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[SM=g1740722]2011, cose da ricordare


di Andrea Tornielli e Vittorio Messori
LaBussolaQuotidiana 31-12-2011


Caro Vittorio, rieccoci a tavola, ormai negli ultimissimi giorni di questo 2011. È ormai da qualche mese che non ci sediamo a chiacchierare e vale la pena tentare uno sguardo panoramico su alcuni avvenimenti dell'anno che si chiude. Abbiamo più volte parlato, sulla Bussola, della guerra in Libia e delle sue tante ipocrisie. Non abbiamo mai commentato la cattura e l’uccisione di Muhammar Gheddafi, il raís di Tripoli, l’orrore dello scempio del suo cadavere, avvenuto senza che si alzassero voci indignate da parte dei paladini del diritto internazionale...

Eh sì, caro Andrea, ma purtroppo è passato in sordina anche l’orrore giuridico di questa guerra sanguinosa e per giunta non dichiarata. Quando in tempi ormai lontani studiavo diritto internazionale nella facoltà torinese di Scienze politiche, non era neanche immaginabile l’istituto ipocrita dell’ingerenza umanitaria e meno che mai potevano esistere i cosiddetti «Stati canaglia». Siamo di fronte all’ipocrisia travestita da giustizia e da solidarietà umana. Era chiaro fin dall’inizio, per chi conosce un po’ di storia e di geografia, che la rivolta, tra l’altro molto minoritaria, nella Cirenaica, era soltanto uno dei tanti, endemici episodi di scontro tra cirenaici e tripolitani. La Libia è davvero unicamente un’ espressione geografica, come mi sembra abbiamo già ricordato proprio su La Bussola nei mesi scorsi: fu l’Italia a unire due province ottomane, chiamandole Libia, un Paese che non è mai esistito (i Romani conoscevano quel nome ma non per il territorio attuale) e che è stato creato a tavolino unendo differenti etnie tribali atavicamente in lotta tra di loro. Approfittando delle rivolte nei Paesi confinanti, la cosiddetta «primavera araba» (mi chiedo, vedendo i risultati, che sarà “ l’autunno “…) una minoranza di cirenaici di alcune tribù si è ribellata: per Gheddafi era il normale subbuglio che accadeva in quella regione, ci era abituato. Si trattava di una piccola guerra civile, nella quale si sono inseriti la Francia, gli Stati Uniti e quindi l’Italia.


Ti capisco, anche se non sono pienamente d’accordo con te. Intendimi: sono d’accordo sulla Libia – trovo che la guerra sia stata improvvida – ma capisco il concetto di ingerenza umanitaria: se un regime massacra i suoi oppositori,è giusto che la comunità internazionale intervenga…

Andrea, in linea di principio… può essere anche un buon principio. La realtà della sua applicazione è però assolutamente ipocrita. Si interviene contro gli Stati che di volta in volta si definiscono «canaglia», a seconda delle convenienze del momento, girandosi invece dall’altra parte quando le canagliate le fanno Stati paladini della democrazia o i loro alleati. O quando i “cattivi” hanno le dimensioni (e le atomiche…) della Cina e dell’India. Di più: quello dell’ingerenza umanitaria è un concetto tanto pericoloso quanto inedito. Lo Stato, nella sua formulazione di sempre, prevede infatti la sovranità insindacabile nei suoi affari interni. Quelli libici erano sicuramente affari dei libici stessi. Gheddafi, come altre volte, in poche settimane avrebbe ottenuto nuovamente il controllo sulla Cirenaica. In nome dell’ingerenza si sono fatti almeno cento volte più morti, grazie alle bombe intelligenti, che come ben sai così intelligenti non sono. Uno scempio non solo del diritto internazionale ma anche della logica e della umanità. Aggiungo: è vero, in politica i sentimenti non esistono, comunque non contano. Ma la guerra in Libia è stata una delle ultime cose impresentabili fatte da Berlusconi a livello internazionale. Poco prima di questa ipocrita guerra sanguinosa ma non dichiarata, il Cavaliere continuava a sbandierare la sua amicizia politica e personale con Gheddafi, con cui ripeteva di essere legato non solo dalla politica ma anche da una reciproca simpatia. È lui, tra l’altro, che ha favorito l’arrivo di uno dei figli del raís in Italia per fare il calciatore. E ha ospitato nelle sue ville sarde altri figli del leader libico per le vacanze. Nessuno obbligava Berlusconi a fare il servo succube, e anche traditore sul piano morale, offrendo subito e senza problemi le basi agli aerei francesi e americani che andavano a «portare la democrazia» a suon di bombe. Ci abbiamo fatto una figura meschina, come ingerenti umanitari a corto di memoria. Non eravamo affatto tenuti a partecipare a questa guerra. E non è che questa partecipazione – che io considero un tradimento vero e proprio – ci abbia dato dei vantaggi, perché quelli che hanno vinto, quei quattro gatti di rivoltosi di cui ignoriamo tutto, hanno subito presentato il conto, non hanno intenzione di fare sconti, anche verso l’Italia.


Vittorio, dimmi che ne pensi del linciaggio di Gheddafi, un episodio che ci è stato presentato come fisiologico e che non ha provocato indignazione. Personalmente ho trovato blanda persino la posizione della Santa Sede in proposito…

Il linciaggio di Gheddafi per noi stranieri è indifendibile. E non dimentichiamo neanche che proprio la maggioranza dei libici, se si esclude l’enclave della Cirenaica, stava con Gheddafi. L’orrore del linciaggio non è da attribuire al popolo libico che voleva liberarsi del mostro (in Tripolitania non c’è stata alcuna rivolta) ma è dovuto a dei macellai, gente come gli sciacalli di piazzale Loreto nel 1945… Accade sempre così: il leader di uno Stato autoritario viene ucciso subito perché si teme che possa tirar fuori documenti e testimonianze in grado di imbarazzare non poco coloro che si riciclano con i nuovi potenti e pure gli Stati paladini della democrazia, che magari in passato hanno chiuso non uno ma due occhi sullo Stato «canaglia» con cui hanno fatto affari. Perché, per fare uno degli ultimi esempi, perché credi che Ceausescu sia stato subito «giustiziato», con la moglie , appena catturato? Perché Saddam è stato impiccato dopo un processo a sentenza predeterminata e con l’esclusione dei documenti e dei testimoni proposti da una difesa intimorita da minacce esplicite? Perché Moubarak è stato relegato in una stanza-prigione in ospedale, senza potere parlare con alcuno? Sono certo che a un processo del leader egiziano non si arriverà mai, sarà facile trovare un medico pronto a fare l’iniezione giusta che lo faccia tacere per sempre.


L'anno si chiude all’insegna della recessione e della crisi. Rispetto all’ultima volta che ci siamo seduti a tavola, non c'è più il cavalier Berlusconi al governo. Sei contento di questo cambio di governo? Che cosa ne pensi dell’esecutivo «tecnico» guidato dal professor Mario Monti? C'è chi dice che sia il governo delle banche e della massoneria.

Come sai – visto che hai letto e leggi ciò che scrivo e ho scritto – per Berlusconi, come anche per tutti i leader politici che si sono succeduti mentre ero al mondo, posso ripetere, sorridendo, le parole del Manzoni: sono sempre stato, in politica, «lungi da servo encomio e da codardo oltraggio». Non ho parlato in favore o a sfavore di Berlusconi quando era al potere, e non lo attaccherò infierendo su di lui adesso che non c’è più, ora che la sua parabola è finita, dato che non considero praticabile, né auspicabile, una sua «resurrezione» politica. Il primo ministro canadese che partecipava a una riunione internazionale ha recentemente dichiarato: «Effettivamente, per noi Berlusconi rappresentava una macchietta, veniva trattato come un paria, uno da sfuggire perché voleva raccontarti barzellette in un inglese improvvisato, incomprensibile, o commentare le misure delle hostess del Convegno… Per noi, era l’italiano folkloristico di certi film». Ricordati del sorrisetto ironico di Sarkozy alla Merkerl, quando dovevano rispondere a una domanda sull’affidabilità delle promesse di austerità del governo di Berlusconi. Era considerato il capo un po’ pataccaro di una Repubblica delle banane. Non sto facendo un discorso politico sul suo operato (che non ho mai commentato sui giornali) ma dobbiamo oggettivamente riconoscere che su questo piano le sue quotazioni erano ridotte ormai a quelle di un venditore porta a porta, pronto a rifilarti il pacco. Se l’Italia è stata presa di mira dalla speculazione in quanto ventre molle dell’Europa, è dipeso anche da questo. Non c’è da essere contenti del cambio ma realisti: era assolutamente necessario, per cercare di salvare almeno qualche cosa, che Berlusconi togliesse il disturbo, la sua immagine all’estero era talmente logorata da diventare impresentabile. Con lui al governo, l’Italia non poteva fare i conti con la situazione contando sulla solidarietà di almeno qualche Paese. Ed è una situazione ben grave, come abbiamo visto, mentre il Nostro ripeteva, con sorrisi smaglianti, dando interviste a chiunque per strada, che tutto era sotto controllo, che l’Italia era solidissima. Diceva così anche Mussolini alla vigilia dello sbarco in Sicilia: «Se ci proveranno , non avremo alcuna difficoltà a fermarli sul bagnasciuga».


E che mi dici della massoneria? C’è chi ha detto che influisca non poco, insieme ad altri poteri «forti», nel nuovo governo…

Andrea, ci vadano piano quelli che ripetono che con Monti sono andati al governo i massoni. Può anche darsi: non a caso, quella è una società segreta, chi può saperne qualcosa? Perfino a me, appena cominciai a contare qualcosa a La Stampa, a Torino, giunse la lettera con la proposta di incontrare dei premurosi “Fratelli” che volevano parlarmi del mio bene spirituale e professionale. E sentii subito un clima appesantito quando ne parlai ad alta voce in redazione e precisai, ridendo, che, da credente, preferivo un altro tipo di fratellanza. Ma ricordati che nell’elenco degli iscritti alla loggia massonica Propaganda Due, la P2 – che non era, come hanno cercato di far credere, una loggia abusiva, una scheggia impazzita, ma una loggia ufficiale e di eccellenza del Grande Oriente d’Italia, fin dai tempi del Risorgimento – in quell’elenco ad un certo punto compare il nome di un certo Berlusconi dott. Silvio. Mentre non ci si trova quello di Monti. Dunque, attenzione a parlare di massoneria per questo governo, dimenticando quello che lo ha preceduto. Tra l’altro, hanno inventato la leggenda metropolitana di un Berlusconi che avrebbe ricevuto la tessera della P2 senza averla chiesta e l’avrebbe prontamente restituita, sdegnato… Un po’, guarda caso, come il suo ministro Scajola che scopre con stupore – e, pure lui, con indignazione – che un ammiratore sconosciuto gli ha pagato l’alloggio vista Colosseo a sua insaputa… Per Berlusconi, anche solo cliccando su Google, si possono vedere le foto (esibite in tribunale e non contestate) delle ricevute di pagamento al Grande Oriente e si possono leggere le cronache della sua iniziazione a Roma, con tanto di rituale antico. Era con lui per essere iniziato pure l’amico di Montanelli, Roberto Gervaso, che ha confermato e ha fatto la cronaca dell’emozionante evento… E non è che il Nostro si sia dimesso: semplicemente, hanno sciolto la sua loggia di privilegiati a causa dell’inchiesta della magistratura. Dunque, può essere imbarazzante il discorso dei “massoni giunti ora al potere”. Meglio lasciar stare .


E sul governo di «tecnici» che mi dici? Non sei sempre stato un difensore della politica e del suo ruolo?

Come diceva Flaiano, in Italia la situazione è, spesso e volentieri, “tragica ma non seria”. Comunque, come sai, ho sempre sorriso ironico sugli apocalittici e sui catastrofisti, però stavolta credo che il futuro non sarà per noi entusiasmante. Credo anche che sia irrisolvibile da qualunque governo di tecnici. Vedi, non ci troviamo nelle condizioni della famigliola che scopre di aver speso troppo e deve controllare le uscite per un po’, rinunciando alla vacanza, alla terza auto e magari alla terza casa. Siamo in un’economia globale con speculatori e lobbies inafferrabili che, da chissà dove, fanno il buono e il cattivo tempo e non guardano all’economia reale ma praticano le manovre imprevedibili e oscure della speculazione. Pur guardando con rispetto a Monti (che tra l’altro è un cattolico praticante) devo confessarti che non ho molta fiducia: temo l’astrattezza dei professori. Così come non credo, e lo abbiamo già ricordato in una delle nostre tavolate passate, che un imprenditore, siccome ha fatto bene il suo mestiere, sia in grado guidare un Paese (osservazione che valeva per Berlusconi e vale ora per Montezemolo), allo stesso modo penso che se uno è un buon professore non è affatto detto che sia pure uno statista o anche solo un politico efficace. I governi migliori sono formati da persone che non sono intellettuali o, almeno, non sono cattedratici. Non lo erano di certo i tre migliori statisti , forse, cha abbiamo avuto in 150 anni: Cavour, Giolitti, De Gasperi.


Della manovra «lacrime e sangue», che comunque appare già insufficiente, che ne pensi?

Monti si è trovato in una situazione storica, quella di poter in qualche modo ricattare i partiti, che non potevano non dargli la fiducia. Ma a proposito di manovre il premier sta rischiando di perdere questo vantaggio unico, dimenticando quanto Machiavelli andava dicendo: quando un principe deve prendere misure sgradevoli e impopolari, deve prenderle tutte in una volta, perché se le diluisce nel tempo, poi i sottoposti si ribellano. Una sola, dura botta fa strillare ma il ricordo passa presto. Non così una serie di bastonate dilazionate nel tempo. Ci si illude, a mio avviso, se si pensa di poter procedere a tappe. La seconda tappa del programma di Monti stenterà a passare, alla terza temo non ci arriverà. Tutto quello che andava fatto, doveva farlo tutto in uno stesso momento. L’Italia è un Paese difficile: a Berlusconi, anche se ormai impresentabile, non c’era alternativa. Ma questi professori stanno facendo i professori, ottimi nelle aule universitarie, ma come politici piuttosto imbalsamati. Vedremo.


Vittorio, vorrei parlare di cattolici in politica: lo scorso ottobre a Todi le associazioni cattoliche del mondo del lavoro hanno rilanciato il protagonismo dei cattolici in politica e qualcuno pensa alla nascita di un nuovo partito (non un partito cattolico, ma un partito di cattolici). I cattolici del Pdl e del Pd si stracciano le vesti, si ripete che i vertici dell’episcopato non stiano affatto pensando alla nascita di un nuovo partito... Ma se dei laici cattolici vogliono fondare un partito, hanno per forza bisogno della benedizione e dell'autorizzazione dei vescovi?

Ciascuno, Andrea, ha la sua storia e la sua vocazione. Io sono contentissimo che ci siano credenti preoccupati di creare o rafforzare nuove presenze in ambito politico. Personalmente, vista la mia storia, ciò che mi interessa non è il cristianesimo “secondario” della politica cattolica, ma come sai ciò che mi sta a cuore veramente è la fede, è la possibilità stessa di credere oggi. Sono contentissimo di quelle vocazioni, ma francamente di Todi e di tutto ciò che è seguito ho letto poco più che i titoli, non mi sono interessato. Ho scoperto il Vangelo in piena era democristiana e sono grato alla Dc per una cosa soprattutto: il 18 aprile 1948, vent’anni prima della mia conversione, la Dc aveva contribuito a salvare la libertà religiosa nel nostro Paese. Impedendo che l’Italia finisse sotto la sfera sovietica mi ha permesso di convertirmi senza essere un perseguitato. Ma nulla di più. Non ho mai avuto alcun contatto con quel partito. Né, ovviamente, con altri. Vedo tutta l’importanza dell’impegno politico dei cattolici, ma lo lascio fare ad altri. In ogni caso, visto che me lo domandi, ho l’impressione che la diaspora dei cattolici in ogni partito, seguita alla fine della Dc, tutto sommato abbia portato dei vantaggi: a differenza di altri Paesi anche latini, non c’è in Italia nessun partito che nel suo programma abbia degli obiettivi dichiaratamente anticlericali. E questo lo si deve anche alla presenza dei cattolici ex democristiani un po’ dovunque. Questa realtà di diaspora va bene, secondo me. In fondo un partito di cattolici già c’è, è l’Udc, ma non si è mai schiodato da percentuali di voto inferiori al 10 per cento. E il suo leader, tra l’altro, è un divorziato risposato e, come tale, escluso dalla eucaristia… Non credo proprio che ci sia bisogno di un’altra Dc, né che vi siano le condizioni per ricrearla. In ogni caso, concordo con la tua osservazione: se dei cattolici vogliono fondare un partito, non hanno bisogno della benedizione dei vescovi. All’inizio, nel dopoguerra, Dc e sagrestie coincidevano: a vincere nel 1948 è stata  soprattutto la Chiesa di Pio XII e i suoi parroci. Nell’ultima fase del partito cattolico, però, questo collegamento non si avvertiva più, non c’era quasi più collateralismo. In ogni caso, come ho già detto, non mi sembra ci sia bisogno di un nuovo partito. Per me è meglio la diaspora. Parola legata alla tribolata storia ebraica, una storia che dimostra come senza la dispersione nel mondo, nei vari Paesi, gli ebrei e la loro cultura sarebbero stati infinitamente meno influenti.

Vittorio, quello che si conclude è stato un anno di viaggi importanti per Benedetto XVI: in particolare il Papa è stato colpito dall’eccezionale accoglienza ricevuta in Africa, in occasione della visita al Benin dello scorso novembre; come pure Ratzinger è stato colpito dal calore dei giovani a Madrid. Ma c’è un discorso a mio avviso importante che Benedetto XVI ha fatto in settembre a Friburgo. Un discorso poco ricordato, anzi frettolosamente archiviato, nel quale il Papa ha parlato della necessità per la Chiesa di spogliarsi del potere mondano, e di non contare sulle strutture... Che te ne sembra?

Sai, grazie a Dio, Papa Ratzinger non è certo un demagogo e quindi sa benissimo che vale, anche in questo caso, la legge segreta del cattolicesimo, la legge dell’«et- et»: la Chiesa deve spogliarsi dal potere mondano e non contare su di esso, verissimo, però è anche un’istituzione, e l’istituzione è l’involucro della fede. Per dire : senza l’appoggio delle flotte e delle fanterie spagnole, l’Italia del Nord sarebbe diventata protestante e quella del sud un sultanato islamico. Così come il Papa sa certamente che senza Costantino e senza Giustiniano non solo la Chiesa non avrebbe potuto uscire allo scoperto, ma sarebbe diventata per metà ariana e per l’altra metà monofisita. Sa bene, il Papa, che Pio IX – scappato presso i Borboni per sfuggire alla Repubblica Romana di Garibaldi e Mazzini – senza le truppe di Francia, nel 1849, sarebbe stato esiliato per sempre, e già progettava di trasferirsi nell’isola di Malta, sotto la protezione inglese. Per stare a tempi più recenti: nel 1936 los rojos – socialisti, comunisti e anarchici – uccisero subito più della metà del clero nelle zone di Spagna da loro controllate. Gli altri si salvarono solo con la fuga o il nascondimento. Nella diocesi di Barbastro, i preti furono martirizzati nella proporzione dell’ottanta per cento. Altrettanto sarebbe successo nell’altra metà di Spagna senza la lotta, pur spietata, spesso feroce, del generale Francisco Franco. Uno che alternava le messe alle fucilazioni ma che ha pur permesso a quanto restava della Chiesa di sopravvivere. Al cuore della preoccupazione di Benedetto XVI c’è, piuttosto, questo: il problema non è la riforma delle strutture, non è quello di ridiscutere i «ministeri», di ritoccare l’istituzione: il problema è la perla contenuta nella conchiglia, cioè la fede! La preoccupazione del Papa credo sia la stessa che anche da cardinale aveva più volte esposto: siamo assorbiti dalla riforma della Chiesa come istituzione, discutiamo tanto di questo, dimenticando che l’involucro non avrebbe alcun senso senza la fede, e purtroppo è la fede che rischia di non essere più trasmessa. La riforma non si fa cambiando le istituzioni romane. Bisogna ritrovare la fede, e non a caso il Papa ha proclamato il 2012 come Anno della fede. Gliene sono sinceramente grato e leggo in questo senso le sue parole. Guardiamoci però dalla demagogia sessantottina contro, sempre e comunque , “la Chiesa costantiniana”, perché agli esempi che ho fatto ne potremmo aggiungere altri. E la lezione è una: senza l’appoggio anche armato delle potenze del mondo, beh, la Chiesa non sarebbe la stessa, sarebbe ridotta a mal partito e il Papa con ogni probabilità farebbe il monsignore a Malta.

Vittorio, per concludere questa nostra lunga chiacchierata (siamo a tavola per il cenone…) volevo chiederti qualcosa a proposito del possibile accordo tra Fraternità San Pio X e Santa Sede. Tutto sembra ancora in alto mare: i lefebvriani considerano il Concilio una vera iattura per la Chiesa e gli attribuiscono ogni male possibile, nonché ogni responsabilità per la crisi attuale...

Anche qui – sarà che sono un po’ scettico di temperamento – ma più passa il tempo più credo che la frattura stia per diventare insanabile, come quella che si verificò con i Vetero Cattolici del Vaticano I, i «lefebvriani» di Pio IX e che, come sai, esistono ancora e hanno una loro Chiesa… Ho sempre pensato che è una visione semplicista pensare che la questione sia la liturgia in latino o la posizione del prete quando dice la messa. Il fatto è che le prospettive ecclesiologiche sono ormai molto diverse. D’altro canto dobbiamo anche constatare che abbiamo lo scisma nello scisma, perché, se parte dell’establishment lefebvriano attuale sembra sia possibilista sull’accordo, c’è anche chi all’interno non lo vuole. Qui, Andrea, entra anche in gioco una questione psicologica: in fondo è gratificante per molto clero lefebvriano sentirsi tra «i puri e duri», l’ultimo resto di Israele che resiste contro l’Anticristo che ha occupato la grande Chiesa di Roma… Non credo che la maggioranza della Fraternità San Pio X voglia ritornare nella Chiesa, dove sarebbe soltanto una prospettiva accanto alle altre nella grande famiglia cattolica. Non avrebbero più la possibilità di sentirsi i veri, unici paladini dell’ortodossia. Buona parte delle posizioni politiche sono determinate da situazione psicologiche che hanno a che fare con le storie e i temperamenti personali. Lo stesso accade per gli scismi e le eresie. Stavo rileggendo alcune pagine di Calvino, non lo scrittore venerato dai liberal, ma l’eretico del XVI secolo : in lui si sente la gioia di essere uscito dall’ inganno cattolico, di poter costruire a suo piacimento il cristianesimo, di sentirsi scelto dal Cristo e unto dallo Spirito Santo per combattere l’Anticristo papale. Ecco, mi pare che ormai anche i lefebvriani si sentano arcangeli con la spada sguainata, e anche per questo la frattura mi sembra difficilmente componibile. Comunque, come sai, il profetismo, nel senso di svelatore del futuro, non è proprio la mia professione…


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)