00 03/07/2010 09:24

Camillo Langone recensisce il 'filosofo animista' Mancuso

di Camillo Langone

"Albero che cade dàgli dàgli”, con questo detto popolare e insieme girardiano si può perfettamente circoscrivere l’attività di Vito Mancuso, tarlo della Chiesa cattolica. In un articolo apparso su Repubblica il noto filosofo animista chiede alla Sposa di Cristo di autodistruggersi e lo fa perché la vede debole e indifesa: fosse stata trionfante, avrebbe brigato per diventare cardinale e certo ci sarebbe riuscito, insinuante com’è. Stiamo vivendo un assalto al cristianesimo e sottolineo cristianesimo perché si attacca la Chiesa per negare Cristo, per liberarsi dei dieci comandamenti e pure dell’undicesimo (non c’è traccia di amore in un Mancuso che incoraggia le delazioni), per fare del Vangelo carta da cesso o da libero esame, la medesima cosa. La mia amica commercialista mi dice che i clienti disertano l’otto per mille, facciamoli morire di fame questi pedofili; i magistrati belgi profanano le cattedrali a colpi di martelli pneumatici; i tribunali americani vogliono portare il Papa alla sbarra. Che cosa sarà mai Mancuso di fronte a tutto ciò? Giusto la foglia intellettuale di fico degli ateisti che leggono Repubblica e che, immaginando la Chiesa come Umberto Eco e Dan Brown l’hanno immaginata per loro, fremono di sdegno quando leggono che Benedetto ha “pubblicamente umiliato il cardinale Schönborn” costringendolo “a una conciliazione forzata con il cardinal Sodano”.

Pensate un po’ quale tremenda tortura medievale ha dovuto subire il cardinale in carriera: chiedere scusa a un collega ultraottantenne e pensionato sul quale aveva pubblicamente gettato fango per la gioia dei giornalisti. Al lettore di Mancuso piace ignorare l’anarchia che regna nella Chiesa: i preti si vestono come gli pare e quindi da pastori protestanti (clergyman o peggio), sindacalisti Cisl o animatori di villaggi vacanze a basso costo, impipandosene degli infiniti richiami alla dignità dell’abito ecclesiastico prima wojtyliani ora ratzingeriani; la comunione nella gran maggioranza dei casi continua a essere data alla maniera luterana, ostia in mano, anche qui a dispetto dell’esempio petrino; i seminaristi anziché sui Padri si formano su Erri De Luca (pagina 171 di “Vita da preti” di Carlo Melina, Vallecchi); i vescovi calpestano l’Ordinamento del Messale Romano commissionando nuove chiese senza inginocchiatoi, senza crocefissi e con tabernacoli disassati o peggio nascosti; i frati ad Assisi negano l’esistenza del peccato originale (“la sola parte della teologia cristiana che possa davvero essere provata”) protetti dal lassismo o dalla complicità dei superiori.

Mancuso è rimasto sorpreso per la paterna correzione del Papa nei confronti di Schönborn, sono rimasto sorpreso anch’io, è proprio vero che la Chiesa è sorretta dallo Spirito Santo, altrimenti come potrebbe ottenere qualche minimo risultato un sant’uomo isolato in una curia di fatui, vanesi, ignoranti, rampichini, tifosi juventini, i soggetti meno mistici che si possano immaginare.

All’inizio ho usato l’aggettivo “girardiano” perché Vito Mancuso è una voce della folla in preda a “crisi mimetica”, la gigantesca intuizione di René Girard per descrivere il delirio di imitazione e invidia che periodicamente imbestia i pagani e non soltanto loro se ben due dei dieci comandamenti mosaici sono impegnati a contenere il desiderio: Non desiderare la roba d’altri, non desiderarne la donna. La cosiddetta pedofilia è il pretesto sollevato da plebi dedite alla pedofobia (contraccezione, selezione genetica, aborto) per distruggere la Chiesa la cui bellezza è uno scandalo, la cui origine divina suscita brama di saccheggio e stupro.

Le croci vengano abbattute, le campane tacciano, le cattedrali diventino musei e centri commerciali: qualcosa che dura da duemila anni risulta insopportabile a chi non riesce a camparne cento. La Chiesa è freno e quindi sembra ostacolo, opponendo la legge naturale alla tecnica cieca, incarnando il katechon (per dirla con san Paolo e Carl Schmitt) ovvero la diga che impedisce il dilagare dell’Apocalisse. Dice Emanuele Severino che “un tempo il precetto era: seguire la verità. Oggi non si crede più in essa, resta lo scontro fra le forze”. Quando Mancuso bombarda il magistero è per sostituirlo con la dittatura dei sondaggi, della finanza e dei laboratori scientifici. Quando parla utilizza il linguaggio del linciaggio, il lessico seriale della massa fanatizzata dai media, e non sa far altro che accusare e aizzare. Perché “Satana è l’altro nome della tendenza all’estremo”.

Fonte: Il Foglio, 1° luglio 2010, via
Papa Ratzinger blog.
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)