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Le memorie archeologiche della prima evangelizzazione di Palermo

Dal terzo secolo i morti parlano dei vivi



di Fabrizio Bisconti

Papa Leone Magno ricorda, nei suoi scritti, le città di Palermo, di Lilibeo, di Messina e di Catania come sedi di diocesi, in perfetta coerenza con l'autorevole, ma più tarda,  testimonianza di Gregorio Magno che menziona Panormus come la più importante metropoli della Sicilia occidentale, attribuendo a questo centro il ruolo di sede amministrativa dei possedimenti della Chiesa in questo settore dell'isola (Epistulae, 7, 72).

Se non è mancata la consueta fioritura di leggende, specialmente di matrice locale, che riconoscono alla nobile città di Palermo un'evangelizzazione già in età apostolica, gli studi agiografici, storici e archeologici più recenti intravedono un'organizzata cristianizzazione della nobile città in età tardo antica e bizantina, quando questa divenne uno strategico crocevia tra oriente e occidente, con una particolare intensificazione di rapporti con l'Africa e Roma. In questo quadro, Gregorio Magno, vide nel ceto sociale degli aristocratici possessores dei territori palermitani un efficace strumento della sua attività politica e pastorale, ma anche un veicolo di evangelizzazione, che si concretizzò con l'edificazione di chiese, oratori, monasteri, istituti assistenziali, elargizioni di denaro ai poveri.

La città di Palermo, di probabile fondazione punica, mantenne il suo perimetro e il suo circuito murario sino al pieno medioevo. Entro questa cinta difensiva nacquero molti edifici di culto, forse già in età paleocristiana, ma, ai nostri giorni, rimangono solo chiese riconcepite dagli architetti normanni, anche se molte di queste, come la basilica di Santa Maria dell'Annunziata, furono distrutte nel Seicento, nell'ambito dell'intensa opera di demolizioni che, per più di un secolo, interessò la grande area antistante il Palazzo reale. Nella piazza della cattedrale è attestata archeologicamente una continuità di frequentazione dall'età romana a quella normanna, che rivela l'impianto di una basilica che, nell'estate del 603, secondo la testimonianza di Gregorio Magno (Epistulae, 14, 9), il vescovo Giovanni consacrò Beatae Virgini Mariae.

Ma le testimonianze archeologiche più interessanti, per quanto riguarda la cristianizzazione della città, provengono dal suburbio, dove sono situati i più importanti sepolcreti della tarda antichità e, dunque, del periodo paleocristiano. Molti ipogei sepolcrali sfruttavano gli anfratti naturali creati, nei secoli, dalle acque impetuose del fiume Kemonia a sud della città. Purtroppo, tali monumenti hanno subito innumerevoli danneggiamenti, tanto che l'unico ancora accessibile risulta essere quello di San Michele, situato al di sotto della chiesa romanica, che appare come uno dei più antichi edifici di culto dell'hinterland palermitano. Il piccolo ipogeo mostra tipologie sepolcrali assai simili a quelle riscontrate in monumenti funebri africani e propone manufatti utili al rito dei pasti funebri, ossia del refrigerium, il convito commemorativo, in onore dei defunti diffuso in tutto il Mediterraneo tardo antico.

L'altra necropoli paleocristiana di Palermo si estende nel sito definito Transpapireto, sulla riva del fiume, a poche decine di metri dalle mura urbiche, sfruttando la balza rocciosa di calcarenite conchilifera, che si sviluppa a ridosso dell'antica porta della città, definita Porta d'Ossuna, attribuendo la definizione a questa catacomba, che si propone come il più vasto cimitero paleocristiano di Palermo. Le catacombe di Porta d'Ossuna - sistematicamente restaurata dai responsabili della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra - nacquero, con tutta probabilità, nel IV secolo e furono sfruttate per tutto il v, per cui esse costituiscono la testimonianza archeologica più antica della diffusione del cristianesimo nella città di Palermo. In questo senso, tale monumento si colloca in quel quadro della evangelizzazione della Sicilia, che vede l'altro polo importante nella città di Siracusa che, con le catacombe di San Giovanni, di Santa Lucia e di Vigna Cassia, ci parla di un processo di cristianizzazione avviato già nel III secolo, come dimostra la deposizione della martire Lucia, che affrontò la prova estrema al tempo di Valeriano.

Un altro ipogeo più tardo si trova nei pressi della chiesa di Sant'Antonio, un un'area periferica a sudest della città. L'ambiente sotterraneo sfrutta quattro preesistenti depositi frumentari di età romana trasformati in una camera a pianta poligonale. Anche in questi ambienti, alcuni manufatti, nella forma di sedili e mensa funeraria, fanno arguire che qui si svolgessero i riti funerari di tipo conviviale, secondo una prassi assai sviluppata  specialmente  in Africa, come  ricorda  Sant'Agostino  e come testimoniano le necropoli di Tipasa, di Haidra, di Hadrumetum e di Sabrata.

A nordest della città è stata localizzato un cimitero all'aperto, ritenuto di età bizantina per la scoperta dell'epitaffio di un Petrus Alexandrinus, negoziante di stoffe, morto a Palermo il 22 gennaio del 602, durante il regno di Maurizio Tiberio. Tale cimitero mostra - alla luce dei recenti restauri - un fenomeno di continuità, tanto che quest'area fu occupata da un sepolcreto musulmano e, più tardi, da un quartiere medievale, che fu frequentato sino all'XI secolo.La splendida civitas di Panormus, secondo la definizione della Descriptio totius mundi, presenta una comunità cristiana già organizzata nel corso del IV secolo. Tale sicurezza storica proviene dalla cronologia di sei cimiteri comunitari, dimostrando, ancora una volta, come i morti possano "parlarci" dei vivi.

Non è escluso, poi che, come a Siracusa, il cristianesimo sia giunto nella città sin dal III secolo. Rare sono le notizie della stagione gota della metropoli palermitana, ma conosciamo le conseguenze dell'evergetismo di Belisario, di Gregorio Magno e della nobilitas cittadina in età bizantina, dimostrando come, dal VI secolo, Palermo avvia un percorso di progressivo arricchimento culturale, religioso ed economico che sfocerà nella civiltà normanna.

(©L'Osservatore Romano - 3 ottobre 2010)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)