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DIFENDERE LA VERA FEDE

ATTENZIONE DOCUMENTO UFFICIALE: ANNUNCIO E CATECHESI

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    Caterina63
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    00 13/04/2010 18:56
    Lettera dei vescovi italiani alla comunità, ai presbiteri e ai catechisti

    Annuncio e catechesi per la vita cristiana


    La Commissione episcopale per la dottrina della fede, l'annuncio e la catechesi della Conferenza episcopale italiana in data 4 aprile, domenica di Pasqua, ha scritto una lettera alle comunità, ai presbiteri e ai catechisti. Annuncio e catechesi per la vita cristiana è il titolo del documento che - tenendo conto delle nuove esigenze e del nuovo contesto del Paese - ripropone all'attenzione di tutte le componenti della comunità ecclesiale le linee portanti del documento di base Il rinnovamento della catechesi (db) pubblicato quarant'anni fa, il 2 febbraio 1970, che avviava il rinnovamento della catechesi in Italia secondo le linee del concilio Vaticano II.

    Pubblichiamo stralci del nuovo documento della Cei che comprende tre parti:  il valore permanente del documento di base; il contesto attuale; le nuove esigenze pastorali.

    Il Concilio Vaticano II è stato come il "grembo materno" del db:  ha favorito il nascere e l'impiantarsi di una nuova sensibilità missionaria; ha introdotto nuove tematiche, un nuovo linguaggio, un nuovo metodo di lavoro. Esso fu elaborato con la collaborazione di tutte le Chiese d'Italia. Nella fase della sua stesura, ogni diocesi fu chiamata a esprimersi nello stile del dialogo, della ricerca e del confronto dinamico per contribuire alla ricezione condivisa dell'insegnamento del Concilio Vaticano II.

    L'esperienza ecclesiale, singolare e coinvolgente, dell'elaborazione del testo ha avuto il pregio di valorizzare in chiave di missione le quattro grandi costituzioni conciliari:  Sacrosanctum concilium, Lumen gentium, Dei Verbum, Gaudium et spes. Esso è diventato così la prima strada attraverso la quale i documenti conciliari sono arrivati alla base. Il db ha stimolato le comunità ecclesiali e in particolare i catechisti a conoscere e assimilare il Magistero conciliare.

    Il db ha anche aiutato a veicolare una visione rinnovata della fede, intesa non solo come adesione dell'intelligenza alle verità del messaggio cristiano, ma prima di tutto come adesione della mente e del cuore alla persona di Cristo, come accoglienza, dialogo, comunione e intimità con Dio in Gesù Cristo. Il db ci ha offerto una visione rinnovata della Chiesa, grembo che genera alla vita in Cristo mediante l'iniziazione cristiana, comunità tutta responsabile dell'evangelizzazione e dell'educazione della vita di fede.

    Il db ci ha insegnato anche quali sono le fonti della catechesi:  la Sacra Scrittura; la tradizione, luogo della trasmissione e dell'incontro con la parola di Dio vissuta e professata; la liturgia, celebrazione del mistero di Cristo; le opere del creato. Queste fonti danno alla catechesi una dimensione di annuncio e di contemplazione della storia della salvezza (cap. 6). Anche il contesto sociale va guardato con gli occhi della fede:  esso non è solo lo spazio in cui annunciare la parola di Dio, ma è anche il luogo teologico in cui Dio si manifesta, attraverso i segni dei tempi (cfr. n. 77).
    Nel cammino della Chiesa italiana il db ha soprattutto messo in evidenza il primato dell'evangelizzazione.

    Il db ha avviato l'elaborazione dei nuovi catechismi per la vita cristiana. La Lettera dei Vescovi per la riconsegna del testo "Il rinnovamento della catechesi" (3 aprile 1988), nel riaffermare la validità del db, diede inizio alla seconda stesura dei catechismi. Inoltre essa sottolineò l'urgenza di orientare la catechesi in senso marcatamente missionario, integrandola in una pastorale organica e dando priorità alla catechesi degli adulti.

    Oggi molti ritengono che la fede non sia necessaria per vivere bene. Perciò prima di educare la fede, bisogna suscitarla:  con il primo annuncio, dobbiamo far ardere il cuore delle persone, confidando nella potenza del Vangelo, che chiama ogni uomo alla conversione e ne accompagna tutte le fasi della vita. Il primo annuncio, infatti, non è solo quello che precede l'iniziazione cristiana, ma è una dimensione trasversale di ogni proposta pastorale, anche di quelle rivolte ai credenti e ai praticanti:  "di primo annuncio vanno innervate tutte le azioni pastorali". Bisogna anche ricordare che il primo annuncio è in molti casi una vera e propria premessa al catecumenato sia per gli adulti, sia per i fanciulli e i ragazzi. Una seria pastorale di primo annuncio e la presenza del catecumenato sono "una singolare opportunità per il rinnovamento delle comunità cristiane".
     
    Nonostante le ripetute affermazioni del db circa il ruolo della Chiesa locale, e in particolare della comunità parrocchiale, nei confronti della catechesi, questa fondamentale indicazione pastorale - come ammette anche la Lettera per la riconsegna - non sembra sia stata adeguatamente recepita dalle nostre comunità. Questa carenza, in un contesto secolarizzato, compromette molto l'efficacia della catechesi. Perciò è necessario educare la coscienza missionaria della comunità tutta intera, stimolandola a diventare attraente, accogliente e educante:  una comunità che accoglie le persone come sono e fa vivere loro esperienze significative di vita cristiana; una comunità in cui i praticanti accostano gli indifferenti e i non credenti, stabiliscono con loro rapporti di amicizia e narrano la propria esperienza di fede, sull'esempio di quanto proposto nella Lettera ai cercatori di Dio.

    Il db ha sottolineato la priorità della catechesi degli adulti e dei giovani (n. 124). Di fatto, questo obiettivo primario di formare cristiani adulti, capaci di rendere ragione esplicitamente della loro fede con la vita e con la parola, è rimasto spesso disatteso dalle nostre comunità.

    Molte parrocchie e diocesi italiane, a seguito anche della pubblicazione delle tre Note pastorali sull'iniziazione cristiana (1997-2003), hanno dato vita a sperimentazioni di cammini di iniziazione con proposte diverse, comprendenti sia un percorso ordinario, sia l'itinerario catecumenale, sia la catechesi familiare o i percorsi sostenuti da movimenti e associazioni. Queste sperimentazioni hanno evidenziato come l'iniziazione cristiana cominci quando i genitori chiedono il Battesimo per il loro bambino a poche settimane o mesi di vita, così come del resto già indicato dai catechismi della Cei.

    È fondamentale dare a tutti i fedeli la possibilità di accedere alla Bibbia, obiettivo primario dell'Apostolato biblico. Per cogliere la continuità dell'azione salvifica di Dio nell'oggi, occorre imparare a leggere i "segni dei tempi" in modo da portare il messaggio biblico dentro gli avvenimenti e le matrici culturali del nostro tempo, secondo l'intuizione portante del progetto culturale della Chiesa italiana. La storia, in base all'insegnamento del Concilio Vaticano II, non è solo il contesto in cui annunciare la parola di Dio, ma è anche il luogo teologico in cui Dio si manifesta attraverso i segni dei tempi. La catechesi deve aiutare le persone a leggere la storia come storia di salvezza, dove Dio opera oggi e dove l'uomo è chiamato a collaborare da protagonista.

    La catechesi deve educare non solo a leggere i "segni dei tempi", ma anche a valorizzare il rapporto tra fede e ragione, con particolare attenzione a porre le "ragioni della fede" in dialogo con la cultura, per poter scegliere ciò che è buono, vero, nobile, puro amabile, onorato, ciò che è virtù e merita lode. Deve educare i cristiani a considerare alla luce del Vangelo i problemi morali che emergono nella vita dei singoli e nella convivenza sociale. Deve contribuire a lievitare le culture con l'annuncio del Vangelo, a potenziare i valori di cui esse sono portatrici e a liberarle dai germi patogeni che talora portano con sé. Inoltre, la catechesi deve educare i cristiani a dialogare con tutti gli uomini.

    I catechisti, oltre a narrare e spiegare il messaggio cristiano (traditio), devono preoccuparsi di fornire a ciascuno gli strumenti espressivi, perché possano riesprimere con la vita e la parola ciò che hanno ricevuto (redditio). Una comunicazione che si esaurisse nel solo processo di trasmissione produrrebbe cristiani "infanti", che "non parlano", "muti e invisibili", e alla fine perderebbe ogni rilevanza nella vita delle persone. Il cristiano è un testimone che, per rendere ragione della sua fede, non può limitarsi a compiere le opere dell'amore, ma deve anche narrare ciò che Dio ha fatto e sta facendo nella sua vita, e così suscitare negli altri la speranza e il desiderio di Gesù.


    (©L'Osservatore Romano - 14 aprile 2010)
    [Modificato da Caterina63 13/04/2010 18:57]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 13/04/2010 19:11
    Conferenza Episcopale Italiana
    Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi

    ANNUNCIO E CATECHESI
    PER LA VITA CRISTIANA

    Lettera alle comunità, ai presbiteri e ai catechisti
    nel quarantesimo del Documento di base
    Il rinnovamento della catechesi



    Carissimi,
    la pubblicazione del Documento di base Il rinnovamento della catechesi (DB), avvenuta quarant’anni fa, il 2 febbraio 1970, ha segnato «un momento storico e decisivo per la fede cattolica del popolo italiano»1. La Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi desidera riproporre all’attenzione di tutte le componenti della comunità ecclesiale le linee portanti di questo documento ed eviden-ziare gli effetti positivi che esso ha prodotto nell’azione pastorale. Riteniamo anche im-portante segnalare le sfide con cui devono fare i conti oggi l’evangelizzazione e la cate-chesi, e le nuove esigenze a cui devono rispondere nel contesto del nostro Paese, pro-fondamente mutato rispetto a quarant’anni fa.


    I – IL VALORE PERMANENTE DEL DOCUMENTO DI BASE

    1. Il Concilio Vaticano II è stato come il “grembo materno” del DB: ha favorito il nascere e l’impiantarsi di una nuova sensibilità missionaria; ha introdotto nuove temati-che, un nuovo linguaggio, un nuovo metodo di lavoro. Esso fu elaborato con la collabo-razione di tutte le Chiese d’Italia. Nella fase della sua stesura, ogni diocesi fu chiamata a esprimersi nello stile del dialogo, della ricerca e del confronto dinamico per contribuire alla ricezione condivisa dell’insegnamento del Concilio Vaticano II. L’esperienza eccle-siale, singolare e coinvolgente, dell’elaborazione del testo ha avuto il pregio di valoriz-zare in chiave di missione le quattro grandi costituzioni conciliari: Sacrosantum conci-lium, Lumen gentium, Dei Verbum, Gaudium et spes. Esso è diventato così la prima strada attraverso la quale i documenti conciliari sono arrivati alla base. Il DB ha stimo-lato le comunità ecclesiali e in particolare i catechisti a conoscere e assimilare il Magi-stero conciliare.

    2. Sul piano dei contenuti della fede, esso ha offerto una visione rinnovata della rivela-zione: Dio si è manifestato agli uomini mediante eventi e parole e si è consegnato a noi in Cristo, per chiamarci e ammetterci alla piena comunione con sé (cap. 1). Di questa rivela-zione, tutta la Chiesa è chiamata a farsi annunciatrice, attraverso molteplici espressioni, perché tutta la Chiesa è missionaria (cap. 2). Il DB ci ha insegnato che il centro vivo della catechesi è la persona di Gesù e che la catechesi ha lo scopo di farcelo conoscere, di edu-carci ad accoglierlo, a seguirlo, a entrare in comunione vitale con colui che ci introduce nel mistero della Trinità, della Chiesa e dell’uomo rinnovato dallo Spirito (cap. 4). Il DB ha anche aiutato a veicolare una visione rinnovata della fede, intesa non solo come ade-sione dell’intelligenza alle verità del messaggio cristiano, ma prima di tutto come adesio-ne della mente e del cuore alla persona di Cristo, come accoglienza, dialogo, comunione e intimità con Dio in Gesù Cristo. La catechesi ha la finalità non solo di trasmettere i conte-nuti della fede, ma di educare la “mentalità di fede”, di iniziare alla vita ecclesiale, di integrare fede e vita (cap. 3), insegnandoci a leggere il nostro tempo alla luce della parola di Dio (cap. 5).

    3. Il DB ci ha offerto una visione rinnovata della Chiesa, grembo che genera alla vita in Cristo mediante l’iniziazione cristiana, comunità tutta responsabile dell’evangelizzazione e dell’educazione della vita di fede. Per svolgere questa sua mis-sione, essa si avvale dei catechisti, che sono maestri, educatori e testimoni della fede. Ma nella Chiesa ogni cristiano, in forza del battesimo e della cresima, è responsabile dell’evangelizzazione: una responsabilità differenziata, ma comune (capp. 8 e 10). Que-sto impegno di evangelizzazione deve raggiungere le persone nella loro concreta situa-zione di vita. Esse non sono semplici destinatari della catechesi, ma protagonisti del proprio cammino di fede (cap. 7). Il carattere ecclesiale della catechesi ne evidenzia an-che la dimensione ecumenica: la passione per l’unità del Corpo di Cristo e la corretta conoscenza delle diverse tradizioni e confessioni cristiane devono animare tutta la cate-chesi e farne una scuola di impegno per l’unità che il Signore vuole.

    4. Il DB ci ha insegnato anche quali sono le fonti della catechesi: la Sacra Scrittura; la tradizione, luogo della trasmissione e dell’incontro con la parola di Dio vissuta e pro-fessata; la liturgia, celebrazione del mistero di Cristo; le opere del creato. Queste fonti danno alla catechesi una dimensione di annuncio e di contemplazione della storia della salvezza (cap. 6). Anche il contesto sociale va guardato con gli occhi della fede: esso non è solo lo spazio in cui annunciare la parola di Dio, ma è anche il luogo teologico in cui Dio si manifesta, attraverso i segni dei tempi (cfr n. 77). Esso ci ha offerto inoltre una rinnovata visione pedagogica e metodologica, che ci chiede di essere fedeli alla pa-rola di Dio e alle esigenze della persona; che afferma validi sia i metodi che partono dal-la situazione dei soggetti o dall’attualità, sia quelli che partono dalla rivelazione, purché in ambedue i casi si arrivi a far incontrare le persone con Gesù Cristo e il suo messaggio (cap. 9).

    5. Nel cammino della Chiesa italiana il DB ha soprattutto messo in evidenza il pri-mato dell’evangelizzazione, anche se questo compito primario della pastorale è stato di fatto quasi totalmente demandato alla catechesi. Esso ha offerto in germe le linee por-tanti degli orientamenti pastorali elaborati dai Vescovi italiani nel corso dei quattro de-cenni trascorsi:

    - Il piano pastorale “Evangelizzazione e sacramenti” (1973) ha costituito il primo frut-to del DB e ha stimolato la Chiesa in Italia a passare da una pastorale sacramentale a una pastorale dell’evangelizzazione.

    - Gli orientamenti pastorali “Comunione e comunità” (1981) hanno richiamato la comunità ecclesiale a svolgere il suo compito primario di grembo materno che genera i cristiani e li educa alla vita di fede.
    - Il decennio dedicato a “Evangelizzazione e testimonianza della carità” (1991) ci ha ricordato che la vita cristiana matura si esprime nella carità vissuta.

    - Gli orientamenti pastorali “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” (2001) hanno sottolineato che la catechesi deve essere preparata dal primo annuncio del Vangelo, a sua volta concentrato intorno alla persona.

    6. Il DB ha avviato l’elaborazione dei nuovi catechismi per la vita cristiana2. La Let-tera dei Vescovi per la riconsegna del testo «Il rinnovamento della catechesi» (3 aprile 1988), nel riaffermare la validità del DB, diede inizio alla seconda stesura dei catechismi. Inoltre essa sottolineò l’urgenza di orientare la catechesi in senso marcatamente missiona-rio, integrandola in una pastorale organica e dando priorità alla catechesi degli adulti. Il DB ha favorito il sorgere dei catechisti e la loro formazione, riconoscendo che la vitalità della comunità cristiana dipende in maniera decisiva dalla presenza e dal valore dei ca-techisti (n. 184). In questa luce, il valore del DB va ribadito senza esitazioni, né può es-sere sminuito dal fatto che in alcuni casi la sua ricezione non sia stata del tutto corretta. Ciò vale, per esempio, nel caso in cui si fosse messo in ombra l’aspetto veritativo della fede in nome del primato della comunicazione esperienziale. Tale opzione, infatti, non corrisponde alle intenzioni del testo, le cui potenzialità esigono di essere esplicitate e at-tuate ancora oggi anche in questa specifica direzione.

    II - IL CONTESTO ATTUALE

    7. Nei quarant’anni trascorsi, sono sorti scenari culturali e religiosi nuovi che, se da una parte richiedono costante fedeltà agli orientamenti del DB, dall’altra esigono scelte pastorali e catechistiche nuove. L’Italia conserva ancora larghe tracce di tradizione cri-stiana, ma è segnata anche da un processo di secolarizzazione. Si diffonde una conce-zione della vita, da cui è escluso ogni riferimento al Trascendente. Ciò dipende da mol-teplici influssi culturali, quali: il razionalismo, che assolutizza la ragione a scapito della fede; lo scientismo, secondo cui ha senso parlare solo di ciò che si può sperimentare; il relativismo, che radicalizza la libertà individuale e l’autonomia incondizionata dell’uomo nel darsi un proprio sistema di significati, rifiutando ogni imperativo etico fondato sull’affermazione della verità; il materialismo consumista, che esalta l’avere e il benessere materiale.

    8. In questo contesto culturale si diffonde l’indifferenza religiosa: molti adulti e gio-vani attribuiscono scarsa importanza alla fede religiosa, vivendo nell’incertezza e nel dubbio, senza sentire il bisogno di risolvere i loro interrogativi. L’irrilevanza attribuita alla fede è dovuta anche al fatto che la formazione cristiana della maggior parte dei gio-vani e degli adulti si conclude nella preadolescenza: essi, perciò, conservano un’immagine infantile di Dio e della religione cristiana, con scarsa presa nella loro vita. Non negano Dio; semplicemente non sono interessati. A questi processi si aggiunge il soggettivismo, che induce molti cristiani a selezionare in maniera arbitraria i contenuti della fede e della morale cristiana, a relativizzare l’appartenenza ecclesiale e a vivere l’esperienza religiosa in forma individualistica.

    9. La religione, di conseguenza, viene relegata nella sfera del privato, con la conse-guente relativizzazione dei contenuti storici e dottrinali del messaggio cristiano e dei modelli di comportamento che ne derivano. Ridotta a fatto meramente individuale, la religione perde gradualmente rilevanza anche nella vita dei singoli. Su tutto ciò, incide anche il crescente pluralismo culturale e la pervasività della comunicazione multimedia-le, fenomeno del quale si devono cogliere anche le provocazioni positive e le opportuni-tà per un nuovo annuncio del Vangelo e una piena umanizzazione della società. In que-sto contesto, si parla opportunamente di “emergenza educativa”3, senza però ignorare i tanti segni di speranza e le numerose esperienze positive in atto nelle nostre comunità. Si può dire, in sintesi, che la Chiesa si trova in Italia di fronte a una situazione profondamente mutata rispetto a quella del 1970, quando il DB fu pubblicato. Ciò conferma la necessità di non smentirne né dimenticarne le grandi intuizioni, ma chiede anche di compiere ulteriori passi in avanti nell’opera di evangelizzazione e di catechesi.
    Quali sono le esigenze, poste in luce dal contesto attuale, a cui la Chiesa che è in Italia deve rispondere?


    III - LE NUOVE ESIGENZE PASTORALI

    10. I documenti pastorali elaborati dalla CEI nell’ultimo decennio hanno evidenziato l’esigenza di una svolta missionaria dell’azione pastorale, innervandola decisamente nel primo annuncio4. Il DB non ignora il problema del primo annuncio, di cui tratta in for-ma sintetica, ma significativa nel cap. 2: «L’esperienza pastorale attesta, infatti, che non si può sempre supporre la fede in chi ascolta. Occorre ridestarla in coloro nei quali è spenta, rinvigorirla in coloro che vivono nell’indifferenza, farla scoprire con impegno personale alle nuove generazioni e continuamente rinnovarla in quelli che la professano senza sufficiente convinzione o la espongono a grave pericolo.

    Anche i cristiani ferven-ti, del resto, hanno sempre bisogno di ascoltare l’annuncio delle verità e dei fatti fonda-mentali della salvezza e di conoscerne il senso radicale, che è la “lieta novella” dell’amore di Dio» (n. 25). Aggiunge che il primo annuncio deve essere preceduto e ac-compagnato «dal dialogo leale con quanti hanno una fede diversa o non hanno alcuna fede» (n. 26). I Vescovi italiani hanno richiamato l’urgenza del primo annuncio anche nella Lettera per la riconsegna (cfr n. 7). Oggi molti ritengono che la fede non sia ne-cessaria per vivere bene. Perciò prima di educare la fede, bisogna suscitarla: con il pri-mo annuncio, dobbiamo far ardere il cuore delle persone, confidando nella potenza del Vangelo, che chiama ogni uomo alla conversione e ne accompagna tutte le fasi della vi-ta. Il primo annuncio, infatti, non è solo quello che precede l’iniziazione cristiana, ma è una dimensione trasversale di ogni proposta pastorale, anche di quelle rivolte ai credenti e ai praticanti: «di primo annuncio vanno innervate tutte le azioni pastorali»5.

    Bisogna anche ricordare che il primo annuncio è in molti casi una vera e propria premessa al ca-tecumenato sia per gli adulti, sia per i fanciulli e i ragazzi. Una seria pastorale di primo annuncio e la presenza del catecumenato sono «una singolare opportunità per il rinno-vamento delle comunità cristiane»6.

    11. Il DB aveva collocato la catechesi all’interno della comunità cristiana tutta intera (cfr n. 200), così come l’Esortazione Apostolica di Paolo VI Evangelii nuntiandi (8 di-cembre 1975) la situò nell’ambito dell’azione evangelizzatrice della Chiesa. Durante la fase di verifica dei catechismi (1984-1987), si sentì il bisogno di precisare il rapporto tra la catechesi e le altre azioni pastorali, come si legge nella Lettera per la riconsegna: «Giova ricordare che la catechesi… è una tappa specifica e ben caratterizzata del pro-cesso di evangelizzazione globale della Chiesa. Tappa che sollecita un “prima”, il ke-rigma che suscita la fede, e apre a un “dopo”, la celebrazione e la testimonianza. Tappa comunque che non può mai mancare. La catechesi non è tutto, ma tutto nella Chiesa ha bisogno di catechesi: la liturgia, i sacramenti, la testimonianza, il servizio, la carità» (n. 6).

    Il Convegno Ecclesiale di Verona (2006) ha invitato la Chiesa italiana a costruire tutto l’agire pastorale attorno alla persona: «Mettere la persona al centro costituisce una chiave preziosa per rinnovare in senso missionario la pastorale e superare il rischio del ri-piegamento, che può colpire le nostre comunità»7. Questo rinnovato accento sulla perso-na nei suoi snodi fondamentali apre per la catechesi il tempo di una riformulazione del contenuto, del metodo e dello stile, inserendola più chiaramente in un cammino di for-mazione che comprende le molteplici dimensioni della vita cristiana. In tal senso, giova anche ricordare la necessità della piena integrazione negli itinerari formativi delle per-sone disabili (o, come oggi si preferisce dire, “diversamente abili”), quale ricchezza e testimonianza per l’intera comunità8.

    12. Il cap. 8 del DB ha sottolineato la responsabilità di tutta la comunità nello svol-gimento della catechesi: «si deve riconoscere la responsabilità dell’intera chiesa locale in ordine alla catechesi. Né va dimenticato che la chiesa locale fa catechesi principal-mente per quello che essa è, in progressiva, anche se imperfetta coerenza, con quello che dice» (n. 145). Il paragrafo conclusivo del DB afferma: «prima sono i catechisti e poi i catechismi; anzi, prima ancora, sono le comunità ecclesiali.

    Infatti come non è concepibile una comunità cristiana senza una buona catechesi, così non è pensabile una buona catechesi senza la partecipazione dell’intera comunità» (n. 200). Nonostante le ripetute affermazioni del DB circa il ruolo della Chiesa locale, e in particolare della co-munità parrocchiale, nei confronti della catechesi, questa fondamentale indicazione pa-storale - come ammette anche la Lettera per la riconsegna - non sembra sia stata ade-guatamente recepita dalle nostre comunità.

    Questa carenza, in un contesto secolarizzato, compromette molto l’efficacia della catechesi. Perciò è necessario educare la coscienza missionaria della comunità tutta intera, stimolandola a diventare attraente, accogliente e educante: una comunità che accoglie le persone come sono e fa vivere loro esperienze significative di vita cristiana; una comunità in cui i praticanti accostano gli indifferenti e i non credenti, stabiliscono con loro rapporti di amicizia e narrano la propria esperienza di fede, sull’esempio di quanto proposto nella Lettera ai cercatori di Dio9. Questa sotto-lineatura della responsabilità dell’intera comunità verso la catechesi è inseparabile dall’attenzione al ruolo fondamentale che in essa hanno il Vescovo e i presbiteri, quali «educatori nella fede»10. Va qui richiamato anche il compito primario delle famiglie quanto all’iniziazione cristiana dei propri figli e alla loro educazione alla mentalità e al-la vita di fede.

    13. Il DB ha sottolineato la priorità della catechesi degli adulti e dei giovani (n. 124). Di fatto, questo obiettivo primario di formare cristiani adulti, capaci di rendere ra-gione esplicitamente della loro fede con la vita e con la parola, è rimasto spesso disatte-so dalle nostre comunità. Eppure indicazioni e proposte non sono mancate. Le note pa-storali dei Vescovi del decennio trascorso hanno sottolineato più volte l’urgenza di promuovere la formazione permanente di giovani e adulti cristiani, perché siano testi-moni significativi e annunciatori credibili del Vangelo negli areopaghi del nostro tempo, capaci di raccontare la loro esperienza di fede.

    Dice al riguardo la Nota Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia: «Una parrocchia dal volto missionario deve assumere la scelta coraggiosa di servire la fede delle persone in tutti i momenti e i luoghi in cui si esprime… L’adulto oggi si lascia coinvolgere in un processo di forma-zione e in un cambiamento di vita soltanto dove si sente accolto e ascoltato negli inter-rogativi che toccano le strutture portanti della sua esistenza: gli affetti, il lavoro, il ripo-so» (n. 9). Una proposta analoga viene fatta per quanto riguarda il mondo dei giovani: «Missionarietà verso i giovani vuol dire entrare nei loro mondi, frequentando i loro lin-guaggi, rendendo missionari gli stessi giovani, con la fermezza della verità e il coraggio dell’integralità della proposta evangelica» (ib.).

    14. L’iniziazione cristiana è «espressione di una comunità che educa con tutta la sua vita e manifesta la sua azione dentro una concreta esperienza di ecclesialità. L’iniziazione cristiana non è quindi una delle tante attività della comunità cristiana, ma l’attività che qualifica l’esprimersi proprio della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e realizzare se stessa come madre»11. Se da un lato non va disperso quel patri-monio, che vede ancora una significativa adesione di fanciulli e ragazzi alla catechesi, dall’altro si impone un’ulteriore riflessione, «se si vuole che le nostre parrocchie man-tengano la capacità di offrire a tutti la possibilità di accedere alla fede»12 in modo auten-tico e positivo. Molte parrocchie e diocesi italiane, a seguito anche della pubblicazione delle tre Note pastorali sull’iniziazione cristiana (1997-2003), hanno dato vita a speri-mentazioni di cammini di iniziazione con proposte diverse, comprendenti sia un percor-so ordinario, sia l’itinerario catecumenale, sia la catechesi familiare o i percorsi sostenu-ti da movimenti e associazioni. Queste sperimentazioni hanno evidenziato come l’iniziazione cristiana cominci quando i genitori chiedono il Battesimo per il loro bam-bino a poche settimane o mesi di vita, così del resto già indicato dai catechismi della CEI13.

    Anche per i fanciulli che incominciano la catechesi a 6/7 anni, è oggi quanto mai necessario un adeguato primo annuncio del Vangelo, che possa condurli insieme ai ge-nitori a un inserimento globale nella vita cristiana anche attraverso la celebrazione dei sacramenti della Confermazione e dell’Eucaristia14, insieme a itinerari penitenziali, che culminano nel sacramento della Riconciliazione. Non bisogna dimenticare che «venia-mo battezzati e cresimati in ordine all’Eucaristia. Tale dato implica l’impegno di favori-re nella prassi pastorale una comprensione più unitaria del percorso di iniziazione cri-stiana»15.

    15. Il DB afferma la necessità di attualizzare il messaggio biblico: «Cristo può essere accolto, se è presentato come evento salvifico presente nelle vicende quotidiane degli uomini» (n. 55). Esso accoglie i metodi propri dell’esegesi per interpretare meglio il messaggio biblico16. A tal fine è fondamentale dare a tutti i fedeli la possibilità di acce-dere alla Bibbia17, obiettivo primario dell’Apostolato biblico. Per cogliere la continuità dell’azione salvifica di Dio nell’oggi, occorre imparare a leggere i “segni dei tempi” in modo da portare il messaggio biblico dentro gli avvenimenti e le matrici culturali del nostro tempo, secondo l’intuizione portante del progetto culturale della Chiesa italiana.

    La storia, in base l’insegnamento del Concilio Vaticano II, non è solo il contesto in cui annunciare la parola di Dio, ma è anche il luogo teologico in cui Dio si manifesta attra-verso i segni dei tempi. La catechesi deve aiutare le persone a leggere la storia come storia di salvezza, dove Dio opera oggi e dove l’uomo è chiamato a collaborare da pro-tagonista. Senza tale impostazione, la catechesi rischia di ridursi alla sola funzione tra-smissiva della fede e di non svolgere una funzione generativa della fede della comunità. In questa prospettiva, il DB invita a tenere sempre presenti i problemi del nostro tempo: «Chiunque voglia fare all’uomo d’oggi un discorso efficace su Dio, deve muovere dai problemi umani e tenerli sempre presenti nell’esporre il messaggio. È questa, del resto, esigenza intrinseca per ogni discorso cristiano su Dio… La sua parola è destinata a ir-rompere nella storia, per rivelare a ogni uomo la sua vera vocazione e dargli modo di realizzarla» (n. 77).

    16. La catechesi deve educare non solo a leggere i “segni dei tempi”, ma anche a va-lorizzare il rapporto tra fede e ragione, con particolare attenzione a porre le “ragioni della fede” in dialogo con la cultura, per poter scegliere ciò che è buono, vero, nobile, puro amabile, onorato, ciò che è virtù e merita lode18. Deve educare i cristiani a consi-derare alla luce del Vangelo i problemi morali che emergono nella vita dei singoli e nel-la convivenza sociale19. Deve contribuire a lievitare le culture con l’annuncio del Van-gelo, a potenziare i valori di cui esse sono portatrici e a liberarle dai germi patogeni che talora portano con sé. Inoltre, la catechesi deve educare i cristiani a dialogare con tutti gli uomini. «Il dialogo infatti aiuta ad ascoltare e a capire meglio il cuore dei propri con-temporanei, e spesso, in tal modo, a capire meglio la vita e lo stesso Vangelo… Proprio perché il Vangelo divenga cultura e questo seme divino possa dare i suoi frutti più belli nella storia, noi cristiani vivremo nella compagnia degli uomini l’ascolto e il confronto, la condivisione dell’impegno per la promozione della giustizia e della pace, di condi-zioni di vita più degne per ogni persona e per tutti i popoli, fiduciosi in un arricchimento reciproco per il bene di tutti»20.

    17. Nel delineare la finalità della catechesi, il DB ha di fatto privilegiato la preoccu-pazione di nutrire e guidare la mentalità di fede, trasmettendo integra la parola di Dio, in tutto il suo rigore e il suo vigore: «Educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo» (n. 38). In questo contesto, è progressivamente maturata l’esigenza di dare rinnovata attenzione al-la dimensione dottrinale della fede, al fine di favorirne la conoscenza, l’approfondimento e la testimonianza, nella comunione con tutta la Chiesa e il suo Ma-gistero, in particolare come espresso nel Catechismo della Chiesa Cattolica (1997), pun-to di riferimento autorevole per tutti i battezzati.

    Ai catechisti in particolare si chiede «un investimento educativo capace di rinnovare gli itinerari formativi, per renderli più adatti al tempo presente e significativi per la vita delle persone, con una nuova attenzio-ne per gli adulti. La formazione… deve essere in grado di dare significato alle esperien-ze quotidiane, interpretando la domanda di senso che alberga nella coscienza di mol-ti»21. Ciò può avvenire in modo particolare testimoniando e narrando la fede a partire da una vita spirituale intensa: Dio si è rivelato agli uomini con gradualità, «con eventi e pa-role intimamente connessi»22, per suscitare in essi l’accoglienza del suo amore e am-metterli alla comunione con sé.

    Il DB al n. 15 afferma che la Chiesa, nell’esercizio della sua missione profetica, deve lasciarsi guidare da questa pedagogia di Dio. Pertanto i ca-techisti, oltre a narrare e spiegare il messaggio cristiano (traditio), devono preoccuparsi di fornire a ciascuno gli strumenti espressivi, perché possano riesprimere con la vita e la parola ciò che hanno ricevuto (redditio). Una comunicazione che si esaurisse nel solo processo di trasmissione produrrebbe cristiani “infanti”, che “non parlano”, “muti e in-visibili”, e alla fine perderebbe ogni rilevanza nella vita delle persone. Il cristiano è un testimone che, per rendere ragione della sua fede, non può limitarsi a compiere le opere dell’amore, ma deve anche narrare ciò che Dio ha fatto e sta facendo nella sua vita, e così suscitare negli altri la speranza e il desiderio di Gesù23. Questa, peraltro, è sempre stata la finalità della ricca produzione catechistica della Chiesa in Italia, che oggi deve essere rilanciata e rinnovata per rispondere meglio ai cambiamenti culturali e pastorali in atto.

    18. Vorremmo in conclusione rivolgerci a tutti voi, che avete a cuore l’annuncio del Vangelo e la crescita della vita di fede delle donne e degli uomini nostri compagni di stra-da: il Signore Gesù chiede alle nostre comunità e a ciascuno di noi di testimoniare l’amore di Dio per l’uomo e di prolungare nel tempo la manifestazione di quel grande ‘sì’ che Dio «ha detto all’uomo, alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelli-genza»24. Egli ci chiama a testimoniare che Dio è dalla parte dell’uomo, è suo amico e al-leato. Questo amore infinito di Dio va annunciato prima di tutto con l’attenzione alle persone, con le opere dell’amore e con scelte di vita in loro favore. Siamo tutti impegna-ti in una seria riflessione su come il progetto catechistico italiano è stato ed è realizzato nelle nostre comunità. Non rassegniamoci a lasciare che l’uomo viva solo in superficie, o che diventi schiavo del conformismo.

    Aiutiamo ciascuno a prendere in mano la pro-pria vita in compagnia di Gesù, per rispondere alle inquietudini e agli interrogativi più profondi e scoprire Lui come “via, verità e vita” (Gv 14,6). Nel guardare a questa meta, che è anche la sfida che ci è posta dinanzi, rendiamo grazie al Signore per l’immenso lavoro di annuncio della fede e di catechesi compiuto in questi quarant’anni: Dio solo ne conosce i frutti e vede quanto amore, quanta fede e quanta passione vi sono stati in-vestiti. Possa Egli trasformare questa memoria grata, che è insieme anche consapevo-lezza dei nostri limiti, in un rinnovato slancio, affinché il Vangelo raggiunga tutto l’uomo in ogni fratello e sorella, e ciascuno, credendo, abbia accesso alla pienezza della vita che viene da Dio nel Signore Gesù e nella forza del suo Spirito.


    Roma, 4 aprile 2010
    Pasqua di Risurrezione

    LA COMMISSIONE EPISCOPALE
    PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI



    NOTE

    1 Queste le parole di Paolo VI nella sua allocuzione alla VI Assemblea Generale della CEI, l’11 aprile 1970: «Altro fatto, per il quale la Conferenza Episcopale merita encomio, è la pubblicazione del vostro Documento pastorale sul rinnovamento della catechesi. È un documento che segna un momento storico e decisivo per la fede cattolica del Popolo italiano. È un documento, in cui si riflette l’attualità dell’insegnamento dottrinale, quale emerge dalla elaborazione dogmatica del recente Concilio. È un do-cumento ispirato alla carità del dialogo pedagogico, che dimostra cioè la premura e l’arte di parlare con discorso appropriato, autorevole e piano, alla mentalità dell’uomo moderno. Faremo bene a darvi impor-tanza, e a farne la radice d’un grande concorde, instancabile rinnovamento per la catechesi della presente generazione. Esso rivendica la funzionalità del magistero della Chiesa: gli dobbiamo onore e fiducia»: Atti della VI Assemblea Generale, Roma 6-11 aprile 1970, p. 18.

    2 Furono pubblicati ad experimentum il catechismo per i bambini (1973), i catechismi dei fanciulli e dei ra-gazzi (1975-1977), il catechismo degli adolescenti (1978), dei giovani (1979) e degli adulti (1981). Dal 1991 al 1997 si pubblicarono i catechismi rivisti ed approvati dalla Sede Apostolica.

    3 Cfr BENEDETTO XVI, Lettera alla Diocesi e alla Città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008.

    4 Cfr in particolare CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mon-do che cambia, 30 maggio 2004, n. 6.

    5 Ib.

    6 CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE, L’iniziazione cristiana. 1. Orientamenti per il catecumenato de-gli adulti, 31 marzo 1997, n. 40.

    7 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, “Rigenerati per una speranza viva” (1 Pt 1,3): testimoni del grande “sì” di Dio all’uomo, 29 giugno 2007, n. 22.

    8 Tale attenzione, già presente in DB, n. 127, è esplicitata nella nota del Consiglio Episcopale Permanen-te, L’iniziazione cristiana. 2. Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni, 23 maggio 1999, nn. 58-59. Cfr anche UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, L’iniziazione cristiana alle per-sone disabili. Orientamenti e proposte, Bologna 2004.

    9 COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, Lettera ai cer-catori di Dio, 12 aprile 2009.

    10 Presbyterorum ordinis, n. 6. 5

    11 UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, La formazione dei catechisti per l’Iniziazione cristiana dei fan-ciulli e dei ragazzi, 4 giugno 2006, n. 6.

    12 Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 7.

    13 Il cammino iniziatico successivo al Catechismo dei bambini è sostenuto dai testi: Io sono con voi, Veni-te con me, Sarete miei testimoni e Vi ho chiamati amici.

    14 Cfr Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 7.

    15 BENEDETTO XVI, Esortazione Apostolica Sacramentum caritatis, 22 febbraio 2007, n. 17. Cfr anche Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 7.

    16 Cfr Dei Verbum, nn. 12-13.

    17 Ib., n. 26.

    18 Cfr Fil 4,8.

    19 Cfr Gaudium et spes, nn. 16 e 62.

    20 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 29 giugno 2001, n. 60.

    21 Cfr “Rigenerati per una speranza viva” (1 Pt 1,3): testimoni del grande “sì” di Dio all’uomo, n. 17.

    22 Dei Verbum, n. 2. 23 «Ogni cristiano deve saper dare ragione della propria speranza, narrando l’opera di Dio nella sua esi-stenza e nella storia dell’umanità»: “Rigenerati per una speranza viva” (1 Pt 1,3): testimoni del grande “sì” di Dio all’uomo, n. 11.
    24 Ib., n. 10.

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 12/08/2011 23:35
    RELAZIONE di Sua Em. Rev.ma il Signor Cardinale Darío Castrillón Hoyos
    Prefetto della Congregazione per il Clero

    Il Direttorio Generale per la Catechesi e i Direttori locali: quale relazione e quale responsabilità delle Chiese particolari

    CONGRESSO CATECHISTICO INTERNAZIONALE


    (8-11 ottobre 2002) Città del Vaticano Aula Nuova del Sinodo Mercoledì, 9 ottobre 2002 - ore 9.15


    Nel 5° anniversario di pubblicazione della rinnovata edizione del Direttorio Generale per la Catechesi, curato dalla Congregazione per il Clero, ritengo utile una riflessione sui contenuti di esso, in modo che i Direttorii locali – la cui necessaria redazione è affidata alla responsabilità delle Chiese particolari – siano sensibilizzati al riguardo.

    Infatti il passaggio dal Direttorio Generale ai Direttorii Locali potrebbe comportare il rischio di attribuire all’inculturazione e al linguaggio una importanza superiore alla stessa indicazione di fondo del Direttorio stesso, che potrebbe essere sintetizzata nelle due seguenti affermazioni:

    la catechesi è annuncio di Gesù Cristo, della sua rivelazione e del suo mistero salvifico: trama cristologica o cristocentrismo trinitario (cf CT);

    la catechesi è esperienza di conversione, di sequela e di comunione con Gesù: ha quindi una sua connotazione "spirituale".

    Ne derivano due importanti conseguenze per la necessaria redazione dei Direttorii locali:

    1°) sistematicità ed integrità della catechesi cattolica (cfr. CCC);

    2°) significatività ed esperienza di comunione con Gesù (è questa una originalità del DGC).


    Ciò comporta un impegno formativo finalizzato a rendere i catechisti non solo dei comunicatori della retta dottrina – e questo è assolutamente fondamentale e mai sufficientemente ribadito – ma anche – e non è meno importante – dei testimoni e dei maestri di vita spirituale. Si tratta di una indicazione di alto profilo.

    1) Una preziosa trama cristologica

    Nel nuovo Direttorio Generale per la Catechesi del 1997 (DGC) la persona e l'opera del nostro Signore ed unico Salvatore Gesù Cristo assumono un rilievo del tutto particolare. Le cinque parti del Direttorio, infatti, sono attraversate da una innegabile trama cristologica, che conferisce unità, fondatezza e vitalità alle indicazioni catechistiche.

    Questa straordinaria concentrazione cristologica viene enunciata come tesi sin dalla Esposizione introduttiva, dove si afferma: "Rispetto alla finalità della catechesi, che mira a promuovere la comunione con Gesù Cristo, è necessaria una presentazione più equilibrata di tutta la verità del mistero di Cristo" (DGC n. 30). La catechesi, infatti, è chiamata ad "annunciare i misteri essenziali del cristianesimo, promuovendo l'esperienza trinitaria della vita in Cristo come centro della vita di fede" (DGC n. 33). Anzi: "È compito proprio della catechesi mostrare chi è Gesù Cristo: la sua vita e il suo mistero e presentare la fede cristiana come sequela della sua Persona" (DGC n. 41).

    Come il testo del 1971, anche questo Direttorio fornisce principi, criteri, orientamenti per una aggiornata e dinamica catechesi ecclesiale contemporanea.

    Cerco ora di dare, in questa relazione, una lettura trasversale del documento, per evidenziarne il solido tessuto cristologico, che costituisce la sua caratteristica più rilevante e che dovrebbe, fra l'altro, relazionare i Direttorii locali con quello generale.

    2) Gesù pienezza della rivelazione, fonte primaria della catechesi ecclesiale

    Nella prima parte, dedicata alla catechesi nella missione evangelizzatrice della Chiesa, si rileva che, essendo la rivelazione "l'atto mediante il quale Dio si manifesta personalmente agli uomini" (DGC n. 36), essa si compie " pienamente in Gesù Cristo " (DGC n.40). La pedagogia rivelativa di Dio, fatta di avvenimenti, di parole, di epoche e di eventi storici (cf. DGC n. 38-39), trova il suo compimento e la sua pienezza in "Gesù Cristo, mediatore e pienezza della Rivelazione" (DGC n. 40).

    L'affermazione viene giustificata dal fatto che Gesù Cristo non è solo il più grande dei profeti, ma è il Figlio eterno di Dio fatto uomo: per questo "con tutta la sua presenza e con la manifestazione di Sé, con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua gloriosa risurrezione di tra i morti, e infine con l'invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione" (DGC n. 40, citando DV n. 4). Gesù è "la Parola unica, perfetta e definitiva del Padre" (DGC n. 40) e quindi "pienezza della rivelazione" (DGC n. 41).

    In una breve nota il Direttorio completa la fondazione teologica con una pertinente considerazione ricavata da S. Giovanni della Croce: "(Dio) ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola" (Giovanni della Croce, Salita al Monte Carmelo, 2,22).

    Il grande mistico spagnolo, unendo alla correttezza teologica un prodigioso intuito di attualità, affermava: "Infatti dandoci il Figlio suo, che è la sua parola, l'unica che Egli pronunzi, in essa ci ha detto tutto in una sola volta e non ha più nulla da manifestare" (Ib. 2,22,3). Dio, cioè, "dandoci il tutto, cioè suo Figlio, ha detto ormai in Lui tutto ciò che in parte aveva manifestato in antico ai profeti" (Ib. 2,22,4).

    3) Rivelazione cristologica e rivelazioni


    L’insistenza che il Direttorio mostra nel sottolineare a più riprese il fatto di Gesù Cristo pienezza e compimento unico dell’automanifestazione di Dio all’umanità ha una sua ben precisa giustificazione. Essa intende preservare la catechesi cattolica dalla contestazione dell’unicità e dell’universalità rivelativa e salvifica del mistero di Cristo, oggi presente soprattutto in talune zone e in taluni autori della teologia delle religioni. Nella lodevole volontà di andare incontro all’urgenza dell’inculturazione e del dialogo interreligioso, non manca chi affianca alla Rivelazione biblica fondante il cristianesimo, purtroppo, altre tradizioni ritenute anche "de jure" altrettanto valide.


    Si veda, ad esempio, quanto afferma Felix Wilfred sulla rivelazione di Dio nelle scritture hindù: "Se Dio si manifesta nelle e attraverso le esperienze religiose e storiche indiane, come ritiene la maggior parte dei teologi indiani, allora queste tradizioni ed esperienze sono le vie concrete attraverso le quali il popolo in questo paese può sperimentare e comprendere ciò che Dio ha rivelato in Gesù Cristo" (Cfr. F.Wilfred, Beyond Settled Foundations. The Journey of Indian Theology, Department Of Christian Studies, University of Madras 1993, p. 243).

    La sua conclusione è che, esistendo quindi, di fatto, altre tradizioni religiose che conterrebbero la rivelazione di Dio, ci si dovrebbe aprire ad una teologia "integrale" nella quale la rivelazione cristiana sarebbe solo una parte, non il tutto.

    Pur con diversa impostazione, le stesse conclusioni sembrano emergere dalla riflessione teologica di Jacques Dupuis. Dopo aver ribadito che Gesù è la Parola di Dio, egli afferma ripetutamente che "questa rivelazione rimane però limitata, incompleta ed imperfetta" (J. Dupuis, Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 1997, p. 367; cfr. anche pp. 337-338). La rivelazione di Gesù sarebbe "progressiva", "differenziata" e "complementare" a quella di altre religioni (Ib, pp. 340-341), dal momento che la coscienza umana di Gesù sarebbe stata limitata e non in grado di esaurire la pienezza divina (Ib. pp. 337, 367, 439).

    Per aiutare la corretta redazione dei Direttorii locali, mi pare doveroso fornire qualche indicazione di risposta a tali rovinose posizioni.


    Che il linguaggio umano non possa esaurire il mistero di Dio, non implica affatto che nel linguaggio umano di Gesù non venga rivelato tutto di Dio in termini umani. In Gesù viene rivelato tutto del mistero divino, perché il soggetto rivelante è il Verbo che, con linguaggio umano, esprime sia tutto ciò che il Padre ha stabilito debba essere rivelato, sia tutto ciò che all'umanità è possibile cogliere ed esprimere in linguaggio personale. La verità di Dio non viene abolita né ridotta perché è detta in linguaggio umano. La verità unica su Dio viene avallata dal fatto che chi parla è il Figlio di Dio incarnato, più che dal linguaggio umano in cui egli si esprime. Per questo Gesù è l'unico e pieno rivelatore del Padre. Per questo "non c'è da aspettarsi alcuna altra rivelazione pubblica" (DV n. 4).

    Rifiutando quindi intenzionalmente una certa teologia riduttiva, che poi rifluisce inevitabilmente nella catechesi, il Direttorio, fin dall'inizio, avverte: "Non manca, poi, un certo numero di battezzati che, purtroppo, celano la loro identità cristiana [...] per una malintesa forma di dialogo interreligioso" (DGC n. 26).

    Viene quindi riproposta come pilastro centrale della catechesi cattolica la completezza, la centralità e l'universalità salvifica della rivelazione cristiana: "Il fatto che Gesù sia la pienezza della Rivelazione è il fondamento del "cristocentrismo" della catechesi: il mistero di Cristo, nel messaggio rivelato, non è un elemento in più accanto ad altri, ma è il centro a partire dal quale tutti gli altri elementi si gerarchizzano e s'illuminano" (DGC n. 41). "La Rivelazione di Dio, culminata in Gesù Cristo, è destinata a tutta l'umanità: "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (ITm 2,4). In virtù di questa volontà salvifica universale, Dio ha disposto che la Rivelazione si trasmettesse a tutti i popoli, a tutte le generazioni e rimanesse per sempre integra" (DGC n. 42).

    4). Catechesi come pedagogia di conversione a Gesù

    Nell'intento di delineare maggiormente la natura della catechesi, il Direttorio apre un orizzonte ricco di prospettive esistenziali. La catechesi non è solo trasmissione di proposizioni vere, metodologia o adattamento linguistico, ma educazione del battezzato a vivere di fede e cioè a dire "sì" a Gesù: "Questo "sì" a Gesù Cristo, pienezza della Rivelazione del Padre, racchiude in sé una doppia dimensione: il fiducioso abbandono in Dio e l'amorevole assenso a tutto ciò che Egli ci ha rivelato" (DGC n. 54). Dal momento che credere ha un duplice riferimento, alla persona e alla verità, per la fiducia che si accorda alla persona che l'afferma: "Incontrando Gesù Cristo e aderendo a Lui, l'essere umano vede colmate le sue aspirazioni più profonde; trova ciò che ha sempre cercato e lo trova in modo sovrabbondante" (DGC n. 55).

    Questa consegna a Gesù nella fede implica convertirsi a Lui, vivere alla sua sequela, in comunione e in intimità con Lui: "La fede cristiana è, innanzitutto, conversione a Gesù Cristo, adesione piena e sincera alla sua persona e decisione di camminare alla sua sequela. La fede è un incontro personale con Gesù Cristo, è farsi suo discepolo. Ciò esige l'impegno permanente di pensare come Lui, di giudicare come Lui e di vivere come Lui è vissuto" (DGC n. 53).

    L'adesione a Gesù Cristo avvia un processo di conversione permanente, che dura tutta la vita e che porta il battezzato alla maturità della pienezza di Cristo (cf. DGC n. 56). Si tratta di un itinerario che comporta diverse tappe: l'interesse per il vangelo, la conversione a Gesù, la professione di fede in Lui, il cammino verso la perfezione (DGC n. 57): "Il "momento" della catechesi è quello che corrisponde al periodo in cui si struttura la conversione a Gesù Cristo, offrendo le basi a quella prima adesione" (DGC n. 63).

    5). Catechesi come educazione alla comunione con Gesù

    La catechesi è quindi al servizio dell'iniziazione cristiana, dal momento che i convertiti a Gesù Cristo, "educati nella fede per mezzo della catechesi, nel ricevere i sacramenti dell'iniziazione cristiana, il Battesimo, la Confermazione e l'Eucaristia, sono "liberati dal potere delle tenebre"..." (DGC n. 65).

    "La catechesi autentica è sempre iniziazione ordinata e sistematica alla rivelazione che Dio ha fatto di se stesso all'uomo in Cristo Gesù, rivelazione custodita nella memoria profonda della Chiesa e nelle Sacre Scritture, e costantemente comunicata, mediante una "traditio" vivente ed attiva, da una generazione all'altra" (DGC n. 66 citando ad litteram CT n. 22). Per questo la catechesi di iniziazione è "l'approfondimento vitale, organico sul mistero di Cristo", che "favorisce un'autentica sequela di Cristo, centrata sulla sua Parola" (DGC n. 67).

    La catechesi, come azione ecclesiale (DGC n. 78), ha come finalità la comunione con Gesù Cristo. Riproponendo CT n. 5, il Direttorio afferma: "Lo scopo definitivo della catechesi è di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo" (DGC n. 80).

    Il fine della catechesi non è solo trasmissione di conoscenze, ma esperienza di crescita, di maturazione, di sviluppo della vita in Cristo:

    "Tutta l'azione evangelizzatrice è intesa a favorire la comunione con Gesù Cristo. A partire dalla conversione "iniziale" di una persona al Signore, suscitata dallo Spirito Santo mediante il primo annuncio, la catechesi si propone di dare un fondamento e far maturare questa prima adesione. Si tratta, allora, di aiutare colui che si è appena convertito a "... conoscere meglio questo Gesù, al quale si è abbandonato: conoscere il suo "mistero", il regno di Dio che egli annuncia, le esigenze e le promesse contenute nel suo messaggio evangelico, le vie che egli ha tracciato per chiunque lo voglia seguire". Il Battesimo, sacramento mediante il quale "siamo resi conformi a Cristo", sostiene con la sua grazia quest'opera della catechesi" (DGC n. 80).

    Tale vita in Cristo implica la comunione trinitaria:

    "La comunione con Gesù Cristo, per la sua stessa dinamica, spinge il discepolo a unirsi con tutto ciò con cui lo stesso Gesù Cristo era profondamente unito: con Dio, suo Padre, che lo aveva inviato nel mondo, e con lo Spirito Santo, che gli dava l'impulso per la missione; con la Chiesa, suo corpo, per la quale si donò, e con gli uomini, suoi fratelli, la cui sorte ha voluto condividere" (DGC n. 81).

    Ne segue che la catechesi porta alla professione della Trinità, unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo:

    "È importante che la catechesi sappia unire bene la confessione di fede cristologica, "Gesù è il Signore", con la confessione trinitaria, "Credo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo", poiché non sono che due modalità di esprimere la medesina fede cristiana. Chi per il primo annuncio si converte a Gesù Cristo e lo riconosce come Signore inizia un processo, aiutato dalla catechesi, che sbocca necessariamente nella confessione esplicita della Trinità" (DGC n. 82).

    6). I molteplici compiti della catechesi

    Il Direttorio riassume poi i compiti fondamentali di questa catechesi, sostanzialmente cristologico-trinitaria. La catechesi deve aiutare a conoscere, celebrare, vivere e contemplare il mistero di Cristo in una dimensione comunitaria ed apostolica.

    1. Anzitutto essa deve favorire la conoscenza della fede: "La catechesi deve condurre [...] a "comprendere progressivamente tutta la verità del progetto divino", introducendo i discepoli di Gesù Cristo nella conoscenza della Tradizione e della Scrittura, la quale è la "scienza sublime di Cristo" (Fil 3,8)" (DGC n. 85).

    2. La catechesi deve inoltre incoraggiare l'educazione liturgica e la celebrazione dei sacramenti: "Infatti, "Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, in modo speciale nelle azioni liturgiche". La comunione con Gesù Cristo conduce a celebrare la sua presenza salvifica nei sacramenti e, particolarmente, nella Eucaristia" (DGC n. 85). Si dovrà pure insistere sulla presenza reale di Gesù dopo la celebrazione del divino Sacrificio.

    3. La catechesi deve far maturare e rafforzare gli abiti virtuosi del battezzato mediante una coerente ed illuminata formazione morale:

    "La conversione a Gesù Cristo implica il camminare al suo seguito. La catechesi deve, pertanto, trasmettere ai discepoli gli atteggiamenti propri del Maestro. Questi, intraprendono così un cammino di trasformazione interiore, nel quale, partecipando al mistero pasquale del Signore, "passano dall'uomo vecchio all'uomo nuovo in Cristo". Il Discorso della Montagna, nel quale Gesù riprende il decalogo e gli imprime lo spirito delle beatitudini, è un riferimento indispensabile nella formazione morale, oggi tanto necessaria" (DGC n. 85).

    Il Direttorio definisce questa formazione morale come "essenzialmente cristologica e trinitaria" (DGC n. 87). Si apre qui il vastissimo campo della educazione del battezzato a vivere in armonia la "lex credendi" e la "lex agendi", riconoscendo Gesù come il suo unico Maestro di comportamento e la sua dottrina come la luce che illumina il suo pellegrinaggio terreno con il suo salutare splendore di verità.

    4. La catechesi deve promuovere l'educazione alla preghiera: "La comunione con Gesù Cristo conduce i discepoli ad assumere l'atteggiamento orante e contemplativo che ebbe il Maestro. Imparare a pregare con Gesù è pregare con i medesimi sentimenti con i quali Egli si rivolgeva al Padre: l'adorazione, la lode, il ringraziamento, la confidenza filiale, la supplica, l'ammirazione per la sua gloria" (DGC n. 85). Si ricupera qui l'aspetto contemplativo dell'essere cristiani, che comporta formazione continua ed esperienza di fede radicale in Dio e nella sua presenza provvidente nella nostra esistenza e nella storia dell'umanità. È un richiamo imprescindibile ad una catechesi attenta a questa dimensione orante, che tanto affascina l'uomo contemporaneo in cerca di interiorità, di silenzio, di armonia con la natura, di contatto mistico con l'Assoluto.

    Oltre alla riproposizione di queste finalità classiche della catechesi - si vedano, ad esempio, le quattro parti in cui è suddiviso il Catechismo della Chiesa Cattolica - il Direttorio avanza altre due finalità di innegabile rilevanza per l'identità cristiana oggi: l'educazione alla vita comunitaria e alla missione.

    5. La catechesi, infatti, deve educare alla vita comunitaria, sull'esempio di Gesù: "La vita cristiana in comunità non s'improvvisa e bisogna educare ad essa con cura. Per questo apprendimento, l'insegnamento di Gesù sulla vita comunitaria, riportato dal Vangelo di Matteo, richiede alcuni atteggiamenti che la catechesi dovrà favorire: lo spirito di semplicità e di umiltà [...], la sollecitudine per i più piccoli [...], l'attenzione speciale verso coloro che si sono allontanati [...], la correzione fraterna [...], la preghiera in comune [...], il mutuo perdono [...]. L'amore fraterno unifica tutti questi atteggiamenti [...]" (DGC n. 86).

    6. La catechesi, infine, deve iniziare alla missione: "Gli atteggiamenti evangelici che Gesù suggerì ai suoi discepoli, quando li iniziò alla missione, sono quelli che la catechesi deve alimentare: andare in cerca della pecora smarrita; annunziare e sanare nello stesso tempo; presentarsi poveri, senza oro né bisaccia; saper assumere il rifiuto e la persecuzione; porre la propria fiducia nel Padre e nel sostegno dello Spirito Santo; non attendersi altro premio che la gioia di lavorare per il Regno" (DGC n. 86).

    In corrispondenza con la missione si sottolinea una corretta educazione al dialogo interreligioso: "La catechesi mostrerà che il legame della Chiesa con le religioni non cristiane è, in primo luogo, quello della comune origine e del comune fine del genere umano, come pure quello dei molteplici "semi della Parola", che Dio ha deposto in quelle religioni. La catechesi aiuterà anche a saper conciliare e, nello stesso tempo, a saper distinguere, l'"annuncio di Cristo" dal "dialogo interreligioso". Questi due elementi, mentre conservano la loro intima relazione, non devono essere né confusi né considerati equivalenti. Infatti, "il dialogo non dispensa dall'evangelizzazione"" (DGC n. 86). Il dialogo è metodo per la missione e, in alcun modo, può essere confuso con il fine. Sarebbe il tradimento dell’ "Euntes in mundum universum…" (cfr. Mc 16, 15; Mt 28, 29).

    I quattro grandi capitoli di ogni catechesi - conoscere, celebrare, agire, pregare - vengono così completati dall'esperienza della comunione e dell'impegno apostolico. Questi ultimi due compiti non sono appendici ma apporti sostanziali a quella verifica esistenziale della conversione continua a Gesù, vissuta nella condivisione ecclesiale e nella testimonianza apostolica.

    7. Il radicale cristocentrismo della catechesi

    Spesso il Direttorio ripete che la catechesi è "eminentemente cristocentrica" (DGC n. 89, 98). Questo cristocentrismo non fa che riproporre l'essenza stessa della fede cristiana, che implica il "sì" a Cristo di ogni battezzato. È il cristocentrismo del messaggio evangelico: "Gesù Cristo non solo trasmette la parola di Dio: Egli "è" la parola di Dio. Perciò la catechesi - tutt'intera - dice rapporto a Lui. In questo senso, ciò che caratterizza il messaggio trasmesso dalla catechesi è, anzitutto, il "cristocentrismo"" (DGC n. 98).

    Questo cristocentrismo ha un triplice significato. Gesù è il centro della catechesi, il centro della storia, l'unico maestro di ogni battezzato.

    Il cristocentrismo quindi va inteso in un triplice modo:

    "Esso significa che, in primo luogo, "al centro stesso della catechesi noi troviamo essenzialmente una persona, quella di Gesù di Nazaret, Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità". In realtà, compito fondamentale della catechesi è presentare Cristo: tutto il resto, in riferimento a Lui. Ciò che, in definitiva, la catechesi favorisce è la sequela di Gesù, la comunione con Lui: ogni elemento del messaggio tende a questo.

    Il cristocentrismo, in secondo luogo, significa che Cristo è al "centro della storia della salvezza", presentata dalla catechesi. Egli è, infatti, l'avvenimento ultimo, verso il quale converge tutta la storia sacra. Egli, venuto nella "pienezza del tempo" (Gal 4,4,), è "la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana". Il messaggio catechistico aiuta il cristiano a situarsi nella storia e ad inserirsi attivamente in essa, mostrando come Cristo è il senso ultimo di questa storia.

    Il cristocentrismo significa, inoltre, che il messaggio evangelico non proviene dall'uomo, ma è parola di Dio [...]. Perciò, tutto quello che la catechesi trasmette è "l'insegnamento di Gesù Cristo, la verità che Egli comunica o, più esattamente, la Verità che Egli è". Il cristocentrismo obbliga la catechesi a trasmettere ciò che Gesù insegna riguardo a Dio, all'uomo, alla felicità, alla vita morale, alla morte... senza permettersi di mutare in nulla il suo pensiero" (DGC n. 98).

    Questo ribadito orizzonte cristocentrico comporta una triplice attenzione che la catechesi non può né deve disattendere.

    Anzitutto la concentrazione unica sulla storia di Gesù implica che la catechesi deve raccogliersi maggiormente intorno alla persona di Gesù per viverne compiutamente la sequela e l'esperienza salvifica.

    Questa comunione con Gesù porta, in secondo luogo, a vedere nella storia umana non una serie di eventi caotici e assurdi, ma l'orizzonte della presenza salvifica di Cristo, l'Agnello immolato, che guida la storia umana verso il suo compimento nel trionfo della Gerusalemme celeste.

    In conclusione, il cristocentrismo significa ricuperare nella sua totalità e integrità l'insegnamento di Gesù, senza glosse interpretative spurie, in modo che sia lui il vero ed unico maestro dell'esistenza cristiana. È quanto fanno i vangeli, che, proprio perché hanno una struttura essenzialmente cristocentrica, sono al centro del messaggio catechistico (DGC n. 98).

    8). La pedagogia di Gesù Maestro

    Il Direttorio nella sua terza parte, dedicata alla pedagogia della fede - "Uno solo è il vostro maestro, il Cristo" (Mt 23,10) - propone in estrema sintesi l'opera formatrice di Gesù nei confronti dei suoi apostoli e discepoli. È un vero e proprio programma catechistico da applicare in tutte le sue articolazioni:

    "Gesù ha curato attentamente la formazione dei discepoli che ha inviato in missione. Si è proposto loro come l'unico Maestro ed insieme amico paziente e fedele, ha esercitato un reale insegnamento mediante tutta la sua vita; stimolandoli con opportune domande ha loro spiegato in maniera approfondita quanto annunciava alla folla, li ha introdotti alla preghiera, li ha mandati a fare un tirocinio missionario, ha promesso prima e poi inviato lo Spirito del Padre suo perché li guidasse alla verità tutta intera e li sostenesse negli inevitabili momenti difficili. Gesù Cristo è "il Maestro che rivela Dio agli uomini e l'uomo a se stesso; il Maestro che salva, santifica e guida, che è vivo, parla e scuote, commuove, corregge, giudica, perdona, cammina ogni giorno con noi sulla strada della storia; il Maestro che viene e che verrà nella gloria". In Gesù Signore e Maestro la Chiesa trova la grazia trascendente, l'ispirazione permanente, il modello convincente per ogni comunicazione della fede" (DGC n. 137).

    Questa articolata ed esemplare pedagogia di Gesù, presente nella sua ricchezza e verità nelle fonti neotestamentari, non fa altro che continuare la "pedagogia di Dio" mediante la perfezione e l'efficacia insite nella novità della sua persona.

    È questo "incomparabile tesoro di pedagogia della fede" (DGC n. 141), testimoniato nella storia da innumerevoli figure di catechisti e di santi, che la Chiesa deve consegnare alle contemporanee generazioni cristiane. La catechesi ecclesiale deve quindi attingere a piene mani a questa pedagogia dell'incarnazione. Senza la memoria viva e vivificante della pedagogia di Gesù la catechesi non può far sbocciare i fiori della fede, della pietà, della missione e della santità. Una catechesi senza memoria cristologica è arida come un deserto.

    9). La "sporgenza spirituale" della catechesi

    Se lo scopo della catechesi è porre il battezzato in comunione e in intimità con Gesù e far maturare questa conformità a Cristo (cf. DGC n. 80), allora la catechesi assume una forte connotazione spirituale. Da scuola di conoscenza e di approfondimento del mistero di Gesù, essa tende a diventare esperienza di conformazione a Cristo nella grazia dello Spirito (cf. DGC n. 142).

    Questo viene apertamente enunciato, ad esempio, nell'ultima parte del Direttorio, la quinta, dove si parla della formazione dei catechisti. La loro opera, da una parte, deve culminare nell'aiutare il catechizzando a identificarsi con Gesù Cristo e, dall'altra, deve indurre gli stessi catechisti a vivere una profonda familiarità con Gesù. Si tratta di un vero e proprio programma di formazione spirituale sia per il catechizzando che per il catechista:

    "La finalità cristocentrica della catechesi, che cerca di favorire la comunione del convertito con Gesù Cristo, impregna tutta la formazione dei catechisti. Ciò che questa persegue, infatti, null'altro è che condurre il catechista a saper animare efficacemente un itinerario catechistico nel quale, attraverso le necessarie tappe, annunci Gesù Cristo, faccia conoscere la sua vita inquadrandola nell'intera storia della salvezza, spieghi il mistero del Figlio di Dio, fatto uomo per noi; aiuti, infine, il catecumeno o il catechizzando ad identificarsi a Gesù Cristo mediante i sacramenti d'iniziazione. Nella catechesi permanente, il catechista non fa altro che approfondire questi aspetti basilari.

    Questa prospettiva cristologica incide direttamente sull'identità del catechista e nella sua preparazione. "L'unità e l'armonia del catechista vanno lette appunto in quest'ottica cristocentrica e costruite attorno a una profonda familiarità col Cristo e col Padre, nello Spirito" (DGC n. 235).

    L'implicanza spirituale porta a compimento la finalità della catechesi, che cerca di mettere in comunione la persona umana con Gesù Cristo. Anzi, l'esperienza umana del Figlio di Dio incarnato diventa paradigma di formazione catechetica: "Pertanto, "tutto ciò che Cristo ha vissuto, egli fa sì che noi possiamo viverlo in lui e che egli lo viva in noi". La catechesi opera per questa identità di esperienza umana tra Gesù maestro e discepolo e insegna a pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui. Vivere la comunione con Cristo è fare l'esperienza della vita nuova della grazia" (DGC n. 116).

    La catechesi può dirsi compiuta quando il discepolo perviene "allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (Ef 4,13).

    Per questo suo approdo di grande interiorità, la catechesi ecclesiale "ha un immenso patrimonio spirituale da offrire all'umanità, in Cristo che si proclama "la via, la verità e la vita"" (DGC n. 201).


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)