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7. Conclusione

Per non rimanere troppo astratto, vorrei a conclusione illustrare quanto sono venuto esponendo con una immagine, che è desunta da una esperienza storica.

Papa Gregorio Magno (+ 604) racconta nei suoi dialoghi degli ultimi giorni di San Benedetto. Il fondatore dell’ordine benedettino si era coricato per dormire al pia­no superiore di una torre, alla quale conduceva dal basso «una scala diritta». Si era poi alzato prima del tempo della preghiera notturna, per un momento di veglia. «Stava alla finestra e supplicava Dio onnipotente. Mentre guardava fuori nel cuore della notte oscura, vide improvvisamente una luce, che si riversava dall’alto e dissipava tutta l’oscurità della notte... Qualcosa di meraviglioso si verificava in questa visione, come egli stesso più tardi raccontava: tutto quanto il mondo gli fu presentato davanti agli occhi, come raccolto in un unico raggio di sole»[13].

A questo racconto l’interlocutore di Gregorio fa obiezione, con la medesima domanda che si impone anche all’ascoltatore di oggi: «Ciò che tu hai detto, che Benedetto poté vedere avanti agli occhi tutto quanto il mondo raccolto in un unico raggio di sole, io non l’ho ancora mai sperimentato e non me lo posso neanche immaginare. Come infatti potrebbe mai un uomo vedere il mondo come un tutto?».
La frase essenziale nella risposta del Papa suona: «Se egli... vide tutto quanto il mondo come unità davanti a sé, ciò non avvenne perché il cielo e la terra si erano ristretti, ma perché l’anima di colui che guardava si era dilatata...».[14]

In questa narrazione tutti i particolari sono significativi: la notte, la torre, la scala, la stanza al piano superiore, lo stare in piedi, la finestra.
Tutto questo al di là della descrizione topografica e biografica ha una grande profondità simbolica: quest’uomo attraverso un cammino lungo e faticoso, che ebbe inizio in una grotta presso Subiaco, è salito sulla montagna e finalmente nella torre.

La sua vita fu un’ascesa interiore, gradino dopo gradino sulla «scala diritta». Egli è giunto nella torre e più propriamente nella «stanza al piano superiore», che a partire dagli Atti degli Apostoli ha il valore di simbolo del raccoglimento verso l’alto, dell’uscire dal mondo dell’agire e del fare. Sta alla finestra - ha cercato il luogo per guardare fuori e lo ha trovato, ove il muro del mondo è rotto e lo sguardo si apre verso lo spazio aperto. Sta in piedi.

Lo stare in piedi è nella tradizione monacale simbolo dell’uomo che si è raddrizzato dal suo ripiegamento, non più incurvato su se stesso può guardare solo per terra, ma ha recuperato la posizione eretta e così lo sguardo libero verso l’alto15.
Così egli diventa un veggente.

Non il mondo si restringe, ma la sua anima si dilata, perché egli non è più assorbito dal singolo oggetto, dagli alberi, che gli impediscono di vedere la foresta, ma ha acquisito lo sguardo verso la totalità. Ancor meglio: egli può vedere l’insieme, perché guarda dall’alto, ed a questo è giunto, perché si è dilatato interiormente. Sembra qui risuonare l’antica tradizione dell’uomo come microcosmo, che abbraccia il mondo intero. Ma l’essenziale è proprio questo: l’uomo deve imparare ad ascendere, egli deve dilatarsi. Egli deve stare in piedi davanti alla finestra.

Egli deve cercare con gli occhi. E allora la luce di Dio può toccarlo, egli la può riconoscere e acquisire così il vero sguardo panoramico. Lo sguardo alla terra non può diventare così esclusivo, da divenire incapaci di ascendere, di assumere una posizione eretta. I grandi uomini, che con paziente ascesa e con sofferta purificazione della loro vita sono divenuti veggenti e quindi maestri di tutti i secoli, interessano anche noi oggi. Ci indicano come anche nella notte si può trovare la luce e come possiamo affrontare le minacce che salgono dall’abisso dell’esistenza umana e andare incontro con speranza al futuro.

Note

1. W. Heisenberg, Der Teil und das Ganze. Gespräche im Umkreis der Atomphysik, Műnchen 1969, p. 117
2. Ibid.,  p. 117
3. Ibid., p. 118, cf. p. 295
4. Loc. cit. pp. 288ss
5.Il carattere negativo di questa voce viene chiaramente sottolineato ad es. in Apologia 31d «foné tís  ghenoméne … aéi apotrépei … prostrépei de oudépote». Cf sulla configurazione di questa voce R. Guardini, Der Tod des Sokrates, Mainz-Paderborn 19875, pp. 87ss.
6. Fondamentale per la comprensione della letteratura sapienziale dell'Antico Testamento è ancora G. von Rad, Weisheit in Israel, Neukirchener Verlag 1970; cf anche L. Bouyer, Cosmos, Paris 1982, pp. 99-128
7. Loc. cit., 290
8. Una buona informazione sull'attuale dibattito du questo tema offre G. Beintrup, Das Leib-Seele-Problem. Eine Einführung, Stuttgart 1996. Cf anche O.B. Linke - M. Kurthen, Parallelität von Gehirn und Seele. Neurowissenschaft und Leib-Seele-Problem, Stuttgart 1998.
9. J. Monod, Zufall und Notwendigkeit. Philosphisce Fragen der modern Biologie (tradotto dal francese. Piper, Munchen 19735), p. 149; cf pp. 141s: «so folgtdaraus mit Notwendigkeit, daß einzig und allein der Zufall, jeglicher Neuerung, jeglicher Schopfung in der belebten Natur zugrunde liegt. Der Reine Zufall, nichts als der Zufall, die absolute, blinde Freiheit als Grundlage  des wunderbaren Gebäudes der Evolution - diese zentrale Erkenntnis der modernen Biologie ist heute nicht mehr nur eine unter möglichen oder wenigstens denkbaren Hypothesen; sie ist die einzig vorstellbare, da sie allein sich mit den Beobachtungs - und Erfahrungstatsachen deckt». Cf J. Ratzinger, Im Anfang schuf Gott, Einsiedeln - Freiburg 19962, pp. 53-59.
10. Su Giobbe si veda innanzitutto il grande Commentario, che approfondisce anche i mderni sviluppi filosofici e teologici di questa figura, di G. Ravasi, Giobbe. Traduzione e commento, Borla, Roma 19913.
11. Sul problema del rapporto fra canone ebraico e greco e sull'Antico Testamento dei Cristiani cf Chr.Dohmen, Der Biblische Kanon in der Diskussion, in  «Theol. Revue» 91 (1995) 451-460; A. Schenker, Septuaginta und christliche Bibel, ibidem 460-464.
12. Sull’origine platonica della scienza moderna cf N.Schiffers, Fragen der Physik an die Theologie, Düsseldorf 1968; W. Heinsenberg, Das Naturbild der heutigen Physik, Rowohlt, Hamburg 19597. Cf anche Monod, loc. cit. ad es. p. 133, ove egli presenta esplicitamente la moderna biologia come debitrice del platonismo: con le moderne scoperte, così egli dice, le speranze dei platonici più convinti furono più che realizzate. Una certa vicinanza della fisica moderna con le intuizioni di Platone e di Plotino riconosce anche B. D’Espagnat, La physique actuelle et la philosophie, in “Revue des sciences morales e politiques”, 1997, n. 3, pp. 29-45.
13. Gregorio Magno, Dialoghi II 35, 1-3. Utilizzo qui l’edizione latino-tedesca della conferenza degli abati di Salzburg: Gregor D. Gr. Der hl.Benedikt Buch II der Dialoge (St. Ottilien 1995). La mia interpretazione si basa largamente sull’eccellente introduzione, che ivi si trova, in particolare pp. 53-64.
14. II, 35, 5 e 7.
15. Cf l’interpretazione nel volume citato alla nota 16, in particolare pp. 60-63

da: Archivio Teologico Torinese, n. 5 (1999/1), pp. 7-19

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)