perché mi domando come si fa ad accettare il canone ebraico e quindi considerare esempio corretto da seguire “il canone ebraico” quando è risaputo che gli ebrei non hanno riconosciuto Gesù Cristo come Messia, quindi praticamente i protestanti si affidano al canone dei ciechi, che prima hanno fatto tradurre dai Settanta anche i libri deuterocanonici e poi in seguito allo rottura definitiva con i cristiani avvenuta intorno all’anno
100 d.C. hanno tolto dal loro canone i libri deuterocanonici.
I protestanti seguendo gli ebrei dovrebbero rifiutare pure il Nuovo Testamento, perché non lo fanno?