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IL DONO DELL'INTELLETTO [SM=g1740752]

Questo sesto dono dello Spirito Santo fa entrare l'anima in una via superiore a quella nella quale si è intrattenuta fin qui. I cinque primi doni tendono tutti all'azione. Il timor di Dio rimette l'uomo al suo posto, umiliandolo; la pietà apre il suo cuore agli affetti divini; la scienza gli fa discernere la via della salvezza dalla via della perdizione; la fortezza lo arma per la lotta; il consiglio lo dirige nei pensieri e nelle opere; egli dunque adesso può agire e proseguire nella sua strada con la speranza di arrivare al termine. Ma la bontà del divino Spirito gli riserva anche altri favori. Ha risolto di farlo godere, fin da questo mondo, di un preludio della felicità che gli riserva nell'altra vita. Sarà il mezzo per rendere sicuro il suo cammino, per animare il suo coraggio, per ricompensare i suoi sforzi. D'ora in avanti gli sarà dunque aperta la via della contemplazione, ed il divino Spirito ve lo introdurrà per mezzo dell'Intelletto.

A questa parola di "contemplazione", forse molte persone si agiteranno, persuase, a torto, che l'elemento che significa non potrebbe incontrarsi che nelle rare condizioni di una vita passata nel ritiro e lontana dal commercio degli uomini. È un grave e pericoloso errore, che troppo spesso arresta lo slancio delle anime. La contemplazione è uno stato nel quale viene chiamata, in una certa misura, qualunque anima che cerchi Iddio. Essa non consiste nei fenomeni che lo Spirito Santo si compiace di manifestare in alcune persone privilegiate, e che destina a provare la realtà della vita soprannaturale. Essa è, semplicemente, quella relazione più intima che si stabilisce tra Dio e l'anima che gli è fedele nell'azione; a quest'anima, se non mette ostacoli, sono riservati due favori, di cui il primo è il dono dell'Intelletto, che consiste nell'illuminazione dello spirito rischiarato ormai da una luce superiore.

Questa luce non toglie la fede, ma rischiara l'occhio dell'anima, fortificandola, dandole una più estesa visuale delle cose divine. Molte nubi svaniscono, perché provenivano dalla debolezza e dalla grossolanità dell'anima, non ancora iniziata. Si rivela la bellezza, piena d'incanto, di quei misteri che non si sentivano che vagamente; appariscono ineffabili armonie, che non si supponevano neppure esistere. Non è il vedere faccia faccia, cosa riservata per il giorno eterno; ma non è già più quel debole barlume che dirigeva i nostri passi. Un insieme di analogie, di convenienze, che successivamente si mostrano all'occhio dello spirito, vi portano una dolce certezza. L'anima si dilata a questo chiarore che arricchisce la fede, accresce la speranza e sviluppa l'amore. Tutto le sembra nuovo; e, quando essa volge in dietro lo sguardo, fa il paragone, e vede chiaramente che la verità, sempre la stessa, è adesso da lei afferrata in una maniera incomparabilmente più completa.

La narrazione dei Vangeli l'impressiona assai più; trova un sapore per lei sconosciuto fino allora nelle parole del Salvatore. Comprende assai meglio il fine che si è proposto istituendo i suoi sacramenti. La Sacra Liturgia la commuove con le sue formule così maestose ed i suoi riti così profondi. La lettura della Vita dei Santi l'attira, niente la meraviglia nei loro sentimenti e nei loro atti. Gusta i loro scritti più che tutti gli altri, e sente un accrescimento di benessere spirituale, avvicinando questi amici di Dio. Circondata dei più disparati doveri, la fiaccola divina la guida per adempierli tutti. Le virtù così diverse che deve praticare si conciliano nella sua condotta; l'una non è mai sacrificata all'altra, perché vede l'armonia che deve regnare fra di esse. Vive lontano dallo scrupolo, come dal rilassamento, ed è sempre pronta a riparare i falli che ha potuto commettere. Qualche volta il divino Spirito l'istruisce anche con una parola interiore che la sua anima comprende e che le serve a chiarire la sua situazione con una nuova luce.

D'ora in avanti il mondo e i suoi vani errori vengono apprezzati per quel che valgono, e l'anima si purifica dai resti di quell'attaccamento e di quella compiacenza che poteva ancora conservare al riguardo. Ciò che è grande e bello secondo la natura, sembra vile e misero a quest'occhio che lo Spirito Santo ha aperto agli splendori ed alle bellezze divine ed eterne. Un solo lato riscatta ai suoi occhi questo mondo esteriore, che forma l'illusione dell'uomo sensuale: è che la creatura visibile, che porta la traccia della beltà di Dio, è suscettibile di servire alla gloria del suo autore. L'anima impara ad usarne, unendovi atti di ringraziamento, rendendola soprannaturale, glorificando col Re-Profeta colui che ha lasciato l'impronta dei suoi tratti e della sua bellezza in questa moltitudine di esseri che servono così spesso alla perdita dell'uomo, mentre sono chiamati a divenire la scala che lo dovrebbero condurre a Dio.

Il dono dell'Intelletto diffonde anche nell'anima la conoscenza della propria via. Le fa comprendere quanto sono stati saggi e misericordiosi i disegni superni che, qualche volta, l'hanno spezzata e trasportata là, ove non contava di andare. Ella vede che, se fosse stata padrona di disporre della sua esistenza, avrebbe mancato al suo fine, e che Dio ve l'ha fatta arrivare nascondendole in principio i disegni della sua paterna sapienza. Adesso è felice, poiché gode la pace, ed il suo cuore non sa come ringraziare adeguatamente Iddio che l'ha condotta al termine, senza consultarla. Se capita che sia chiamata a dare consigli, ad esercitare una direzione, per dovere o per motivi caritatevoli, possiamo affidarci a lei: il dono dell'Intelletto l'illumina per gli altri come per se stessa. Non si ingerisce, però, a dare lezioni a coloro che non gliene domandano; ma se viene interrogata, risponde, e le sue risposte sono luminose come la fiaccola che la rischiara.

Tale è il dono dell'Intelletto, vera illuminazione dell'anima cristiana, che si fa sentire ad essa in proporzione della fedeltà che ha nel far uso degli altri doni. Questo si conserva con l'umiltà, la moderazione dei desideri ed il raccoglimento interiore. Una condotta dissipata ne arresterebbe lo sviluppo e potrebbe anche soffocarlo. Quest'anima fedele può conservarsi raccolta pure in una vita occupata e riempita da mille doveri, pure in mezzo a distrazioni obbligatorie, alle quali l'anima si presta senza abbandonarvisi. Che essa sia dunque semplice, che sia piccina ai suoi propri occhi e, quel che Dio nasconde ai superbi e rivela ai piccoli (Lc, 10, 21), le sarà manifestato e dimorerà in essa.

Nessun dubbio che un tale dono sia un aiuto immenso per la salvezza e la santificazione dell'anima. Noi dobbiamo dunque implorarlo dal divino Spirito con tutto l'ardore del nostro desiderio, essendo ben convinti che lo raggiungeremo più sicuramente con lo slancio del nostro cuore, che con lo sforzo dei nostro spirito. È vero che la luce divina, che è l'oggetto di questo dono, si diffonde nell'intelligenza; ma la sua effusione proviene soprattutto dalla volontà, riscaldata dal fuoco della carità, secondo la parola di Isaia "Credete, e voi avrete l'intelligenza" (Is 6, 9. Citato così dai Padri Greci e Latini secondo i Settanta). Rivolgiamoci allo Spirito Santo e, servendoci delle parole di Davide, diciamogli:

"Apri i nostri occhi, e noi contempleremo le meraviglie dei tuoi precetti; concedici l'intelligenza e avremo la Vita" (Sal 118).

Istruiti dall'Apostolo, esporremo la nostra domanda in modo anche più insistente, facendo nostra la preghiera che egli rivolge al Padre Celeste in favore dei fedeli di Efeso, quando implora per essi lo "Spirito di Sapienza e di rivelazione col quale si conosce Iddio, mentre gli occhi del cuore, illuminati, scoprono l'oggetto della nostra speranza e le ricchezze della gloriosa eredità che Dio s'è preparata nei suoi Santi" (Ef 1, 17-18).


IL DONO DELLA SAPIENZA [SM=g1740752]

Il secondo favore che lo Spirito Santo ha destinato all'anima che gli è fedele nell'azione, è il dono della Sapienza, superiore anche a quello dell'intelletto. Tuttavia è legato a quest'ultimo, nel senso che l'oggetto mostrato nell'intelletto viene gustato e posseduto nel dono della Sapienza. Il Salmista, invitando l'uomo ad avvicinarsi a Dio, gli raccomanda di assaporare il Sommo Bene: "Gustate e vedete come è buono il Signore" (Sal 33, 9). La Santa Chiesa, nel giorno della Pentecoste, domanda per noi a Dio il favore di gustare il bene, recta sapere, perché l'unione dell'anima con Dio è piuttosto l'esperimento fatto per mezzo dei gusto che per mezzo della vista, ciò che sarebbe incompatibile col nostro stato presente. La luce data col dono dell'intelletto non è immediata, rallegra vivamente l'anima e dirige il suo senso verso la verità; ma tende a completarsi col dono della sapienza che ne è, il fine.

L'intelletto è dunque illuminazione, e la sapienza è unione. Ora, l'unione col Sommo Bene si compie per mezzo della volontà, ossia per l'amore che risiede in essa. Noi rimarchiamo questa progressione nelle gerarchie angeliche. Il Cherubino scintilla d'intelligenza, ma al di sopra di lui vi è ancora il Serafino fiammante. L'amore - ardente nei Cherubini, nello stesso modo che l'intelligenza rischiara con la sua viva luce il Serafino; ma l'uno si differenzia dall'altro per la qualità predominante, ed il più elevato è quello che raggiunge più intimamente la Divinità per mezzo dell'amore, quello che gusta il Sommo Bene.

Il settimo dono è decorato del bel nome di Sapienza, ed esso gli viene dalla Sapienza eterna alla quale tende di assomigliarsi con l'ardore dell'affetto. Questa Sapienza increata, che si degna di lasciarsi gustare dall'uomo in questa valle di lacrime, è il Verbo divino, quello stesso che l'Apostolo chiama "lo splendore della gloria dei Padre e la forma della sua sostanza" (Eb 1, 3). È lui che ci ha mandato lo Spirito per santificarci e ricondurci ad esso, di modo che l'operazione più elevata di questo divino Spirito è di procurare la nostra unione con chi, essendo Dio, si è fatto carne e si è reso per noi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Filipp 2, 8).

Per mezzo dei misteri compiuti nella sua umanità, Gesù ci ha fatto penetrare fino alla sua Divinità con la fede rischiarata dall'intelletto soprannaturale: "Noi fummo spettatori della sua gloria, gloria quale l'Unigenito ha dal Padre, pieno di grazie e di verità" (Gv 1, 14); e nello stesso modo che si è fatto partecipe della nostra umile natura umana, si dona fin da questo mondo per essere gustato, Lui, Sapienza increata, a questa sapienza creata che lo Spirito Santo forma in noi come il più sublime dei suoi doni.
Felice dunque colui nel quale regna questa preziosa Sapienza che rivela all'anima il gusto di Dio e di ciò che è di Dio! "L'uomo animale non gusta le cose dello Spirito di Dio" ci dice l'Apostolo (1 Cor 2, 14); per godere di questo dono bisogna che divenga spirituale, si presti docilmente al desiderio dello Spirito, e allora vi arriverà, come hanno fatto altri che, dopo aver vissuto schiavi della vita sensuale, sono stati affrancati con la docilità verso lo Spirito divino che li ha cercati e ritrovati.

Anche l'uomo meno rozzo, ma abbandonato allo spirito dei mondo, è ugualmente impotente a comprendere ciò che forma l'oggetto del dono della Sapienza e ciò che rivela quello dell'intelletto. Egli giudica coloro che hanno ricevuto questi doni e li critica; ed è una fortuna se non mette loro degli impedimenti, se non li perseguita! Gesù ce lo dice espressamente: "Il mondo non può ricevere lo Spirito di verità, perché non lo vede, né lo conosce" (Gv 14, 17)- Che quelli, dunque, che hanno la felicità di desiderare il Sommo Bene, sappiano che è necessario essere completamente staccati dallo spirito profano, che è il nemico personale dello Spirito di Dio. Affrancati dalle sue catene, potranno elevarsi sino alla Sapienza.

È proprio di questo dono procurare un grande vigore all'anima e di fortificare le sue potenze. Tutta la vita ne viene risanata, come accade a coloro che fanno uso di alimenti adatti. Non vi è più contraddizione tra Dio e l'anima ed è questa la ragione per la quale l'unione si rende facile. "Dove è lo Spirito del Signore, ivi è libertà", dice l'Apostolo (2 Cor 3, 17)- Sotto l'azione dello Spirito di Sapienza, tutto diviene facile all'anima. Le cose che sembrano dure alla natura, ben lungi dallo stupire, sono rese dolci, ed il cuore non si spaventa più tanto della sofferenza. Non solamente si può dire che Dio non è lontano da un'anima che lo Spirito Santo ha messo in questa disposizione; ma è evidente che gli è unita. Che vegli tuttavia sull'umiltà; poiché l'orgoglio può ancora riaffacciarsi in lei, e allora la caduta sarebbe tanto più profonda, quanto più la sua elevatezza era stata grande.

Insistiamo presso il divino Spirito e preghiamolo di non rifiutarci questa preziosa sapienza che ci condurrà a Gesù, Sapienza infinita. Un savio dell'antica legge aspirava già a questo favore, quando scriveva le seguenti parole, di cui solo il cristiano può avere la perfetta intelligenza: "Ho pregato, e mi fu dato il senno, ho supplicato, e venne a me lo Spirito di Sapienza" (Sap 7, 7). Bisogna dunque domandare con insistenza questo dono. Nella nuova Alleanza, l'Apostolo S. Giacomo ci sollecita con le sue esortazioni più fervorose: "Se poi tra voi vi è qualcuno che ha bisogno di Sapienza, la chieda a Dio che dà a tutti abbondantemente e non rimprovera; e gli sarà data. Chieda però con fede, senza per nulla esitare" (Gc 1, 5).

Osiamo prendere per noi questo invito dell'Apostolo, o divino Spirito, e ti diciamo: «O Tu che procedi dalla Potenza e dalla Sapienza, concedici la Sapienza. Colui che è Sapienza ti ha inviato a noi per riunirci a Lui. Toglici a noi stessi, e ci unisci a Colui che si è unito alla nostra debole natura. Sacro mezzo dell'unità, sii il vincolo che ci legherà per sempre a Gesù, e Colui che è Potenza e Padre ci adotterà quali "eredi di Dio, coeredi di Cristo"» (Rm 8, 17)


[SM=g1740717] CONCLUSIONE

La serie dei misteri è ormai completa, ed il Calendario mobile della Liturgia è giunto al suo termine. Prima di tutto abbiamo attraversato, durante il Tempo dell'Avvento, le quattro settimane che rappresentavano le migliaia di anni impiegati dal genere umano ad implorare il Padre perché inviasse il suo Figliolo. E finalmente, disceso l'Emmanuele, noi ci associammo, di volta in volta, alle gioie della sua Nascita, ai dolori della sua Passione, alla gloria della sua Risurrezione, al trionfo della sua Ascensione.

Abbiamo visto ora, discendere sopra di noi lo Spirito divino, e sappiamo che, con noi, resterà sino alla fine. La Santa Chiesa ci ha assistito durante tutto il corso di questo immenso dramma che racchiude la nostra salvezza. I suoi cantici e le sue cerimonie ci hanno ogni giorno illuminati; ed è così che abbiamo potuto tutto seguire e tutto comprendere. Benedetta sia questa Madre, per le cure della quale siamo stati iniziati a tante meraviglie che hanno aperto il nostro spirito e riscaldato i nostri cuori!

Benedetta sia la sacra Liturgia, sorgente di tante consolazioni ed incoraggiamenti! Adesso non ci rimane che di colmare il corso datoci dal Calendario nella sua parte immobile. Prepariamoci, dunque, a riprendere il cammino, contando sullo Spirito Santo che dirigerà i nostri passi, e che continuerà a largirci, per mezzo della sacra Liturgia di cui è l'ispiratore, i tesori della dottrina e dell'esempio.

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*testo tratto da: Dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico, vol. III Il tempo Pasquale, Alba 1957, passim.




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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)