00 08/01/2011 18:33
Storia di un antico simbolo del buon odore di Cristo

 

La “Rosa d’oro” alla Basilica di Gostyń

 

 

Roma, 25 marzo 2012

 

Il P. Procuratore Generale ha l’onore di comunicare a tutte le Congregazioni che Sua Santità Benedetto XVI, nel Cinquecentesimo della approvazione data dal Vescovo di Poznan ai miracoli da cui sorse il Santuario di N. S. “Rosa Mystica”, si è degnato di concedere la “Rosa d’oro” al Santuario-Basilica retto dalla Congregazione dell’Oratorio di Gostyń, la prima sorta in Polonia (1668).

 

Ringraziando il Sommo Pontefice per il gesto di sovrana benevolenza che rallegra l’intera Confederazione Oratoriana, il P. Procuratore Generale si unisce ai Confratelli della Congregazione per esprimere a Sua Santità i più filiali sentimenti di tutti i figli di San Filippo Neri. La solenne esecuzione dell’Atto Pontificio si terrà nella Basica-Santuario di Gostyń il prossimo 24 giugno.
 

 

Breve Pontificio
 

Benedictus PP. XVI
ad futuram rei memoriam.


In Monte Sancto Gostyni Sanctuarium Dei Matri, Rosae Mysticae, dicatum universos Poloniae apud fideles conspicuum nomen locumque obtinet. Etenim frequentes ad id omne genus peregrinatores caelestem Matrem veneraturi ac petituri superna beneficia, tum corporis tum spiritus, confluere solent. Inibi Confoederationis Oratorii S. Philippi Nerii sodales congruam operam dant ut per Ecclesiae sacramenta, Dei verba, fidelis populus convenienter colatur. Sanctuarii ipsius antiquitas, claritas et origo incitamento sunt, ut vita accomodatior teneatur ad Evangelii praescripta. Cum vero iam appetat quingentesima anniversaria memoria ex quo tempore Venerabilis Frater Joannes Lubrański, Episcopus Posnaniensis, Decretum evulgavit, quo miracula, eaque in isto Sancto Monte effecta, confirmata sunt. Saeculorum decursu locis iste veluti propugnaculum extitit catholicae fidei, quam Deiparae cultus confirmatus tutius est. Superioribus temporibus idem Sanctuarium B.M.V. - Rosae Mysticae - Venerabili Servo Dei Paulo VI, Decessore Nostro, annuente, ad altiorem gradum est evectum, scilicet ad Basilicae Minoris dignitatem, ut, amplificato honore, pietas pariter augeretur. Ut autem haec Aedes congruentius extollatur atque nihil in eo loco ornando, colendo, praetermittere cupientes ac postulationibus subvenientes Venerabilis Fratris Stanislai Gadecki, Archiepiscopi Metropolitae Posnaniensis, Nos Rosam ex aureo conflatam magna cum animi affectione harum Litterarum vi tribuimus et donamus, quae inibi exinde servabitur, peculiaris Nostrae benevolentiae veluti signum ac spectabile documentum, quo Sanctuarii huius praestantiam augere cupimus. Quae vero in sollemni benedictionis rosae caerimonia a Deo, Patre misericordiarum, efflagitavimus, ea rursus ab Eo postulamus ut omnibus hominibus bonae voluntatis affatim impertiat eosque supernis cumulet donis. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die XIV mensis Februarii, in SS. Cyrilli et Methodii die festo, anno MMXII, Pontificatus Nostri septimo 
 

Benedictus PP. XVI

 

 

La rosa d'oro del Papa

Benedetto XVI, visitando alcuni insigni santuari mariani, ha donato una rosa d'oro quale segno di pietà e devozione. Si tratta di un gesto antico, riservato al Papa e mai caduto in disuso: Paolo vi donò la rosa d'oro al santuario di Fátima nel 1965 e a quello della Vergine di Guadalupe nel 1966, mentre Giovanni Paolo ii la inviò alla Madonna nera di Jasna Góra nel 1982. 
 

L'accento posto, nel corso dei secoli, sul dono pontificio ha messo in ombra l'originario significato del gesto, che si inquadrava nella liturgia stazionale romana. Analogamente ad altri riti e tradizioni papali, anche per la rosa d'oro, possiamo distinguere due periodi: prima di Avignone e dopo il rientro dei Papi a Roma. 
 

Nel primo periodo, la rosa d'oro veniva benedetta durante la statio della domenica di Quaresima, che si teneva a Santa Croce in Gerusalemme. Nel corso della liturgia della domenica Laetare, il Papa portava nella mano sinistra, dopo averla benedetta, la rosa d'oro, che deponeva poi sull'altare della basilica sessoriana. Al termine della celebrazione eucaristica, il Pontefice la riprendeva e la portava fino al rientro nel patriarchio lateranense, donandola, infine, al prefetto dell'Urbe, che aveva partecipato al rito a nome della città. 
 

L'Ordo XI descrive la celebrazione nei dettagli. Il Papa si recava con solenne cavalcata, dal palazzo lateranense alla basilica di Santa Croce, dove cantava la messa, predicava tenendo in mano la rosa d'oro benedetta e, dopo essersi soffermato sulla liturgia del giorno, la mostrava al popolo, istruendolo sul suo mistico significato. Al termine della celebrazione ritornava al Laterano in cavalcata con la rosa in mano. Al portico della basilica, vestito di porpora con calze color oro, il prefetto di Roma - che lo aveva accompagnato a piedi, fungendo da palafreniere - lo aiutava a scendere da cavallo sostenendogli la staffa. Smontato dalla cavalcatura, il Papa gli donava la rosa, che egli riceveva genuflesso, baciando subito dopo il piede del Pontefice. 
 

Al rientro da Avignone si cominciò a benedire la rosa d'oro nel palazzo lateranense. A partire dalla metà del Quattrocento si destinò a tale scopo la sala dei Paramenti. Il cerimoniale di Patrizi Piccolomini e del Burcardo, pubblicato poi da Cristoforo Marcello, descrive la sequenza rituale, rimasta, con qualche piccola variazione, immutata fino al secolo scorso. Il testo ricorda che è consuetudine per il Papa nella quarta domenica di Quaresima, nella quale si canta Laetare Hierusalem, benedire la rosa d'oro. Destinata poi a essere donata dallo stesso Pontefice, immediatamente dopo la celebrazione della messa, a un principe, se presente al sacro rito, o a essere inviata a qualche personalità o istituzione dopo aver consultato i cardinali "in circolo nella sua camera o dove ad egli più piacerà".
 

All'inizio del rito la rosa d'oro veniva posta su un piccolo altare, appositamente allestito nella sala dei Paramenti, con due candelieri accesi. Il Papa, dopo aver indossato il camice, la stola, il manto e la mitra, si avvicinava all'altare dove era collocata la rosa. E deposta la mitra, iniziava il rito con il versetto Adiutorium nostrum in nomine Domini, il saluto liturgico e l'orazione di benedizione. Terminata la quale, un chierico di camera, in cotta e rocchetto, reggeva la rosa dinanzi al Pontefice, che la ungeva con il balsamo e introduceva una piccola parte di unguento, misto a muschio tritato, nel bocciolo più grande, dov'era stato ricavato un piccolo serbatoio. Balsamo e muschio gli venivano presentati dal sacrista pontificio.
 

Subito dopo, infuso l'incenso portogli dal cardinale primo dei preti, il Papa aspergeva con l'acqua benedetta la rosa e la incensava. Il chierico di camera la consegnava quindi al cardinale diacono che a sua volta la dava al Papa, il quale si recava ad assistere alla cappella con la rosa nella mano sinistra e la destra benedicente. Giunto al faldistorio davanti all'altare, prima di inginocchiarsi per un breve momento di adorazione, il Papa porgeva nuovamente al cardinale diacono la rosa, che veniva consegnata al chierico di camera, il quale la poneva sull'altare, nel mezzo, su un velo rosaceo ricamato in oro.
 

Al termine della messa, ripetuta l'orazione al faldistorio davanti all'altare, il Papa riprendeva la rosa con le stesse modalità e ritornava nella sala dei Paramenti, o nei suoi appartamenti, dove veniva ammesso il principe o il personaggio a cui la rosa era destinata. Questi genuflesso ai piedi del Pontefice riceveva il dono con queste parole: Accipe rosam de manibus nostris, qui licet immeriti locum Dei in terris tenemus, per quam designatur gaudium utriusque Hierusalem, triumphantis scilicet et militantis Ecclesiae, per quam omnibus Christi fidelibus manifestatur flos ipse speciosissimus, qui est gaudium, et coronam sanctorum omnium suscipe hanc tu dilectissime fili, qui secundum saeculum nobilis, potens ac multa virtute praeditus es, ut amplius omni virtute in Christo Domino nobiliteris tamquam rosa plantata super rivos aquarum multarum, quam gratiam ex sua ubertati clementia tibi concedere dignetur, qui es trinus et unus in saecula saeculorum. Amen. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti ("Ricevi dalle nostre mani, quale immeritato vicario di Cristo in terra, la rosa, con la quale è reso manifesto il gaudio delle due Gerusalemme, della Chiesa trionfante come di quella militante, e per la quale a tutti i fedeli di Cristo è significato Egli stesso, il fiore più splendente, che è la gioia e la corona di tutti i santi: accettala, Tu, o dilettissimo figlio, che in terra sei nobile, potente e ricco di virtù, affinché, come la rosa piantata lungo copiosi corsi d'acqua, così tutte le tue virtù siano in Cristo Signore nobilitate. A te, dalla sua infinita clemenza, si degni di concedere tale grazia, Colui che è uno e Trino nei secoli dei secoli. Amen. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo"). 
 

Qualora il destinatario non fosse presente, la rosa veniva fatta pervenire per mezzo di un'apposita legazione, della quale facevano parte anche i latori della rosa d'oro, membri del patriziato romano, la cui carica era prevista sino alla riforma della cappella e della famiglia pontificia compiuta da Paolo vi. La consegna della rosa era accompagnata da una lettera apostolica che ne illustrava il significato e da un'apposita istruzione dei maestri di cerimonia apostolici sui riti da osservare.
 

La benedizione della rosa era riservata sempre e solo al Papa. Infatti, quando egli era fuori Roma - come accadde nel corso della visita di Pio vi a Vienna nel 1782 - la rosa non veniva benedetta, ma si esponeva nella cappella papale quella benedetta l'anno precedente. Qualora nel corso dell'anno non fosse stata donata, si benediceva nuovamente la stessa rosa. Nel caso, invece, di impedimento del Pontefice, per malattia o per l'età avanzata, la rosa veniva benedetta nella cappella privata. Alcune volte, in ragione del calendario che faceva coincidere la quarta domenica di Quaresima con la solennità dell'Annunciazione, la rosa si benediceva nella sagrestia della basilica di Santa Maria sopra Minerva, dove si teneva la cappella papale. 
 

Originariamente la rosa d'oro indicava principalmente gioia e allegrezza per la Pasqua imminente, e aveva un profondo significato cristologico, in quanto - come recitava la preghiera di benedizione - essa rappresentava il giglio delle valli, il fiore di campo: cioè Cristo. All'unico Signore si chiedeva che la Chiesa, per mezzo delle buone opere, potesse associarsi alla fragranza di quel fiore e spandere il buon profumo di Cristo nel mondo. Così, a chi la riceveva in dono, veniva riconosciuto il compito di portare il buon odore di Cristo, con la vita e le opere al servizio della Chiesa. Anche il dono a una chiesa o a un santuario mariano riconduceva allo stesso significato: portare Cristo al mondo.
 

Circa l'origine del rito sappiamo che Leone ix (1049-1054) chiese ai monasteri da lui fondati in Alsazia di far giungere ogni anno a Roma una rosa d'oro già fusa, o il quantitativo d'oro sufficiente a confezionarla. La rosa doveva arrivare in città in tempo per la statio quaresimale della domenica Laetare. Dunque, durante il pontificato di Leone ix la cerimonia della rosa d'oro era data già in uso. Un erudito del Settecento, Francesco Annivitti, riprodusse il testo di un manoscritto conservato nel monastero di Santa Croce in Gerusalemme, contenente l'omelia di Onorio iii in occasione della domenica Laetare del 1217, che attribuiva ad un beato Gregorio Papa l'introduzione del rito. Chi fosse questo beato è difficile dire. 
 

A Benedetto XIV - sulla cui opera anche in campo liturgico non si è forse scritto e investigato abbastanza - dobbiamo molte notizie utili sull'argomento. Nella sua lettera Quarta vertentis, del 24 marzo 1751, troviamo un piccolo trattato sulla rosa d'oro, che egli mandava alla metropolitana di Bologna, sua antica sede episcopale. Papa Lambertini, infatti, fece studiare a fondo il significato e l'origine della rosa, promuovendo anche alcune accademie, svoltesi alla sua presenza. Molti scrittori sono concordi nel narrare che l'alsaziano Leone ix, volle sottoporre immediatamente alla Sede romana, esentandolo dalla giurisdizione del vescovo locale, il monastero di Santa Croce nella diocesi di Tulle. E a ricordo di questa libertà, impose di mandare al Papa, ogni anno, otto giorni prima della quarta domenica di Quaresima, una rosa d'oro o due oncie romane dello stesso metallo. Il pagamento di tale quantità di oro verrà puntualmente registrata nel Liber censuum di Cencio Camerario. 
 

Monsignor Lonigio, maestro di cerimonie sotto Paolo v, narra invece che Leone ix avrebbe chiesto il pagamento della rosa d'oro alla badessa del monastero di Bamberga, a ricordo dell'esenzione dalla giurisdizione dell'ordinario. Il Besozzi, altro erudito che aveva scritto sull'argomento, osservava che se Leone ix obbligò le monache di Bamberga a mandare la rosa d'oro, la tradizione di benedire la rosa esisteva già da qualche tempo. Benedetto xiv sposò questa affermazione, non ritenendo Leone ix autore del rito, in quanto la rosa d'oro era già consuete portari nella quarta domenica di Quaresima: parole che dimostrerebbero come il rito fosse stato precedentemente introdotto e che il Pontefice alsaziano ne avesse solo addossato la spesa al suo monastero.
 

Possiamo, pertanto, convenire con Benedetto xiv che si tratta di un rito particolarmente antico, già in uso al tempo di Leone ix. Gaetano Moroni sembra accogliere l'ipotesi che "questo sagro donativo vuolsi dai Papi surrogato a quello delle chiavi d'oro e d'argento, che con la limatura delle catene di san Pietro solevano benedire e inviare in dono ai grandi personaggi". 
 

Anche la forma della rosa mutò con il tempo. Originariamente era composta da un solo fiore, tinto di rosso nel bocciolo. Il rosso fu poi sostituito da un rubino e da altre pietre preziose. Successivamente la rosa assunse la forma di un ramo spinoso con più fronde, fiorito e con in cima una rosa più grande, in oro puro. Nel mezzo della principale era inserita una piccola coppa, con un coperchio o una sottile lamina forata, nella quale il Papa versava il balsamo e il muschio tritato, rito introdotto per imitare la fragranza soave della rosa e anche per sottolineare il profondo significato cristologico che le veniva attribuito. Infine, a partire dal XVI secolo, si cominciò a inserire il ramo di rose in un vaso e a sostituire l'oro con argento dorato. L'introduzione del vaso renderà scomodo al Papa reggerla nella mano sinistra e per questo il chierico di camera che presentava al Pontefice la rosa avrà il compito di portarla nel tragitto dalla sala dei Paramenti alla cappella, precedendo il Pontefice. 
 

Scorrendo la lunga lista degli oltre 180 destinatari della rosa d'oro, possiamo leggere anche una singolare storia del papato, che si interseca con avvenimenti grandi e piccoli, oltre che con note di colore. La prima rosa consegnata fuori Roma toccò a Fulcone d'Angers, che aveva dato ospitalità a Urbano ii (1088-1099). Le rose date ai dogi di Venezia erano, invece, considerate non come dono alla persona, ma alla Repubblica. Quella che Benedetto xi inviò nel 1304 al convento dei domenicani di Perugia fu ben presto venduta per sopperire alla necessità dei poveri. Enrico viii d'Inghilterra ne ricevette ben due: la prima da Giulio ii, l'altra da Leone x. Quelle donate da Martino v alla basilica vaticana e da Clemente vii alla confraternita del Gonfalone saranno parte del bottino dei lanzichenecchi nel sacco di Roma del 1527. 
 

Nel 1462 Pio ii la donò a Tommaso Paleologo, fratello di Costantino XI, ultimo imperatore di Costantinopoli, che il 29 maggio 1453 aveva trovato la morte sulle mura della città, ormai caduta in mano turca. Fu l'estremo omaggio del Papa umanista alla cultura di Bisanzio. Una certa eccentricità mostrò Sisto IV, che volle inviare alla sua città di Savona non una rosa d'oro, ma un ramo di rovere, allusivo al suo cognome e al suo stemma. Alessandro vi, invece, la concesse a Cesare Borgia. 
 

Alcune rose d'oro segnarono il restauro o l'abbellimento delle grandi basiliche romane, come quella donata da Paolo v alla basilica vaticana per la traslazione dei Papi santi di nome Leone nel 1608. Molte furono, poi, inviate alle cattedrali dove i Pontefici erano stati precedentemente vescovi: Innocenzo xii a Napoli, Urbano viii a Spoleto, Benedetto xiv a Bologna, solo per citarne alcuni. Tra i santuari mariani, quello di Loreto ne ricevette il maggior numero. Pio ix la mandò a Maria Adelaide di Savoia, consorte di Vittorio Emanuele ii, mentre Leone xiii ne fece dono a Mary Caldwell, unica borghese ad averla ottenuta, per i meriti acquisiti nella fondazione dell'università cattolica di Washington. L'ultima sovrana italiana a riceverla sarà la regina Elena, sposa di Vittorio Emanuele III di Savoia, nel 1937, da parte di Pio XII.
 

Infine, è significativo notare come, a partire dalla metà del Seicento, la rosa d'oro diventerà sempre più un dono destinato ai santuari mariani, alle regine o a personalità femminili, preferendosi per gli uomini altre distinzioni cavalleresche, in particolare lo stocco ed il berrettone, che si benedicevano a Natale: segno, anche questo, del mutare della percezione del valore simbolico del rito.

 

Stefano Sanchirico 
(©L'Osservatore Romano - 9 gennaio 2011)



Benedetto XVI consegna la Rosa d'Oro alla Madonna del Rosario di Pompei





Cingoli : pellegrinaggio dei nostri gruppi in occasione delle celebrazioni in onore di Pio VIII Castiglioni





La splendida Città di Cingoli, provincia di Macerata, si appresta a varare il programma per ricordare il suo figlio più illustre : Pio VIII, Francesco Saverio Castiglioni, nato il 20 novembre 1761, da nobilissima famiglia milanese trapiantata nel sec.XIV in territorio cingolano.
Il 31 marzo 1829, il cardinale Castiglioni salì al Soglio Pontificio a 68 anni, con il nome di Pio VIII.
L’attuale capo della Casata Castiglioni, Francesco Saverio Marchese di Botontano, si vanta che la Famiglia non ricavò alcun beneficio dall’ascesa al soglio pontificio del loro Avo che aveva scritto ai suoi parenti : “Nessun posto, nessuna pompa, nessuna elevazione!

Pio VIII morì a Roma il 30 novembre 1830 e sepolto in San Pietro dopo 20 mesi di pontificato.
Durante tutte le fasi della sua carriera ecclesiastica Francesco Saverio Castiglioni elargì dei preziosi e significativi doni al Capitolo della Cattedrale Cingolana che saranno esposti durante le prossime celebrazioni in suo onore.

Il gesto più prestigioso che Papa Pio VIII destinò alla sua città natale è il dono della Rosa d’Oro: un’antica consuetudine , riservata al Papa , mai caduta in disuso, che si inquadrava nella liturgia stazionale romana.
Anticamente il Papa benediva la rosa d'oro durante la statio della domenica detta di Laetare la IV di Quaresima, che si teneva a Santa Croce in Gerusalemme. Dopo la cattività avignonese la Rosa d’oro venne benedetta nel palazzo lateranense e successivamente in Vaticano con un cerimoniale che è rimasto immutato fino al secolo scorso. Il Papa nella quarta domenica di Quaresima, nella quale si canta Laetare Jerusalem, benedice la rosa d'oro, destinata poi a essere donata dallo stesso Pontefice, immediatamente dopo la celebrazione della messa, a un principe, se presente al sacro rito, o a essere inviata a qualche personalità o istituzione.

La Rosa d'Oro destinata alla Città e Diocesi di Cingoli fu consegnata il 21 marzo 1830, IV domenica di Quaresima, da monsignor Filippo Appignanesi, su incarico dello stesso Pio VIII, che volle accludere una sua lettera in cui spiegava il significato che intendeva dare a questo oggetto "Simbolo di Cristo Re dei Re, e Signore dei dominanti" e con le indicazioni per la consegna della rosa d'oro che avrebbe dovuta essere custodita nel monastero di Santa Caterina. ( Monastero cistercense fra i più importanti d’Italia, purtroppo è stato soppresso dallo stato unitario 150 anni fa e trasformato in Ospedale, il prezioso archivio rimasto è oggetto di studi e pubblicazioni).
Le Marche potevano vantare tre Rose d’Oro consegnate a Loreto, Urbino e Cingoli.

La Rosa d’Oro di Urbino fu consegnata ai francesi invasori dall’Arcivescovo
filo-napoleonico Mons. Spiridione Berioli nonostante le proteste spontanee dei fedeli e del Clero che volle rispondere fieramente alla linea conciliante dell’Arcivescovo verso gli invasori con l'assoluta intransigenza. Il Capitolo Metropolitano non volle assistere alla messa in suffragio del Ministro del Culto Giovanni Bovara.
Per questo tutti i dodici Canonici furono esiliati ad Ancona per 234 giorni.
L'Arcivescovo Berioli, ai cui Pio VII donò il perdono, dovette fare, per penitenza pubblica: ogni giorno, fino alla morte, dovette servire, come un semplice sagrestano, tutte le Messe che si celebravano nel Duomo di Urbino.
Ritorniamo alla bellissima Rosa d’Oro di Cingoli che è costituita “ ...da un cespo di rose, montato su un vaso, foggiato ad anfora, e su un basamento a sezione triangolare. Il tutto poggia, mediante tre piedini a disco, su un gradino liscio, che funge da supporto al basamento. Questo elemento in bronzo dorato presenta tre zampe leonine desinenti a voluta fogliacea alla base, spigoli smussati percorsi da festoni, e le raffigurazioni delle Virtù teologali, Fede, Speranza e Carità sulle tre facce. Dal bordo superiore del basamento, caratterizzato negli smussi angolari da tre teste di caprone, si diparte poi un ulteriore piedistallo su cui poggia un vaso, finemente decorato nella parte inferiore da un cespo di foglie d'acanto e, nel corpo centrale, da una cornice a girali e da festoni fogliacci pendenti da due protomi leonine. Dalla bocca del vaso, adorna tutt'intorno di palmette stilizzate, esce il cespo di rose. I fiori sono imitati con perfetta verosimiglianza, tutti in oro laminato sottile, con le foglie assai fitte. Le rose sono tredici: quella alla sommità ha una teca interna chiusa da un piccolo coperchio bucherellato che serviva per sprigionare profumi, le altre dodici, uguali, sono più piccole. Pare volessero significare Cristo e gli apostoli. Sulle foglie del cespo di rose si rilevano due bolli a garanzia della bontà superiore dell'oro a ventidue carati. La presenza di questi bolli non è usuale, visto che di regola non venivano mai bollate le oreficerie di provenienza papale. Quanto all'autore del raffinatissimo oggetto, data la mancanza di marchi personali, non è possibile avere certezze. Andrà comunque ricercato nell'ambito degli orafi ufficiali della corte pontificia, a cui venivano tradizionalmente affidati gli incarichi per l'esecuzione di queste particolarissime onorificenze. Comunque è logico supporre che anche questo spettacolare oggetto sia stato realizzato nella bottega orafa di Giuseppe e Pietro Paolo Spagna, a cui Pio VIII come s'è visto, era solito rivolgersi per commissionare le preziose suppellettili sacre.” Gabriele Barucca, Il Tesoro della Concattedrale di Cingoli e i doni di Pio VIII. Le Cattedrali, Macerata Tolentino Recanati Cingoli Treia, Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata, 2010.
Fino a qualche decennio fa la Rosa d’Oro veniva custodita a turno dai Canonici della Cattedrale. Poco prima della Messa Solenne dell’Assunta il Canonico Camerlengo la esponeva in cattedrale con la vigile presenza dei Carabinieri.
Successivamente per motivi di sicurezza ed anche perchè in Canonici son tutti morti le forze dell’ordine hanno preso in custodia il prezioso dono.
Scompare in questo modo l’immagine del Canonico, rivestito di ampio mantello, che riusciva a nascondere dagli occhi, terminata l'ostensione, la valigia che conteneva la Rosa d’Oro.
Diversi miei ex alunni dell’allora Istituto Magistrale mi hanno suggerito di organizzare un pellegrinaggio a Cingoli dei gruppi legati alla Tradizione litugica, recentemente esaltata dal Motu Proprio “Summorum Pontificum” e dall’Istruzione “Universae Ecclesiae”, con alcune tappe “obbligate” : il Santuario di Santa Sperandia, l’Insigne Collegiata di Sant’Esuperanzio Vescovo e la Concettedrale di Santa Maria Assunta.
Sarò lieto, non appena verificata la possibilità di alloggio per tutti, di rivolgere l’invito a tutti i gruppi legati all'antica tradizione liturgica "Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande" ( Benedetto XVI, 7-7-2007) di venire in pellegrinaggio a Cingoli nel ricordo di Pio VIII.
Buona calda giornata a tutti !
Andrea Carradori


Foto : Arredo per l'altare della Cattedrale, attr. scuola degli Spagna ( Roma)

La celebre "Rosa d'Oro" donata nel 1830 a Cingoli

Monumento a Pio VIII nella Cattedrale di Cingoli

Il ritratto di Pio VIII conservato a Palazzo Castiglioni ( Cingoli visitabile su prenotazione )


[Modificato da Caterina63 20/07/2014 14:35]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)