00 23/04/2011 09:20
Intervento del cardinale Donald W. Wuerl arcivescovo di Washington

Il compito dei vescovi
e quello dei teologi


WASHINGTON, 22. I vescovi sono i maestri nella fede.
E il lavoro, per quanto importante, dei teologi può essere correttamente inteso solo nella comunione della fede della Chiesa.

È la puntualizzazione dei vescovi statunitensi che tornano sull'opera di suor Elizabeth Johnson, teologa e autrice del discusso libro Quest for the Living God. Mapping the Frontiers of the Theology of God. A intervenire, in particolare, è il cardinale arcivescovo di Washington, Donald William Wuerl, presidente della commissione episcopale per la dottrina, il quale, lunedì 18, ha redatto una nota - inviata a tutti i presuli statunitensi - che delinea e chiarisce il rapporto tra vescovi e teologi. Dichiarazione che fa seguito alle preoccupazioni espresse, in un comunicato dell'8 aprile scorso, da alcuni esponenti della Catholic Theological Society of America, scesi in difesa del lavoro della religiosa.

Circa un mese fa - il 24 marzo - la stessa commissione episcopale ha pubblicato, infatti, un documento in cui sono state espresse severe critiche al libro in questione, ritenuto "non conforme all'autentica dottrina cattolica su punti essenziali". In particolare, si è rimproverato alla religiosa, docente di teologia sistematica presso la Fordham University di New York - ateneo gestito dai gesuiti - di non prendere la fede della Chiesa come "punto di partenza" del suo lavoro e di criticare in maniera "radicale" la "concezione di Dio rivelata nella Scrittura e insegnata dal magistero". La sua opera è viziata da una serie di "travisamenti, equivoci ed errori" e giunge a conclusioni "teologicamente inaccettabili", su questioni fondamentali come, per esempio, il mistero della Trinità, il rapporto con le religioni non cristiane e il linguaggio usato nelle Scritture.

Il cardinale Wuerl torna adesso a sottolineare che "è specifica competenza e responsabilità dei vescovi insegnare la fede nella sua interezza".

E, citando un documento del 1992 della stessa commissione per la dottrina - The Teaching Ministry of the Diocesan Bishop - ribadisce che il ruolo dei vescovi è quello di stabilire la "corretta interpretazione della Scrittura e della Tradizione affidate alla Chiesa" e di giudicare "l'accuratezza" della presentazione della dottrina rivelata.

Il porporato sottolinea poi l'importanza dell'opera dei teologi e la necessità della loro collaborazione con l'episcopato. "È un privilegio dei teologi poter scavare più profondamente e sistematicamente il significato della fede, secondo l'antico adagio, fides quaerens intellectum. Dal momento che questa fede è trasmessa dalla Chiesa attraverso il ministero del magistero, il vescovo e il teologo hanno un rapporto speciale che può e deve essere reciprocamente arricchente". E, citando nuovamente il documento del 1992, si sottolinea che la Chiesa "non può esistere" senza il ministero del vescovo né progredire senza il lavoro del teologo. "I vescovi beneficiano e del lavoro dei teologi, mentre i teologi acquisiscono e una comprensione più profonda della rivelazione, sotto la guida del magistero".

Il cardinale Wuerl paragona quindi il vescovo a un arbitro in un incontro sportivo, e afferma che è responsabilità del vescovo intervenire in presenza di punti controversi e dichiarare se certe idee teologiche siano o meno in accordo con la fede della Chiesa. In ogni caso, la commissione dottrinale dell'episcopato statunitense "non intende soffocare la legittima riflessione teologica, o impedire il proseguimento del dialogo, ma vuole garantire che l'insegnamento autentico della Chiesa, riguardante la dottrina e la morale, sia chiaramente indicato e affermato".

E l'intervento sul libro della Johnson è motivato anche dal fatto che il volume in questione non è diretto in maniera particolare ai teologi di professione, bensì viene comunemente utilizzato come "strumento didattico" dagli studenti, molti dei quali alla ricerca dei fondamenti della fede cattolica.



(©L'Osservatore Romano 23 aprile 2011)








Il Santo Padre ha sollevato dalla cura pastorale della Diocesi di Toowoomba (Australia), il Vescovo William M. Morris

Foto : Il Vescovo Mons. William Morris ( al centro ) in un incontro ecumenico



Papa/ Solleva da incarico vescovo australiano pro preti sposati. Mons. William Morris di Toowoomba: Mie parole equivocate



Città del Vaticano, 2 mag. (TMNews) – Il Papa ha sollevato dall’incarico mons. William M. Morris, vescovo australiano di Toowoomba.
Il presule, ieri, aveva inviato ai suoi fedeli una lettera per preannunciare la decisione di non rassegnare le dimissioni.
Cinque anni fa, il presule aveva espresso l’auspicio che la Chiesa fosse più aperta nei confronti dell’ipotesi di concedere il sacerdozio a uomini sposati e a donne. Nella missiva, mons. Morris ricorda che un gruppo di fedeli che non condivideva le sue idee e che le ha equivocate, negli anni scorsi, lo aveva denunciato alle autorità, inducendo la Congregazione vaticana dei vescovi ad aprire un’indagine.
Il vescovo americano Charles Chaput ha guidato la visitazione che poi ha portato il Papa alla decisione di sollevarlo.


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ALTRI ATTI PONTIFICI

CITTA' DEL VATICANO, 2 MAG. 2011 (VIS). Il Santo Padre ha sollevato dalla cura pastorale della Diocesi di Toowoomba (Australia), il Vescovo William M. Morris.
.../ VIS 20110502 (30)




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Gli errori del Prof. Andrea Grillo

di don Alfredo M. Morselli

Il prof. Andrea Grillo, ha recentemente espresso, sul blog di P. Augé, grandi perplessità sulla recente istruzione Universae Ecclesiae della Commissione “Ecclesia Dei” (vedi qui).

L’obiezione più importante - e quella che regge le tutte le altre - è l’affermazione che tutto il complesso di documenti in materia (Summorum Pontificum, Lettera ai Vescovi, recente istruzione) sarebbe un “monstruum” giuridico. Ecco qui una frase che riassume il suo pensiero:

“Se all’improvviso – e non si sa ancora in base a quale principio giuridico o tradizionale – un rito “non più vigente”, superato dalla versione riformata dello stesso, torna magicamente in vigore e pretende di valere in parallelo rispetto a quello che lo aveva intenzionalmente emendato, rinnovato e superato, tutto subisce una sorta di deformazione irrimediabile”.

Nonostante le lamentele del prof. Grillo, i principî giuridici e tradizionali per una simile operazione ci sono eccome; e questi principî non sono solo giuridici, ma teologici: e come si sa, il diritto della Chiesa si fonda sulla teologia della Chiesa.

Il punto debole del nostro autore sta nel fatto che egli ritiene implicitamente il Papa soggetto a una qualche forma di diritto positivo ecclesiastico; cosa teologicamente infondata, perché il Romano Pontefice, compendia in sé e da solo, tutta la Sacra Potestas di Gesù Cristo e tutto il Munus regendi Ecclesiae (nient’altro che il munus petrino delle chiavi).

Il munus regendi di cui partecipano i Vescovi per via della collegialità, deriva da una divisione analogica, - e non quantitativa - della Sacra Potestas, che, come dicevamo, il Papa ha tota et totaliter: la Sacra Potestas, propria del Papa, è partecipata (quindi non spartita) con il Collegio dei Vescovi.

Inoltre questi ultimi la esercitano legittimamente solo quando sono cum Petro e sub Petro, perché senza Pietro conterebbero come il due di coppe briscola spade (mi si perdoni il termine terra-terra).

Anche se la Sacra Potestas dei Vescovi è radicata nella loro ordinazione episcopale (quindi ammettiamo qui la sacramentalità dell’episcopato), in virtù della sacra ordinazione questa potestas costituisce solo uno ius ad rem e non uno ius in re, è solo in potenza e non in atto: è in atto quando è cum Petro et sub Petro e quando non travalica la missio canonica ricevuta dal Romano Pontefice.

In questo senso San Paolo scriveva ai Corinti: “Noi invece non ci vanteremo oltre misura, ma secondo la misura della norma che Dio ci ha assegnato, quella di arrivare anche fino a voi” (2 Cor 10, 13)

Si comprende facilmente dunque come è verissima la frase attribuita talvolta al beato Pio IX: “La Chiesa sono io”. E i buoni Gesuiti della Civiltà cattolica così scrivevano:

“ci ha un senso vero, in cui può dirsi che il Papa è la Chiesa; intendendo per Chiesa non l'aggregazione di tutti i fedeli sotto la guida dei legittimi Pastori (nel qual senso la proposizione sarebbe assurda), ma intendendo per Chiesa la suprema potestà governatrice della medesima e il fonte di tutta l'ecclesiastica giurisdizione. In questo senso come può dirsi che Cristo è la Chiesa, cosi lo stesso può dirsi del Papa, la cui autorità non è che l'autorità stessa di Cristo, di cui il Papa tiene in terra le veci” (XXVII, 26/3/1877, p 289).

Quindi, anche se – ammesso e non concesso – i predecessori di Benedetto XVI avessero voluto, promulgando i nuovi testi liturgici, abolire i precedenti, non può un Pontefice romano, in materia di diritto positivo ecclesiastico – vincolare i suoi successori.

Benedetto XVI potrebbe benissimo dire: “Paolo VI ha abolito il vetus?” E allora? Io gli restituisco piena cittadinanza”.

E, sempre per quanto riguarda le norme di diritto positivo ecclesiastico (e non solo), un Papa è superiore al Concilio, in quanto lo comprende e questo non ha forza se non in quanto è cum Petro e sub Petro

Né il Pontefice è un capo di governo soggetto a una qualche corte costituzionale, per cui i suoi atti di governo possono essere esaminati da questa. Il Romano pontefice non è giudicato da nessuno: prima sedes a nemine iudicatur.

Quindi, l’affermazione del prof. Grillo “un rito “non più vigente”, superato dalla versione riformata dello stesso, torna magicamente in vigore”, è tendenziosa. Anche ammettendo - e non concedendo - che la forma extraordinaria del rito romano non fosse più vigente, non è magicamente che torna in vigore, ma per il normale, legittimo, sacrosanto esercizio del munus petrino da parte del Romano Pontefice.


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APPELLO!

Ora, comprendo che al momento il cardinale Bagnasco è alle prese con un tema scottante e becero, tuttavia sarebbe il caso che lo stesso si prodigasse per cominciare a far piazza pulita a Genova anche da chi i bambini e gli adolescenti non li tocca, ma non per questo è meno pericoloso....  
 
Eminenza reverendissima, come mamma, educatrice e Catechista, le posso assicurare che ci sono molti modi per FARE VIOLENZA A UN MINORE.... LA SEDUZIONE non è solo a sfondo sessuale, molti giovani subiscono LA PERVERSIONE DOTTRINALE, LA PROSTITUZIONE DOTTRINALE NEI DEVASTANTI INDOTTRINAMENTI che li allontano sempre di più dalla Liturgia e dai Sacramenti....  
Non siate severi solo quando deve intervenire la Magistratura.... SIATE SEVERI anche in casi come questi, LIBERATECI dai teologi del "fai da te" preti o laici che fossero.... preservate L'INNOCENZA dei Bambini nella fede autentica dei semplici, nella bellezza del santo Rosario, nella meravigliosa innocenza delle Ave Maria, nei gesti di adorazione Eucaristica.

....ecc..ecc..ecc... 


[Modificato da Caterina63 16/05/2011 22:03]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)