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Umorismo e spiritualità

Religione e Dio sono spesso oggetto di barzellette a non finire: Una risata ci salverà? Non è quindi solo la gioia, che occupa il posto più serio nell’ambito della spiritualità, ma la risata pura e semplice ad avere una specie di statuto teologico e salvifico: una risata ci salverà. Un invito a coltivare una opera utile e santa (15).



Ricordo a questo proposito quanto bene ha fatto in Spagna un bravissimo disegnatore religioso, un giovane sacerdote (Cortés), che per anni ci ha deliziato nella rivista Vida Nueva con queste scoppiettate di buon umore, un po’ Andaluso, con una vita di Gesù con vignette saporite, con una storia della Chiesa raccontata con buon umore, con una storia del padre, l’abbà in pantofole in cielo, tutto preoccupato per i figliuoli della terra. E poi una rilettura di tante vite dei Santi, raccontate così con il prezzo dell’umorismo e la creatività delle vignette, stile fumetti. Una vera e propria letteratura di grande pregio esegetico, teologico e spirituale. Alcune delle vignette e delle espressioni sono passate ad essere quasi un pensiero comune recepito dalla gente più semplice, un passaparola di buon sapore della spiritualità.

Vi è quindi nella gioia cristiana un invito a coltivare il buon umore. Sono tanti i santi che ridono e hanno fatto ridere spalancando il cuore all’umanità del nostro Dio. Ricordo ancora oggi di aver letto libri come D. Bosco che ride oppure altre raccolte di fioretti dei Santi che hanno reso umanissima e gradevole la santità. C’è una storia di santità del sorriso che ancora oggi invita tutti, in modo speciale i cristiani impegnati ad essere testimoni della gioia (16).

L’umore di Tersa d’Avila

Leggendo ad esempio l’articolo di Piero Pisarra sul modo di scherzare con Dio, mi sono ricordato spontaneamente della mia Madre santa Teresa di Gesù, la quale gaia com’era nel suo modo di parlare con le persone lo era anche nel parlare con Dio. Nel capitolo 37 della Vita ci ha dato un buon esempio di come si può vivere con una santa spiritualità della gioia, quando racconta del contrasto con cui lei si avvicinava ai confessori con una candida e gioiosa libertà di spirito mostrando “grazia”, cioè simpatia, e dall’altro lato del confessionale rispondevano piuttosto seri e seccati i confessori, mostrando, essa dice, “disgrazia”, pensando che la bella monaca cercava di ricattarli con un amore umano; alla sua grazia e simpatia rispondevano con toni piuttosto seri e disgustosi. La santa ci ride sopra, dicendo come lei lo faceva con grande amore e libertà, ma prendendo in giro tanta serietà ricordando come da quando ella aveva visto il volto del Signore, non c’era nessuna persona al mondo capace di accattivarla fuori del suo Signore.

Già, il suo Signore! Umano come noi, impastato con la nostra pasta, capace di compatirci perché divino ed umano insieme. Un Dio affidabile e trattabile, amico più di tutti gli amici. Ma scherza con questo Dio amico e lo apostrofa dicendo che qualche volta quando va a fare orazione e diventa difficile per lei trovarlo perché si nasconde, lo ricatta dicendo: “se io potessi nascondermi da voi quando mi cercate con amore, come voi vi nascondete quando io vi cerco, anche voi non sareste in grado di tollerare questo voltafaccia. Allora, Signore, state ai patti e non trattate così chi tanto vi ama”.
Ma, poi, se la prende con i re e le regine che la corte e gli apparati dei signori di questo mondo che non sono come il vero re e signore, ma hanno bisogno d’apparenza e farraginoso cerimoniale per farsi passare, riconoscere e riverire come re. E scherza pure con tutte le regole della buona creanza che obbligano ad usare titoli, cerimonie e salamelecchi, dicendo che è diventato una realtà insopportabile tanta falsità per chi vuole vivere una sana libertà di spirito.

Teresa quindi scherza con Dio. Come quando si lamenta con il Signore che le dice: “così tratto io i miei amici”. E Teresa ribatte: “per questo ne avete così pochi”.
E’ bello parlare con Dio in questo modo, quando ci si accorge, pur nella sublimità della vita mistica, che il nostro Dio è “affabile” e la conseguenza è che occorre imitarlo. Affabilità di un Dio che parla e a cui piace chiacchierare con noi, e che noi chiacchieriamo con lui, questa è l’orazione più semplice: trattare con lui come un padre, come con un amico. Come conseguenza i santi, imitatori di Dio amico, devono essere affabili, anzi affabilissimi. Siate più sante, più affabili con le persone di dentro e di fuori, consiglia Teresa. Con le prime perché ci sia sempre un clima di sana allegria, secondo il detto attribuito alla santa: “tristezza e malinconia fuori di casa mia”.

Con le altre, dice ancora la santa, affinché amino il vostro modo di vivere e non si spaventino della vita cristiana; che è come dire: fate propaganda con la gioia della bellezza della vostra vita, fate ingelosire le persone della buona scelta che avete fatto nel seguire Cristo nella vita contemplativa.

Si racconta di lei che in una occasione stava vicino alla porta del convento e scoppia in un grande risata. Una monaca troppo zelante disse: Madre, le persone che stanno fuori si scandalizzeranno di noi, se ridiamo così forte. Ma Teresa disse: “Meglio che ci sentano ridere che piangere”. E a una donna che si avvicinò tutta compunta a dire chi sa quale penitenze stanno facendo in questo momento le vostre suore, Teresa sbottò con queste parole: In questo momento stanno preparando una commedietta per le feste di Natale. Sono succosi esempi di come anche i santi sanno ridere con Dio e con le idee strane di Dio che vogliono subito sfatare (17).

Gioia e simpatia di Filippo Neri

Di san Filippo Neri, autentico giullare di Dio, si raccontano tante storielle succose. Forse questo santo della gioia, è un modello di come attraverso il buon umore ed un pizzico di argutezza, tutta toscana, ha potuto scherzare di se stesso e della sua santità. Sono celebri e sono passati anche all’onore dell’arte pittorica, gli incontri con san Felice da Cantalice a Campo dei Fiori, quando tutti e due scherzavano e si univano con scandalo di molti e gioia di alcuni al bel fiasco di vino che il fratello della questua portava sempre con sé.
Un esempio di libertà di spirito e di buona armonia fraterna. Filippo ha scherzato perfino con Carlo Borromeo il quale ha voluto sottoporre alla sua santità e alla sua sapienza una Regola per i suoi preti di Milano.
Filippo ha fatto venire fino alla casa del fratello analfabeta sul Palatino il Principe della Chiesa.
Trovandolo nell’orto ha detto a Felice di esaminare attentamente lo scritto del porporato, cosa che ovviamente quel fratello non poteva fare. Il giorno dopo è andato a dire all’Arcivescovo di Milano, che secondo il parere di quel fratello, tutto era a posto nella Regola scritta con tanta fatica.

Ed è nota la risposta data a Clemente VIII a proposito di una santona della Roma del tempo, celebre per le sue visioni. Inviato a visitarla per ordine del Papa ha voluto provare la sua santità chiedendo di mettere a posto le sue scarpe sozze e luride, suscitando il rifiuto e lo scandalo della grande santona. Con poche parole ha saputo dire al suo figlio spirituale il Sommo Pontefice: “Santità, poca santità”. Così, scherzando sulla sua santità, quella che molti riconoscevano e sulla sua fama, nota all’estero, non si vergognava di andare in giro attorno alla Chiesa nuova con un mazzo di ginestre o un gatto tra le braccia, o si faceva tagliare i capelli nel presbiterio, vicino all’altare.
E ha scandalizzato alcuni seri personaggi polacchi venuti da lontano a trovarlo per consultarlo su gravi questioni di coscienza facendoli aspettare mentre si faceva leggere pagine poco edificanti e scherzose di un famoso prete toscano, il Pievano Arlotto. Gesti di libertà di spirito, di una santità che brilla nel saper scherzare anche con se stessi e con gli altri, purché Dio sia sempre Dio. Lezioni importanti ieri ma anche oggi…

Per questo nella tradizione di tutte le religioni vi sono sempre questi uomini della gioia, dello scherzo, della battuta brillante, positiva ed illuminante, talvolta della testimonianza sconvolgente come quella dei “pazzi di Dio” o yurodive della tradizione greca e slava, uomini e donne, veri profeti di Dio, che con i loro scherzi e le loro battute sapevano evangelizzare ed annunziare l’amore di Dio richiamando al pentimento. Santi della gioia di Dio che, nell’estrema risorsa dell’amore pazzo di Dio, sono riusciti ad essere testimoni e predicatori della Buona Novella (18).

Conclusione

Un professore di filosofia spagnolo è stato sorpreso dall’affermazione di una professoressa dell’Università di Gerusalemme che riteneva che a differenza degli ebrei che considerano la gioia come un pilastro del loro atteggiamento di fronte alla vita, i cristiani non la coltivano (19). Anche qualche altro esponente religioso ha detto che i cristiani non dimostrano con la loro vita e il loro comportamento la gioia e la speranza di cui sono portatori per la loro fede nel Risorto. Occorre quindi reagire e testimoniare. Per questo vorrei finire con una serie di consegne semplici che vogliono essere come principi di vita spirituale e di testimonianza.

“Dio ama chi dona con gioia”, (2 Cor 9,7).

E’ Paolo che esorta a donare sempre con un sorriso sulle labbra, anche se nel cuore c’è la sofferenza del dono della vita. E’ la bellezza dell’ilarità e l’apostolato del sorriso. “Rallegratevi nel Signore, sempre, ve lo ripeto ancora, rallegratevi: (Fil 4, 4). E’ l’esortazione paolina, piena di umanesimo cristiano che porta a tutti il senso della presenza del Signore e della sua vittoria, con l’ottimismo ed il realismo umano-cristiano, in ogni circostanza, apprezzando tutti i valori (Cfr. Fil 4, 8-9).

“Il vostro parlare sempre sia con grazia, condito di sapienza (con sale), per saper come rispondere a ciascuno” (Col 4, 6). E’ ancora un invito di Paolo al buon parlare condito di sale, di umorismo. In lingua spagnola il parlare con questo linguaggio si chiama “salero”, cioè con buon umore e arguzia.

Siamo chiamati ad essere seminatori della gioia in questo mondo. Seguendo l’esempio di Gesù, per rendere amabile la via dell’amore e il volto del Signore. Avendo sempre la gioia nel cuore, il sorriso sulle labbra e una buona parola per tutti, piena della gaia simpatia del nostro Dio. In realtà vivere nella gioia è allenarsi per l’eternità come è stato scritto da C. S. Lewis “La gioia è la vera occupazione del cielo”.

1) G. Ferraro, La gioia di Cristo, Libreria Editrice Vaticana, 2000.
2) Cfr. il mio breve contributo Jubilate, in “Unità e carismi” n.1, 2000, pp. 2-4.
3) Roma, Editrice Borla, 2000, vol. 26 e 27.
4) Discorso 256 1-3: PL 38, 1191-1193.
5) Omelia Pasquale: PG 28, 1081.
6) Brescia, Morcelliana, 1980.
7) Carlo Lorenzo Rossetti, “Sei diventato il tempio di Dio”. Il mistero del tempio e dell’abitazione divina negli scritti di Origine, Roma, Gregoriana, 1998, pp. 143-173.
8) Gribaudi, Torino, 1992.
9) Cfr. M. Mantovani, Paolo VI, maestro e testimone della gioia, in “Unità e carismi” n.1, gennaio-febbraio 2000, pp. 23-30. Tutto il numero monografico è dedicato alla gioia.
10) Tutto il discorso pronunciato nell’Udienza del mercoledì 29 novembre 1972, in Insegnamenti di Paolo VI, X, Città del Vaticano, 1973, pp. 1210-1211.
11) Sulla gioia dei martiri cfr. i vari contributi del volume citato: Gioia-sofferenza persecuzione nei Padri della Chiesa, Roma, Borla, 2000
12) Chiara Lubich, Il dono della gioia, in “Unità e carismi” n. 1, 2000, pp. 5-8.
13) Milano, Gribaudi, 1999.
14) Brescia, Queriniana, 2000.
15) Una buona antologia di “scintille” di umorismo in P. G. Gianazza, Quando ridono gli angeli. Buon riso fa paradiso, Torino, LDC, 2001.
16) A. Dinis, Il sorriso dei religiosi, in “Unità e carismi”, n. 1, 2000, pp. 9-17.
17) Sulla gioia in Teresa d’Avila cfr. J. Gicquel, I fioretti di Teresa d’Avila, Roma, Città Nuova, 1980; P. L. Canobbio, La gioia cristiana in Teresa d’Avila, Roma, Teresianum, 2002.
18) Per un profilo A. Venturosi, Il profeta della gioia, La mistica di S. Filippo Neri, Milano, Jaca Book, 1999.
19) A. Lopez Quintás, Una gioia che nessuno vi toglierà, in “Unità e carismi” n. 1, 2000, pp. 38-44.



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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)