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Come e perché Pio IX corresse la lettera a Kanzler


Sulla doppia versione della lettera scritta da Pio IX al generale Kanzler pubblichiamo un articolo apparso su "L'Osservatore della Domenica" del 5 febbraio 1978 (p. 12) e poi ristampato nel volume Il leone nello scrittoio. Aneddoti e curiosità letterarie, Reggio Emilia, Città Armoniosa, 1980, pp. 163-165 ("Graffiti", 15).


di Nello Vian

Il 14 settembre del 1870, Pio IX prese un doppio foglio grande e scrisse il testo di una lettera, lasciando in bianco la metà a sinistra, come usava una volta nelle minute d'ufficio. Questo originale autentico, interamente autografo (Archivio Segreto Vaticano; Archivio Particolare di Pio IX, Stato Pontificio, Particolari, n. 180), è documento drammatico e commovente, poiché denota al vivo l'animo del vecchio Papa, dinanzi allo storico evento.

Porta in testa, a sinistra, l'indirizzo "Al Generale Kanzler Pro Ministro delle Armi" (Ermanno Kanzler Pro Ministro delle Armi che comandava le truppe pontificie) e occupa la prima e seconda pagina. Come scritta, si direbbe di getto, la lettera reca esattamente:  "Sig. Generale, ora che si va a consumare un gran sacrilegio e la più enorme ingiustizia; e la truppa di un Re Cattolico senza provocazione, anzi senza nemmeno l'apparenza di qualunque motivo cinge di assedio la Capitale dell'Orbe Cattolico, sento in primo luogo il bisogno di ringraziare Lei Sig. Generale, e tutta la truppa nostra della generosa condotta finora tenuta, dell'affezione mostrata alla S. Sede e della volontà di consacrarsi interamente alla difesa di questa S. Sede.

Siano queste parole un documento solenne che certifica la disciplina, la lealtà, ed il valore della truppa al servizio di questa S. Sede. In quanto poi alla durata della difesa sono in dovere di ordinare che questa debba unicamente consistere in una protesta atta a constatare la violenza, e nulla più; cioè di pochi colpi da tirarsi contro il nemico. In un momento in cui l'Europa intiera deplora le vittime numerosissime, conseguenza di una guerra fra due grandi Nazioni, non si dica mai che il Vicario di G. C. quantunque ingiustamente assalito, abbia ad acconsentire ad un grande spargimento di sangue. La causa nostra è di Dio, e Noi mettiamo tutta nelle sue mani la nostra difesa.
Benedico di cuore Lei Sig. Generale e tutta la nostra truppa. 14 settembre 1870"


 Le parole di benedizione e la data sono scritte sulla metà di sinistra, bianca, della seconda pagina, traversalmente; manca la firma, in luogo della quale valeva certo l'autografia. Quando rilesse, a togliere l'insistente (e significante) ripetizione della parola "S. Sede", sulla metà della lettera, il Papa sostituì, la seconda delle tre volte, quella di "Metropoli". Ma due altre correzioni, assai più importanti, introdusse, sempre di suo pugno, nella minuta.

Dove aveva scritto "pochi colpi da tirarsi contro il nemico", cancellata la frase, con un grosso tratto di penna, vergò sopra "aprire trattative per la resa appena aperta la breccia". E la data "14" mutò in "19", con un forte 9 sovrapposto al 4. Un amanuense o segretario trascrisse l'autografo sopra un doppio foglio uguale al primo, con il quale la copia si conserva. Curiosamente, vi si notano alcuni ritocchi ortografici, uno sintattico e qualche maiuscola in più, di protocollo (di che si preoccupano gli uomini di penna, fino in certi momenti!). Ma con tutta fedeltà riprodusse cassature e correzioni, all'atto della copia o successivamente. Aggiunse alla fine il nome del Papa, in forma italiana, non conforme questa volta al protocollo:  "Pio PP. IX".

Il minuto esame ha ragione di essere, perché le correzioni sostanziali danno indizio dello svolgimento degli avvenimenti e fanno quasi cogliere gli stati d'animo dell'ultimo sovrano del millenario Stato della Chiesa, in quei giorni più critici. La sera del 14 settembre, il ripiegamento delle truppe pontificie di copertura fuori della città era terminato, e si apprestava l'estrema difesa, dietro le mura. I soldati di Cadorna erano 50.000, quelli di Kanzler poco più di 13.000, con 150 pezzi d'artiglieria, un terzo in Castel Sant'Angelo.

Pio IX, espressamente, volle dare un attestato di riconoscenza a questo suo esercito, in parte di volontari, accorsi da più Paesi. Ritenne la difesa moralmente legittima, ma la limitò "a pochi colpi da tirarsi contro il nemico", per dimostrare la resistenza all'aggressione (egli aveva pur giurato di mantenere lo Stato della Chiesa, come garanzia della sua spirituale libertà). Il pensiero che la "causa" era di Dio gli restituì la serenità, e in uno di quei giorni riuscì a comporre fino la famosa sciarada. Come risulta ora da una testimonianza immediata, ciò accadde il 18, non il 20, asserito ancora malamente per mancanza d'informazione.

La correzione e trasmissione della lettera rimangono alquanto oscure. Ne esiste un altro originale, con la sola firma autografa del Papa, e che sarebbe quello consegnato al Kanzler la sera del 19, nella sede del suo ministero, in piazza della Pilotta. Esso porta appunto quella data, e la modifica alla disposizione sulla difesa da opporre. L'ordine di attendere che fosse "aperta la breccia" per le trattative di resa comportava certo una più lunga resistenza, in confronto di quello precedente di tirare "pochi colpi". Pio IX, ripugnante al sangue, avrebbe compiuto la sostituzione, per sottrarre i comandanti militari pontifici alle conseguenze di aver trasgredito l'ordine dei "pochi colpi", provocando le perdite (49 morti di parte italiana, una ventina di pontifici).

La lettera, antidatata al 19, avrebbe avuto in realtà la sua redazione finale posteriormente al 20. Ciò che farebbe pensare anche l'espressione "appena aperta la breccia", perché il Papa non poteva prevedere alla vigilia quanto accadde la mattina del 20, e l'espugnazione avrebbe potuto essere effettuata in altra maniera che aprendo il famoso varco a cannonate. Un nipote del capo di stato maggiore dell'esercito pontificio, maggiore Fortunato Rivalta, ha anzi narrato recentemente che la restituzione della lettera con l'ordine primitivo sarebbe avvenuta per mano di dame, con qualche coloritura romanzesca, Il testo della minuta primitiva riprodotto, testimonia in ogni maniera la più genuina disposizione di Pio IX, e la correzione rappresenta forse la conseguenza di circostanze che andarono al di là dei suoi intendimenti.

Un corrispondente di Giovanni Battista De Rossi gli riferì, in uno di quei giorni:  "E dicono che il Papa non vuole neppure una fucilata ". E fu egli, irritato e impaziente della durata della resistenza, a ordinare d'issare bandiera bianca sulla croce che sovrasta al vertice San Pietro in Vaticano.




Dopo la resa ancora colpi di fucile



Partiti da Roma il 21 settembre 1870 per Toulon, tre ufficiali che avevano comandato i "corpi esteri" dell'esercito pontificio (o almeno un buon gruppo di essi), il 27 settembre scrissero una lettera aperta al generale Davricau, comandante la ix divisione militare di Marsiglia, chiedendo i suoi buoni uffici presso il governo francese in loro difesa; la lettera fu pubblicata su "La Gazette du Languedoc" e ripresa integralmente da "L'Osservatore Romano" del 7 novembre 1870 (n. 225, p. 2).

I militari, "senza entrare nei dettagli della inqualificabile aggressione di cui sono state vittime la Santa Sede e il suo piccolo esercito", rilevavano il contegno dei soldati italiani dopo che fu innalzata la bandiera bianca:  "Avvenne che la colonna d'assalto disposta contro la breccia di Porta Pia, abusando della tregua accettata, non solo occupò la breccia, ma si portò in avanti tirando anche qualche colpo di fuoco sulla truppa pontificia, che rimase sorpresa da sì inopinato attacco. Fu in conseguenza di questo fatto che il generale Cadorna, pretendendo che la città fosse stata presa di assalto e così occupata, impose condizioni dure ed ingiuste". La lettera dei militari recava le firme del colonnello degli zuavi Appelt, del colonnello della legione di Antibes Perrault e del luogotenente colonnello dei carabinieri esteri Castella.

Il testo risultava "approvato dal generale Kanzler". Irritato per questa presa di posizione, il ministro della guerra italiano Cesare Francesco Ricotti-Magnani fece scrivere dal tenente generale del Comando territoriale di Roma Enrico Cosenz una lettera di richiesta di informazioni al generale Hermann Kanzler. La risposta di Kanzler in data 16 novembre 1870, sebbene forse pubblicata su qualche giornale dell'epoca, è solitamente ignorata dalla critica storica, mentre ha il suo interesse. Abbiamo la minuta autografa di tale risposta nelle "Carte Kanzler" dell'Archivio Segreto Vaticano. Ne riprendiamo il testo (Archivio Segreto Vaticano, Carte Kanzler, b. 16) pressoché sconosciuto.
"A. S. E. il Tenente Generale Cosenz, Roma.

La lettera pubblicata nella Gazzetta di Languedoc non fu da me firmata. Sono però pronto di attestar la verità, cioè che una parte delle truppe assedianti la Piazza di Roma entrarono in Città, dopo esser stata per ordine di Sua Santità inalberata la bandiera bianca con ingiunzione di far cessare il fuoco mentre si avviavano i miei parlamentari al Quartier Generale nemico.

È altresì vero che unitamente alle truppe regie entrarono nella Città buon numero di fuorusciti che commisero gli eccessi noti a tutta Roma.
Tanto doveva in riscontro al pregiato foglio di V. E. n. 72, pervenutomi oggi stesso.
Generale Kanzler".



(©L'Osservatore Romano - 16 settembre 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)