Ciao a tutti.
Riguardo alle "tentazioni" di Maria, tenterei una risposta di ordine logico e, solo conseguentemente, teologico. Molto giuste le osservazioni sul fatto di Maria che, al pari del Figlio, ne condivide gli assalti del maligno...
Logicamente, se pensiamo ai progenitori Adamo ed Eva, dobbiamo considerarli prima del peccato "originante", come simili a Maria. Adamo ed Eva vivevano nel'ambiente divino con la familiarità dei santi di Dio, respiravano l'aria di Dio, con Lui si intrattenevano in conversazioni e passeggiate. Dobbiamo presumere un'intimità legata a quell'aggettivo che nella creazione Dio riserva solo all'essere umano: Dio vide che era "molto" buono. Questa perfezione ci fa capire che Dio crea un essere che può guardarlo in faccia e non di sfuggita come Mosé. E' questa vita intimamente divina che il Maligno prende di mira: la grazia di cui Adamo ed Eva sono colmati non li "preserva" dalla tentazione. E la tentazione si presenta come un gioco perfidamente logico: attenzione. Il tentatore dice ai protogenitori :"se mangiate il frutto, sarete come Dio". Ma loro erano già "come" Dio, potevano cioè sostenerne lo sguardo e parlarci, passeggiarci etc. La perfidia era proprio di far passare la realtà di Adamo ed Eva "divinizzati" come una realtà ancora da acquistare. Ma è importante ricordare che la tentazione arriva ai due mentre sono in uno stato di perfezione creaturale. La stessa perfezione che in Maria leggiamo come "colmata" dalla grazia, non la esime, logicamente, dall'esser stata tentata.
In una pagina quasi sconosciuta di S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) che è una meditazione sul Sabato Santo, la Stein ricorda il periodo post crocifissione vissuto da Maria e dice, più o meno: "Ti immagino mentre ti rechi al Tempio, o mentre percorri il mercato con la gente che ti addita come la madre di quello che volle farsi Dio. Ecco la pazza, pensano, e ridono di te, e tu sei tentata di correre via, di fuggire...". Con profondo intuito fenomenologico (anche se non ho riportato le parole esatte, scusatemi...) la Stein inquadra Maria nella più piena delle dinamiche emotive e creaturali, con la sua voglia di correr via, di andare a piangere in qualche posto lontano per quel Figlio tanto amato.
Probabilmente, si può pensare che Maria abbia sofferto con la pienezza della sua grazia (quindi con un dolore, scusate il paradosso, più perfetto del nostro) ma anche che abbia sperato con quella stessa pienezza che era più forte della tentazione, destinanta ad infrangersi contro la prima alba domenicale della storia.
E probabilmente, il suo sì dato a Dio è stato un continuo no alle tentazioni che nella vita ordinaria si saranno succedute per la stessa logica che ci impone di pensare un sì solo e soltanto se controbilanciato da un no.
A voi la palla per la parte teologica...
Chisolm