Sta di fatto che i libri, oggi detti deuterocanonici, sono compresi nella versione greca detta dei "Settanta", realizzata da Giudei alessandrini qualche secolo prima di Cristo. Essi erano letti nelle sinagoghe ed erano considerati ispirati. La divergenza come detto nelle prime pagine di questo capitolo è dovuta ad un rigorismo degli scribi e rabbini palestinesi, che non tollerarono alcun libro originariamente in greco, e che anche verso libri composti originariamente in ebraico ed aramaico si mostrarono sospettosi quando non si presentassero come dovuti ad un autore insignito di carisma profetico (cf 1 Macc 4,46; 14,42); cosicché i requisiti indispensabili di un libro sacro furono quasi fissati nella lingua ebraica, nella qualità profetica dell'autore supposto anteriore ad Esdra, e nell'origine palestinese del libro. Tale rigorismo non era condiviso dai Giudei ellenizzati della diaspora (=dispersione, migrazione degli Ebrei fuori la Palestina) che leggevano la Bibbia nella versione greca dei Settanta. Notizie storiche ci assicurano che anche presso i Giudei palestinesi in un primo tempo questi libri, specialmente i più antichi, fossero ammessi. <o:p></o:p>
Quanto a Gesù e agli Apostoli, dalle loro allusioni conservate nel N.T. e dall'uso frequente della versione dei Settanta, risulta in pratica che ritenevano per ispirati anche i "deuterocanonici". Tale è la norma anche dei più antichi Padri, i quali citano o usano indifferentemente le due serie di libri (Clemente, Ippolito, Ireneo, Tertulliano, Clemente Alessandrino, Cipriano). Di modo che, per i primi due secoli non risulta alcuna incertezza circa l'ispirazione e l'autorità dei libri in questione. Solo verso la fine del 2° secolo, le controversie frequenti con i Giudei, che ormai concordemente rigettavano i libri "deuterocanonici", condussero gli apologisti (=difensori della fede) a non desumere i loro argomenti da questi scritti non ammessi dagli avversari. Si trattava di una norma pratica da seguire, più che di un principio teorico. <o:p></o:p>
Come già detto ne riscontriamo i sintomi in Melitone di Sardi (+160 -180), in Origene, che tuttavia usa i deuterocanonici come libri ispirati. In tempi successivi tale opinione si diffuse più sensibilmente nella Chiesa greca; ad essa si attennero Atanasio, Cirillo di Gerusalemme, Epifanio, Gregorio di Nazianzio, e alcuni altri, sebbene anch'essi in pratica non si mantennero aderenti a quella opinione, giacché non è difficile ritrovare nelle loro opere citazioni di deuterocanonici come libri ispirati. <o:p></o:p>
Allora cominciò a circolare presso i Greci una triplice distinzione di libri della Bibbia: si parlò di libri certi od ammessi da tutti, di libri controversi e di libri spuri o apocrifi. <o:p></o:p>
Con il termine "controversi" si intendevano i nostri "deuterocanonici". Ma quanto poco fosse radicato il rifiuto di tali libri è confermato dall'accettazione incondizionata di essi da parte di numerosi altri dottori della Chiesa e dalla decisione del Concilio di Costantinopoli del 692, detto Trullano, che sebbene in una forma non del tutto chiara riferì il canone integrale, mantenuto SEMPRE incontrastato nella Chiesa greca, almeno sino al Protestantesimo.