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RITO DI BENEDIZIONE E IMPOSIZIONE DEI PALLI E NOMI ARCIVESCOVI METROPOLITI

Città del Vaticano, 27 giugno 2012 (VIS). In una Nota, la Sala Stampa della Santa Sede informa circa il nuovo svolgimento del Rito di benedizione e imposizione del Pallio che sarà imposto ai nuovi Arcivescovi Metropoliti, il 29 giugno prossimo, Solennità di Pietro e Paolo, Apostoli.

Lo svolgimento del Rito di benedizione e imposizione dei palli agli Arcivescovi Metropoliti rimane sostanzialmente invariato. Tuttavia, da quest’anno, nella logica di uno sviluppo nella continuità, si è pensato semplicemente a una diversa collocazione del Rito stesso, che avrà luogo prima dell’inizio della Celebrazione eucaristica.

La modifica è stata approvata dal Santo Padre ed è dovuta ai seguenti motivi:

1. Abbreviare la lunghezza del Rito. Infatti, si darà lettura dell’elenco dei nuovi Arcivescovi Metropoliti appena prima dell’ingresso della processione iniziale e del canto del “Tu es Petrus”, al di fuori della Celebrazione. Quando il Santo Padre sarà giunto all’altare avrà poi subito luogo il Rito dei palli.

2. Evitare che la Celebrazione eucaristica sia “interrotta” da un Rito piuttosto lungo (il numero dei Metropoliti si aggira ormai ogni anno intorno ai 45), che potrebbe rendere più difficile la partecipazione attenta e raccolta alla Santa Messa.

3. Attenersi maggiormente allo svolgimento del Rito di imposizione del pallio, così come previsto nel Cæremoniale Episcoporum, ed evitare che, a motivo della collocazione dopo l’omelia – come avveniva in precedenza - si possa pensare a un Rito sacramentale. Infatti i Riti che vengono inseriti nella Celebrazione eucaristica dopo l’omelia sono normalmente riti sacramentali: battesimo, confermazione, ordinazione, matrimonio, unzione degli infermi. La imposizione del pallio non ha invece in alcun modo natura sacramentale.

Di seguito riportiamo i nomi degli Arcivescovi Metropoliti che ricevono quest'anno il Sacro Pallio:

1. Cardinale Rainer Maria Woelki, Arcivescovo di Berlino (Germania).

2. Cardinale Francisco Robles Ortega, Arcivescovo di Guadalajara (Messico).

3. Arcivescovo Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia (Italia).

4. Arcivescovo Alfredo Horacio Zecca, di Tucumán (Argentina).

5. Arcivescovo Mario Alberto Molina Palma, O.A.R., di Los Altos, Quetzaltenango - Totonicapán (Guatemala).

6. Arcivescovo Charles Joseph Chaput, O.F.M.Cap., di Philadelphia (Stati Uniti d'America).

7. Arcivescovo Luc Cyr, di Sherbrooke (Canada).

8. Arcivescovo Salvador Piñeiro Garcia-Calderón, di Ayacucho o Huamanga (Perù).

9. Arcivescovo Francesco Panfilo, S.D.B., di Rabaul (Papua Nuova Guinea).

10. Arcivescovo Ulises Antonio Gutiérrez Reyes, O. de M., di Ciudad Bolivar (Venezuela).

11. Arcivescovo Stanislaw Budzik, di Lublin (Polonia).

12. Arcivescovo Wilson Tadeu Jönck, S.C.I., di Florianópolis (Brasile).

13. Arcivescovo Paul-André Durocher, di Gatineau (Canada).

14. Arcivescovo Luis Antonio G. Tagle, di Manila (Filippine).

15. Arcivescovo Patrick D'Rozario, C.S.C., di Dhaka (Bangladesh).

16. Arcivescovo Wiktor Pawel Skworc, Arcivescovo di Katowice (Polonia).

17. Arcivescovo Jose F. Advincula, di Capiz (Filippine.

18. Arcivescovo Filippo Santoro, di Taranto (Italia).

19. Arcivescovo José Francisco Rezende Dias, di Niterói (Brasile).

20. Arcivescovo Esmerealdo Barreto de Farias, Ist. del Prado, di Porto Velho (Brasile).

21. Arcivescovo Jaime Vieira Rocha, di Natal (Brasile).

22. Arcivescovo Joseph Harris, C.S.Sp., di Port of Spain (Trinidad e Tobago).

23. Arcivescovo Waclaw Depo, di Czestochowa (Polonia).

24. Arcivescovo Ignatius Chama, di Kasama (Zambia).

25. Arcivescovo Pascal Wintzer, di Poitiers (Francia).

26. Arcivescovo John Moolachira, di Guwahati (India).

27. Arcivescovo William Charles Skurla, di Pittsburgh dei Bizantini (Stati Uniti d'America).

28. Arcivescovo Joseph Coutts, di Karachi (Pakistan).

29. Arcivescovo Romulo Geolina Valles, di Davao (Filippine).

30 Arcivescovo Airton José dos Santos, di Campinas (Brasile).

31. Arcivescovo Timothy Costelloe, S.D.B., di Perth (Australia).

32. Arcivescovo Jacinto Furtado de Brito Sobrinho, di Teresina (Brasile).

33. Arcivescovo Thomas D'Souza, di Calcutta (India).

34. Arcivescovo Arrigo Miglio, di Cagliari (Italia).

35. Arcivescovo John F. Du, di Palo (Filippine).

36. Arcivescovo Paulo Mendes Peixoto, di Uberaba (Brasile).

37. Arcivescovo Christian Lépine, di Montréal (Canada).

38. Arcivescovo William Edward Lori, di Baltimore (Stati Uniti d'America).

39. Arcivescovo Mark Benedicty Coleridge, di Brisbane (Australia).

40. Arcivescovo Jesús Carlos Cabrero Romero, di San Luis Potosí (Messico).

41. Arcivescovo Andrew Yeom Soo Jung, di Seoul (Corea).

42. Arcivescovo Benedito Roberto, C.S.Sp., di Malanje (Angola).

43. Arcivescovo Alfred Adewale Martins, di Lagos (Nigeria).

44. Arcivescovo Samuel Joseph Aquila, di Denver (Stati Uniti d'America).

Ai seguenti Presuli il Pallio verrà consegnato nelle loro Sedi Metropolitane:

45. Arcivescovo Gabriel Justice Yaw Anokye, di Kumasi (Ghana).

46. Arcivescovo Valéry Vienneau, di Moncton (Canada).



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Il Papa: Il discepolo che, per dono di Dio, può diventare solida roccia, si manifesta anche per quello che è, nella sua debolezza umana: una pietra sulla strada, una pietra in cui si può inciampare – in greco skandalon. Appare qui evidente la tensione che esiste tra il dono che proviene dal Signore e le capacità umane; e in questa scena tra Gesù e Simon Pietro vediamo in qualche modo anticipato il dramma della storia dello stesso papato, caratterizzata proprio dalla compresenza di questi due elementi: da una parte, grazie alla luce e alla forza che vengono dall’alto, il papato costituisce il fondamento della Chiesa pellegrina nel tempo; dall’altra, lungo i secoli emerge anche la debolezza degli uomini, che solo l’apertura all’azione di Dio può trasformare



***
OMELIA DEL SANTO PADRE 29 giugno 2012

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Siamo riuniti attorno all’altare per celebrare solennemente i santi Apostoli Pietro e Paolo, principali Patroni della Chiesa di Roma.
Sono presenti, ed hanno appena ricevuto il Pallio, gli Arcivescovi Metropoliti nominati durante l’ultimo anno, ai quali va il mio speciale e affettuoso saluto. E’ presente anche, inviata da Sua Santità Bartolomeo I, una eminente Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, che accolgo con fraterna e cordiale riconoscenza. In spirito ecumenico sono lieto di salutare e ringraziare “The Choir of Westminster Abbey”, che anima la Liturgia assieme alla Cappella Sistina. Saluto anche i Signori Ambasciatori e le Autorità civili: tutti ringrazio per la presenza e per la preghiera.

Davanti alla Basilica di San Pietro, come tutti sanno bene, sono collocate due imponenti statue degli Apostoli Pietro e Paolo, facilmente riconoscibili dalle loro prerogative: le chiavi nella mano di Pietro e la spada tra le mani di Paolo.
Anche sul portale maggiore della Basilica di San Paolo fuori le mura sono raffigurate insieme scene della vita e del martirio di queste due colonne della Chiesa. La tradizione cristiana da sempre considera san Pietro e san Paolo inseparabili: in effetti, insieme, essi rappresentano tutto il Vangelo di Cristo.
A Roma, poi, il loro legame come fratelli nella fede ha acquistato un significato particolare. Infatti, la comunità cristiana di questa Città li considerò come una specie di contraltare dei mitici Romolo e Remo, la coppia di fratelli a cui si faceva risalire la fondazione di Roma.

Si potrebbe pensare anche a un altro parallelismo oppositivo, sempre sul tema della fratellanza: mentre, cioè, la prima coppia biblica di fratelli ci mostra l’effetto del peccato, per cui Caino uccide Abele, Pietro e Paolo, benché assai differenti umanamente l’uno dall’altro e malgrado nel loro rapporto non siano mancati conflitti, hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli, vissuto secondo il Vangelo, un modo autentico reso possibile proprio dalla grazia del Vangelo di Cristo operante in loro.
Solo la sequela di Gesù conduce alla nuova fraternità: ecco il primo fondamentale messaggio che la solennità odierna consegna a ciascuno di noi, e la cui importanza si riflette anche sulla ricerca di quella piena comunione, cui anelano il Patriarca ecumenico e il Vescovo di Roma, come pure tutti i cristiani.
Nel brano del Vangelo di san Matteo che abbiamo ascoltato poco fa, Pietro rende la propria confessione di fede a Gesù riconoscendolo come Messia e Figlio di Dio; lo fa anche a nome degli altri Apostoli. In risposta, il Signore gli rivela la missione che intende affidargli, quella cioè di essere la «pietra», la «roccia», il fondamento visibile su cui è costruito l’intero edificio spirituale della Chiesa (cfr Mt 16,16-19).

Ma in che modo Pietro è la roccia? Come egli deve attuare questa prerogativa, che naturalmente non ha ricevuto per se stesso?
Il racconto dell’evangelista Matteo ci dice anzitutto che il riconoscimento dell’identità di Gesù pronunciato da Simone a nome dei Dodici non proviene «dalla carne e dal sangue», cioè dalle sue capacità umane, ma da una particolare rivelazione di Dio Padre.
Invece subito dopo, quando Gesù preannuncia la sua passione, morte e risurrezione, Simon Pietro reagisce proprio a partire da «carne e sangue»: egli «si mise a rimproverare il Signore: … questo non ti accadrà mai» (16,22).
E Gesù a sua volta replicò: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo...» (v. 23).

Il discepolo che, per dono di Dio, può diventare solida roccia, si manifesta anche per quello che è, nella sua debolezza umana: una pietra sulla strada, una pietra in cui si può inciampare – in greco skandalon.  Appare qui evidente la tensione che esiste tra il dono che proviene dal Signore e le capacità umane; e in questa scena tra Gesù e Simon Pietro vediamo in qualche modo anticipato il dramma della storia dello stesso papato, caratterizzata proprio dalla compresenza di questi due elementi: da una parte, grazie alla luce e alla forza che vengono dall’alto, il papato costituisce il fondamento della Chiesa pellegrina nel tempo; dall’altra, lungo i secoli emerge anche la debolezza degli uomini, che solo l’apertura all’azione di Dio può trasformare.

E nel Vangelo di oggi emerge con forza la chiara promessa di Gesù: «le porte degli inferi», cioè le forze del male, non potranno avere il sopravvento, «non prevalebunt». Viene alla mente il racconto della vocazione del profeta Geremia, al quale il Signore, affidando la missione, disse: «Ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti» (Ger 1,18-19).

In realtà, la promessa che Gesù fa a Pietro è ancora più grande di quelle fatte agli antichi profeti: questi, infatti, erano minacciati solo dai nemici umani, mentre Pietro dovrà essere difeso dalle «porte degli inferi», dal potere distruttivo del male.
Geremia riceve una promessa che riguarda lui come persona e il suo ministero profetico; Pietro viene rassicurato riguardo al futuro della Chiesa, della nuova comunità fondata da Gesù Cristo e che si estende a tutti i tempi, al di là dell’esistenza personale di Pietro stesso.

Passiamo ora al simbolo delle chiavi, che abbiamo ascoltato nel Vangelo. Esso rimanda all’oracolo del profeta Isaia sul funzionario Eliakìm, del quale è detto: «Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire» (Is 22,22).
La chiave rappresenta l’autorità sulla casa di Davide. E nel Vangelo c’è un’altra parola di Gesù rivolta agli scribi e ai farisei, ai quali il Signore rimprovera di chiudere il regno dei cieli davanti agli uomini (cfr Mt 23,13). Anche questo detto ci aiuta a comprendere la promessa fatta a Pietro: a lui, in quanto fedele amministratore del messaggio di Cristo, spetta di aprire la porta del Regno dei Cieli, e di giudicare se accogliere o respingere (cfr Ap 3,7).

Le due immagini – quella delle chiavi e quella del legare e sciogliere – esprimono pertanto significati simili e si rafforzano a vicenda. L’espressione «legare e sciogliere» fa parte del linguaggio rabbinico e allude da un lato alle decisioni dottrinali, dall’altro al potere disciplinare, cioè alla facoltà di infliggere e di togliere la scomunica. Il parallelismo «sulla terra … nei cieli» garantisce che le decisioni di Pietro nell’esercizio di questa sua funzione ecclesiale hanno valore anche davanti a Dio.
Nel capitolo 18 del Vangelo secondo Matteo, dedicato alla vita della comunità ecclesiale, troviamo un altro detto di Gesù rivolto ai discepoli: «In verità vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo» (Mt 18,18). E san Giovanni, nel racconto dell’apparizione di Cristo risorto in mezzo agli Apostoli alla sera di Pasqua, riporta questa parola del Signore: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23).

Alla luce di questi parallelismi, appare chiaramente che l’autorità di sciogliere e di legare consiste nel potere di rimettere i peccati.
E questa grazia, che toglie energia alle forze del caos e del male, è nel cuore del ministero della Chiesa. Essa non è una comunità di perfetti, ma di peccatori che si debbono riconoscere bisognosi dell’amore di Dio, bisognosi di essere purificati attraverso la Croce di Gesù Cristo.

I detti di Gesù sull’autorità di Pietro e degli Apostoli lasciano trasparire proprio che il potere di Dio è l’amore, l’amore che irradia la sua luce dal Calvario. Così possiamo anche comprendere perché, nel racconto evangelico, alla confessione di fede di Pietro fa seguito immediatamente il primo annuncio della passione: in effetti, Gesù con la sua morte ha vinto le potenze degli inferi, nel suo sangue ha riversato sul mondo un fiume immenso di misericordia, che irriga con le sue acque risanatrici l’umanità intera.
Cari fratelli, come ricordavo all’inizio, la tradizione iconografica raffigura san Paolo con la spada, e noi sappiamo che questa rappresenta lo strumento con cui egli fu ucciso. Leggendo, però, gli scritti dell’Apostolo delle genti, scopriamo che l’immagine della spada si riferisce a tutta la sua missione di evangelizzatore. Egli, ad esempio, sentendo avvicinarsi la morte, scrive a Timoteo: «Ho combattuto la buona battaglia» (2 Tm 4,7). Non certo la battaglia di un condottiero, ma quella di un annunciatore della Parola di Dio, fedele a Cristo e alla sua Chiesa, a cui ha dato tutto se stesso.
E proprio per questo il Signore gli ha donato la corona di gloria e lo ha posto, insieme con Pietro, quale colonna nell’edificio spirituale della Chiesa.

Cari Metropoliti: il Pallio che vi ho conferito vi ricorderà sempre che siete stati costituiti nel e per il grande mistero di comunione che è la Chiesa, edificio spirituale costruito su Cristo pietra angolare e, nella sua dimensione terrena e storica, sulla roccia di Pietro.
Animati da questa certezza, sentiamoci tutti insieme cooperatori della verità, la quale – sappiamo – è una e «sinfonica», e richiede da ciascuno di noi e dalle nostre comunità l’impegno costante della conversione all’unico Signore nella grazia dell’unico Spirito.
Ci guidi e ci accompagni sempre nel cammino della fede e della carità la Santa Madre di Dio. Regina degli Apostoli, prega per noi!
Amen.

[SM=g1740738]

Il Papa: Roma porta inscritti nella sua storia i segni della vita e della morte gloriosa dell’umile Pescatore di Galilea e dell’Apostolo delle genti, che giustamente si è scelti come Protettori. Facendo memoria della loro luminosa testimonianza, noi ricordiamo gli inizi venerandi della Chiesa che in Roma crede, prega ed annuncia Cristo Redentore


 
 
 
 
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 29.06.2012
 
Al termine della Santa Messa della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, concelebrata nella Basilica Vaticana con i 43 Arcivescovi Metropoliti che hanno ricevuto il Pallio e alla quale ha partecipato una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, il Papa si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano e guida la recita dell’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Santo Padre Benedetto XVI nell’introdurre la preghiera mariana:
 


PRIMA DELL’ANGELUS
 
Cari fratelli e sorelle,

celebriamo con gioia la solennità liturgica dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, una festa che accompagna la storia bimillenaria del Popolo cristiano. Essi sono chiamati colonne della Chiesa nascente. Testimoni insigni della fede, hanno dilatato il Regno di Dio con i loro diversi doni e, sull’esempio del divino Maestro, hanno sigillato col sangue la loro predicazione evangelica. Il loro martirio è segno di unità della Chiesa, come dice sant’Agostino: «Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch’essi erano una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola. Pietro precedette, Paolo seguì» (Disc. 295, 8: PL 38, 1352).

Del sacrificio di Pietro sono segno eloquente la Basilica Vaticana e questa Piazza, così importanti per la cristianità. Anche del martirio di Paolo restano tracce significative nella nostra Città, specialmente la Basilica a lui dedicata sulla Via Ostiense.

Roma porta inscritti nella sua storia i segni della vita e della morte gloriosa dell’umile Pescatore di Galilea e dell’Apostolo delle genti, che giustamente si è scelti come Protettori. Facendo memoria della loro luminosa testimonianza, noi ricordiamo gli inizi venerandi della Chiesa che in Roma crede, prega ed annuncia Cristo Redentore.

Ma i Santi Pietro e Paolo brillano non solo nel cielo di Roma, ma nel cuore di tutti i credenti che, illuminati dal loro insegnamento e dal loro esempio, in ogni parte del mondo camminano sulla via della fede, della speranza e della carità.
In questo cammino di salvezza, la comunità cristiana, sostenuta dalla presenza dello Spirito del Dio vivo, si sente incoraggiata a proseguire forte e serena sulla strada della fedeltà a Cristo e dell’annuncio del suo Vangelo agli uomini di ogni tempo. In questo fecondo itinerario spirituale e missionario si colloca anche la consegna del Pallio agli Arcivescovi Metropoliti, che ho compiuto stamani in Basilica. Un rito sempre eloquente, che pone in risalto l’intima comunione dei Pastori con il Successore di Pietro e il profondo vincolo che ci lega alla tradizione apostolica. Si tratta di un duplice tesoro di santità, in cui si fondono insieme l’unità e la cattolicità della Chiesa: un tesoro prezioso da riscoprire e da vivere con rinnovato entusiasmo e costante impegno.

Cari pellegrini, qui giunti da ogni parte del mondo! In questo giorno di festa, preghiamo con le espressioni della Liturgia orientale: «Sia lode a Pietro e a Paolo, queste due grandi luci della Chiesa; essi brillano nel firmamento della fede». In questo clima, desidero rivolgere un particolare pensiero alla Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli che, come ogni anno, è venuta per prender parte a queste nostre tradizionali celebrazioni. La Vergine Santa conduca tutti i credenti in Cristo al traguardo della piena unità!

DOPO L’ANGELUS

(..)

Infine, saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare gli Arcivescovi Metropoliti e quanti li accompagnano, le Suore della Santissima Madre Addolorata, l’Associazione Amici di Santa Veronica, come pure la Pro Loco di Roma e i maestri infioratori, che ringrazio per l’artistico omaggio floreale che possiamo vedere qui accanto alla Piazza.

Sono qui convenuti, per rinnovare sentimenti di profonda comunione e di spirituale vicinanza al Successore di Pietro, i fedeli della Diocesi di Roma con il Cardinale Vicario Agostino Vallini, e i giovani cattolici riunitisi spontaneamente in gruppo attraverso i social network: grazie per la vostra presenza! [SM=g1740722] [SM=g1740721]
Cari amici, vi ringrazio cordialmente per questo gesto di affetto e per le vostre iniziative a sostegno del mio ministero e per favorire in ogni ambiente una coraggiosa e attiva testimonianza cristiana.
Conto anche sulle vostre preghiere per continuare a servire la Chiesa con la mitezza e la forza dello Spirito Santo.


A tutti auguro una buona festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo! Buona festa a voi tutti. Grazie!

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[Modificato da Caterina63 29/06/2012 19:45]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)