DIFENDERE LA VERA FEDE

Benedetto XVI riporta la Tiara NELLO STEMMA, ma vince LA TOPPA....

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    Caterina63
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    00 10/10/2010 23:02
    Da Rinascimento Sacro ecco la notizia

             

    Abbiamo visto tutti, dalle riprese TV dell’Angelus di oggi domenica 10 ottobre 2010 , come lo “stratum” di velluto della finestra papale del Palazzo Apostolico reca , da oggi, il nuovo artistico stemma del Papa ( la cui immagine è riprodotta)  donato da un fedele  in occasione del 5° anniversario dell’elezione di Benedetto XVI . Qui di seguito pubblichiamo il Comunicato Stampa dell’azienda Ars Regia che lo ha realizzato:


    COMUNICATO STAMPA
    Il nuovo stemma papale di Benedetto XVI


    FERRARA, 10 Ottobre 2010 – Nel corso della recita dell’Angelus di oggi, domenica 10 Ottobre, si è potuto ammirare per la prima volta il nuovo stemma papale del Santo Padre Benedetto XVI, ornato della tiara secondo l’antico uso.

    Questo stemma, interamente ricamato a mano, è stato realizzato dall’atelier ferrarese di paramenti sacri Ars Regia e ripropone lo scudo con gli emblemi del Pontefice e il Pallio ornato di croci rosse.  La parte esterna dello scudo è invece ispirata allo stemma di papa Barberini che si può vedere sui pilastri del Baldacchino berniniano nella Basilica Vaticana.

    La differenza rispetto al modello precedente – che alcuni attribuiscono al Cardinal Montezemolo – è che questo stemma reca nuovamente il triregno – la triplice corona del Sommo Pontefice – anziché la mitria, ripristinando l’antico uso, cui non aveva rinunciato nemmeno Giovanni Paolo II.
     
    L’innovazione della mitria a tre fasce, che aveva creato qualche perplessità negli esperti d’araldica, si affianca alla foggia tradizionale.

    Pietro Siffi, titolare di Ars Regia, commenta: «Altri stemmi con la tiara erano stati da noi realizzati per alcuni paramenti indossati da Benedetto XVI sin dall’Avvento del 2007. Anche il parato pontificale che fu usato per l’inaugurazione dell’Anno Paolino ha tutte le vesti liturgiche con lo stemma papale ornato di tiara».


    A quanti attribuiscono a questo nuovo stemma una valenza ideologica, Pietro Siffi replica: «Gli stemmi degli Abati, dei Protonotari, dei Vescovi, degli Arcivescovi e dei Cardinali che si vedono sui portali delle Cattedrali e delle Curie di tutto il mondo recano il galèro, un antico copricapo con fiocchi che ora è caduto in disuso; ma nessuno ha mai tolto il galèro dallo stemma dei Prelati, così come nessuno ha tolto l’elmo o la corona dallo stemma dei nobili e dei sovrani. Anche il Papa non usa la tiara, ma essa rimane nel suo stemma». ©© 2010 
    ars-regia.com

    >> vedi il video dell’Angelus di Domenica 10 Ottobre 2010 su Ktotv


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 19/10/2010 11:49

    La tiara. Ovvero: “Tu sei Padre, Guida e Vicario”.

    Riflessione stupenda da Rinascimento Sacro

    Domenica 10 Ottobre scorso è stato esposto dalla finestra dell’Angelus
    un drappo nel quale lo Stemma di Benedetto XVI non appariva più nella foggia consueta. Si è temuto fosse cambiato lo stemma ufficiale del Papa ed ora, per evitare equivoci, si farà subito marcia indietro. Torna il vecchio drappo. Ma era proprio necessario?


    Cos’è la Tiara papale. Ovvero “Patrem, Rectorem, in terra Vicarium Salvatoris”.

    [...] Du Puy afferma che papa Simmaco (498-514) portava una corona sopra sua la mitria. Oggi si ritiene che la corona che sta alla base della tiara abbia inziat a comparire tra il IX e il XI secolo. Hefele che i Papi iniziarono la loro mitria episcopale con una corona di principe allorquando sovrani temporali al tempo di Carlo Magno e questa sembra una supposizione accettabile. Resta il fatto, comunque, che non si può trovare traccia di un simile uso nell’arte figurativa anteriormente al XIII secolo.

    La seconda corona venne aggiunta alla tiara da Bonifacio VIII (1294-1303) in modo che una rappresentasse una il potere spirituale, l’altra il potere temporale. Non sappiamo, però, se fosse proprio questa l’intenzione di Bonifacio VIII.

    La terza corona fu aggiunta sotto il pontificato di Benedetto XI (1303-1304) o di Clemente V (1305-1314). La tiara con le tre corone viene menzionata la prima volta in un inventario del tesoro papale che risale al 1315.

    Sin da quando ha assunto tale forma, la tiara è apparsa sempre come segno dell’autorità papale. A partire dal XIII secolo circa era guarnita di due nastri, originariamente di colore nero, uscenti dalla parte posteriore, come quelli della mitria.

    Il pomello e la piccola croce posti sulla punta della tiara non compaiono mai sulle tombe dei Papi del Medioevo. Sembra che questi ornamenti non siano apparsi prima del XV secolo. Si incontrano per la prima volta sulla preziosa tiara di Giulio II (1503-1513). Sfortunatamente ce n’è pervenuta solo l’immagine. I gioelli che l’adornavano furono consegnati per pagare le indennità di guerra imposte al Papa nel 1799 da Napoleone a nome della Repubblica.

    Come afferma giustamente Galbreath (Papal Heraldry, pag. 17) la tiara non ha niente a che vedere con il culto liturgico. Il Cardinale San Roberto da Bellarmino e l’araldista Giulio Cesare de Beatiano erano della medesima opinione ai loro tempi anche se Du Puy li contraddice. Secondo questo studioso la tiara è simbolo di potere spirituale e in nessun modo denota potere temporale. La prova che adduce il Beatiano a sostegno della sua affermazione che la tiara significhi potere temporale non ha solide basi. Egli scrive fantasiosamente che le tre corone rappresentino le tre parti del mondo allora conosciuto: l’Europa, l’Asia, l’Africa. Perchè allora non vennero aggiunte altre due corone dopo la scoperta della’America e dell’Australia? Nonostante la debolezza della sua argomentazione egli bene si accorda con l’opinione dei suoi contemporanei.

    E’ certo che quando presiede celebrazioni liturgiche il Papa porta la mitria e mai la tiara. Si può dunque concludere che la tiara non è un copricapo liturgico, ma piuttosto il segno del potere sovrano che esercita il Papa, nella sua doppia qualità di capo supremo della Chiesa e sovrano dello Stato Pontificio. Il bisogno di simboleggiare l’unità di questi due poteri influì certamente sull’evoluzione della tiara. E’ possibile pensare che l’importanza del potere temporale fu il motivo primo della creazione di una corona così maestosa, ma oggi il simbolismo specifico della tiara è quello della posizione suprema del Papa sulla Chiesa universale , e questo resterebbe intatto anche il potere temporale dovesse ancora una volta cessare del tutto.

    Nel corso della cerimonia dell’incoronazione il Cardinale protodiacono poneva la tiara sul capo del Sommo Pontefice dicendo: “Accipe tribus coronis ornatam, et scias te esse Patrem Principum et Regum, Rectorem Orbis, in Terra Vicarium Salvatoris nostri Jesu Christi, Cui est honor et gloria in saecula saeculorum”.

    La triplice corona pontificia potrebbe simboleggiare anche la supremazia del Papa sulle tre Chiese: militante, purgante e trionfante o anche il triplice ministero di sacerdote, di pastore, e di maestro della Fede. [...] 

    Tratto da Mons. Bruno Bernard Heim, “L’araldica nella Chiesa Cattolica: origini, usi, legislazione”, Libreria Editrice Vaticana.

    Sic transit gloria mundi. Ovvero tutto questo (per fortuna) è opinione.

    Come tutti sanno il drappo esposto dalla Loggia di San Pietro e dalla finestra degli Appartamenti Pontifici riportano lo Stemma Papale in segno di rispetto e decoro dell’Autorità del Pontefice Regnante. Niente di liturgico, certo, ma semplici vestigia di quel cerimoniale di corte che, volente o nolente, la Santa Sede si porta dietro fin dal Rinascimento. Come Sovrano di uno Stato dunque, anche il Papa espone le sue “armi”.

    Ora, ogni cristiano sa che l’unica vera “arma” di un Pontefice della Chiesa Cattolica è la Croce di Cristo. Ogni cristiano sa che ogni altro fastigio, corona, orpello, velluto, ammenicolo e apparato è solo un pour faire quelque chose su questa miserevole terra, davanti agli umani che son più tardi degli angeli nel comprendere le cose Sante di Dio, e che oro e bisso verranno un giorno depositati sulle tombe senza entrarvi, e lì si copriranno di polvere, com’è giusto che sia, finchè la consunzione del tempo li farà sparire.

    La Chiesa cattolica è sempre stata consapevole di questo straordinaria contraddizione tra il fasto e la ruggine, tra la salute e la tigna. Nel rito dell’incoronazione, quando certi Imperatori s’arrischiavano addirittura a prendersi da soli la corona, il Cardinale Protodiacono introduceva il neoeletto Papa alla Sua Corona apostrofandogli l’entusiasmo in maniera incredibile: “Pater Sancte, sic transit gloria mundi“. Lo annunciava solennemente per tre volte, tre volte bruciando della stoppa. Ciò che sembra impudenza è solo il senso cattolico della realtà e delle cose.

    Negli ultimi tre pontificati si è deciso di non svolgere il rito di Incoronazione, ponendo all’inizio un certo imbarazzo su cosa il neoeletto a questo punto dovesse fare. Ma poi da questi imbarazzi si esce, i cerimonieri s’ingegnano, ed ora il Papa “inizia solennemento il suo apostolato” ricevendo altri simboli, come il Pallio dalle croci rosse per esempio.

    Per Benedetto XVI il pallio fu una sciarpa mar(t)iniana, di cui i posteri non faranno memoria, essendo stata accuratamente grattata via anche dal tondo papale di San Paolo. “Sic transit gloria mundi“, appunto, anche per gli ingegneri della cerimonia. Ma la cosa più curiosa è apparsa da subito la foggia della tiara rappresentata sopra lo stemma di Benedetto XVI: una tiara dalla forma mitriata, meno panettosa, sempre in argento, con le tre corone unite da un palo. Era evidente che chi l’aveva proposta era rimasto in mezzo ad un guado. Si era cercato di smarcarsi dalla tiara tradizionale, senza giungere ad una vera mitria episcopale: ne uscì un’ibrido su cui oggi torniamo a riflettere.

    Questioni di stile. E di ruolo.

    L’elezione del nuovo Pontefice aveva dato modo ad alcuni ambienti di portare avanti un’idea che girava già da molto tempo: se Paolo VI ha deposto la sua tiara, e se i suoi successori non l’hanno più utilizzata, era giunto il momento di sostituire definitivamente il copricapo papale anche nello stemma.

    Non era certo un ragionamento araldicamente logico, dato che l’araldica è un sistema inerziale, e pertanto tende a conservare i segni di dignità anche quando sono desueti.

    In effetti, questo atteggiamento ha già dei precedenti: vi sono Vescovi che si sono allegramente tolti l’ingombrante galero prelatizio dallo stemma. L’attuale Vescovo di Siena, Antonio Buoncristiani, si è portato avanti e da anni sfoggia sullo stemma la stessa mitria che si vorrebbe per il Papa. Nel suo caso il blasone fa un po’ anglicano smarrito in terra cattolica, ma è così elegante che sarebbe degno, un giorno, di un paio di chiavi incrociate dietro lo scudo.

    Tuttavia, l’ostinata volontà di sostituire il simbolo papale ha da sempre una motivazione ideale abbastanza inafferrabile.  Parte da: “Il Papa non più un sovrano temporale, ma il Pastore della Chiesa universale” e finisce quasi sempre nel voler fare di Pietro un “primus inter pares“. E poichè la religione cattolica vive di simboli e di prassi, ancor prima che di dottrine, si è cercato di far scivolare il concetto nel “trascurabile dettaglio” dell’araldica ecclesiastica, che fino ad allora era rimasta ferma nelle sue certezze (si contano solo rari abusi nell’uso della tiara da parte di Vescovi: conferma indiretta, comunque, dell’autorità sovrana che quel simbolo esprime).

    Già ai tempi di Paolo VI, gli stemmi papali postconciliari spesso non riportano più il triregno ma una semplice mitria. Qualche esempio, assolutamente incoerente e pretestuoso, lo si vide anche sotto il pontificato di Giovanni Paolo I.

    Anche Giovanni Paolo II, suo malgrado si ritrovò in giro stemmi che andavano da questo

    a questo

    risalente al 1994, quando l’allora Arciprete della Basilica di San Pietro, il Cardinal Virgilio Noè, volle onorare il Santo Padre a modo suo e sostituendo la tiara dello stemma wojtyliano con una comune mitria, perpetuò il tributo nell’ intarsio marmoreo del pavimento.

    Oggi, il passo fatto fare allo stemma di Benedetto XVI fu decisamente meno coraggioso di quello. E se vogliamo, il pensiero che  lo ispira appare pure più ingarbugliato, giacchè il recente maquillage ha conservato proprio le tre “scandalose” corone di Padre dei Principi e dei Re, Rettore dell’orbe terracqueo e in terra Vicario del Salvatore nostro Gesù Cristo.

    Marketing papale. Ovvero quando si ha un’idea da vendere.

    Cimentarsi in un tale esperimento di creatività araldica è impresa assolutamente legittima, beninteso, dal momento che il Papa come sommo legislatore potrebbe decidere di mettersi in testa qualunque cosa, senza chiedere niente a nessuno.

    Tuttavia, è innegabile, che le continue modifiche degli stemmi papali negli ultimi quarant’anni, stiano rischiando di diventare una vera e propria strumentalizzazione del potere mediatico che lo stemma papale ha dimostrato di avere. In marketing si parlerebbe di branding, costruire un marchio attorno ad un’idea da vendere.

    Qual’è l’idea da veicolare col nuovo rifacimento è più difficile da definire di quanto si pensi. E del resto è dignitoso che un Papa debba avere uno stemma oggi e uno stemma domani, alla mercè di qualunque idea si possa avere del papato? E’ possibile “gestire” un simbolo della cristianità universalmente riconosciuto senza intaccare la teologia che rappresenta?

    Forse, con tutto il rispetto per chi decise effettivamente quel giorno, sarebbe meglio non si corresse a mettere e togliere di continuo addosso alla Sacra Persona del Pontefice i gagliardetti del proprio passaggio su questa terra.

    Non vogliamo giudicare, e qui sia ben chiaro, quello che effettivamente nel 2005 potrebbe essere un atto illuminato del Santo Padre, come s’è affrettato a dichiarare alla stampa  il Cardinal Cordero di Montezemolo, allorchè l’araldista deputato aveva ancora in mano i bozzetti da sottoporre al Papa.

    Ma certe scelte, tanto complesse e idealiste da non essere mai chiare e limpide, tradiscono se stesse. E’ chiaro che per buona parte del pontificato precedente c’è stato un continuo e costante intento nel trasformare l’immagine petrina di fronte ai media e all’opinione pubblica. E quando le novità si annunciano con tanto entusiasmo durante il lutto della Chiesa Cattolica, finiscono per sembrare l’atto finale di una lunga regia che cerca le sue inquadrature.  Ed è stato nell’avvicendamento dei regni, prima dell’uscita di scena, che i registi hanno forzato la scena per cogliere l’ultima occasione di consacrare pubblicamente la propria idea di Chiesa. “Sic transit gloria mundi”.

    A noi piace pensare, disposti ad essere smentiti e ricondotti alla giusta opinione, che questo Papa sia troppo santo per pensare al suo stemma e al suo vestire; che il Suo colloquio, cuore a cuore con Dio, lo impegni troppo per preoccuparsi di essere presentabile al mondo. E’ un Papa che regge davvero l’orbe terracqueo sulle sue spalle, come una Croce immensa, e considerate le tribolazioni che gli procuriamo ogni giorno, non ha che la corona di spine di Gesù Cristo per vantarsi.

    Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”.(GV 21, 17-18)

    Lo stile del Bernini per la piazza del Bernini.

    Domenica 10 Ottobre è apparsa un’altra foggia dello stemma papale non per creare polemica o per dar modo di gridare alla restaurazione ai soliti timorosi. La tiara non ci pare stia per tornare a breve sulla testa del Pontefice, nè pare sia in corso il rifacimento dello stemmario ufficiale. Il drappo è stato solamente il dono devoto, grato e sincero di un marchigiano per il Santo Padre in occasione del quinto anniversario della Sua Elezione al Soglio Pontificio. Un dono necessario a rimediare al vecchio drappo che ancora portava coperte alla bell’e meglio le insegne precedenti. E Dio benedica chi ha avuto la nobile serenità di utilizzarlo perchè bello, ben confezionato ed atto al suo semplice scopo: esporre i segni dell’Autorità papale ai fedeli.

    Si è pensato, come è stato suggerito, di presentare l’intero blasone papale secondo la foggia berniniana perchè si converrà che nessuna altra foggia sarebbe stata più consona nella piazza del Bernini. La foggia rinascimentale d’altronde già compare su altri parati donati al Papa, e anche in questo caso scudo, copricapo e sostegni sono in stile. Pretendere che l’araldica papale s’adegui ad un solo stile sarebbe fuorviante. L’araldica trascende la pura espressione artistica e rimane declinabile secondo la convenienza.

    Pare, tuttavia, che l’interesse creatosi attorno allo stemma papale rappresentato sul nuovo drappo abbia incontrato il disappunto di alcuni, e di disappunto in disappunto, ci si sarebbe mossi per risolvere la cosa. Così Domenica prossima, dalla finestra del Papa, molto probabilmente  torneremo a rivedere esposto il drappo precedente. Quello con la toppa bianca.

    Scelta legittima, se a casa propria ognuno mette fuori i panni che vuole. Ma ci si può chiedere preoccupati: tutta questa fedeltà alla linea non finirà per trascinare nuovamente il Santo Padre nel Sinedrio delle nostre opinioni, dividerci le vesti, e abbandonarlo, ancora una volta, davanti al chiacchiericcio del mondo?

    La Croce. Ovvero il dettaglio che fa la differenza.

    Ad un’attenta analisi, la questione dello stemma di Benedetto XVI, cioè cosa abbia o meno in capo, non dovrebbe neanche sussistere. Considerando quanto Mons. Heim dice a proposito della tiara, dovremmo infatti convenire che, pur nella sua nuova, incomprensibile foggia, e a dispetto di quanto si è andato affermando a priori, lo stemma del Pontefice Regnante ha sempre avuto in capo una tiara.

    Le tre corone di Patrem Principum et Regum, Rectorem Orbis, in Terra Vicarium Salvatoris sono bene evidenziate e il palo che enfaticamente le unisce, non fa altro che esaltare il significato della riunione dei tre poteri nell’unica Persona del Pontefice.

    Il copricapo è di colore argento, e interpretandolo per l’unica cosa che potrebbe rappresentare secondo la storia araldica, è di metallo. E questo sarà l’unica interpretazione possibile finchè nell’uso dei prossimi anni non invalga veramente e di fatto una mitria di stoffa siffatta, mai vista prima, argentata, fasciata e impalata.

    La forma, sedicente mitriata, a questo punto sarebbe solo una scelta stilistica allusiva, discutibile ma possibile, che tuttavia non pregiudica affatto la forma conica della tiara.

    Ma alla fine sta  il vero paradosso. Si voleva episcopalizzare lo stemma  del Papa, in realtà le si è tolto il sommo onore.

    Infatti, l’unica cosa che ci si è dimenticati di mettere, all’apice, sopra il tutto, è lo splendore della Croce di Cristo.

    ***

    Questa è una mitria. E chi la porta è un vescovo all’ultimo Sinodo.

    ***

    Questa è una tiara. E chi la dovrebbe portare è il Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica.


    Benedictus benedicat Benedictum.




    Fraternamente CaterinaLD

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    Caterina63
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    00 19/10/2010 11:52
    Vi segnialiamo anche:

    Il Triregno (la Tiara) in uso ai Pontefici: non si usa più ma non è abolito il simbolo

    Che cosa è il FALDISTORIO? A che cosa serve?

    Che cosa è il PALLIO ?

    Il Pastorale (Ferula) del Pontefice

    Cosa veste il Papa per la Liturgia?

    COSA VESTE IL PAPA PER LA LITURGIA (2) ?



    Faccio una breve riflessione a quanto sopra riportato da Rinascimento Sacro:

    ho sempre visto in quella Mitria “pontificia” il segno di una Tiara SCOMODA per i nostri tempi e non per il suo sfarzo, ma per ciò che DICE E RAPPRESENTA, un “potere” che ha inizio sulla Croce e finisce “alla Destra del Padre” nella gloria, nell’attesa del Suo ritorno glorioso, ma anche di Giudice supremo….

    Non mi illudo a che essa possa ritornare legittimamente MENO MASCHERATA, a trionfare sullo scudo di un Pontefice che essendo davvero DOTTORE DELLA CHIESA come da anni non ne avevamo, non starà certo li a discutere come i bambini cappricciosi, ed umilmente lascia fare…lascia “giocare” questi bambini dispettosi con il suo Stemma…
     
    Benedetto XVI è davvero PADRE e in un tempo di gravi e grandi macchinazioni, apostasie, stravolgimenti, di certo non perderà il tempo prezioso verso dei Figli che pur accusando i figli più tradizionali di essere attaccati a pizzi e merletti, di fatto dimostrano di essere loro attaccati alla PEZZA…

    La PEZZA….se davvero non si può fare a meno di lasciare il gentile dono dello Stemma con la Tiara, che si tolga almeno quella pezza bianca che davvero ci fa tronare al monito del Vangelo: non si cuce una TOPPA SU UN VESTITO NUOVO!
    Questo è da cinque anni lo Stemma di un grande Pontefice Dottore della Chiesa, questo gli hanno imposto, questo ci hanno imposto….UNA TOPPA!




     

     

     

    Vi segnialiamo L'UNICA MITRIA al momento esistente, tratta dallo stemma di Benedetto XVI:

    http://philippi-collection.blogspot.com/2010/12/mitre-of-papal-coat-of-arms.html


    da una traduzione sommaria....cliccare sulle foto per ingrandirle











    È possibile leggere alcuni commenti critici dal punto di araldica corretto circa la mitra utilizzati nel nuovo stemma del Santo Padre dal Sig. Maurizio Bettoja, membro della Società Italiana di Studi Araldici (SISA) (purtroppo solo in lingua italiana):

    Lo stemma di Benedetto XVI di Maurizio Bettoja

    Uno stemma Assurdo di Maurizio Bettoja

    Negli articoli sopra la mitra è descritto come "Mitria zebrata" (per il mitra è alla ricerca simile a quello trippe sulla pelle di una zebra).

    Nella sua lettera al direttore del giornale tedesco Die Tagespost datato 24 maggio 2005, pagina 16, il signor Stephan Uano mitra descrive questo come "Mitriara" (nuova creazione delle parole "Tiara", "mitra" e).


    [Modificato da Caterina63 25/09/2011 12:45]
    Fraternamente CaterinaLD

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    Caterina63
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    00 24/10/2010 16:57

    Tiara o mitra?



    All'Angelus di oggi l'ambiguo stemma papale da vescovo anglicano, confezionato dal card. Montezemolo in era Piero Marini, è tornato stabilmente alla finestra del Papa. Quello 'miracolosamente' apparso due settimane fa, che inalberava la tradizionale tiara, è finito, ben ripiegato, in qualche deposito vaticano. Del resto, era intervenuto perfino Avvenire, il quotidiano dei vescovi, a richiamare all'ordine l'appartamento papale. Dato che domenica scorsa il Papa era apparso alla loggia centrale, e quindi non contava (là c'è un apposito drappo, con mitra, e nessuno si aspettava che fosse cambiato), v'era attesa per vedere oggi se, affacciandosi alla solita finestra, avrebbe continuato ad usare il 'nuovo' stemma con la 'vecchia' tiara apparso due domeniche fa, oppure sarebbe tornato allo stemma mitrato. Ora lo sappiamo. Leggiamo dunque questo articolo, scritto alcuni giorni fa con preveggenza.

    di BARONIO
    BENE FECERUNT

    Eh sì, bisogna ammetterlo: ci eravamo sbagliati. L'idea della tiara è stata un errore grossolano, una dimostrazione di ingenuità degna di un abatino idealista.

    Dobbiamo riconoscerlo con franchezza e lealtà: bene ha fatto chi di dovere a intervenire, perché cose del genere sono davvero improponibili e al limite della sovversione. A nostra parziale giustificazione, possiamo addurre di non esserci ancora abituati al novus ordo che regna oltretevere da qualche decennio, e continuiamo ostinatamente a pensare che, in una società monarchica come la Chiesa, sia il Monarca a governare, e i sudditi a obbedire. E invece dovevamo tenere a mente che c'è la collegialità, che il governo è in mano alle commissioni, ai segretariati, ai consigli, agli uffici e, soprattutto, a personaggi influenti che non appaiono quasi mai in pubblico.

    Quando a Roma si sforbiciavano gli schemi preparatori del Concilio sostituendoli con bozze di ben altro tenore, l'Italia era scossa dai moti sessantottini. La lectio magistralis del bolscevismo aveva ottenuto ampio seguito: le sommosse e gli scioperi erano proclamati da anonimi comitati organizzatori che nascondevano, dietro un'entità impersonale ammantata di pseudodemocrazia, i soliti tre o quattro agit prop forti della loro arroganza e dei precetti appresi alla scuola del Comunismo. Lo strepito di questi sediziosi era inversamente proporzionale alla loro entità numerica, ma il clima di intimidazione – sostenuto dal braccio armato dei compagni che sbagliano, i brigatisti – fu sufficiente per sortire l'effetto desiderato e scardinare dalle fondamenta la società borghese.

    Analoghi comitati si costituirono all'interno della Curia, con identici mezzi e identiche finalità, applicate però alla Chiesa. Anche in quel caso l'autorità non seppe reagire alle prime avvisaglie della minaccia, e quando timidamente intervenne il danno ormai era fatto. Chierici ambiziosi si misero al servizio di lobbies ultraprogressiste, facendo credere che dalla base si levassero pressanti richieste di rinnovamento e di aggiornamento, mentre in verità le istanze dei fedeli erano ben altre, prima tra tutte la difesa dell'autorità e della gerarchia, che nel mondo civile avevano subito un colpo mortale. Paolo VI si lasciò convincere, con scarsa riluttanza, dagli sbrigativi metodi delle commissioni e di chi le manovrava, ed appose l'augusto chirografo a documenti e bozze, i cui autori avrebbe poi spedito in esilio. Ma quei documenti e quelle bozze nel frattempo eran diventati atti ufficiali della Chiesa, e non vennero mai sconfessati, nonostante il vizio iniziale che li inficiava. Bugnini lasciava a Roma una borsa colma di documenti compromettenti, e ne preparava un'altra per la Nunziatura di Teheran, ma i suoi sodali restavano ben saldi al proprio posto e continuavano a far carriera, proprio come in ambito profano non pochi teorizzatori della lotta armata fuggirono all'estero, mentre i loro eredi siedono ancor oggi in Parlamento, negli atenei, nelle aule dei tribunali. Ed altri eredi di altri maestri siedono ancor oggi in Curia, negli atenei pontifici, nelle Diocesi. È a costoro che si deve la sparizione dello stemma papale con la tiara, così come l'intemerata all'Ufficio delle Celebrazioni Pontificie, per riportare le funzioni papali allo squallore tribale del precedente Pontificato.

    Chi ha donato lo stemma papale di Benedetto XVI ornato di tiara ha pensato che non fosse poi un'idea così peregrina, visto che sono ormai tre anni che questo stemma è ricamato sui paramenti del Papa, e da ancor più tempo esso campeggia in bella vista nei giardini vaticani. E chi, nei Sacri Palazzi, ha accolto con entusiasmo questo dono per il Pontefice ha certamente creduto di far cosa gradita alla Santità di Nostro Signore, senza mettere in crisi la Curia romana.

    Il punto è un altro, e conviene che ciascuno di noi se ne faccia una ragione: il Papa non porta più la tiara perché c'è chi gliel'ha usurpata, e ci tiene ad innalzarla orgogliosamente sul proprio stemma. La tiara con le chiavi decussate è rimasta immutata – nihil innovetur! ammonirebbe Gianni Cardinale – sulla carta intestata di altri potentati, nonostante lo stesso Pontefice ne sia stato privato. E quella triplice corona, segno del governo sovrano sulla Chiesa, ormai appartiene esclusivamente a chi tiene a rivendicarne la proprietà, proprio perché sa bene cosa essa rappresenti. Vi diamo una notizia: non è la tiara ad esser stata abolita: si è abolito piuttosto il ruolo chi avrebbe diritto di portarla, il Papa Re.

    E l'altro punto, non secondario, è che chi si oppone alla falange dei progressisti ha il grave difetto – per così dire – di non condividerne la meschinità, l'ignoranza, la presunzione, la cialtroneria, l'assenza di scrupoli. Benedetto XVI ed i suoi pochi fedeli collaboratori sono persone colte, educate, dotate di grande signorilità e magnanimità. Non userebbero mai gli stessi metodi, perché lo giudicherebbero volgare, indegno, ripugnante. Così i primi si credono più forti, per il solo fatto di avere avversari leali e pazienti.

    Bene ha fatto quindi chi, nei filoni del progressismo più gretto, si è sentito esautorato da un Benedetto XVI qualsiasi, che non dovrebbe essere più considerato – nella loro mente ottenebrata – il sovrano del Vaticano né il capo supremo della Chiesa. Essi possono concedere al massimo che egli ne sia il presidente, il rappresentante, e colui contro cui la stampa si scatena a fasi alterne. Per questo sullo stemma del Papa la mitria è quasi ridondante, e vi è chi vorrebbe vedervi al massimo un galero a due fiocchi. Poiché è evidente che vi sono eminenze grigie che si credono ben al di sopra del Pontefice, e non fanno nulla per nasconderlo, anzi ne menan vanto, confidando che la propria insubordinazione valga loro le patenti di progressismo, indispensabili per far carriera proprio là dove la tiara si usa ancora.

    Ma una volta che si è insinuato il principio in base al quale il Papa usa la mitria perché se ne vuole enfatizzare il ruolo di Pastore al pari degli altri Vescovi, piuttosto di quello di unico e supremo Pastore al quale devono obbedienza anche i Vescovi: cosa impedirà agli autori di questa visione democratica del Papato di suggerire che il Pontefice rinunzi alla veste bianca? O che vada adabitare al Laterano, come Vescovo di Roma, rinunciando al Palazzo Aposolico? E perché conservare nello stemma le chiavi decussate, visto che i Vescovi non le hanno nel proprio? Perché non far pubblicare le Encicliche da qualche Dicastero o da un comitato di Cardinali, anziché riservarne la promulgazione al Papa?

    Ovviamente sono proprio quelli che si stanno dando daffare per raggiungere questo scopo che interverranno immeditamente per tranquillizzarci e dire che siamo profeti di sventura. Proprio come fecero con la riforma liturgica: il latino – pontificavano – rimarrà nella liturgia. E poi: la Messa è in volgare, ma il Canone sarà sempre detto in latino. E poi: il Canone è in vernacolo, ma la Consacrazione rimarrà in latino. E alla fine ci troviamo un pro multis tradotto in per tutti, e di latino non se ne vede l'ombra, a parte rarissime eccezioni. Profeti di sventura?

    A noi incurabili cultori del Papato vien nostalgia dei tempi in cui comportamenti del genere avrebbero meritato qualche mese a Castel Sant'Angelo, senza troppe cerimonie. O di un meno rinascimentale ma pur sempre efficace amoveatur, magari in quel di Teheran, dove si mandavano i reprobi, e donde oggi vengono i loro degni sostituti.

    Via la tiara dunque! Lasciamola a chi, finalmente senza ipocrisie, ci ha fatto capire – papale papale – chi comanda. Ma ci si lasci dire che sul capo di costoro, il triregno appare ridicolo né più né meno del copricapo del mago Otelma. Ci vuole ben altra levatura, ben altra classe e ben altro carisma per saperla portare.


    ********************************

     Breve riflessione e appello:

    Non mi ero fatta illusioni, seppur ci avevo sperato! Pazienza! Vorrà dire che poseremo anche questa delusione sulla bilancia di quelle ingiustizie per le quali il Signore ha promesso un riscatto di giustizia.... Wink  
    Il problema non sta appunto nelle delusioni le quali rinforzano la virtù dell'umiltà, della pazienza, della vera carità.... quanto piuttosto nel dramma di vedere il Vicario di Cristo PRIVATO nella sua legittima simbologia, proprio perchè NON appartiene a Lui in quanto Uomo, ma in quanto VICARIO DI CRISTO IN TERRA, nel suo specifico RUOLO....  
     
    Il Papa ci ha invitati a pregare per LUI perchè NON fugga davanti ai lupi.....  
     
    ebbene santo Padre,
    Beatissimo Padre! mi guardo bene dal suggerire cosa Ella debba fare o non fare, ma si guardi dai LUPI:
     
     se davvero Lei, Beatissimo Padre, non è più libero di portare almeno nella simbologia la legittima Tiara che non appartiene a LEI ma a CRISTO RE.... potrebbe significare per noi, piccolo gregge, che da qualcosa sta rischiando di scappare....  
    Dio non voglia!!  
    La mitezza è una grande virtù, ma anche preservare il gregge da certi lupi che se la ridono del Suo abbandonare la Tiara, richiede quell'uso del BASTONE da Lei stesso augurato in chiusura dell'Anno Sacerdotale....  
    Auguri Santo Padre!  
    Con o senza la Tiara non ci staccheremo da Lei, ma come Lei stesso insegna la nostra Fede E' FATTA DI SEGNI E DI SIMBOLI, se li aboliamo uno alla volta, anche la fede verrà meno!  
     
    Con affetto filiale, in ginocchio, mi benedica!  
    LDCaterina63  




     
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 16/11/2010 17:51

    Allarme: cambiamento dello stemma della Curia Romana in vista

    Con sorpresa e un certo sbalordimento ho letto il post di padre Z. che si è accorto come in questa pagina del sito Vaticano: http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_academies/acdscien/index_it.htm appaia un vistoso cambiamento nel disegno dello stemma degli organismi della Curia Romana, in particolare - per ora - della Pontificia Accademia delle Scienze (e - aggiungo - anche dell'Accademia delle Scienze Sociali):




    per un confronto con l'attuale stemma nella testata della Pontificia Accademia S. Tommaso:

    Sparita la tiara è apparsa una mitria (stile stemma personale del papa attuale) sopra le chiavi decussate. Il tutto con un disegno infantile e sgraziato.
    Orrore in vista, dunque, e colpo di mano in atto. Come giustamente nota p. Z. un conto è lo stemma personale di un pontefice, un conto è lo stemma dell'istituzione.
    La grammatica araldica è un linguaggio specifico, con i suoi segni e i suoi significati. Che senso possa avere parlare un linguaggio sgrammaticato non si riesce proprio a capirlo. A meno che non si voglia davvero introdurre un cambio di identità e abolire definitivamente un segno che - fino ad ora - non è MAI stato abolito dai Papi precedenti. A che pro non si sa, sebbene si possa seriamente dubitare che sia opera o richiesta di Sua Santità. C'è qualcuno che continua a lavorare per cambiare il modo di intendere l'autorità del Papa, ma eliminare i simboli araldici non pare proprio una grande trovata.

    PS.: Consoliamoci, almeno, guardando al
    sito del Patriarcato di Lisbona. Non pare che il locale Patriarca abbia nessuno intenzione di rinunciare alla Tiara che, per privilegio papale, timbra lo stemma della diocesi lusitana:
    A quanti ritengono che il motivo della de-tiarizzazione papale possa essere di origine ecumenica rispondiamo che ci pare stiano vaneggiando parecchio. Prova ne siano i copricapi, tuttora indossati in ogni occasione, di tutti i vescovi e patriarchi orientali, che chiamano appropriatamente "corona" il proprio sontuoso cappello:




    Testo presto da: http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz15St7I8hu

    E non mancate di inviare una mail di protesta all'indirizzo della pontificia(?) accademia delle scienze: academy.sciences@acdscience.va


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 21/03/2011 20:06
     

    L'orso del Papa


    Alla dedicazione della parrocchia romana di San Corbiniano - una liturgia esemplare per la cura e la partecipazione dei fedeli, tra i quali tantissimi bambini - erano presenti ben tre successori del fondatore della diocesi di Frisinga: oltre a Joseph Ratzinger, oggi Papa con il nome di Benedetto XVI, i cardinali Friedrich Wetter e Reinhard Marx. Un fatto eccezionale, che il parroco ha sottolineato nel suo caloroso saluto iniziale.

    Nell'omelia il vescovo di Roma, successore del primo degli apostoli, ha improvvisato una breve riflessione su questo monaco francese attratto dalla vita contemplativa che scese a Roma per fondarvi un monastero. Ma qui la sua vita cambiò in modo inatteso: il Papa lo ordinò vescovo per la Baviera, dove la popolazione "voleva farsi cristiana, ma mancava gente colta, mancavano sacerdoti per annunciare il Vangelo".

    Una scelta, quella di Gregorio II, che si rivelò di universalità - il santo infatti "collega la Francia, la Germania, Roma", ha sottolineato il Papa - e nello stesso tempo di unità: Corbiniano ci dice che "la Chiesa è fondata su Pietro" e che era la stessa "come oggi". Per una ragione molto semplice: Cristo è lo stesso, "la Verità, sempre antica e sempre nuova, attualissima, presente, e apre la chiave per il futuro".

    Parlando ai fedeli Benedetto XVI ha accennato all'orso che ha scelto di collocare nel suo stemma, episcopale e poi papale. Joseph Ratzinger ne aveva scritto per la prima volta nel libro autobiografico, tanto piccolo quanto prezioso, che pubblicò nel suo settantesimo anno e dove raccolse i suoi ricordi sino alla consacrazione episcopale. Raccontando come all'animale che aveva sbranato il cavallo di Corbiniano, in viaggio per Roma, fu imposto dal monaco di portare il suo fardello.

    Ratzinger, sulla traccia del prediletto Agostino, spiegava che quel peso - il carico episcopale di chi "tira il carro di Dio in questo mondo" - venne imposto a Corbiniano e al vescovo africano, attratti entrambi dalla contemplazione e dallo studio. "Ma proprio in questo modo io ti sono vicino, ti servo, tu mi hai nella mano", concludeva il cardinale ormai a Roma. Affidandosi all'unico Signore, come ogni giorno fa Benedetto XVI. Che resta sempre affezionatissimo al suo orso.

    g. m. v.



    (©L'Osservatore Romano 21-22 marzo 2011)










    SALUTO DEL SANTO PADRE
    DAVANTI ALLA MARIENSÄULE

    Marienplatz, München
    Sabato, 9 settembre 2006



    Quando, nel 1977, mi trovai davanti alla difficile scelta di accettare o no la nomina ad Arcivescovo di Monaco e Frisinga che mi avrebbe strappato alla mia consueta attività universitaria portandomi verso nuovi compiti e nuove responsabilità, riflettei molto. E proprio allora mi ricordai di questo orso e dell’interpretazione dei versetti 22 e 23 del Salmo 72 [73] che sant'Agostino, in una situazione molto simile alla mia nel contesto della sua ordinazione sacerdotale ed episcopale ha sviluppato e, in seguito, espresso nei suoi sermoni sui Salmi.
     
    In questo Salmo, il salmista si chiede perché spesso ai malvagi di questo mondo le cose vanno tanto bene e perché, invece, a molte persone buone le cose vanno così male. E allora il Salmista dice: ero stolto per come la pensavo; davanti a te stavo come una bestia, ma poi sono entrato nel santuario e ho compreso che proprio nelle mie difficoltà ero molto vicino a te e che tu eri sempre con me. Agostino, con amore, ha ripreso spesso questo Salmo e, vedendo nell’espressione “davanti a te stavo come una bestia” (iumentum in latino) un riferimento all'animale da tiro che allora veniva usato in Nordafrica per lavorare la terra, ha riconosciuto in questo “iumentum” se stesso come bestia da tiro di Dio, vi si è visto come uno che sta sotto il peso del suo incarico, la "sarcina episcopalis".

    Aveva scelto la vita dell'uomo di studio e, come dice in seguito, Dio lo aveva chiamato a fare "l'animale da tiro", il bravo bue che tira l'aratro nel campo di Dio, che fa il lavoro pesante, che gli viene assegnato. Ma poi riconosce: come l’animale da tiro è molto vicino al contadino, sotto la cui guida lavora, così io sono vicinissimo a Dio, perché così lo servo direttamente per l’edificazione del suo Regno, per la costruzione della Chiesa.

    Sullo sfondo di questo pensiero del Vescovo di Ippona, l'orso di san Corbiniano mi incoraggia sempre di nuovo a compiere il mio servizio con gioia e fiducia – trent'anni fa come anche adesso nel mio nuovo incarico – dicendo giorno per giorno il mio "sì" a Dio: Sono divenuto per te come una bestia da soma, ma proprio così "io sono con te sempre" (Sal 72[73], 23). L'orso di san Corbiniano, a Roma, fu lasciato libero.

    Nel mio caso, il "Padrone" ha deciso diversamente. Mi trovo, dunque, di nuovo ai piedi della Mariensäule per implorare l'intercessione e la benedizione della Madre di Dio, non solo per la città di Monaco e per l’amata Baviera, ma per la Chiesa universale e per tutti gli uomini di buona volontà.





    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 25/05/2011 19:15

    Regalata una bella tiara al Papa in nome dell'Unità dei Cristiani

    UT UNUM SINT!

    *
    *


    Leggiamo dal blog Orbis Catholicus una notizia: MIRABILE VISU!
    Chissà cosa diranno ora tutti quei prelati e parateologici postconcilianovaticanosecondisti che pensano che la tiara sia un orrido orpello medioevale, un abietto retaggio del potere temporale del Papa, un'ostacolo deprecando all'unità dei Cristiani.
    Insomma, a sentir loro sembra che la tiara sia l'origine di tutti i mali, e che sia stata cosa buona e giusta abbandonarla, in nome della tanto attesa e mai abbastanza lodata collegialità. E invece pare proprio che non tutti i cristiani la pensino (fortunatamente) allo stesso modo.


    Siamo ben consapevoli che questo evento non porterà alle conseguenze accarezzate dai più "nostalgici" (in senso buono) dei nostri lettori e, lo ammettiano, un po' anche da noi. Non vedremo, infatti, di nuovo il Papa con la tiara (almeno non a breve, temiamo).
    Ma l'occasione è buona per sottolineare il Primato del Vescovo di Roma, che la tiara (tra l'altro) simboleggia.


    La tiara, si sa, è pur sempre un copricapo, e come tutti gli accessori non è, va da sè, necessario nè indispensabile. Ma è utile ricordare il suo significato teologico che essa ha sempre avuto sin dall'inizio (significato che va al di là della mera "grammatica araldica" e dei significati che le son stati assegnati nel corso dei secoli, se pur in stretta connessione del primo). Ma per farlo abbandoniamo ogni discorso o valutazione "estetica". Fermiamoci al simbolo. Che già è importantissimo.


    Anch'essa infatti più di ogni altro paramento sacro, rappresenta ottimamente e visibilmente il ruolo primaziale del Papa sugli altri Vescovi, il suo compito di Capo, la sua funzione di Guida e di Pastore della Chiesa Universale, mistica Sposa di Cristo.
    L'intenzione degli offerenti è chiara e il messaggio esplicito: "Santo Padre, su di Lei si regge la Santa Chiesa di Cristo, Ella ne è il Capo, con Lei e sotto di Lei, per promessa divina, saremo di nuovo un corpo solo."


    Roberto


    Da Orbis Catholicus 2.



    Alla udienza generale settimanale di oggi il Santo Padre ha ricevuto un diadema fatto nuovo per lui e presentata da cristiani cattolici e ortodossi.
    La tiara è stato commissionato da Dieter Filippi (http://www.dieter-philippi.de/), un uomo d'affari tedesco cattolico che ha una grande devozione per il papato, nonché alla chiamata all'unità dei cristiani.
    La tiara è stata creata a Sofia, in Bulgaria dai cristiani ortodossi dello studio Liturgix (http://www.liturgix.com/).
    Oggi una piccola delegazione di cattolici romani e ortodossi bulgari in pellegrinaggio a Roma ha avuto l'onore di presentare la tiara al Santo Padre, in nome dell'unità dei cristiani.
    Complimenti a Dieter ea tutti i cattolici tedeschi e ortodossi bulgari coinvolto in questo meraviglioso progetto.
    Ut unum sint!



    foto: foto: L'Osservatore Romano; testo: Orbis Catholicus 2

    Tra i precedenti, la tiara consegnata dai cattolici ungheresi a Papa Giovanni Paolo II, nel 1981.

    Il Triregno di Papa Giovanni Paolo II






    LA SUPPLICHIAMO SANTO PADRE..... magari anche per una BenedezionieURBI ET ORBI, riporti l'immagine di Cristo RE E GLORIOSO, reggitore di ogni Potere.....





    [Modificato da Caterina63 25/05/2011 20:05]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 25/09/2011 12:47
    [SM=g1740733]  COSA VESTE IL PAPA PER LA LITURGIA (2) ?

    Abbiamo piacere di segnalare che il santo Padre Benedetto XVI ha indossato una stola sua personale per l'incontro Ecumenico ad Erfurt ....
    la notizia buona sta nel fatto che non è la solita stola con lo stemma del Papa declassato a mitria, MA CON LA TIARA....
    la stessa stola il Papa l'ha indossata una sola volta e non proprio in pubblico, tanto che non ci sono foto in giro.... il giorno della Festa di sant'Agnese per la benedizione degli Agnellini, in questo gennaio del 2011....


    Pope Benedict XVI leaves the Erfurt protestant monastery of St.  Augustin, on September 23, 2011, on the second day of the Pontiff's  first state visit to his native Germany. The 84-year old pope, German  born Joseph Ratzinger, has a packed program, with 18 sermons and  speeches planned for his four-day trip to Berlin, Erfurt in the  ex-German Democratic Republic and Freiburg.Pope Benedict XVI speaks at the Erfurt protestant monastery of St.  Augustin, on September 23, 2011, on the second day of the Pontiff's  first state visit to his native Germany. The 84-year old pope, German  born Joseph Ratzinger, has a packed program, with 18 sermons and  speeches planned for his four-day trip to Berlin, Erfurt in the  ex-German Democratic Republic and Freiburg.
    ERFURT, GERMANY - SEPTEMBER 23:  Pope Benedict XVI leaves the  church after leading an ecumenical devotion at the Augustinerkloster  abbey on September 23, 2011 in Erfurt, Germany. The Pope is in Erfurt on  the second of a four-day visit to Germany.ERFURT, GERMANY - SEPTEMBER 23:  Pope Benedict XVI prepares to lead  an ecumenical devotion at the Augustinerkloster abbey on September 23,  2011 in Erfurt, Germany. The Pope is in Erfurt on the second of a  four-day visit to Germany.

    Stola con  tiara di Benedetto XVI

    Fraternamente CaterinaLD

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    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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