00 15/06/2010 09:33
I discepoli di Emmaus non sono tanto discepoli storici, quanto principalmente un segno per ogni uomo nel suo proprio tempo..... Non ci interesserebbe ciò che potevano provare o cosa avrebbero potuto aver sentito in quel misterioso incontro con Gesù se non fosse perché esprimono in qualche modo uno stato d’animo presente in ognuno di noi: una dimensione profonda della fede e della speranza cristiana dinanzi alla notte oscura della disperazione e della frustrazione...

I discepoli di Emmaus, infatti più che andare ad Emmaus, fuggivano da Gerusalemme. «Ferito il pastore, si disperdevano le pecore». Non volevano più saper nulla di ciò che avevano vissuto in Gerusalemme, era troppo grande la delusione: IL MAESTRO ERA MORTO!: lì tutto era finito male; «tutto ciò che riguardava Gesù Nazareno» (24,19) si era rivelato un disastro. E loro avevano definitivamente abbandonato ogni illusione su Gesù. Avevano pensato, come tanti altri, che «egli avrebbe liberato Israele» (24,21). Probabilmente l’avevano acclamato quando era entrato trionfante a Gerusalemme i giorni della Pasqua. Si erano convinti che il Regno sarebbe arrivato da un momento all’altro. Tutto il popolo era «in ansiosa attesa», come ci dice Luca in un altro passo del suo vangelo (3,15). Tutto però era andato a monte DAVANTI A QUELLA CROCIFISSIONE.... ed essi avevano ripreso la strada verso la loro casa...

Frustrazione, delusione, sconforto… erano i sentimenti che li opprimevano. Lasciavano Gerusalemme e con Gerusalemme ogni cosa, tutto. Fuggivano. Storditi dalla depressione, volevano soltanto dimenticare. «Tutto è stato un sogno - diranno, come la Maddalena del Gesù Cristo Superstar - è ora di risvegliarsi alla vita reale e di abbandonare le utopie»......

«Conversavano di tutto quello che era accaduto, mentre discorrevano e discutevano insieme» (24,14-15) è evidente che "qualcosa" comunque teneva accesa in loro una speranza: "COMPRENDERE".....

Non era un conversare qualsiasi; era una conversazione "fissata" su «tutto quello che era accaduto», come un trauma che rimane impresso nell’anima e impedisce alla mente di pensare ad altre prospettive. Possiamo immaginare i due discepoli che camminano, cercando di allontanare i fantasmi della morte del loro messia, però soccombendo continuamente imprigionati dalla delusione e dall’insistenza dei ricordi, «serbando tutte queste cose nel loro cuore» (Lc 2,51). La loro conversazione, anche se era a due, era soltanto la continuazione di un monologo, incatenato ad alcuni pensieri dolorosi, carichi di delusione......E tale chiusura impediva loro di comprendere le Scritture...

Anonimo, sconosciuto, «Gesù in persona si avvicinò e cominciò a camminare insieme a loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo» (24,15-16).

«Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?» (24,17).

Interessante la pedagogia che Luca indica a Gesù: comincia ad avvicinarsi a loro, mettendosi sulla loro strada, METTENDOSI IN MEZZO E ANCORA UNA VOLTA ANDANDO LORO INCONTRO, L'INIZIATIVA LA PRENDE GESU'.....si muove al loro stesso passo e domandando, interessandosi della «loro conversazione»… Vuol condividere il loro stato d’animo, la loro delusione, non vuol dare, per ora, una lezione né parlare prima di ascoltare, prima di sapere quali sono gli interrogativi concreti che essi si pongono....

Teologicamente è la dinamica dell’Incarnazione; psicologicamente è una terapia di catarsi: Gesù intende ascoltare ciò che già sa perché vuole che i discepoli si esprimano, che facciano uscire dalla loro bocca e rivelino con tutta l’anima l’amarezza e la delusione che provano, la loro incredulità e la loro stanchezza.

Dopo averli ascoltati attentamente, solo allora Gesù prende la parola e, basandosi sulle Scritture, interpreta tutto quanto era accaduto. Dà una nuova interpretazione dei fatti avvenuti a Gerusalemme. Essi interpretavano la morte di Gesù come un fallimento, come il trionfo del potere del male sull’uomo giusto Gesù. Condividevano la notte scura dei poveri di tutti i tempi, i poveri che vedono frustrate le loro speranze dalla forza dominante del male che trionfa sul bene. Essi interpretavano i fatti come l’inspiegabile disfatta del giusto Gesù. E possiamo immaginare che, alla luce di questa interpretazione, tutta la loro conversazione poteva ridursi ad un circolo vizioso di pensieri distruttivi, con profondi sensi di colpa, che li spingeva ad un senso di disprezzo di se stessi, come se avessero sciupato l’utopia che aveva predicato il maestro galileo adesso scomparso....

Gesù, però, offre loro un’altra interpretazione; li invita a modificare la loro visione, a educare i loro occhi. C’è un altro modo di guardare; Gesù gliene dà testimonianza: le cose non sono così come appare, se si sa vedere il loro significato profondo......In realtà - dirà loro Gesù - i fatti, i fatti bruti, in se stessi, sembrerebbero dar ragione alla forza e negare la forza della ragione.

In altre parole, è certo che, materialmente parlando, Gesù è stato sconfitto, è stato espulso da questo mondo dai potenti. Non potendo tollerare la forza della sua utopia, si sono ribellati contro di lui. La sua morte è la dimostrazione che nel mondo non c’è posto per un uomo buono; tra noi non c’è spazio per l’amore, non è questa la sua patria, non è questa la sua casa. L’amore qui è come esiliato ed espulso da questo mondo. Ed i potenti hanno raggiunto il loro scopo: hanno scacciato Gesù. Il mondo non era sufficientemente maturo per accogliere la proposta utopica di Gesù. Lo hanno ucciso. Ha fallito, sì: Dio stesso lo ha abbandonato; è morto bevendo fino in fondo il calice del fallimento. Non è possibile immaginare maggiore disperazione, frustrazione e sconfitta.....

A questa luce, Dio in verità.... aveva vinto, aveva espresso ciò che voleva esprimere. Ci aveva dato in Gesù la sua Parola: fatta carne e sangue, vita e morte, amore e fedeltà sino alla morte. Sì, aveva vinto Dio: era rimasto chiaro una volta per sempre, per tutta l’umanità, quale era la Verità e quale era la Via.

La morte di Gesù era stata la vittoria, non soltanto dinanzi ai suoi nemici, ma davanti al male e alla morte, alla disperazione e all’oscurità. «Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». Effettivamente, con qualsiasi altro copione, Dio sarebbe stato meno eloquente, e qui ogni testimone del Risorto VIENE IMMERSO IN QUESTA VERITA': da qui ogni Testimone del Risorto deve RICALCARE IL CALVARIO ED IMITARE IL SUO MAESTRO per rendere testimonianza alla Verità.....

Guidati dalla parola calda e convincente di Gesù, i discepoli cominciavano a scoprire un orizzonte totalmente nuovo. I loro occhi, ciechi sino ad allora, si aprivano ad una luce diversa, che tutto inondava di speranza, certezza, coraggio. Ardeva il loro cuore; vibravano in sintonia con lui, colmi di sentimenti positivi che curavano la sofferenza del loro cuore ferito.

Vedevano adesso, IMMERSI NELLA VERITA', quanto era successo; lo guardavano da un’ottica diversa, VERA E VIVA. Guidati da Gesù, avevano potuto reinterpretare e riconoscere un fatto che prima, nella sua nuda materialità, era sembrato impossibile inserire nella loro cosmovisione, nella loro lettura personale. Adesso, non solo lo comprendevano - con la testa - in un modo diverso, ma lo scoprivano anche - con il cuore - con un sapore interamente nuovo. «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino spiegandoci…?» (24,32).

Arrivata la notte - anche se nel loro cuore stava albeggiando - gli offrirono la loro ospitalità: «Resta con noi» (24,29). Era un invito motivato sia dall’affetto che immediatamente avevano provato per lui che dal loro interesse: resta con noi e prolungheremo questa conversazione che ci fa tanto bene, ANCHE SE NON AVEVANO ANCORA RICONOSCIUTO GESU'....TUTTAVIA STAVANO BENE CON QUESTA PERSONA CHE PARLAVA DI LUI, CHE INFONDEVA LA SPERANZA CON L'INTERPRETAZIONE DEI FATTI.......

E Gesù si fermò, si fermò PERCHE' DOVEVA COMPLETARSI QUEL RICONOSCIMENTO. «Entrò per rimanere con loro» (24,30). E, «quando fu a tavola con loro… spezzò il pane e lo diede loro» (24,30): finalmente capirono: era Lui! Anche se in quello stesso momento sparì dalla loro vista. Però «si aprirono i loro occhi e lo riconobbero» (24,31).
Qualcosa li scosse; si impose loro un’evidenza irresistibile: egli non è morto fallito, ha vinto. Non è un condannato: al contrario, è colui che ci giudica, colui che sta giudicando il mondo.Il crocifisso è il glorificato. È «il Signore»! È vivo!

Lo "ri-conobbero" dunque non durante la conversazione delle scritture, ma nel segno dell'EUCARESTIA, qui essi compresero l'Ultima Cena, compresero la donazione di quel Corpo donato e di quel Sangue versato, qui i due discepoli lo ri-conobbero.

Scoprirono che quello sconosciuto compagno di strada era un personaggio molto conosciuto da loro; inoltre ora lo "ri-conoscevano", lo conoscevano in un altro modo ossia, GLORIFICATO, VINCENTE, VERAMENTE RISORTO. La spiegazione di Gesù, una reinterpretazione dell’interpretazione che si portavano dentro dal momento del fallimento vissuto in Gerusalemme, trasformava completamente lo scenario.

Cominciava un’altra storia dove LO SPEZZARE IL PANE, L'EUCARESTIA DIVENTAVA IL SEGNO DI UNA PRESENZA REALE ATTRAVERSO LA QUALE SIAMO INVITATI A RI-CONOSCERE GESU' VIVO E VERO..... Anche se era ancora notte ed i prìncipi delle tenebre agivano ancora seminando la paura e l'angoscia, una potente luce interiore li riportava ad una realtà nuova, differente.

Adesso sentivano assurda la loro fuga da Gerusalemme. Scappare da cosa? da chi? verso dove? perché? Non c’era più fallimento da cui fuggire....Gesù era veramente Risorto e NELL'EUCARESTIA RI-CONOSCIAMO I SUOI CARATTERI DISTINTIVI CON GLI OCCHI DEL CUORE E DELLA FEDE.....

Non c'era più da fuggire, al contrario, c’era un appuntamento a cui presentarsi: Gerusalemme stessa, perché la fine della storia non poteva affatto giungere in un venerdì santo. Bisognava continuare la storia. Adesso era chiaro che la Causa di Gesù era ancora viva, ERA APPENA COMINCIATA, NELL'EUCARESTIA ERA DA VIVERE L'INCONTRO E IL RI-CONOSCIMENTO. La sua utopia, tanto assurda umanamente, tanto disprezzata dai potenti, e concretamente schiacciata sulla Croce, risuscitava davanti ai loro occhi, libera e potente più che mai E DOVE IL FULCRO è IN QUELLO SPEZZARE IL PANE PER RI-VIVERE IL SUO MEMORIALE NEL QUALE CRISTO STESSO PRESIEDE LA MENSA ATTRAVERSO I SUOI SACERDOTI CHIAMATI ATTRAVERSO IL MINISTERO DELL'ORDINE SACRO I QUALI DURANTE LA MESSA SONO LA PRESENZA REALE DI GESU' ALLA MENSA, NELLA QUALE RENDE VIVO IL SUO CORPO E IL SUO SANGUE IN NUTRIMENTO PER LA SALVEZZA (cfr. Gv. 6).

«E, alzatisi, senza indugio fecero ritorno a Gerusalemme» (24,33). Bisognava tornare a Gerusalemme, alla lotta, alla militanza, al luogo dove tanto avevano sofferto, al luogo da cui erano appena fuggiti. Gesù li aveva trasformati, li aveva riscattati dalla disperazione e dalla depressione. Aveva senso la vita, tornava ad aver senso per loro la Causa di Gesù. Dovevano superare la delusione e lo stordimento e iniziare tutto da capo, illuminati da una nuova luce.....

Dice Luca che si alzarono da tavola e tornarono a Gerusalemme «senza indugio», dopo l'Eucarestia essi "senza indigio" partono per essere TESIMONI DI UN INCONTRO VIVO E VERO....... Sentirono, cioè, tanta urgenza che non vollero neppure passare la notte nella casa in cui erano stati ospitati. Non aspettarono il giorno dopo; non aspettarono l’alba. «Anche se era notte», si misero in cammino, verso Gerusalemme, all’impegno; si devono esser detti: «Gesù vive; la lotta continua, ANZI E' APPENA COMINCIATA, DOBBIAMO VIVERE L'EUCARESTIA, SPEZZARE IL PANE PERCHE' QUI E' IL NOSTRO INCONTRO CON GESU' VIVO E VERO è LUI CHE SPEZZA IL PANE NON NOI, NOI SIAMO I SUOI TESTIMONI E NEI NOSTRI GESTI DI SACERDOTI ORDINATI DAGLI APOSTOLI, CONTINUEREMO QUESTO INCONTRO AD OGNI GENERAZIONE». E lì trovarono gli altri «riuniti con i loro compagni» (24,33), organizzati, condividendo la stessa luminosa esperienza interiore.

Dicono i Padri della Chiesa che il testo dei discepoli di Emmaus è stato scritto nelle celebrazioni della fede dei primi discepoli, ed è rimasto definito in questa forma che ci permette di leggere noi stessi nel racconto, come simbolo aperto....attraverso il quale il Mistero dell'Eucarestia è pienamente svelato e reso credibile là dove, appunto, la REINTERPRETAZIONE DELLE SCRITTURE ci permette di vedere, nel sacerdote che spezza il Pane, LO STESSO CRISTO VIVO E VERO CHE SI FA PANE PER OGNI UOMO.....

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Sia lodato Gesù Cristo!

Fraternamente Caterina