00 15/06/2010 19:33

Un film cattolico


The Blues Brothers è un film cattolico? Gli indizi non mancano in un'opera dove i dettagli non sono certo casuali. A iniziare dalla foto incorniciata di un giovane e forte Giovanni Paolo ii nella casa dell'affittacamere - dall'accento siciliano e vestita di nero, dunque cattolica - di Lou "Blue" Marini. Senz'altro cattolico, come Alan "Mr. Fabulous" Rubin, di origine polacca, e come soprattutto i fratelli Jake ed Elwood Blues. E a notarlo, con maligna ostilità, sono gli avversari più determinati, cioè gli insopportabili nazisti dell'Illinois.

Jake ed Elwood sono infatti cresciuti nell'orfanotrofio intitolato a sant'Elena e alla santa Sindone, governato dalla terribile ma a suo modo affettuosa Sister Mary Stigmata, detta la Pinguina, e ora a rischio di sopravvivenza per cinquemila dollari di tasse non versate. Ma per i due quella istituzione cattolica è tutta la loro famiglia - solo il vecchio impiegato Curtis suonava per loro l'armonica in cantina, ricordano con nostalgia - e decidono di salvarla a ogni costo con i suoi piccoli ospiti.

Ma come farlo senza allontanarsi (troppo) dai valori trasmessi dalle suore e, nonostante qualche trasgressione, sempre ritenuti validi? L'illuminazione arriva nella chiesa battista di Triple Rock dove li ha indirizzati Curtis e dove ascoltano un sermone del reverendo Cleophus James sulla necessità di non sprecare la propria vita. Ed è proprio il religioso protestante ad accorgersi del cambiamento di Jake ("tu hai visto la Luce!") che scatena tra i fedeli un'ondata carismatica, ovviamente rock, ma che soprattutto porterà i fratelli a ricostituire "la banda" per raccogliere i dollari necessari  alla  salvezza  dell'orfanotrofio.

A fianco dei piccoli (e della Pinguina), i fratelli Blues sono capaci di toccanti attenzioni:  così Elwood non si dimentica di una terribile crema al formaggio commissionatagli da un anziano amico. E nulla antepongono - Elwood, il più galante, rinuncia persino all'avventura con una fascinosa signorina - alla "missione per conto di Dio". Che alla fine riuscirà. Consegnando alla storia del cinema e della musica un film memorabile. Stando ai fatti, cattolico.
(g. m. v.)




La più bella
colonna sonora


di Giuseppe Fiorentino e Gaetano Vallini

Contro ogni stereotipo e contro ogni buonismo, anche musicale:  il ghigno dell'indimenticabile John Belushi rimane ancora, oggi a tre decadi dall'uscita del film, un'icona non solo cinematografica. Il suo volto rimanda alla musica; una musica che diviene scelta di campo, radicale nella sua semplicità:  da una parte il rhythm and blues - la musica nera per antonomasia, capace di scandire quella strampalata "missione per conto di Dio" - dall'altra tutto il resto, a cominciare dal detestabile country degli odiati nazisti dell'Illinois.

Per questo la colonna sonora nel film The Blues Brothers è protagonista al pari, se non più, degli attori. Senza quella particolare musica - non un semplice commento in sottofondo ma parte essenziale della storia stessa - il film non avrebbe avuto ragione di essere. Anche per questo rimane unico nel suo genere, tanto da essersi guadagnato il titolo di cult movie.
 
La musica, del resto, era stata all'origine del fenomeno Blues Brothers, nel senso che il gruppo di base era nato un paio di anni prima del film come derivazione della resident band che suonava nello show comico della Nbc "Saturday Night Live Show". Lì, ospite insieme con Dan Aykroyd, John Belushi si produceva nelle sue esilaranti imitazioni di personaggi famosi, tra i quali alcuni cantanti (uno dei più riusciti era Joe Cocker).

I due cominciarono a esibirsi in concerto con il gruppo, che annoverava musicisti del calibro di Steve Cropper - che aveva contribuito alla nascita della Stax, storica etichetta della black music - e Lou Marini, collaboratore di artisti del livello di Frank Zappa, Steely Dan, Tony Bennet, Tina Turner, Tom Jones. E una sera, saltato lo sketch comico, lo spazio venne riempito con un paio di brani dei Blues Brothers. Fu un successo enorme, tanto da diventare un appuntamento fisso. E le serate cominciarono a moltiplicarsi.

John Landis colse le potenzialità del fenomeno e, con la collaborazione di Aykroyd per la sceneggiatura, vi ritagliò sopra il film, realizzando un musicol distante dai canoni classici hollywoodiani. La scrittura fu infatti dettata da brani preesitenti, le cui suggestioni ispirarono più di una situazione. In tal senso il film assecondava una tendenza allora emergente:  l'uso di videoclip a commento della musica.

Il risultato fu una pellicola scandita dalle canzoni generosamente disseminate lungo il racconto, in una sintesi espressiva capace di recuperare e rielaborare produzioni del passato, fondendole con le novità. E non si tratta solo dei brani diventati successi senza tempo, come Everybody Need Somebody to Love, cantate da Elwood e Jake durante il concerto, ma persino di quelle che fanno da sfondo - non incluse nel disco - come la melliflua versione di Garota de Ipanema che accompagna i due protagonisti nell'ascensore che li porterà all'ufficio delle imposte e che fa da impareggiabile, ironico contrappunto al putiferio che si scatena dentro e fuori dall'edificio.

Al successo contribuì non poco un cast irripetibile, formato da giganti della musica. Ognuno di loro si ritagliò un cammeo, producendosi in esibizioni indimenticabili, come quella di Aretha Franklin, la "regina del soul", in Think, o di Cab Calloway in Minnie the Moocher. Ma memorabili sono anche James Brown - il quale, nei panni del reverendo Cleophus James, eseguì la tradizionale The Old Landmark, trasformando una normale funzione domenicale in un ballo scatenato che coinvolge tutti i fedeli - e "the genius" Ray Charles, che cantò Shake a Tail Feather.

Anche la band, vero punto di forza, si produsse in piccoli gioielli, a partire dall'aggressiva versione di Gimme Some Lovin', tratta dal repertorio dello Spencer Davis Group, fino al trascinante Peter Gunn Theme, di Henry Mancini, lo stesso del tema de La pantera rosa e della colonna sonora di Colazione da Tiffany. E proprio qui sta il segreto dell'intramontabile successo della colonna sonora:  oltre all'irriverente simpatia dei due protagonisti, è infatti la maestria dei musicisti, tutti grandissimi professionisti, a garantire la tenuta nel tempo del disco e, in fondo, del film stesso. Musicisti che, senza i Blues Brothers, sarebbero stati condannati a un anonimato pressoché totale, come accade a tanti loro colleghi altrettanto bravi ma meno fortunati.

Non a caso ancora oggi due derivazioni dell'originale Blues Brothers Band calcano i palcoscenici di tutto il mondo riproponendo instancabilmente i loro cavalli di battaglia. Il successo è lo stesso di trent'anni fa. La qualità, in fondo, paga sempre. Non a caso nel 2004, dopo un ampio sondaggio, la Bbc ha dichiarato la colonna sonora di questo film la più bella della storia del cinema. E non poteva essere diversamente.


(©L'Osservatore Romano - 16 giugno 2010)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)