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I PECCATI DEI PRETI  SECONDO SANTA CATERINA DA SIENA,
Dottore della Chiesa, Patrona d'Italia e Compatrona d'Europa

da Dialogo della Divina provvidenza    cap. 123 ss.

Su molti altri difetti dei suddetti ministri, e specialmente dell’andare per le taverne, del giocare, e del tenere concubine.

Donde riceve l’anima tanto fetore? Dalla loro sensualità. Essi hanno fatto padrona questa sensualità, insieme con l’amor proprio, ed hanno fatto serva la poveretta anima; invece io li avevo fatti liberi, per il Sangue del mio Figlio, con quella liberazione generale, fatta quando tutto il genere umano fu tratto via dalla servitù del demonio, e dalla sua signoria.

Questa grazia fu ricevuta da ogni creatura, che ha in sé ragione; ma questi miei unti io li ho liberati anche dalla servitù del mondo, li ho posti a servire solo me, Dio eterno, e ad amministrare i sacramenti della salita Chiesa. Li ho fatti tanto liberi, che non ho voluto né voglio clic nessun signore temporale si faccia loro giudice. E sai quale ricompensa, o dilettissima figliuola, essi mi rendono per tanto benefizio ricevuto da me? La loro ricompensa è questa: continuamente mi perseguitano con tanti, diversi e scellerati peccati, che la lingua tua non li potrebbe narrare, e a udirli ne verresti meno.
 
Ma pure te ne voglio dir qualcosa, oltre a quello clic t’ho già detto, per darti più materia di pianto e di compassione. Essi dovrebbero stare sulla mensa della croce col santo desiderio, ed ivi nutrirsi del cibo delle anime per il mio onore. E benché questo debba farlo ogni creatura dotata di ragione, molto maggiormente lo devono fare costoro, clic io ho eletti, perché vi amministrino il Corpo e il Sangue di Cristo crocifisso, unigenito mio Figlio, vi diano esempio di santa e buona vita, e seguendo la mia Verità con pena, con santo e grande desiderio, prendano in cibo le anime vostre. Ma essi hanno presa per loro mensa le taverne; ivi, giurando e spergiurando, con molti miserabili difetti, pubblicamente, quali uomini accecati e senza lume di ragione, divengono animali per i loro difetti, e stanno in atti, fatti e parole lascive.

Non sanno che vi è da dire l’Uffizio divino; e se qualche volta lo dicono, lo dicono con la lingua, ma il cuore loro è lungi da me! Se ne stanno come ribaldi e barattieri; e dopo che hanno giocata la loro anima e messala nelle mani dei demoni, giocano i beni della Chiesa: e quella sostanza temporale, che ricevono in virtù del Sangue, giocano e barattano. Perciò i poveri non hanno quanto è loro dovuto; la Chiesa è sfornita e priva di quegli oggetti che le sono necessari. Non si curano del tempio mio, perché si sono fatti tempio del diavolo. Quegli adornamenti, che devono fare alla Chiesa per riverenza del Sangue, essi li fanno nelle case dove abitano. Il peggio però si è che essi fanno come lo sposo, che adorna la sua sposa. Così, questi demoni incarnati, adornano con i beni della Chiesa la loro diavola, con la quale stanno iniquamente e immondamente. Senza provare vergogna, la fanno andare, stare e venire, mentre che i miseri demoni saranno a celebrare all’altare, E non si curano che questa miserabile diavola vada, coi figliuoli a mano, a fare l’offerta col rimanente popolo.

O demoni sopra demoni! Almeno le iniquità vostre fossero più nascoste agli occhi dei vostri sudditi; ché, facendole nascoste, offendete me e fate danno a voi, ma non fate danno al prossimo! Esponendo invece pubblicamente la vostra vita scellerata dinanzi a loro, col vostro esempio gli siete materia e cagione non di uscire dai loro peccati, ma di cadere in quelli simili ai vostri, anzi maggiori.

E’ questa la purità che io richiedo al mio ministro, quando va a celebrare all’altare? Questa è invece la purità che porta: la mattina si leverà con la mente contaminata e col corpo corrotto, per essere stato e giacinto nell’immondo peccato mortale, e andrà a celebrare, O tabernacolo del demonio, dove è la veglia della notte nel solenne e devoto uffizio? Dove è la continua e devota orazione? Nel tempo della notte tu ti devi disporre al mistero, che hai da compiere la mattina, col conoscere te stesso. conoscendoti e reputandoti indegno di tanto mistero, e col conoscimento di me, clic per la mia bontà, e non per i tuoi meriti, te ne ho fatto degno, e ti ho fatto mio ministro, acciocché tu amministri il Sacramento alle altre mie creature.


CAPITOLO 124

Io ti fo sapere, carissima figliuola, che tanta purità richiedo da voi e da loro in questo sacramento, quanta è possibile a uomo in questa vita; in quanto che, da parte vostra e loro, vi dovete ingegnare d’acquistarla continuamente.
Voi dovete pensare che, se fosse possibile che la natura degli angeli si purificasse, bisognerebbe che ella si purificasse per questo mistero; ma non è possibile, perché non ha bisogno di essere purificata, non potendo cadere negli angeli veleno di peccato. Ti dico questo, perché tu veda quanta purità io richiedo da voi e dai ministri in questo sacramento, ma singolarmente da loro. Essi mi fanno il contrario, poiché vanno tutti immondi a questo mistero.

E non solo hanno quella immondezza e fragilità, alla quale siete inclinati naturalmente per la vostra fragile natura (benché la ragione, quando lo vuole il libero arbitrio, faccia stare quieta questa ribellione), ma quei miseri non raffrenano questa fragilità:
anzi fanno peggio, commettendo il maledetto peccato contro natura. Quali ciechi e stolti, essendo offuscato il lume del loro intelletto, non conoscono il fetore e la miseria in cui sono; poiché non solo ella fa schifo a me, che sono somma ed eterna purità (a cui è tanto abominevole, che per questo solo peccato cinque città sprofondarono per mio divino giudizio , non volendo più oltre sopportarle la mia giustizia), ma dispiace ancora ai demoni, che di quei miseri si sono fatti signori.

Non è che ai demoni dispiaccia il male, quasi che loro piaccia un qualche bene, ma perché la loro natura è natura angelica, e perciò schiva di vedere o di stare a vedere commettere quell’enorme peccato. Il demonio ha ben gettato innanzi la saetta avvelenata della concupiscenza, ma, quando si compie l’atto del peccato, se ne va via per la cagione e modo che ti ho detto.

Se ben ti ricordi, prima della peste  io ti manifestai quanto mi era spiacevole tale peccato, e quanto fosse corrotto il mondo per questo peccato. Onde, innalzando Lo te sopra di te per santo desiderio cd elevazione di mente, ti mostrai tutto quanto il mondo, e quasi in ogni genere di persone tu vedevi questo miserabile peccato. E vedevi i demoni che fuggivano, come ti ho detto. E fu tanta la pena che tu ricevesti nella mente e tale il fetore, che quasi ti pareva di essere sul punto di morte. Tu non vedevi nessun luogo, dove tu e gli altri miei servi vi poteste rifugiare, acciocché questa lebbra non vi si attaccasse. E vedevi di non potere stare né tra i piccoli né tra i grandi, tra i vecchi e giovani, religiosi e chierici, prelati e sudditi, signori e servi, che di questa maledizione non avessero contaminato la mente e il corpo.

Te lo mostrai in generale, e ti mostrai anche in particolare alcuni non toccati da questo peccato, poiché anche in mezzo ai cattivi ho riserbato alcuni dei miei. Per le loro opere giuste io trattengo la mia giustizia dal comandare alle pietre che si rivolgano contro di loro, o alla terra che li inghiottisca. o agli animali che li divorino, o ai demoni che ne portino via anima e corpo. Anzi vo trovando le vie e i modi per potere far loro misericordia, cosicché correggano la loro vita; e interpongo i miei servi, che sono sani e non lebbrosi, perché mi preghino per loro.
Qualche volta mostro loro questi miserabili peccatori, perché siano più solleciti a cercare la loro salute, offrendoli a me con maggiore compassione, e con dolore dei loro difetti e della mia offesa preghino me per loro, come io feci con te, nel modo che tu sai e che ti ho detto.

Se ti ricordi bene, avendoti fatto sentire un poco di questo fetore, tu venisti a tal punto, che non ne potevi più, e mi dicesti:

O Padre eterno, abbi misericordia di me e delle tue creature! O tu mi levi l’anima dal corpo, poiché mi pare di non poterne più, oppure tu mi dai refrigerio, e mi mostri in quale luogo io e gli altri tuoi servi ci possiamo riposare, acciocché questa lebbra non ci possa nuocere, né togliere la purità dell’anima e del corpo.
Ed io, volgendomi verso di te con l’occhio della pietà, ti risposi, ti dissi e ti dico : Figliuola mia, il vostro riposo sia nel rendere gloria e lode al mio nome, e nel gettarmi incenso per gli infelici, che si sono messi in tanta miseria, da farsi degni del giudizio per i loro peccati. Il luogo, dove voi abbiate a stare, sia Cristo crocifisso, unigenito mio Figliuolo; abitate e nascondetevi nella caverna del suo costato, dove gusterete con affetto d’amore la mia natura divina in quella sua natura umana.


Come nei ministri cattivi regni il peccato di sodomia; bella visione che Caterina ebbe sopra questa materia.

In quel cuore aperto troverete la carità mia e quella del prossimo, poiché per l’onore di me, Padre eterno, e per compiere l’obbedienza, che io gli imposi per la vostra salute, corse all’obbrobriosa morte della santissima Croce. Vedendo voi, e gustando quest’amore, seguirete la sua dottrina, nutrendovi sulla mensa della croce, col sopportare per carità, con vera pazienza, il vostro prossimo, e la pena, il tormento e la fatica, da qualunque lato vi vengano.
In questo modo scamperete e fuggirete la lebbra.
 Questo è il mezzo che io diedi e do a te e agli altri.

Ma nonostante questo, dall’anima tua non si levava il senso del fetore, né dall’occhio del tuo intelletto la tenebra. Allora la mia provvidenza intervenne; poiché, quando ti comunicasti col Corpo e col Sangue del mio Figlio, tutto Dio e tutto uomo, come solete riceverlo nel sacramento dell’altare, e come segno di verità, scomparve il fetore per l’odore che ricevesti nel sacramento, e le tenebre scomparvero per la luce che ricevesti nel sacramento. E ti rimase, in modo ammirabile, quale piacque alla mia bontà, l’odore del Sangue nella bocca e nel gusto del tuo corpo per più giorni, come ben tu sai.
 
Così vedi, o carissima figliuola, quanto mi sia abominevole quel peccato in ogni creatura; pensa dunque che lo è molto maggiormente in questi ministri, che io ho tratti a vivere nello stato di continenza. E tra questi continenti, che sono levati via dal mondo, chi per essere nella vita religiosa e chi per essere quale pianta nel corpo mistico della santa Chiesa, sono i miei ministri.

Non potresti mai udire abbastanza quanto in essi mi dispiaccia questo peccato, oltre al dispiacere che io ricevo dagli uomini nel mondo in generale, e a quello di chi dovrebbe essere continente in modo particolare, come t’ho detto
. Costoro sono lucerne poste sul candelabro, e dovrebbero essere ministri di me, vero Sole, con lume di virtù, di santa e onesta vita; invece ministrano in tenebre. E sono tanto tenebrosi, che per la loro gonfia superbia, e perché sono immondi e lascivi, non vedono né intendono altro che la corteccia della santa Scrittura. Essa è in se stessa luminosa, poiché i miei eletti l’ebbero con lume soprannaturale da me, vero lume, come ti dissi in altro luogo; essi invece la intendono solo letteralmente, e la ricevono senza alcun sapore, perché il gusto dell’anima loro non è ordinato, ma corrotto dall’amor proprio e dalla superbia, avendo ripieno lo stomaco d’immondezza, e desiderando di compiere i loro disordinati diletti. Ripieni di cupidità e di avarizia, cadono pubblicamente e senza vergogna nei loro difetti. E vi sono ancora molti miserabili che commettono l’usura, da me vietata.


cap. 125
Come i sudditi non si correggono a causa di questi di/etti. Di/etti dei religiosi. Come dal non correggere quei mali, ne seguano molti altri.

In che modo possono questi tali, pieni di tanti difetti, correggere, fare giustizia e riprendere i difetti dei loro sudditi? Non lo possono, perché i loro difetti tolgono loro l’ardire e lo zelo della santa giustizia. E se qualche volta lo facessero, sanno dire i sudditi, scellerati come loro: « Medico, medica innanzi te stesso » e poi medica me; allora io piglierò la medicina che tu mi darai; tu sei in maggiore difetto di me, e dici male di me!

Fa male colui la cui riprensione è fatta solo con la parola, e non con buona e ordinata vita; non quasi che egli non debba riprendere il male (buono o cattivo che egli sia) nel suddito; ma fa male a non correggere con santa e onesta vita. E molto peggio fa colui che, per qualunque modo gli sia fatta la riprensione, o da buono o da cattivo pastore, non la riceve umilmente, correggendo la sua vita scellerata: egli fa male a sé, non ad altri, ed è quello che sosterrà le pene dei suoi difetti.

Tutti questi mali, carissima figliuola, avvengono per il non correggere con buona e santa vita. Perché non correggono? Perché sono accecati dall’amor proprio di se stessi, nel quale amor proprio son fondate tutte le loro iniquità, e non mirano se non al modo col quale possano compiere i loro disordinati diletti e piaceri: sudditi e pastori, chierici e religiosi. Ohimé! figliuola mia dolce; dove è l’obbedienza dei religiosi, che dovrebbero stare nella santa religione come angeli, e sono peggio dei demoni? Io li ho posti perché annunzino la mia parola con la dottrina e con la vita; ed essi gridano solo col suono della parola, e perciò non fanno frutto nel cuore dell’uditore. Le loro predicazioni sono fatte più per piacere agli uomini e per dilettare le loro orecchie, che ad onore di me; perciò studiano non la vita buona ma il favellare molto pulito.

Questi tali non seminano il mio seme in verità, perché non attendono a svellere i vizi e a piantare le virtù. Non avendo tolte le spine dal loro orto, non si curano di trarle via dall’orto del loro prossimo. Tutti i loro diletti sono nell’adornare i corpi e le celle loro, e d’andare discorrendo per le città. Avviene loro come al pesce, che, stando fuori dell’acqua, muore. Così questi religiosi dalla vita vana e disonesta, stando fuori della cella, muoiono. Si partono dalla cella, della quale si deve fare un cielo, e vanno per le contrade cercando le case dei parenti e d’altre genti secolari, secondo che piace ai miseri sudditi e ai loro cattivi prelati, che usano legami non stretti, ma larghi.

Come miserabili pastori, non si curano di vedere il loro frate suddito nelle mani dei demoni, anzi spesse volte essi stessi ve lo mettono; ed altre volte, conoscendo che essi sono demoni incarnati, li mandano per i monasteri, a quelle che sono diavole incarnate insieme ad essi, e così l’uno guasta l’altro con molte e sottili arti ed inganni.

Il demonio porrà il principio di questa familiarità sotto colore di devozione; ma poiché la loro vita è lasciva e miserabile, non dura molto il colore della devozione; appariscono subito i frutti delle loro devozioni. Prima si vedono i fiori puzzolenti dei pensieri disonesti con le foglie corrotte delle parole; poi con miserabili modi compiono i loro desideri. Quali siano i frutti, che se ne vedono, ben lo sai tu che ne hai veduti: sono i figliuoli. E spesse volte si conducono a tanto, che l’uno e l’altra escono dalla santa religione. Egli diviene un ribaldo, ed ella una pubblica meretrice.

Di tutti questi mali e di molti altri sono cagione i prelati, perché non ebbero l’occhio sopra il loro suddito, anzi gli facevano largo, lo mandavano essi stessi, e facevano vista di non vedere le sue miserie. E siccome il suddito non si dilettava della cella, così per difetto dell’uno e dell’altro ne è rimasto morto.
La tua lingua non potrebbe narrare tanti difetti, né in quanti miserabili modi essi mi offendano. Son divenuti arma del diavolo, e coi loro fetori avvelenano dentro e fuori. Di fuori, i secolari; dentro, i religiosi. Sono privi della carità fraterna; ognuno vuole essere il maggiore e ognuno mira a possedere. Vanno contro il comandamento e contro il voto, che hanno fatto.

Hanno promesso d’osservare le regole dell’Ordine; invece le oltrepassano; poiché non solo non l’osservano per sé, ma fanno come i lupi affamati sopra gli agnelli che volessero osservare le regole dell’Ordine, beffandoli e schernendoli. Credono, i miserabili, con le persecuzioni, beffe e schemi che fanno ai religiosi buoni e osservanti, di ricoprire i loro difetti; essi li scoprono molto di più. Tanto male è venuto nei giardini delle sante Religioni, che sono sante in se stesse, perché sono fatte e fondate dallo Spirito Santo. L’Ordine religioso non può essere guasto in sé, né corrotto per il difetto del suddito o del prelato. Ma colui, che vuole entrare nell’Ordine, non deve mirare a quelli che sono cattivi, ma navigare sopra le braccia dell’Ordine, che non è infermo né può infermare, osservandone le regole fino alla morte.

Ti dicevo che a tanto male sono giunti, per causa dei cattivi correttori e dei cattivi sudditi, che ai cattivi sembrano trasgressori dell’Ordine quelli che si attengono all’Ordine schiettamente; perché non imitano i loro costumi, né osservano le cerimonie che quegli inosservanti hanno ordinato, e osservano agli occhi dei secolari, per compiacere loro, e mantellare i loro difetti. Sicché tu vedi che non adempiono il primo voto dell’obbedienza, che è di osservare le regole dell’Ordine; e di questa obbedienza ti parlerò in altro luogo.
Fanno voto ancora d’osservare volontaria povertà e d’essere continenti. Come essi osservano il primo? Mira i possessi e il molto denaro, che tengono in privato, stando separati dalla carità comune, che li obbliga a comunicare ai fratelli le sostanze temporali e le spirituali, come vuole l’ordine della carità e la regola del proprio Ordine.

Non vogliono ingrassare altro che se stessi e gli animali; una bestia nutre l’altra, mentre il povero confratello muore di freddo e di farne. E siccome egli è bene foderato, ed ha buone vivande, non pensa all’altro, né vuole ritrovarsi con lui alla povera mensa del refettorio. Suo diletto è di potere stare dove possa empirsi di carne, e saziare la sua gola.
E’ impossibile a costui di osservare il terzo voto della continenza, poiché il ventre pieno non fa la mente casta. Questi tali diventano lascivi per i disordinati riscaldamenti, e così vanno di male in peggio. Avviene ancora loro molto male per il possedere; poiché, se non avessero che cosa spendere, non vivrebbero tanto disordinatamente e non avrebbero le particolari relazioni di amicizia. Infatti, se non si ha che cosa donare, non si mantiene l’amore né l’arnist, che sia fondata sull’amore del dono o su qualche diletto e piacere, che l’uno trae dall’altro, e non sulla perfetta carità.

Oh miseri che essi sono; posti in tanta miseria per i loro difetti, mentre da me sono posti in tanta dignità! Essi fuggono dal coro, come se fosse un veleno; se vi stanno, gridano con la voce, e il cuore loro è lungi da me. Alla mensa dell’altare si sono presa la consuetudine d’andarvi senza veruna disposizione, come alla mensa del corpo. Tutti questi mali e molti altri, dei quali io non ti voglio dire altro, per non appuzzare le tue orecchie, seguono per il difetto dei cattivi pastori, che non correggono nè puniscono i difetti dei sudditi, nè si curano e zelano che l’Ordine sia osservato, perché essi non sono osservatori dell’Ordine.

Porranno bene le pietre delle grandi obbedienze in capo a coloro che lo vogliono osservare, punendoli anche delle colpe che non hanno commesse. E tutto questo fanno, perché in essi non riluce la margherita della giustizia, ma quella della ingiustizia; perciò danno ingiustamente penitenza e odio a colui che merita grazia e benevolenza; a quelli invece, che sono membri del diavolo come loro, danno amore, diletto e dignità, affidando loro gli uffici dell’Ordine. Vivono come accecati, e come accecati danno queste cariche e governano i sudditi. Ma se non si correggono, giungono con questa cecità alle tenebre dell’eterna dannazione. Allora converrà loro dare ragione a me, sommo giudice, delle anime dei sudditi; molto male me la potranno rendere, e perciò riceveranno giustamente da me quello che hanno meritato.


Cap.126


Come nel suddetti iniqui ministri regna il peccato
della lussuria.

Ti ho dato, o carissima figliuola, un accenno intorno alla vita di quelli che vivono nella santa religione, e ti ho detto quanta sia la miseria con cui stanno nell’Ordine con veste di pecora, mentre sono lupi rapaci. Ora ti ritorno ai chierici e ai ministri della santa Chiesa, per lamentarmi con te dei loro difetti, oltre a quelli che io ti ho esposto, mostrandoti nel passato le tre colonne dei vizi e lagnandomi con te di loro; cioè della immondezza, della gonfia superbia, e della cupidigia; poiché per cupidigia vendono la grazia dello Spirito Santo.
Di questi tre vizi l’uno dipende dall’altro, ccl il fondamento di queste tre colonne è l’amor proprio. Esse, finché stanno ritte (poiché solo la forza dell’amore alla virtù può farle andare a terra), sono sufficienti a tenere l’anima ferma e ostinata in ogni altro vizio. Infatti, come ti ho detto spesso, tutti i vizi nascono dall’amor proprio, perché dall’amor proprio nasce il principale vizio, che è la superbia, e l’uomo superbo è privato della dilezione della carità; dalla superbia poi si giunge alla immondezza e all’avarizia. Così s’incatenano essi stessi con la catena del diavolo.

Ora, carissima figliuola, guarda con quanta miseria d’immondezza essi lordano il corpo e la mente loro, come te ne ho già detto qualcosa. Ma altro ti voglio aggiungere, perché conosca meglio la fontana della mia misericordia, ed abbia maggiore compassione dei miserabili in colpa.
Alcuni son tanto demoni, che non solo non hanno riverenza al Sacramento e non tengono cara l’eccellenza, nella quale li ho posti per mia bontà, ma come se fossero del tutto fuori di mente, e per l’amore che hanno ad alcune creature da cui non possono avere quel che desiderano, fanno malìe con incantesimi di demoni e col Sacramento stesso, che vi è dato in cibo di vita, per compiere i loro miserabili e disonesti pensieri, e mandare ad effetto le loro volontà.

Invece di pascere l’anima e il corpo di quelle pecorelle, delle quali devono aver cura, le tormentano in questi ed altri modi su cui passerò sopra, per non darti più pena. E come hai veduto, le fanno uscire di memoria, venendo loro voglia di fare quello che non vorrebbero, a causa di quanto ha loro fatto quel demonio incarnato; anzi, per la resistenza che fanno a se stesse, ricevono gravissime pene nel corpo. Chi è che ha fatto questo e molti altri miserabili mali, che tu conosci senza che io te li narri? La disonestà e la loro miserabile vita. O carissima figliuola, costoro danno con tanta malvagità quella Carne di Cristo, che è elevata su tutti i cori degli angeli, per l’unione con la mia natura divina.

O abominevole e miserabile uomo, non uomo ma animale, tu dai alle meretrici, e anche peggio, quella carne che fu unta e consacrata a me! Non pensi che sul legno della santissima croce il Corpo piagato dell’unigenito mio Figlio tolse via alla tua carne, e a quella di tutto il genere umano, quella piaga clic Adamo aveva fatto col suo peccato? O misero! Egli ha fatto onore a te, e tu gli fai vergogna! Egli t’ha sanate le piaghe col suo sangue, e ancora di più, facendoti suo ministro, e tu lo percuoti con lascivi e disonesti peccati! Il pastore buono ha lavato le pecorelle nel suo sangue. e tu gli lordi quelle che sono pure, fai il possibile di metterle Hai indirizzate tutte le membra del tuo corpo a opere miserabili, e fai il contrario di quello che ha fatto per te la mia Verità.
 
Io sopportai che gli fossero fasciati gli occhi, per illuminare te; e tu con gli occhi tuoi lascivi getti saette avvelenate nell’anima tua e nel cuore di coloro che guardi con tanta miseria. Io sopportai che egli fosse abbeverato di fiele e di aceto, e tu, come animale disordinato, ti diletti di cibi delicati, facendoti dio del tuo ventre. Nella tua lingua stanno disoneste e vane parole; invece tu sei tenuto con questa lingua ad ammonire il prossimo, ad annunziare la mia parola e a dire l’Uffizio col cuore e con la lingua tua. Io non sento altro che fetore, poiché tu giuri e spergiuri come se fossi un barattiere, e spesse volte tu mi bestemmi. Io volli che gli fossero confitti i piedi, facendoti scala del suo Corpo; e quel costato, che fu aperto perché vedeste il segreto del cuore, io ve l’ho dato come una cantina aperta, in cui voi possiate vedere e gustare l’amore ineffabile che ho per voi, trovando e vedendo la mia natura divina unita con la vostra natura umana, ivi tu vedi che del Sangue che tu ministri e dispensi io ho fatto un bagno per lavare le vostre iniquità; e tu del tuo cuore hai fatto tempio del demonio.

Il tuo affetto, che è significato dai piedi, non contiene né offre a me altro che puzza e vituperio; i piedi del tuo affetto non portano l’anima tua che nei luoghi del demonio. Sicché, con tutto il tuo corpo tu percuoti il Corpo del Figliuolo mio, facendo il contrario di quello che Egli ha fatto, e di quello che tu ed ogni altra creatura siete tenuti ed obbligati a fare, Gli strumenti del tuo corpo hanno ricevuto in male il suono, perché le tre potenze della tua anima sono raccolte nel nome del demonio, mentre dovresti raccoglierle nel nome mio.La tua memoria dovrebbe essere piena dei benefizi che hai ricevuto da me; mentre ella è piena di disonestà e di molti altri mali.

L’occhio dell’intelletto dovresti porlo col lume della fede in Cristo crocifisso, unigenito mio Figliuolo, di cui tu sei ministro; e tu gli hai posto dinanzi delizie, dignità e ricchezza di mondo, con misera vanità. L’affetto tuo dovrebbe amare solo me, senza intermediari; e tu l’hai posto miseramente nell’amare le creature ed il tuo corpo; anzi ami i tuoi animali più di me. E chi è che me lo mostra? L’impazienza che hai verso di me, quando io ti togliessi la cosa che molto ami, e il dispiacere che provi verso il prossimo, quando ti paresse di ricevere qualche danno temporale da lui. Odiandolo e bestemmiandolo, tu ti parti dalla carità mia e sua. O sventurato! Sei stato fatto ministro del fuoco della mia divina carità, e tu, per i tuoi disordinati diletti e per il piccolo danno che ricevi dal tuo prossimo, la perdi.

O figliuola carissima, questa è una di quelle tre miserabili colonne, di cui ti parlai.


CAPITOLO 127

Come nei cattivi ministri regni l’avarizia. col prestare ad usura, ma specialmente vendendo e comprando i benefizi e le prelazioni. Mali che per questa cupidigia sono venuti alla santa Chiesa.

Ora ti dirò della seconda, cioè dell’avarizia, poiché tu, o mio ministro. divieni miserabile proprio a causa di quello che il mio Figlio ha dato con tanta larghezza, per la qual cosa tu vedi che sul legno della croce il suo Corpo versa sangue da ogni parte. Non ha ricomprato con oro o argento, ma col sangue. per larghezza di amore, una metà del mondo, ma tutto il genere umano, passato, presente e futuro.

Non vi è amministrato Sangue, senza avervi insieme amministrato e dato il fuoco, perché vi ha dato il sangue per fuoco d’amore. Né vi ha dato il fuoco o il Sangue senza la mia natura divina, perché perfettamente unì in sé la natura divina con la natura umana; e di questo Sangue. unito alla Divinità per larghezza d’amore, io ho fatto ministro te misero. E tu, o misero, per la tua avarizia e cupidigia, ti sei ridotto in tanta strettezza verso quello che il mio Figliuolo ha acquistato sulla croce, cioè le anime ricomprate con tanto amore, e verso quello che Egli ti ha dato col farti nel letame! Tu devi essere specchio d’onestà, e tu sei specchio di disonestà. lo sopportai che gli fossero legate le mani, per sciogliere te e tutto il genere umano dal legame della colpa, invece tu laidamente eserciti in miserabili toccamenti le tue mani, unte e consacrate per amministrare il santissimo Sacramento. Tutte le tue operazioni, che sono significate dalle mani, sono corrotte e indirizzate a servizio del demonio. O misero! E dire che io t’ho posto in tanta dignità, perché tu serva solamente a me, tu ed ogni altra creatura ragionevole! ministro del Sangue, che ti metti a vendere la grazia dello Spirito Santo, volendo che i tuoi sudditi ricomprino da te quello che tu hai ricevuto in dono.

Non hai disposta la tua gola a mangiare anime per il mio onore, ma a divorare denaro. E ti sei fatto tanto stretto nella carità per quello che hai ricevuto con tanta larghezza, che io non entro in te con la grazia, nè ci entra il tuo prossimo con l’amore. Le sostanze temporali che tu ricevi in virtù di questo Sangue, le ricevi largamente; ma tu, misero avaro, non sei buono altro che con te, e come ladro, degno della morte eterna, involi quello che è dei poveri e della santa Chiesa, spendendolo lussuriosamente con femmine, con uomini disonesti e con i tuoi parenti: lo spendi in delizie e ci mantieni i tuoi figliuoli.

O miserabile, dove sono i figliuoli delle vere e dolci virtù, che dovresti avere? Dove è l’infuocata carità con la quale dovresti amministrare? Dove è il desiderio ansioso del mio onore e della salute delle anime? Dove è il profondo dolore che dovresti sentire nel vedere il lupo infernale portar via le tue pecorelle? Non vi è in te, perché nel tuo cuore stretto non c’è more nè di me, né di loro: tu ami solamente te stesso d’amore sensitivo, e con questo amore avveleni te e gli altri.

Tu sei quel demonio infernale che le inghiottisci con disordinato amore; altro non brama la tua gola, e perciò non ti curi che il demonio invisibile se le porti via; tu, vero demonio visibile, ti sei fatto strumento per mandarle all’inferno.

Chi vesti e ingrassi con quello che è della Chiesa? Te e gli altri demoni insieme con te, e gli animali, cioè i grossi cavalli che tu tieni per il tuo diletto disordinato e non per necessità. Dovresti invece tenerli per necessità, non per diletto. Questi piaceri sono degli uomini del mondo, ma i tuoi diletti devono essere i poveri e il visitare gli infermi, sovvenendo loro nei bisogni spirituali e temporali, poiché per altro non ti ho fatto ministro e data tanta dignità. Ma perché ti sei fatto animale bruto, perciò ti diletti in questi animali. Tu non vedi; poiché, se tu vedessi i supplizi che ti sono apparecchiati se non ti correggi, non faresti così, ma ti pentiresti di quello che hai fatto nel tempo passato, e ti correggeresti del presente. Vedi, carissima figliuola, quanto io abbia ragione di lagnarmi di questi miseri, quanta larghezza io abbia usata in loro, mentre essi usano tanta strettezza verso di me. Che più? Come io ti dissi, vi sono alcuni che prestano a usura, ma in molti modi sottili vendono il tempo al loro prossimo per cupidigia; la qual cosa non è lecita per in alcun modo del mondo.

Anche se fosse un dono da poco, ed egli con la sua intenzione lo ricevesse come prezzo per il servizio fatto all’altro col prestargli del suo, questa sarebbe usura, come lo è ogni altra cosa che ricevesse per il tempo che gli ha fatto prestito. Mentre io ho incaricato il misero di vietano ai secolari, egli fa lo stesso e più. Poiché, se uno gli va a chiedere consiglio sopra questa materia, siccome egli è nel medesimo difetto ed ha perduto il lume della ragione, gli dà un consiglio tenebroso e passionale, per quella passione che è dentro l’anima sua.
Questo e molti altri difetti nascono dal suo cuore stretto, cupido e avaro. Si può dire a lui la parola pronunziata dalla mia Verità, quando entrò nel tempio e vi trovò coloro che vendevano e compravano, cacciandoli fuori colla sferza di fune: « La casa del Padre mio è casa d’orazione, e voi n’avete fatta spelonca di ladroni ».

Tu vedi bene, dolcissima figliuola, che è proprio così: della Chiesa mia, che è luogo d’orazione, se n’è fatta spelonca di ladroni; essi vendono e comprano, e fanno mercanzia della grazia dello Spirito Santo. Onde tu vedi che quelli che vogliono le prelazioni e i benefizi della santa Chiesa, li comprano con molti doni, offrendo derrate e denari a chi sta dintorno; e i miserabili superiori non guardano se egli sia più buono che cattivo, ma per compiacergli e per amore del dono che hanno ricevuto, s’ingegnano di mettere questa pianta putrida nel giardino della santa Chiesa; e, miseri come sono, faranno per questo buona relazione di lui a Cristo in terra .
Così l’uno e l’altro usano la falsità e T’inganno verso Cristo in terra, laddove dovrebbero andare avanti schiettamente e con ogni verità. Ma se il Vicario del mio Figlio s’avvede dei difetti dell’uno e dell’altro, li deve punire: tolga all’uno il suo ufficio, se non si corregge e non emenda la sua mala vita; e a colui che compra. sarebbe bene clic gli desse in cambio la prigione, cosicché egli sia corretto del suo difetto, gli altri ne prendano esempio e temano, e nessuno si metta più a farlo. Se Cristo in terra fa questo, fa il suo dovere; e se non lo fa, non resterà impunito questo peccato.

Quando gli converrà rendere ragione dinanzi a me delle sue pecorelle.
Credimi, figliuola mia, oggi non si fa così; perciò è caduta la mia Chiesa in tanti difetti e abominazioni. prelati non cercano nè vanno investigando sulla loro vita, quando danno le prelazioni, se sono buoni o cattivi. Se qualche cosa cercano, ne domandano e cercano da coloro che sono cattivi insieme a loro; essi non renderanno buona testimonianza, perché hanno in sé stessi quei medesimi difetti.

Non guardano ad altro che a grandezza di stato, a gentilezza. ricchezza, e che sappiano parlare molto elegante. E, peggio ancora, talvolta si allegherà in concistoro che egli ha bella persona. Odi cose di demoni! Mentre essi dovrebbero cercare l’adornamento e la bellezza delle virtù, guardano piuttosto alla bellezza del corpo! Devono cercare gli umili poverelli, che per umiltà fuggono le prelazioni, invece di prendere coloro che le cercano con vanità e gonfia superbia.

Mirano alla scienza. La scienza in sé è buona e perfetta, quando lo scienziato ha la scienza insieme con la buona e onesta vita e con vera umiltà. Ma se la scienza è nel superbo, in chi è disonesto
e scellerato nella vita, essa è un veleno, e della Scrittura egli non
intende che il senso letterale; l’intende in tenebre, perché ha perduto il lume della ragione ed ha offuscato l’occhio dell’intelletto.

Con questo lume, e con la luce soprannaturale, fu chiarita e intesa la santa Scrittura, come ti dissi più a lungo in altro luogo. Sicché tu vedi come la scienza sia buona in sé, ma non in colui che non l’usa come la dovrebbe usare; anzi gli sarà come un fuoco vendicatore, se non correggerà la sua vita. E perciò i superiori devono guardare più alla santa e buona vita, che allo scienziato il quale guidi male la sua vita. Purtroppo essi fanno il contrario; anzi reputano matti e spregiano i buoni e virtuosi, che siano grandi nella scienza; e schivano i poverelli, perché questi non hanno niente da donare loro.

Così tu vedi come abbondi la menzogna nella mia casa, che deve essere casa d’orazione, in cui ha da rilucere la margherita della giustizia, il lume della scienza con vita onesta e santa, e con l’odore della verità. I miei ministri devono possedere la povertà volontaria, conservare con vera sollecitudine le anime, e trarle dalle mani dei demoni; invece appetiscono le ricchezze. E si sono presa tanta cura delle cose temporali, che hanno abbandonato del tutto la cura delle spirituali, e non attendono altro che al giuoco, al ridere, ad accrescere e moltiplicare le sostanze temporali.

I miseri non si avvedono che questo è il modo di perderle, poiché se abbondassero in virtù e pigliassero la cura delle spirituali, come devono, abbonderebbero anche nelle temporali. E molte ribellioni ha avute per questo la Sposa mia, che ella non avrebbe avute. Essi « lascino i morti seppellire i morti » , seguano la dottrina della mia Verità e compiano in se stessi la mia volontà, facendo quello per cui li ho posti in dignità. Ma fanno tutto il contrario, mettendosi a seppellire le cose morte e transitorie con disordinato affetto e sollecitudine, strappando di mano quest’ufficio agli uomini del mondo. Questo è spiacevole a me e di danno alla santa Chiesa. Tali cose devono lasciarle ai mondani; cosicché un morto seppellisca l’altro, cioè, che coloro che sono posti a governare le cose temporali, le governino loro.

Perché ti dissi « l’un morto seppellisca l’altro? ». Ti rispondo che « morto » s’intende in due modi: l’uno è quando l’uomo amministra e governa le cose temporali con colpa di peccato mortale, per disordinato affetto e sollecitudine; l’altro modo significa che questo è un ufficio del corpo, trattandosi di cose manuali. Ora il corpo è cosa morta, non ha vita in sé, se non in quanto la riceve dall’anima, e ne partecipa finché l’anima sta in lui, non più.

Dunque questi miei unti, che devono vivere come angeli, hanno da lasciare le cose morte ai morti, ed essi governare le anime, che sono cosa viva e non muoiono mai quanto all’essere, governandole e amministrando loro i sacramenti, i doni e le grazie dello Spirito Santo, pascendole del cibo spirituale con buona e santa vita, A questo modo la mia casa sarebbe veramente casa d’orazione, abbondando delle loro grazie e virtù. E poiché essi non lo fanno, ma fanno il contrario, posso dire che essa è divenuta spelonca di ladroni, perché si sono fatti mercanti per avarizia, vendendo e comprando, come ho detto. Ed è divenuta ricettacolo d’animali, perché essi vivono disonestamente come animali bruti. Ne hanno fatto una stalla, giacendovi nel fango della disonestà; e così tengono le loro diavole nella chiesa, come lo sposo tiene la sposa nella sua casa.

Sicché vedi quanto male, anzi molto più, e quasi senza paragone maggiore di quello che ti ho narrato, nasca da queste due colonne fetide e puzzolenti, cioè l’immondezza e la cupidigia con l’avarizia.

Caterina Da Siena

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)