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DIFENDERE LA VERA FEDE

Benedetto XVI a Santiago di Compostela 6/7 novembre 2010

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    Caterina63
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    00 01/11/2010 09:09
     Sala Stampa vaticana:
    padre Federico Lombardi ha tenuto il briefing sul viaggio apostolico di Benedetto XVI in Spagna, in programma il 6 e 7 novembre prossimi. Il Papa si recherà a Santiago de Compostela, in occasione dell’Anno Santo Compostelano, e a Barcellona per la dedicazione del Tempio della Sagrada Familia. Si tratta del 18.mo viaggio internazionale di Benedetto XVI, il secondo in Spagna, Paese che il Papa visiterà nuovamente il prossimo anno in occasione della Gmg di Madrid.

    Il servizio di Alessandro Gisotti

    Fede, arte, famiglia, Europa: sono i temi forti che contraddistingueranno il viaggio di Benedetto XVI in Spagna. Una visita eminentemente pastorale, ha sottolineato padre Lombardi, nella quale il Papa si farà pellegrino tra i pellegrini per pregare sulla Tomba dell’Apostolo Giacomo. Un viaggio a lungo atteso, ha spiegato il direttore della Sala Stampa vaticana, poiché per Joseph Ratzinger si tratta della prima visita sia a Santiago che a Barcellona:

    “E quindi è molto contento di andarci, perché lo aveva anche molto desiderato. Avevano anche parlato una volta con suo fratello di andare insieme, ma la cosa non si era potuta realizzare”.

    Se il pellegrinaggio sarà il tema forte della giornata a Santiago de Compostela, nell’anno giubilare, il binomio arte e fede caratterizzerà invece la tappa a Barcellona, incentrata sulla dedicazione della straordinaria opera di Gaudì. Un artista, è stato ricordato, che rappresenta anche un modello di vita cristiana e di cui è in corso la Causa di Beatificazione. Padre Lombardi si è dunque soffermato sul valore di fede e non solo artistico del Tempio della Sagrada Familia, che dopo la dedicazione assumerà il titolo di Basilica minore:

    “Tutto ha un significato molto profondo, perché Gaudì aveva assimilato profondamente la Liturgia, la Sacra Scrittura. Quindi, questa costruzione è un po’ nella linea delle grandi cattedrali del Medio Evo, che esprime l’intero cosmo raccolto ed espresso attorno all’altare, attorno al mistero della Chiesa e della presenza di Dio”.

    Padre Lombardi ha poi affermato che, visitando nel suo viaggio le comunità autonome di Galizia e Catalogna, il Papa pronuncerà nei suoi discorsi anche parole in gallego e catalano. Non mancheranno inoltre momenti di incontro con le massime autorità del Paese, dai Reali di Spagna ai Principi delle Asturie, dal premier Zapatero al leader dell’opposizione Rajoy. A caratterizzare l’aspetto pastorale della visita, prima della partenza, il Pontefice visiterà l’istituto cattolico “Nen Déu”, impegnato nell’assistenza a bambini con gravi handicap. A proposito di alcune critiche sui costi della visita, padre Lombardi ha risposto che non si tratta di una novità, aggiungendo che questo viaggio è stato organizzato in modo molto semplice e senza particolari impegni di spesa.



    MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN OCCASIONE DEL II CONGRESSO MONDIALE DI PASTORALE DEI PELLEGRINAGGI E SANTUARI (SANTIAGO DI COMPOSTELA, SPAGNA - 27-30.09.2010)

    Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato a S.E. Mons. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, e a S.E. Mons. Julián Barrio Barrio, Arcivescovo di Santiago de Compostela, in occasione dell’apertura del II Congresso Mondiale di Pastorale dei Pellegrinaggi e Santuari, che si svolge a Santiago di Compostela (Spagna) dal 27 al 30 settembre 2010
    :

    MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

    Ai Venerabili Fratelli
    Mons. Antonio Maria Vegliò,
    Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti,
    e Mons. Julián Barrio Barrio,
    Arcivescovo di Santiago di Compostela


    In occasione del II Congresso Mondiale di Pastorale dei Pellegrinaggi e Santuari, che si svolge a Santiago di Compostela dal 27 al 30 settembre, desidero rivolgervi il mio saluto cordiale, estensibile a tutti i venerati Fratelli nell’Episcopato, ai membri della Delegazione Fraterna, ai partecipanti a questa importante riunione, nonché alle Autorità civili che hanno collaborato alla preparazione del Congresso. Parimenti esprimo il mio deferente saluto a Sua Maestà il Re di Spagna, che ha dato lustro a questa iniziativa, accettandone la Presidenza Onoraria.

    Guidati dal tema «Egli entrò per rimanere con loro» (Lc 24,29), desunto dal passaggio evangelico dei discepoli di Emmaus, vi disponete a riflettere sull’importanza dei pellegrinaggi ai santuari, come manifestazione di vita cristiana e spazio di evangelizzazione.

    Con vivo compiacimento desidero far giungere ai congressisti la mia vicinanza spirituale, affinché li incoraggi e sostenga nell’esercizio di un impegno pastorale tanto fondamentale nella vita ecclesiale. Io stesso mi recherò tra non molto pellegrino alla tomba dell’Apostolo San Giacomo, l’“amico del Signore”, così come ho volto i miei passi verso altri luoghi del mondo, dove accorrono numerosi fedeli con devozione fervente. A tal riguardo, fin dall’inizio del mio pontificato, ho inteso vivere il mio ministero di successore di Pietro con i sentimenti del pellegrino che percorre le vie del mondo con speranza e semplicità, portando sulle labbra e nel cuore il messaggio salvifico del Cristo Risorto e confermando nella fede i propri fratelli (cf. Lc 22,32). Come segno esplicito di tale missione, nel mio stemma figura, tra altri elementi, la conchiglia del pellegrino.

    In questo momento storico, in cui, con forza se possibile ancor maggiore, siamo chiamati ad evangelizzare il nostro mondo, va messa in debito risalto la ricchezza che scaturisce dal pellegrinaggio ai santuari.

    Innanzitutto per la sua straordinaria capacità di richiamo, che attrae un numero crescente di pellegrini e turisti religiosi, alcuni dei quali si trovano in situazioni umane e spirituali complesse, alquanto lontani dal vissuto di fede e con una debole appartenenza ecclesiale. A tutti Cristo si rivolge con amore e speranza. L’anelito alla felicità che si annida nell’animo trova in Lui la sua risposta, e vicino a Lui il dolore umano acquista un proprio senso. Con la sua grazia, anche le cause più nobili giungono al loro pieno compimento. Come Simeone incontrò Gesù nel tempio (cf. Lc 2,25-35), così pure il pellegrino deve avere l’opportunità di scoprire il Signore nel santuario.

    A tal fine occorre far sì che i visitatori non dimentichino che i santuari sono luoghi sacri e che quindi vi si comportino con devozione, rispetto e decoro. In tal modo la Parola di Cristo, il Figlio del Dio vivo, potrà risuonare con chiarezza e l’evento della sua morte e risurrezione, fondamento della nostra fede, verrà proclamato nella sua interezza. Inoltre va curata con grande scrupolosità l’accoglienza del pellegrino, dando il giusto risalto, tra l’altro, alla dignità e bellezza del santuario, immagine della “tenda di Dio con gli uomini” (Ap 21,3); ai momenti e agli spazi di preghiera, tanto personali che comunitari; all’attenzione alle pratiche di pietà. Parimenti non si insisterà mai abbastanza sul fatto che i santuari devono essere fari di carità, incessantemente dedicati ai più sfavoriti mediante opere concrete di solidarietà e misericordia e una costante disponibilità all’ascolto. Essi devono inoltre facilitare ai fedeli l’accesso al sacramento della Riconciliazione e consentire loro di partecipare degnamente alla celebrazione eucaristica, che deve essere sempre il centro e il culmine di tutta la loro azione pastorale. Così si manifesterà chiaramente che l’Eucarestia è senza dubbio alcuno l’alimento del pellegrino, il “Sacramento del Dio che non ci lascia soli nel cammino, ma si pone al nostro fianco e ci indica la direzione” (Omelia nella Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, 22 maggio 2008).

    In effetti, diversamente dal vagabondo, i cui passi non hanno una destinazione precisa, il pellegrino ha sempre una meta davanti a sé, anche se a volte non ne è pienamente cosciente. E la meta altro non è se non l’incontro con Dio per mezzo di Gesù Cristo, in cui tutte le nostre aspirazioni trovano risposta. Ecco perché la celebrazione dell’Eucarestia può ben considerarsi il culmine del pellegrinaggio.

    In quanto “collaboratori di Dio” (1 Cor 3,9) esorto tutti voi che vi dedicate a questa bella missione a incoraggiare nei pellegrini, con la vostra cura pastorale, la conoscenza e l’imitazione di Cristo, che continua a camminare con noi, illuminando la nostra vita con la sua Parola e distribuendoci il Pane di Vita nell’Eucarestia. In tal modo il pellegrinaggio al santuario sarà occasione propizia per rinvigorire in coloro che lo visitano il desiderio di condividere con altri l’esperienza meravigliosa di sapersi amati da Dio e di essere inviati al mondo a dare testimonianza di questo amore.

    Con tali sentimenti affido i frutti di questo Congresso all’intercessione di Maria Santissima e dell’Apostolo San Giacomo, mentre rivolgo la mia preghiera a Gesù, «Via, Verità e Vita» (Gv 14,6) a cui presento tutti coloro, che, pellegrinando per la vita, vanno cercando il suo volto:

    Signore Gesù, pellegrino di Emmaus,
    per amore ti fai vicino a noi,
    anche se, a volte, lo sconforto e la tristezza
    ci impediscono di scoprire la tua presenza.
    Tu sei la fiamma che ravviva la nostra fede.
    Tu sei la luce che purifica la nostra speranza.
    Tu sei la forza che infiamma la nostra carità.
    Insegnaci a riconoscerti nella Parola,
    nella casa e alla Mensa dove si condivide il Pane della Vita,
    nel servizio generoso al prossimo che soffre.
    E quando si fa sera, Signore, aiutaci a dire:
    “Resta con noi”.
    Amen
    .

    Imparto a tutti l’implorata Benedizione Apostolica, pegno di copiose grazie celesti.

    Dal Vaticano, 8 settembre 2010

    BENEDICTUS PP. XVI


                                                    Pope Benedict XVI waves to pilgrims gathered in the courtyard of his summer residence of Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, during his Sunday Angelus on September 26, 2010.
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    NAS/Il santo costruttore non era un archistar
    Benedetto XVI benedirà il Santuario


    di Camillo Langon
    e

    Gaudí non era un’archistar iconoclasta come certi suoi colleghi italiani che progettano chiese non-vive. La Sagrada Familia è un capolavoro di liturgia e teologia. Di pietra

    Gaudí era un architetto santo e siccome gli architetti contemporanei sono degli indemoniati bisogna usare la Sagrada Familia come si usavano l’aglio e il crocefisso contro i vampiri. Bisogna riempire le loro caselle e-mail con immagini del “gigantesco poema di pietra”, bisogna procurarsi dei modellini del tempio di Barcellona e mostrarglieli per farli indietreggiare, perché smettano di affondare i loro canini iconoclasti nel collo del cattolicesimo italiano. Botta, Gregotti, Purini, Piano, Fuksas, Meier, Quintelli e Sartogo sono architetti non-morti che disegnano chiese non-vive (senza campanili croci tabernacoli o con campanili croci tabernacoli invisibili allo scopo di occultare la presenza vivificante ed esigente di Cristo). Il confronto con l’arte abbagliante del maestro catalano li denuncia così come il sorgere del sole denuncia Dracula.

    ***
    Gaudí era un patriota, per la precisione un patriota catalano, all’epoca in cui il centralismo castigliano girava per le strade armato fino ai denti e soltanto parlare la lingua che fu dei sovrani aragonesi e dei papi Borgia esponeva a grossi rischi. Il cantiere della Sagrada Familia attirava grandi personaggi. Andò a visitarlo il filosofo Unamuno e Gaudí parlò in catalano, prima di congedarlo bruscamente perché era suonata la campana dell’Angelus e doveva ritirarsi in preghiera. Andò a visitarlo il medico Albert Schweitzer e anche a lui parlò in catalano, spiegandogli che solo nella sua piccola lingua neolatina gli era possibile descrivere il proprio lavoro. Andò a visitarlo Alfonso XIII, il re di Spagna, e perfino al simbolo dell’unità nazionale Gaudí parlò in catalano, e la cosa dovette avere il suono della provocazione, se non dell’insubordinazione. Come se oggi al presidente Napolitano in visita a Treviso le personalità locali si rivolgessero dall’inizio alla fine in veneto stretto.

    “Gaudí non aveva mai nemmeno fatto il minimo sforzo per promuovere se stesso”, scrive lo storico Gijs van Hensbergen nella biografia “Gaudí” pubblicata in Italia da Lindau e qui abbondantemente saccheggiata. L’11 settembre 1924 la guardia civile impedì l’ingresso nella chiesa dove si doveva celebrare la messa per i martiri catalani di un’antica sollevazione, Gaudí protestò e venne arrestato, quindi, nonostante la fama e l’età, trascinato in cella. “L’aggressività nei miei confronti era dovuta al fatto che avevo parlato loro in catalano”. Oggi lo studio genovese del più famoso architetto italiano si chiama Renzo Piano Building Workshop e il sito internet è completamente in inglese.

    ***
    Gaudí era un asceta. Nel 1894 il digiuno quaresimale lo portò quasi alla morte. Quando mangiava, mangiava pochissimo, i suoi pasti erano composti quasi esclusivamente di lattuga e di latte. In tasca era solito portare un uovo oppure uva passa o noci, riserve di energia a cui attingere senza bisogno di sedersi a tavola e staccarsi dal lavoro.

    Non usò mai occhiali, credeva nell’esercizio oculare, non prese mai una medicina, credeva nella dieta e nella preghiera (e infatti pur essendo stato un bambino molto cagionevole, con parto traumatico, battesimo d’emergenza e prognosi ripetutamente infauste, morì vecchio e non di malattia). Vestiva così modestamente che un giorno, mentre aspettava il tram, fu scambiato per un accattone e gli fu offerta l’elemosina. I soldi finirono nella cassa del sacro cantiere, destinazione di tanti suoi compensi professionali. Non si vergognava di sollecitare le indispensabili donazioni e di raccoglierle di persona. Ogni giorno passava da un negozio dei dintorni dove ogni giorno il negoziante gli dava una peseta per la gloria di Dio. Josep Maria Bocabella, il libraio che per primo ebbe l’idea della Sagrada, per stimolare il sostegno anche del popolo minuto era solito ripetere: “Abbiamo bisogno di pietre di tutte le dimensioni”.

    Si capisce che se la Sagrada Familia è la Sagrada Familia e il Cubo di Foligno è il Cubo di Foligno, idolo di cemento che ha sconsacrato il santo paesaggio umbro, lo si deve anche al diverso tipo di finanziamento: il capolavoro di Gaudí è stato pagato soldo su soldo dalla comunità locale, coinvolta fin dall’inizio, il mostro di Fuksas è stato finanziato dalla Cei, un remoto, incontrollabile centro di potere che non ci ha pensato due volte a schiacciare la fede e la sensibilità dei cristiani del posto.

    ***
    Gaudí era un maestro, non un professore. Gli studenti di architettura visitavano quotidianamente il cantiere, rapiti dal carisma di don Antoni a cui piaceva sostenere, in quei pomeriggi febbrili, che la Catalogna era stata prescelta da Dio per traghettare nella modernità l’antica e nobile tradizione della “arquitectura cristiana universal”. Gregotti è un professore, non un maestro. Mi scrive un ex studente della facoltà di Architettura di Venezia: “Teneva uno dei cinque corsi di composizione architettonica. Ha insegnato per anni. Beh, non lui direttamente (solo per cautela, per non rischiare di ustionare gli allievi con la troppa esposizione alla luce dell’astro). A fare lezione erano i suoi assistenti che non beccavano una lira, lui si mostrava in facoltà forse una o due volte all’anno e tutti ne rimanevano abbronzati.

    Regolare invece il passaggio all’incasso della ricca busta da ordinario. Ma insomma se hai presente la produzione gregottiana diretta puoi solo immaginare quella indiretta uscita dalle matite dei suoi assistenti o addirittura da quelle ancora più stemperate che per l’esame di composizione hanno lavorato con gli assistenti, vedendo il titolare da molto lontano, sui cataloghi e sulle Casabelle monografiche a lui dedicate”. Naturalmente Gregotti, che conosce il mio indirizzo e-mail per avermi gentilmente spedito il suo intervento all’ultimo convegno in Bicocca, ha la più ampia facoltà di replica. Se ritiene che il mio corrispondente sia disinformato o mendace deve solo farmelo sapere che lo rimetto subito in riga, quello screanzato. Se ritiene di aver garantito ai suoi studenti di composizione architettonica una presenza costante sarò lieto di rilasciargli regolare rettifica: “Il professor Gregotti, pur non avendo mai progettato nulla che somigliasse nemmeno lontanamente alla Sagrada Familia, a Venezia si è dimostrato didatta assiduo”.

    ***
    Gaudí era cattolico, cattolicissimo, riuscì a cattolicizzare perfino un condominio alto-borghese (che fra parentesi non ne voleva sapere): le 150 aperture di Casa Milà rappresentano i 150 grani del rosario. Artista eclettico, alle feste patronali organizzava fuochi d’artificio culminanti con “un trionfo multicolore di lettere gigantesche che formavano le parole Jesús, María, Josep”. Sulla panca sinuosa che delimita la terrazza del Parco Guell fece apporre la scritta “María” capovolta, “così che fosse più facile leggerla dal cielo”. Amava il canto gregoriano e siccome non è mai troppo tardi a sessantaquattro anni suonati decise di impararlo, iscrivendosi a una scuola apposita. La sua giornata-tipo: Messa mattutina, lavoro alla Sagrada Familia, confessione serale. Ogni santo giorno per decenni. Quando venne investito dal tram fatale gli trovarono in tasca un Vangelo. Morì all’ospedale mormorando “Jesús, Déu meu!”, il crocefisso stretto nella mano destra. Per tutta la vita aveva letto la Bibbia (in particolare l’Apocalisse) e il Messale Romano, testi essenziali a cui i progettisti di edifici di culto dovrebbero aggiungere l’Ordinamento Generale che è un po’ il libretto di istruzioni del Messale. Sono poche pagine leggendo le quali chiunque (non c’è bisogno di essere specialisti) può capire quanto la nuova chiesa di San Giovanni Rotondo sia liturgicamente perciò teologicamente sbagliata. Una chiesa senza inginocchiatoi! Adesso un esercizio facile facile: sapendo che secondo i Padri del deserto il diavolo, a causa o per effetto della sua superbia, non possiede ginocchia, e che secondo Joseph Ratzinger (“Introduzione allo spirito della liturgia”) “l’incapacità a inginocchiarsi appare come l’essenza stessa del diabolico”, si ricavi il nome del Principe che si è giovato dell’opera dei tre responsabili dell’edificio, l’architetto Piano, il liturgista Valenziano, il vescovo D’Ambrosio.

    ***
    Gaudí era caritatevole. A un malato di poliomielite riservò un posto all’ingresso della cripta dove grazie al viavai poteva raccogliere buone elemosine, a un anziano ambulante diede il permesso di vendere le cartoline raffiguranti la chiesa: tutti i bisognosi dovevano poter ricorrere (sono parole sue) “al cappotto caldo del Tempio”. Quando un operaio diventava troppo vecchio non lo licenziava ma gli assegnava lavori più leggeri. Scoprì che un muratore aveva allestito un piccolo orto in un angolo del cantiere e anziché punirlo per l’occupazione abusiva autorizzò gli altri dipendenti a fare lo stesso. Questa benevolenza non gli era naturale, anzi, le testimonianze sulla sua insocievolezza sono unanimi. Solo il cristianesimo può fare di un uomo che non crede nell’uomo un uomo che aiuta gli uomini.

    Soltanto Santiago Calatrava, l’architetto più amato dagli ortopedici (il suo ponte di Venezia, dai gradini straordinariamente maldisegnati, fornisce loro molti pazienti), poteva infamarlo così: “Il Dio, o piuttosto la Dea, che Gaudí venerava era l’architettura stessa”. Lui di idolatria sì che se ne intende.

    ***
    C’era un ragazzo partito da Reggio Emilia per Barcellona, un giorno d’estate del secolo scorso, non era ancora stato inventato l’Erasmus o forse sì ma ancora non se ne parlava, comunque la capitale catalana era già considerata il nuovo Paese dei Balocchi e aveva cominciato a suggestionare i suggestionabili ragazzi italiani.

    Il ragazzo, arrivato insieme a un amico che si trovava in vacanza in Liguria, a Porto Maurizio, e quindi raccolto grosso modo a metà strada, si fece subito una gran scorpacciata di Gaudí sia perché gli piaceva Gaudí sia perché a Barcellona, almeno così gli parve, altre cose importanti da vedere non ce n’erano (ad esempio: il mare dove caspita era finito? eppure sulle cartine Barcellona risultava sulla costa…). Vide il parco Guell, la casa Batllò, la casa Milà, o Pedrera che dir si voglia, e ovviamente la Sagrada Familia, dove salì gli innumerevoli gradini di pietra di una torre altissima e sottile, e nonostante il turismo e il barcellonismo non gli sembrò di essere in un luna park (qualcosa tipo le montagne russe che aveva sempre odiato) ma dentro un cuore lanciato verso Dio oltre l’ostacolo dell’indifferenza.

    Il giorno dopo il ragazzo, sempre accompagnato dall’amico, andò a Montserrat: le finalità erano mariane anche se poi della visita al santuario trattenne soltanto la visione di una bellissima ragazza con bellissimi occhiali da sole, una specie di lolita kubrickiana però mediterranea quindi con la pelle più scura e più compatta. Vicino alla stazione della funivia ci fu un tentativo di conversazione, presto abortito non tanto per la differenza linguistica peraltro assai lieve (il catalano sarà mica una lingua straniera), quanto per la sorveglianza dei genitori. Passò a Barcellona l’ultima notte spagnola, il ragazzo aveva lavorato come bagnino in Romagna e sapeva che l’ultima notte di vacanza è quella in cui anche le ragazze più ritrose concedono qualcosa, come se a casa dovessero portarsi a tutti i costi il ricordo almeno di un bacio, indispensabile per riscaldare di nostalgia l’inverno tedesco o bolognese, e gli venne la medesima smania e dopo un giro in locali uno peggiore dell’altro si ritrovò sulla rambla non esattamente sobrio e a distanza molto ravvicinata con una creatura di genere incerto, nemmeno lei esattamente sobria. All’ultimo momento l’amico lo strappò da quel pericoloso abbraccio, adducendo motivi sanitari più che morali. Fu un bene: di Barcellona il ragazzo si portò a casa il ricordo della Sagrada Familia e non di un corpo nudo, che di corpi nudi ne avrebbe visti ancora mentre di chiese così mai più nessuna.

    Per qualche tempo l’amico gli fece presente, specie quando aveva bisogno di un favore o di un prestito, di averlo salvato da aids sicuro ma il ragazzo non ne era così convinto, per quanto la creatura della rambla apparisse effettivamente promiscua e zozzetta, e comunque considerava inelegante l’eccessivo attaccamento alla vita mostrato dai salutisti, dagli atei e dai vecchi. Aids o non Aids, pensava che sarebbe morto ben prima della trasformazione del sogno di Gaudí in realtà, un momento che situava, a naso, nel famoso anno del mai. I giorni sono scivolati come acqua di fiume, senza chiedere permesso sono arrivati un nuovo millennio, una nuova moneta, un nuovo mezzo di comunicazione, tutto un nuovo mondo ha conquistato la scena ma quel ragazzo non è morto e forse domenica 7 novembre riuscirà a vedere, nello schermo del suo computer, Papa Benedetto (che Dio ce lo conservi) consacrare la Sagrada Familia. 

     2010 
    il Foglio quotidiano

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 03/11/2010 17:05
    Spagna, Zapatero non parteciperà alla Messa di Ratzinger alla ‘Sagrada Familia’. Il Vaticano preferisce la ‘linea morbida’ e previene ogni polemica: “Non lo consideriamo uno sgarbo”

    CITTA’ DEL VATICANO

    - Il premier socialista spagnolo Jose' Luis Zapatero non assistera' Domenica prossima alla Messa di consacrazione della ‘Sagrada Familia’ che il Papa celebrera' a Barcellona, ma per la Santa Sede non si tratta ''in alcun modo'' di ''uno sgarbo'', ha dichiarato in una intervista il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. Benedetto XVI sara' in Spagna sabato e Domenica, prima a Santiago di Compostela, in chiusura dell'anno santo giacobeo, poi nella capitale catalana per consacrare il celebre tempio di Anton Gaudi'.

    Sara' ricevuto dal principe ereditario Felipe di Asturie e dalla moglie Letizia a Santiago, dove vedra' anche il capo dell'opposizione Mariano Rajoy, leader del Partido Popular. Domenica a Barcellona incontrera', alla ‘Sagrada Familia’, re Juan Carlos e la regina Sofia, che poi assisteranno alla Messa di consacrazione. Il Papa avra' infine un breve incontro con Zapatero all'aeroporto di Barcellona prima di lasciare la Spagna.

    In una intervista all'agenzia ‘Efe’, padre Lombardi ha chiarito che l'assenza del premier alla Messa nel tempio di Gaudi' non e' ''uno sgarbo''. ''Il Vaticano non obbliga nessuno ad andare a Messa. Se ci sono autorita' che desiderano assistere, molto bene. Che Zapatero non vi assista, non e' uno sgarbo al Papa, in alcun modo'', ha precisato ancora Lombardi. E i rapporti fra la santa Sede e il governo di Madrid sono ''sereni e positivi''.

    Nella visita di due giorni in Spagna, Benedetto XVI difendera' le radici cristiane dell'Europa e la vita umana, a partire dal suo concepimento, ha affermato, dal canto suo, il direttore della comunicazione della conferenza episcopale spagnola (Cee), Isidro Catela.

    La Chiesa cattolica spagnola ha contestato la nuova legge di depenalizzazione dell'aborto voluta dal governo Zapatero. A Barcellona il Papa visitera', fra l'altro, la ‘Obra benefico social del Nino Deus’, che si occupa di bambini disabili. Un gesto, ha sottolineato Catela, di appoggio alla ''difesa di tutte le vite, indipendentemente dal grado di capacita' intellettuale o fisica''.



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    Con la sua visita in Spagna, il Papa realizzerà due suoi desideri


    MADRID, mercoledì, 3 novembre 2010 (ZENIT.org).- Con la sua visita di questo fine settimana in Spagna, Papa Benedetto XVI realizzerà due desideri che nutriva da tempo: recarsi in pellegrinaggio a Santiago de Compostela e poter contemplare in loco il tempio della Sagrada Familia di Gaudí.

    Lo ha spiegato il responsabile della struttura informativa per il viaggio e direttore della Sala Stampa della Conferenza Episcopale Spagnola, Isidro Catela, questo martedì durante un incontro stampa a Madrid.

    Benedetto XVI visiterà per la prima volta queste due città spagnole. Aveva progettato di recarsi in precedenza sia a Santiago de Compostela, con il fratello, che a Barcellona, ma alla fine non gli è stato possibile.

    Catela ha anche sottolineato che il Pontefice ammira Gaudí e la sua opera, e ha spiegato che dopo la dedicazione del tempio di questo architetto, il 7 novembre, potrebbe già celebrarsi il culto pubblico nella navata centrale della Sagrada Familia.

    A Barcellona, inoltre, Benedetto XVI vuole trasmettere un messaggio d'amore e di difesa della dignità di ogni vita umana, con la sua visita alla sede centrale dell'opera benefico-sociale del Bambino Gesù.

    Su quest'opera, Catela ha spiegato che all'inizio si dedicava all'assistenza di persone affette dalla Sindrome di Down, ma “attualmente il numero di queste persone è diminuito notevolmente perché una buona parte viene eliminata prima di nascere”.

    “Hanno favorito questo le legislazioni che contemplano l'aborto come un 'diritto'”, ha lamentato.

    “Se, come accade ad esempio nell'attuale legislazione spagnola, la salute è 'completo benessere fisico, mentale e sociale' e questo benessere viene considerato minacciato dal nascituro, questo può essere trattato come un ostacolo per la qualità della vita, la cui eliminazione diventa quindi lecita”, ha aggiunto.

    Durante la visita del Papa alla sede centrale di questa istituzione dell'Arcivescovado di Barcellona, domenica pomeriggio, “si sottolineeranno il grande lavoro che svolge la Chiesa e la sua difesa della dignità di ogni vita umana, dal concepimento alla morte naturale, così come della vita di tutti, indipendentemente dalle loro capacità fisiche, psichiche o intellettuali”.

    Nell'incontro di lavoro, svoltosi nella sede della Conferenza Episcopale Spagnola, è stato ripercorso l'intenso programma della visita papale in Spagna, che durerà 32 ore e includerà incontri con i reali di Spagna nella Sala Museo della Sagrada Familia e con i principi delle Asturie nella Sala delle Autorità dell'aeroporto di Santiago.

    Ci saranno anche brevi incontri con il presidente del Governo, José Luis Rodríguez Zapatero, all'aeroporto di Barcellona prima della cerimonia di congedo e con il presidente del Partido Popular, Mariano Rajoy, nella sacrestia allestita nella Piazza dell'Obradoiro dopo la Messa di sabato a Santiago de Compostela.

    Per questa visita papale si sono accreditati 3.250 giornalisti di 327 mezzi di comunicazione, 646 dei quali seguiranno in loco tutto il viaggio, 931 saranno solo a Santiago e 1.673 solo a Barcellona.

    Secondo la Conferenza Episcopale Spagnola, esistono tre chiavi per comprendere questa visita del Papa in Spagna: l'Europa e il Cammino di Santiago; Gaudí e la Sagrada Familia; la dignità di ogni vita e della vita di tutti.

    In questo senso, è stata ricordata la visita di Papa Giovanni Paolo II a Santiago de Compostela nel 1989 per la Giornata Mondiale della Gioventù, quando esortò l'Europa a ritrovarsi, ad essere se stessa, a scoprire le proprie origini e a ravvivare le sue radici cristiane.

    E' stata ricordata anche la visita del Pontefice polacco a Barcellona, anche in quel caso un 7 novembre, ma del 1982, durante la quale invitò a vedere la famiglia come un'autentica Chiesa domestica, un luogo consacrato al dialogo con Dio e una scuola di sequela di Cristo attraverso le vie indicate nel Vangelo, fermento di convivenza e di virtù sociali.







    [Modificato da Caterina63 03/11/2010 19:29]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 07/11/2010 16:12

    VIAGGIO APOSTOLICO A SANTIAGO DE COMPOSTELA E BARCELONA
     (6-7 NOVEMBRE 2010)

    INTERVISTA CONCESSA DAL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
    AI GIORNALISTI DURANTE IL VOLO VERSO LA SPAGNA

    Volo Papale
    Sabato, 6 novembre 2010

      

    P. Lombardi. Santità, benvenuto per questo abituale incontro con i colleghi giornalisti all’inizio di questo bel viaggio. E’ un viaggio breve, ma un viaggio che suscita molto interesse. Posso dire che secondo le informazioni dei giorni scorsi, in Spagna ci sono più di 3.000 giornalisti accreditati per seguire, tra Santiago e Barcellona, di oltre 300 testate diverse. Quindi, c’è veramente molto interesse. E qui, nel volo, con lei, abbiamo 61 giornalisti, 61 colleghi, e c’è una grossa rappresentanza spagnola, naturalmente: otto sono i colleghi spagnoli accreditati a Roma, che viaggiano con Lei, e otto sono i colleghi spagnoli venuti apposta dalla Spagna per fare tutto il viaggio, compreso questo volo, con Lei. Voglio segnalare la presenza della televisione di Galizia, della televisione di Catalogna che garantiranno la copertura completa degli eventi di questo viaggio, anche con il loro lavoro, e ne siamo molto grati.

    Allora, come al solito, Le propongo alcune domande che sono state formulate dai colleghi in questi giorni e che poi abbiamo scelto con un criterio di interesse comune per illuminare il significato di questo viaggio. Partiamo naturalmente da Santiago:

    Santità, nel messaggio per il recente Congresso dei Santuari che si svolgeva proprio a Santiago de Compostela, Lei ha detto di vivere il suo pontificato “con i sentimenti del pellegrino”. Anche nel Suo stemma, c’è la conchiglia del pellegrino. Vuole dirci qualcosa sulla prospettiva del pellegrinaggio, anche nella Sua vita personale e nella Sua spiritualità, e sui sentimenti con cui si reca come pellegrino a Santiago?

    Il Santo Padre. Buongiorno! Potrei dire che l’essere in cammino è già iscritto nella mia biografia – Marktl, Tittmoning, Aschau, Traunstein, München, Freising, Bonn, Münster, Tübingen, Regensburg, München, Roma – ma forse questa è una cosa esteriore. Tuttavia, mi ha fatto pensare all’instabilità di questa vita, l’essere in cammino … Naturalmente, contro il pellegrinaggio uno potrebbe dire: Dio è dappertutto, non c’è bisogno di andare in un altro luogo. Ma è anche vero che la fede, secondo la sua essenza, è un “essere pellegrino”.

    La Lettera agli Ebrei dimostra che cosa sia fede nella figura di Abramo, che esce dalla sua terra e rimane un pellegrino verso il futuro per tutta la sua vita; e questo movimento abramico rimane nell’atto della fede, è un essere pellegrino soprattutto interiormente, ma deve anche esprimersi esteriormente. Qualche volta, uscire dalla quotidianità, dal mondo dell’utile, dell’utilitarismo, uscire solo per essere realmente in cammino verso la trascendenza; trascendere se stesso, trascendere la quotidianità e così trovare anche una nuova libertà, un tempo di ripensamento interiore, di identificazione di se stesso, di vedere l’altro, Dio, e così è anche il pellegrinaggio, sempre: non solo un uscire da se stesso verso il più grande, ma anche un andare insieme. Il pellegrinaggio riunisce: andiamo insieme verso l’altro e così ci troviamo reciprocamente. Basta dire che i cammini di San Giacomo sono un elemento nella formazione dell’unità spirituale del Continente europeo. Qui, peregrinando, si sono trovati, hanno trovato l’identità comune europea, e anche oggi rinasce questo movimento, questo bisogno di essere in movimento spiritualmente e fisicamente, di trovarsi l’un l’altro e di trovare così silenzio, libertà, rinnovamento, e trovare Dio.

    P. Lombardi. Grazie, Santità. E adesso spostiamo lo sguardo verso Barcellona. Quale significato può avere la consacrazione di un tempio come la Sagrada Familia all’inizio del secolo XXI? E c’è qualche aspetto specifico della visione di Gaudí che L’ha colpita in particolare?

    Il Santo Padre. In realtà, questa cattedrale è anche un segno proprio per il nostro tempo. Trovo nella visione di Gaudí soprattutto tre elementi.

    Il primo, questa sintesi tra continuità e novità, tradizione e creatività. Gaudí ha avuto questo coraggio di inserirsi nella grande tradizione delle cattedrali, di osare di nuovo, nel suo secolo - con una visione totalmente nuova - questa realtà: la cattedrale luogo dell’incontro tra Dio e l’uomo, in una grande solennità; e questo coraggio di rimanere nella tradizione, ma con un creatività nuova, che rinnova la tradizione e dimostra così l’unità della storia e il progresso della storia, è una cosa bella.

    Secondo. Gaudí voleva questo trinomio: libro della Natura, libro della Scrittura, libro della Liturgia. E questa sintesi proprio oggi è di grande importanza. Nella liturgia, la Scrittura diventa presente, diventa realtà oggi: non è più una Scrittura di duemila anni fa, ma va celebrata, realizzata. E nella celebrazione della Scrittura parla la creazione, parla il creato e trova la sua vera risposta, perché, come ci dice san Paolo, la creatura soffre, e, invece di essere distrutta, disprezzata, aspetta i figli di Dio, cioè quelli che la vedono nella luce di Dio. E così - penso - questa sintesi tra senso del creato, Scrittura e adorazione è proprio un messaggio molto importante per l’oggi.

    E, infine - terzo punto - questa cattedrale è nata da una devozione tipica dell’Ottocento: san Giuseppe, la Sacra Famiglia di Nazareth, il mistero di Nazareth. Ma proprio questa devozione di ieri, si potrebbe dire, è di grandissima attualità, perché il problema della famiglia, del rinnovamento della famiglia come cellula fondamentale della società, è il grande tema di oggi e ci indica dove possiamo andare sia nella costruzione della società sia nella unità tra fede e vita, tra religione e società. Famiglia è il tema fondamentale che si esprime qui, dicendo che Dio stesso si è fatto figlio in una famiglia e ci chiama a costruire e vivere la famiglia.

    P. Lombardi. Gaudí e la Sagrada Familia rappresentano con particolare efficacia il binomio fede-arte. Come può la fede ritrovare oggi il suo posto nel mondo dell’arte e della cultura? E’ questo uno dei temi importanti del Suo pontificato?

    Il Santo Padre. E’ così. Voi sapete che io insisto molto sulla relazione tra fede e ragione, che la fede, e la fede cristiana, ha la sua identità solo nell’apertura alla ragione, e che la ragione diventa se stessa se si trascende verso la fede. Ma ugualmente importante è la relazione tra fede e arte, perché la verità, scopo, meta della ragione, si esprime nella bellezza e diventa se stessa nella bellezza, si prova come verità. Quindi dove c’è la verità deve nascere la bellezza, dove l’essere umano si realizza in modo corretto, buono, si esprime nella bellezza. La relazione tra verità e bellezza è inscindibile e perciò abbiamo bisogno della bellezza. Nella Chiesa, dall’inizio, anche nella grande modestia e povertà del tempo delle persecuzioni, l’arte, la pittura, l’esprimersi della salvezza di Dio nelle immagini del mondo, il canto, e poi anche l’edificio, tutto questo è costitutivo per la Chiesa e rimane costitutivo per sempre. Così la Chiesa è stata madre delle arti per secoli e secoli: il grande tesoro dell’arte occidentale - sia musica, sia architettura, sia pittura - è nato dalla fede all’interno della Chiesa. Oggi c’è un certo “dissenso”, ma questo fa male sia all’arte, sia alla fede: l’arte che perdesse la radice della trascendenza, non andrebbe più verso Dio, sarebbe un’arte dimezzata, perderebbe la radice viva; e una fede che avesse l’arte solo nel passato, non sarebbe più fede nel presente; ed oggi deve esprimersi di nuovo come verità, che è sempre presente. Perciò il dialogo o l’incontro, direi l’insieme, tra arte e fede è inscritto nella più profonda essenza della fede; dobbiamo fare di tutto perché anche oggi la fede si esprima in autentica arte, come Gaudí, nella continuità e nella novità, e che l’arte non perda il contatto con la fede.

    P. Lombardi. In questi mesi si sta avviando il nuovo Dicastero per la “nuova evangelizzazione”. E molti si sono domandati se proprio la Spagna, con gli sviluppi della secolarizzazione e della diminuzione rapida della pratica religiosa, sia uno dei Paesi a cui Lei ha pensato come obiettivo per questo nuovo Dicastero, o addirittura se non ne sia l’obiettivo principale. Questa è la nostra domanda.

    Il Santo Padre. Con questo Dicastero ho pensato di per sé al mondo intero perché la novità del pensiero, la difficoltà di pensare nei concetti della Scrittura, della teologia, è universale, ma c’è naturalmente un centro e questo è il mondo occidentale con il suo secolarismo, la sua laicità, e la continuità della fede che deve cercare di rinnovarsi per essere fede oggi e per rispondere alla sfida della laicità. Nell’Occidente tutti i grandi Paesi hanno il loro proprio modo di vivere questo problema: abbiamo avuto ad esempio i viaggi in Francia, nella Repubblica Ceca, nel Regno Unito, dove dappertutto è presente in modo specifico per ciascuna nazione, per ciascuna storia, lo stesso problema, e questo vale anche in modo forte per la Spagna. La Spagna è stata, da sempre, un Paese “originario” della fede; pensiamo che la rinascita del cattolicesimo nell’epoca moderna avviene soprattutto grazie alla Spagna; figure come sant’Ignazio di Loyola, santa Teresa d’Avila e san Giovanni d’Avila, sono figure che hanno realmente rinnovato il cattolicesimo, hanno formato la fisionomia del cattolicesimo moderno. Ma è ugualmente vero che in Spagna è nata anche una laicità, un anticlericalismo, un secolarismo forte e aggressivo, come abbiamo visto proprio negli anni Trenta, e questa disputa, più questo scontro tra fede e modernità, ambedue molto vivaci, si realizza anche oggi di nuovo in Spagna: perciò per il futuro della fede e dell’incontro - non lo scontro, ma l’incontro tra fede e laicità - ha un punto centrale anche proprio nella cultura spagnola. In questo senso, ho pensato a tutti i grandi Paesi dell’Occidente, ma soprattutto anche alla Spagna.

    P. Lombardi. Con il viaggio a Madrid dell’anno prossimo per la Giornata Mondiale della Gioventù, Lei avrà fatto tre viaggi in Spagna, cosa che non avviene per nessun altro Paese. Come mai questo privilegio? E’ un segno di amore o di particolare preoccupazione?

    Il Santo Padre. Naturalmente è un segno di amore. Si potrebbe dire che è per caso che vengo tre volte in Spagna. La prima, il grande incontro internazionale delle famiglie, a Valencia: come potrebbe essere assente il Papa, se le famiglie del mondo si incontrano? Il prossimo anno la Gmg, l’incontro della gioventù del mondo a Madrid, e il Papa non può essere assente in questa occasione. E, infine, abbiamo l’Anno Santo di San Giacomo, abbiamo la consacrazione, dopo più di cento anni di lavoro, della cattedrale della Sagrada Familia di Barcellona, come potrebbe non venire il Papa? Di per sé, quindi, le occasioni sono le sfide, quasi una necessità di andarci, ma il fatto che proprio in Spagna si concentrino tante occasioni, mostra anche che è realmente un Paese pieno di dinamismo, pieno di forza della fede, e la fede risponde alle sfide che sono ugualmente presenti in Spagna; perciò diciamo: il caso ha fatto sì che venga, ma questo caso dimostra una realtà più profonda, la forza della fede e la forza della sfida per la fede.

    P. Lombardi. Grazie, Santità. E ora se vuole dire qualche altra cosa per concludere questo nostro incontro. C’è qualche messaggio particolare che Lei spera di dare alla Spagna e al mondo di oggi con questo viaggio?

    Il Santo Padre. Io direi che questo viaggio ha due temi. Ha il tema del pellegrinaggio, dell’essere in cammino, e ha il tema della bellezza, della espressione della verità nella bellezza, della continuità tra tradizione e rinnovamento. Io penso che questi due temi del viaggio siano anche un messaggio: essere in cammino, non perdere il cammino della fede, cercare la bellezza della fede, la novità e la tradizione della fede che sa esprimersi e sa incontrarsi con la bellezza moderna, con il mondo di oggi. Grazie.

    P. Lombardi. Grazie a Lei, Santità, di avere passato questo tempo con noi e di averci dato anche queste risposte così belle. Credo che questo viaggio sia in particolare un bel viaggio per i temi che affronta, per le circostanze che andremo a vivere insieme e credo che tutti noi che siamo qui presenti come comunicatori cercheremo di accompagnare e collaborare nel modo migliore perché Lei possa dare il Suo messaggio di gioia e di speranza. Grazie, Santità!



       









     


























     






     

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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 07/11/2010 16:18
    VISITA ALLA CATTEDRALE
    DI SANTIAGO DE COMPOSTELA

    PAROLE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

    Santiago de Compostela
    Sabato, 6 novembre 2010
     

    Signori Cardinali,
    Cari Fratelli nell’Episcopato,
    Distinte Autorità,
    Cari sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose,
    Cari fratelli e sorelle,
    Amici tutti.

    Ringrazio Monsignor Julián Barrio Barrio, Arcivescovo di Santiago di Compostela, per le cortesi parole che mi ha appena rivolto e alle quali rispondo con piacere, salutando tutti con affetto nel Signore e ringraziandovi per la vostra presenza in questo luogo così significativo.

    Andare in pellegrinaggio non è semplicemente visitare un luogo qualsiasi per ammirare i suoi tesori di natura, arte o storia. Andare in pellegrinaggio significa, piuttosto, uscire da noi stessi per andare incontro a Dio là dove Egli si è manifestato, là dove la grazia divina si è mostrata con particolare splendore e ha prodotto abbondanti frutti di conversione e santità tra i credenti. I cristiani andarono in pellegrinaggio, anzitutto, nei luoghi legati alla passione, morte e resurrezione del Signore, in Terra Santa. Poi a Roma, città del martirio di Pietro e Paolo, e anche a Compostela, che, unita alla memoria di san Giacomo, ha accolto pellegrini di tutto il mondo, desiderosi di rafforzare il loro spirito con la testimonianza di fede e amore dell’Apostolo.

    In questo Anno Santo Compostelano, come Successore di Pietro, ho voluto anch’io venire in pellegrinaggio alla Casa del “Señor Santiago” [san Giacomo ndt.], che si appresta a celebrare l’anniversario degli ottocento anni dalla sua consacrazione, per confermare la vostra fede e ravvivare la vostra speranza, e per affidare all’intercessione dell’Apostolo i vostri aneliti, fatiche e opere per il Vangelo. Nell’abbracciare la sua venerata immagine, ho pregato anche per tutti i figli della Chiesa, che ha la sua origine nel mistero di comunione che è Dio. Mediante la fede, siamo introdotti nel mistero di amore che è la Santissima Trinità. Siamo, in un certo modo, abbracciati da Dio, trasformati dal suo amore. La Chiesa è questo abbraccio di Dio nel quale gli uomini imparano anche ad abbracciare i propri fratelli, scoprendo in essi l’immagine e somiglianza divina, che costituisce la verità più profonda del loro essere, e che è origine della vera libertà.

    Tra verità e libertà vi è una relazione stretta e necessaria. La ricerca onesta della verità, l’aspirazione ad essa, è la condizione per un’autentica libertà. Non si può vivere l’una senza l’altra. La Chiesa, che desidera servire con tutte le sue forze la persona umana e la sua dignità, è al servizio di entrambe, della verità e della libertà. Non può rinunciare ad esse, perché è in gioco l’essere umano, perché la spinge l’amore all’uomo, “il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa” (Gaudium et spes, 24), e perché senza tale aspirazione alla verità, alla giustizia e alla libertà, l’uomo si perderebbe esso stesso.

    Permettetemi che da Compostela, cuore spirituale della Galizia e, allo stesso tempo, scuola di universalità senza confini, esorti tutti i fedeli di questa cara Arcidiocesi, e tutti quelli della Chiesa in Spagna, a vivere illuminati dalla verità di Cristo, professando la fede con gioia, coerenza e semplicità, in casa, nel lavoro e nell’impegno come cittadini.

    Che la gioia di sentirvi figli amati di Dio vi spinga anche ad una amore sempre più profondo per la Chiesa, collaborando con essa nella sua opera di portare Cristo a tutti gli uomini. Pregate il Padrone della messe, perché molti giovani si consacrino a questa missione nel ministero sacerdotale e nella vita consacrata: oggi, come sempre, vale la pena dedicarsi per tutta la vita a proporre la novità del Vangelo.

    Non voglio concludere senza prima esprimere felicitazione e ringraziamento a tutti i cattolici spagnoli per la generosità con la quale sostengono tante istituzioni di carità e di promozione umana. Non stancatevi di mantenere queste opere, che apportano beneficio a tutta la società, e la cui efficacia si è manifestata in modo speciale nell’attuale crisi economica, così come in occasione delle gravi calamità naturali che hanno colpito vari Paesi.

    Con questi sentimenti, prego l’Altissimo che conceda a tutta l’audacia che ebbe san Giacomo per essere testimone di Cristo Risorto, e così rimaniate fedeli nei cammini della santità e vi spendiate per la gloria di Dio e il bene dei fratelli più abbandonati. Molte grazie.






     































     



















     

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    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 07/11/2010 16:22

    SANTA MESSA IN OCCASIONE
    DELL'ANNO SANTO COMPOSTELANO

    OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

    Plaza del Obradoiro a Santiago de Compostela


    Sabato, 6 novembre 20
    10

    Amatissimi fratelli in Gesù Cristo.

    Rendo grazie a Dio per il dono di poter essere qui, in questa splendida piazza ricolma di arte, cultura e significato spirituale. In questo Anno Santo, giungo come pellegrino tra i pellegrini, accompagnando tanti che vengono fin qui assetati della fede in Cristo risorto. Fede annunciata e trasmessa fedelmente dagli Apostoli, come san Giacomo il Maggiore, che si venera a Compostela da tempo immemorabile.

    Sono grato per le gentili parole di benvenuto di Monsignor Julián Barrio Barrio, Arcivescovo di questa Chiesa particolare, e per la cortese presenza delle Loro Altezze Reali i Principi delle Asturie, dei Signori Cardinali, così come dei numerosi Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio. Il mio saluto cordiale giunga anche ai Parlamentari Europei, membri dell’intergruppo “Camino de Santiago”, come pure alle Autorità Nazionali, Regionali e Locali che hanno voluto essere presenti a questa celebrazione. Tutto ciò è segno di deferenza verso il Successore di Pietro e anche del profondo sentimento che san Giacomo di Compostela risveglia in Galizia e negli altri luoghi della Spagna, la quale riconosce l’Apostolo come suo Patrono e protettore. Un caloroso saluto anche alle persone consacrate, seminaristi e fedeli che partecipano a questa Eucaristia e, con un’emozione particolare, ai pellegrini, costruttori del genuino spirito giacobeo, senza il quale si capirebbe poco o nulla di quello che qui si svolge.

    Una frase della prima lettura afferma con ammirevole semplicità: “Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù” (At 4,33). In effetti, al punto di partenza di tutto ciò che il cristianesimo è stato e continua ad essere non si trova un’iniziativa o un progetto umano, ma Dio, che dichiara Gesù giusto e santo di fronte alla sentenza del tribunale umano che lo condannò come blasfemo e sovversivo; Dio, che ha strappato Gesù Cristo dalla morte; Dio, che farà giustizia a tutti quelli che sono ingiustamente gli umiliati della storia.

    “Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono” (At 5,32), dicono gli apostoli. Così infatti essi diedero testimonianza della vita, morte e resurrezione di Cristo Gesù, che conobbero mentre predicava e compiva miracoli. A noi, cari fratelli, spetta oggi seguire l’esempio degli apostoli, conoscendo il Signore ogni giorno di più e dando una testimonianza chiara e valida del suo Vangelo. Non vi è maggior tesoro che possiamo offrire ai nostri contemporanei. Così imiteremo anche san Paolo che, in mezzo a tante tribolazioni, naufragi e solitudini, proclamava esultante: “Noi […] abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi” (2Cor 4,7).

    Insieme a queste parole dell’Apostolo dei gentili, vi sono le parole stesse del Vangelo che abbiamo appena ascoltato, e che invitano a vivere secondo l’umiltà di Cristo, il quale, seguendo in tutto la volontà del Padre, è venuto per servire, “e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20, 28). Per i discepoli che vogliono seguire e imitare Cristo, servire il fratello non è più una mera opzione, ma parte essenziale del proprio essere. Un servizio che non si misura in base ai criteri mondani dell’immediato, del materiale e dell’apparente, ma perché rende presente l’amore di Dio per tutti gli uomini e in tutte le loro dimensioni, e dà testimonianza di Lui, anche con i gesti più semplici.

    Nel proporre questo nuovo modo di relazionarsi nella comunità, basato sulla logica dell’amore e del servizio, Gesù si rivolge anche ai “capi dei popoli”, perché dove non vi è impegno per gli altri sorgono forme di prepotenza e sfruttamento che non lasciano spazio a un’autentica promozione umana integrale. E vorrei che questo messaggio giungesse soprattutto ai giovani: proprio a voi, questo contenuto essenziale del Vangelo indica la via perché, rinunciando a un modo di pensare egoistico, di breve portata, come tante volte vi si propone, e assumendo quello di Gesù, possiate realizzarvi pienamente ed essere seme di speranza.

    Questo è ciò che ci ricorda anche la celebrazione di questo Anno Santo Compostelano. E questo è quello che nel segreto del cuore, sapendolo esplicitamente o sentendolo senza saperlo esprimere a parole, vivono tanti pellegrini che camminano fino a Santiago di Compostela per abbracciare l’Apostolo.

    La stanchezza dell’andare, la varietà dei paesaggi, l’incontro con persone di altra nazionalità, li aprono a ciò che di più profondo e comune ci unisce agli uomini: esseri in ricerca, esseri che hanno bisogno di verità e di bellezza, di un’esperienza di grazia, di carità e di pace, di perdono e di redenzione. E nel più nascosto di tutti questi uomini risuona la presenza di Dio e l’azione dello Spirito Santo. Sì, ogni uomo che fa silenzio dentro di sé e prende le distanze dalle brame, desideri e faccende immediati, l’uomo che prega, Dio lo illumina affinché lo incontri e riconosca Cristo. Chi compie il pellegrinaggio a Santiago, in fondo, lo fa per incontrarsi soprattutto con Dio, che, riflesso nella maestà di Cristo, lo accoglie e benedice nell’arrivare al Portico della Gloria.

    Da qui, come messaggero del Vangelo che Pietro e Giacomo firmarono con il proprio sangue, desidero volgere lo sguardo all’Europa che andò in pellegrinaggio a Compostela. Quali sono le sue grandi necessità, timori e speranze? Qual è il contributo specifico e fondamentale della Chiesa a questa Europa, che ha percorso nell’ultimo mezzo secolo un cammino verso nuove configurazioni e progetti? Il suo apporto è centrato in una realtà così semplice e decisiva come questa: che Dio esiste e che è Lui che ci ha dato la vita. Solo Lui è assoluto, amore fedele e immutabile, meta infinita che traspare dietro tutti i beni, verità e bellezze meravigliose di questo mondo; meravigliose ma insufficienti per il cuore dell’uomo. Lo comprese bene santa Teresa di Gesù quando scrisse: “Solo Dio basta”.

    È una tragedia che in Europa, soprattutto nel XIX secolo, si affermasse e diffondesse la convinzione che Dio è l’antagonista dell’uomo e il nemico della sua liberà. Con questo si voleva mettere in ombra la vera fede biblica in Dio, che mandò nel mondo suo Figlio Gesù Cristo perché nessuno muoia, ma tutti abbiano la vita eterna (cfr Gv 3,16).

    L’autore sacro afferma perentorio davanti a un paganesimo per il quale Dio è invidioso dell’uomo o lo disprezza: come Dio avrebbe creato tutte le cose se non le avesse amate, Lui che nella sua infinita pienezza non ha bisogno di nulla? (cfr Sap 11,24-26). Come si sarebbe rivelato agli uomini se non avesse voluto proteggerli? Dio è l’origine del nostro essere e il fondamento e culmine della nostra libertà, non il suo oppositore. Come l’uomo mortale si può fondare su se stesso e come l’uomo peccatore si può riconciliare con se stesso? Come è possibile che si sia fatto pubblico silenzio sulla realtà prima ed essenziale della vita umana? Come ciò che è più determinante in essa può essere rinchiuso nella mera intimità o relegato nella penombra? Noi uomini non possiamo vivere nelle tenebre, senza vedere la luce del sole. E, allora, com’è possibile che si neghi a Dio, sole delle intelligenze, forza delle volontà e calamita dei nostri cuori, il diritto di proporre questa luce che dissipa ogni tenebra? Perciò, è necessario che Dio torni a risuonare gioiosamente sotto i cieli dell’Europa; che questa parola santa non si pronunci mai invano; che non venga stravolta facendola servire a fini che non le sono propri. Occorre che venga proferita santamente. È necessario che la percepiamo così nella vita di ogni giorno, nel silenzio del lavoro, nell’amore fraterno e nelle difficoltà che gli anni portano con sé.

    L’Europa deve aprirsi a Dio, uscire all’incontro con Lui senza paura, lavorare con la sua grazia per quella dignità dell’uomo che avevano scoperto le migliori tradizioni: oltre a quella biblica, fondamentale a tale riguardo, quelle dell’epoca classica, medievale e moderna, dalle quali nacquero le grandi creazioni filosofiche e letterarie, culturali e sociali dell’Europa.

    Questo Dio e questo uomo sono quelli che si sono manifestati concretamente e storicamente in Cristo. Cristo che possiamo trovare nei cammini che conducono a Compostela, dato che in essi vi è una croce che accoglie e orienta ai crocicchi. Questa croce, segno supremo dell’amore portato fino all’estremo, e perciò dono e perdono allo stesso tempo, dev’essere la nostra stella polare nella notte del tempo. Croce e amore, croce e luce sono stati sinonimi nella nostra storia, perché Cristo si lasciò inchiodare in essa per darci la suprema testimonianza del suo amore, per invitarci al perdono e alla riconciliazione, per insegnarci a vincere il male con il bene. Non smettete di imparare le lezioni di questo Cristo dei crocicchi dei cammini e della vita, in lui ci viene incontro Dio come amico, padre e guida.

    O Croce benedetta, brilla sempre nelle terre dell’Europa!

    Lasciate che proclami da qui la gloria dell’uomo, che avverta delle minacce alla sua dignità per la privazione dei suoi valori e ricchezze originari, l’emarginazione o la morte inflitte ai più deboli e poveri. Non si può dar culto a Dio senza proteggere l’uomo suo figlio e non si serve l’uomo senza chiedersi chi è suo Padre e rispondere alla domanda su di lui. L’Europa della scienza e delle tecnologie, l’Europa della civilizzazione e della cultura, deve essere allo stesso tempo l’Europa aperta alla trascendenza e alla fraternità con altri continenti, al Dio vivo e vero a partire dall’uomo vivo e vero. Questo è ciò che la Chiesa desidera apportare all’Europa: avere cura di Dio e avere cura dell’uomo, a partire dalla comprensione che di entrambi ci viene offerta in Gesù Cristo.

    Cari amici, eleviamo uno sguardo di speranza a tutto ciò che Dio ci ha promesso e ci offre. Che Egli ci doni la sua forza, rinvigorisca quest’Arcidiocesi compostelana, vivifichi la fede dei suoi figli e li aiuti a mantenersi fedeli alla loro vocazione di seminare e dare vigore al Vangelo, anche in altre terre. Che san Giacomo, l’amico del Signore, ottenga abbondanti benedizioni per la Galizia, per le altre genti della Spagna, dell’Europa e di tanti altri luoghi al di là dei mari, dove l’Apostolo è segno di identità cristiana e promotore dell’annuncio di Cristo.
    Amen!
























     
     


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    00 07/11/2010 16:43

    SANTA MESSA CON DEDICAZIONE
    DELLA CHIESA DELLA SAGRADA FAMILIA E DELL’ALTARE

    OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

    Barcelona
    Domenica, 7 novembre 20
    10

    Amatissimi fratelli e sorelle nel Signore.

    “Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete… La gioia del Signore è la vostra forza” (Ne 8,9-11). Con queste parole della prima lettura che abbiamo proclamato desidero salutare tutti voi che siete qui presenti per partecipare a questa celebrazione. Rivolgo un affettuoso saluto alle Loro Maestà i Reali di Spagna, che hanno voluto cordialmente unirsi a noi. Il mio grato saluto va al Signor Cardinale Lluís Martínez Sistach, Arcivescovo di Barcellona, per le parole di benvenuto e il suo invito per la dedicazione di questa chiesa della Sacra Famiglia, meravigliosa sintesi di tecnica, di arte e di fede. Saluto anche il Cardinale Ricardo María Carles Gordó, Arcivescovo emerito di Barcellona, gli altri Signori Cardinali e Fratelli nell’Episcopato, specialmente il Vescovo ausiliare di questa Chiesa particolare, così come i numerosi sacerdoti, diaconi, seminaristi, religiosi e fedeli che partecipano a questa solenne celebrazione. Nello stesso tempo, rivolgo il mio deferente saluto alle Autorità Nazionali, Regionali e Locali, così come ai membri di altre comunità cristiane, che si uniscono alla nostra gioia e lode grata a Dio.

    Questo giorno è un punto significativo in una lunga storia di aspirazioni, di lavoro e di generosità, che dura da più di un secolo. In questi momenti, vorrei ricordare ciascuna delle persone che hanno reso possibile la gioia che oggi pervade tutti noi: dai promotori fino agli esecutori di quest’opera; dagli architetti e muratori della stessa, a tutti quelli che hanno offerto, in un modo o nell’altro, il loro insostituibile contributo per rendere possibile la progressiva costruzione di questo edificio. E ricordiamo, soprattutto, colui che fu anima e artefice di questo progetto: Antoni Gaudí, architetto geniale e cristiano coerente, la cui fiaccola della fede arse fino al termine della sua vita, vissuta con dignità e austerità assoluta. Quest’evento è anche, in qualche modo, il punto culminante e lo sbocco di una storia di questa terra catalana che, soprattutto a partire dalla fine del XIX secolo, diede una moltitudine di santi e di fondatori, di martiri e di poeti cristiani. Storia di santità, di creazioni artistiche e poetiche, nate dalla fede, che oggi raccogliamo e presentiamo come offerta a Dio in questa Eucaristia.

    La gioia che provo nel poter presiedere questa celebrazione si è accresciuta quando ho saputo che questo edificio sacro, fin dalle sue origini, è strettamente legato alla figura di san Giuseppe. Mi ha commosso specialmente la sicurezza con la quale Gaudí, di fronte alle innumerevoli difficoltà che dovette affrontare, esclamava pieno di fiducia nella divina Provvidenza: “San Giuseppe completerà il tempio”. Per questo ora non è privo di significato il fatto che sia un Papa il cui nome di battesimo è Giuseppe a dedicarlo.

    Cosa significa dedicare questa chiesa? Nel cuore del mondo, di fronte allo sguardo di Dio e degli uomini, in un umile e gioioso atto di fede, abbiamo innalzato un’immensa mole di materia, frutto della natura e di un incalcolabile sforzo dell’intelligenza umana, costruttrice di quest’opera d’arte. Essa è un segno visibile del Dio invisibile, alla cui gloria svettano queste torri, frecce che indicano l’assoluto della luce e di colui che è la Luce, l’Altezza e la Bellezza medesime.

    In questo ambiente, Gaudí volle unire l’ispirazione che gli veniva dai tre grandi libri dei quali si nutriva come uomo, come credente e come architetto: il libro della natura, il libro della Sacra Scrittura e il libro della Liturgia. Così unì la realtà del mondo e la storia della salvezza, come ci è narrata nella Bibbia e resa presente nella Liturgia. Introdusse dentro l’edificio sacro pietre, alberi e vita umana, affinché tutta la creazione convergesse nella lode divina, ma, allo stesso tempo, portò fuori i “retabli”, per porre davanti agli uomini il mistero di Dio rivelato nella nascita, passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo.

    In questo modo, collaborò in maniera geniale all’edificazione di una coscienza umana ancorata nel mondo, aperta a Dio, illuminata e santificata da Cristo. E realizzò ciò che oggi è uno dei compiti più importanti: superare la scissione tra coscienza umana e coscienza cristiana, tra esistenza in questo mondo temporale e apertura alla vita eterna, tra la bellezza delle cose e Dio come Bellezza. Antoni Gaudí non realizzò tutto questo con parole, ma con pietre, linee, superfici e vertici. In realtà, la bellezza è la grande necessità dell’uomo; è la radice dalla quale sorgono il tronco della nostra pace e i frutti della nostra speranza. La bellezza è anche rivelatrice di Dio perché, come Lui, l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappa dall’egoismo.

    Abbiamo dedicato questo spazio sacro a Dio, che si è rivelato e donato a noi in Cristo per essere definitivamente Dio con gli uomini. La Parola rivelata, l’umanità di Cristo e la sua Chiesa sono le tre espressioni massime della sua manifestazione e del suo dono agli uomini. “Ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo” (1Cor 3, 10-11), dice san Paolo nella seconda lettura. Il Signore Gesù è la pietra che sostiene il peso del mondo, che mantiene la coesione della Chiesa e che raccoglie in ultima unità tutte le conquiste dell’umanità. In Lui abbiamo la Parola e la Presenza di Dio, e da Lui la Chiesa riceve la propria vita, la propria dottrina e la propria missione.
     
    La Chiesa non ha consistenza da se stessa; è chiamata ad essere segno e strumento di Cristo, in pura docilità alla sua autorità e in totale servizio al suo mandato. L’unico Cristo fonda l’unica Chiesa; Egli è la roccia sulla quale si fonda la nostra fede. Basati su questa fede, cerchiamo insieme di mostrare al mondo il volto di Dio, che è amore ed è l’unico che può rispondere all’anelito di pienezza dell’uomo. Questo è il grande compito, mostrare a tutti che Dio è Dio di pace e non di violenza, di libertà e non di costrizione, di concordia e non di discordia. In questo senso, credo che la dedicazione di questa chiesa della Sacra Famiglia, in un’epoca nella quale l’uomo pretende di edificare la sua vita alle spalle di Dio, come se non avesse più niente da dirgli, è un avvenimento di grande significato. Gaudí, con la sua opera, ci mostra che Dio è la vera misura dell’uomo, che il segreto della vera originalità consiste, come egli diceva, nel tornare all’origine che è Dio. Lui stesso, aprendo in questo modo il suo spirito a Dio, è stato capace di creare in questa città uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l’uomo all’incontro con colui che è la verità e la bellezza stessa. Così l’architetto esprimeva i suoi sentimenti: “Una chiesa [è] l’unica cosa degna di rappresentare il sentire di un popolo, poiché la religione è la cosa più elevata nell’uomo”.

    Quest’affermare Dio porta con sé la suprema affermazione e tutela della dignità di ogni uomo e di tutti gli uomini: “Non sapete che siete tempio di Dio?... Santo è il tempio di Dio, che siete voi” (1Cor 3, 16-17). Ecco qui unite la verità e la dignità di Dio con la verità e la dignità dell’uomo. Nel consacrare l’altare di questa chiesa, tenendo presente che Cristo è il suo fondamento, noi presentiamo al mondo Dio che è amico degli uomini, e invitiamo gli uomini ad essere amici di Dio. Come insegna l’episodio di Zaccheo, di cui parla il Vangelo odierno (cfr Lc 19,1-10), se l’uomo lascia entrare Dio nella sua vita e nel suo mondo, se lascia che Cristo viva nel suo cuore, non si pentirà, ma anzi sperimenterà la gioia di condividere la sua stessa vita, essendo destinatario del suo amore infinito.

    L’iniziativa della costruzione di questa chiesa si deve all’Associazione degli Amici di san Giuseppe, che vollero dedicarla alla Sacra Famiglia di Nazaret. Da sempre, il focolare formato da Gesù, Maria e Giuseppe è stato considerato una scuola di amore, preghiera e lavoro. I patrocinatori di questa chiesa volevano mostrare al mondo l’amore, il lavoro e il servizio vissuti davanti a Dio, così come li visse la Sacra Famiglia di Nazaret. Le condizioni di vita sono profondamente cambiate e con esse si è progredito enormemente in ambiti tecnici, sociali e culturali. Non possiamo accontentarci di questi progressi.

    Con essi devono essere sempre presenti i progressi morali, come l’attenzione, la protezione e l’aiuto alla famiglia, poiché l’amore generoso e indissolubile di un uomo e una donna è il quadro efficace e il fondamento della vita umana nella sua gestazione, nella sua nascita, nella sua crescita e nel suo termine naturale. Solo laddove esistono l’amore e la fedeltà, nasce e perdura la vera libertà. Perciò, la Chiesa invoca adeguate misure economiche e sociali affinché la donna possa trovare la sua piena realizzazione in casa e nel lavoro, affinché l’uomo e la donna che si uniscono in matrimonio e formano una famiglia siano decisamente sostenuti dallo Stato, affinché si difenda come sacra e inviolabile la vita dei figli dal momento del loro concepimento, affinché la natalità sia stimata, valorizzata e sostenuta sul piano giuridico, sociale e legislativo. Per questo, la Chiesa si oppone a qualsiasi forma di negazione della vita umana e sostiene ciò che promuove l’ordine naturale nell’ambito dell’istituzione familiare.

    Contemplando ammirato questo ambiente santo di incantevole bellezza, con tanta storia di fede, chiedo a Dio che in questa terra catalana si moltiplichino e consolidino nuovi testimoni di santità, che offrano al mondo il grande servizio che la Chiesa può e deve prestare all’umanità: essere icona della bellezza divina, fiamma ardente di carità, canale perché il mondo creda in Colui che Dio ha mandato (cfr Gv 6,29).

    Cari fratelli, nel dedicare questa splendida chiesa, supplico, al tempo stesso, il Signore delle nostre vite che da questo altare, che ora verrà unto con olio santo e sopra il quale si consumerà il sacrificio d’amore di Cristo, sgorghi un fiume continuo di grazia e di carità su questa città di Barcellona e sui suoi abitanti, e sul mondo intero. Che queste acque feconde riempiano di fede e di vitalità apostolica questa Chiesa arcidiocesana, i suoi Pastori e fedeli.

    Desidero, infine, affidare all’amorosa protezione della Madre di Dio, Maria Santissima, “Rosa di aprile”, “Madre della Mercede”, tutti voi qui presenti e tutti coloro che con parole e opere, con il silenzio o la preghiera, hanno reso possibile questo miracolo architettonico. Che Ella presenti al suo divin Figlio anche le gioie e le sofferenze di coloro che giungeranno in futuro in questo luogo sacro, perché, come prega la Liturgia della dedicazione delle chiese, i poveri possano trovare misericordia, gli oppressi conseguire la vera libertà e tutti gli uomini rivestirsi della dignità di figli di Dio.

    Amen.

      Pope Benedict XVI (L) pours oil on the altar of the Sagrada Familia during a mass consecrating the famous temple in basilica on November 7, 2010, on his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Pope Benedict XVI sprinkles the altar with holy oil as he celebrates a mass to consecrate La Sagrada Familia church in Barcelona November 7, 2010.Pope Benedict XVI celebrates a solemn mass consecrating the Sagrada Familia in a basilica on November 7, 2010, in Barcelona, during his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned today of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Pope Benedict XVI spreads incense as he celebrates a mass to consecrate La Sagrada Familia church in Barcelona November 7, 2010.

    Benedict XVI celebrates a solemn mass consecrating the Sagrada Familia in a basilica on November 7, 2010, in Barcelona, during his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Pope Benedict XVI (L) blesses the altar of the Sagrada Familia during a mass consecrating the famous temple in basilica on November 7, 2010, on his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Pope Benedict XVI gestures holding a cross during the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square) after celebrating a solemn mass consecrating Barcelona's Sagrada Familia in a basilica, on November 7, 2010 during his two-day visit in Spain Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Pope Benedict XVI (2ndL) swings a thurible as he celebrates a mass consecrating the Sagrada Familia in basilica on November 7, 2010, on his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    An element of Pope Benedict XVI's cassock flies covering the pontiff's face prior the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square), on November 7, 2010 in Barcelona during his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.An element of Pope Benedict XVI's cassock flies covering the pontiff's face prior the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square), on November 7, 2010 in Barcelona during his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Pope Benedict XVI leaves the Sagrada Familia church in Barcelona, Spain, Sunday, Nov. 7, 2010. The Pope consecrated La Sagrada Familia, the Barcelona landmark designed by Antoni Gaudi, whose construction began in 1882 and continues today.
    An element of Pope Benedict XVI's cassock flies covering the pontiff's face prior the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square), on November 7, 2010 in Barcelona during his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    A pontiff's assistant (L) helps him as an element of Pope Benedict XVI's cassock flies covering his face prior the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square), on November 7, 2010 in Barcelona during his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    A pontiff's assistant (unseen) helps him as an element of Pope Benedict XVI (C)'s cassock flies on his face after the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square), on November 7, 2010 in Barcelona during his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.
    A pontiff's assistant (unseen) helps him as an element of Pope Benedict XVI (C)'s cassock flies after the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square), on November 7, 2010 in Barcelona during his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.Pope Benedict XVI arrives to lead the Angelus prayer at the end of a mass to consecrate La Sagrada Familia church in Barcelona November 7, 2010.


    Faithful watch a screen as Pope Benedict XVI celebrates a mass to consecrate La Sagrada Familia church as a Basilica in Barcelona November 7, 2010. Pope Benedict, on a lightning trip to Spain, urged Europe on Saturday to re-discover God and its Christian heritage and also denounced the country's liberal abortion laws.Pope Benedict XVI celebrates the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square) after celebrating a solemn mass consecrating Barcelona's Sagrada Familia in a basilica, on November 7, 2010 during his two-day visit in Spain Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.
    Spain's King Juan Carlos (L) kisses the hand of Pope Benedict XVI (R) during a solemn mass consecrating the Sagrada Familia in a basilica on November 7, 2010, on his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Pope Benedict XVI celebrates a mass to consecrate La Sagrada Familia church in Barcelona November 7, 2010. Pope Benedict, on a lightning trip to Spain, urged Europe on Saturday to re-discover God and its Christian heritage and also denounced the country's liberal abortion laws.Pope Benedict XVI celebrates a mass to consecrate La Sagrada Familia church in Barcelona November 7, 2010. Pope Benedict, on a lightning trip to Spain, urged Europe on Saturday to re-discover God and its Christian heritage and also denounced the country's liberal abortion laws.

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Sesso: Femminile
    00 07/11/2010 16:52

    BENEDETTO XVI

    ANGELUS

    Piazza della Chiesa della Sagrada Familia a Barcelona
    Domenica, 7 novembre 2010

    Fratelli e sorelle nel Nostro Signore Gesù Cristo,

    Ieri, a Porto Alegre, in Brasile, ha avuto luogo la cerimonia di beatificazione della Serva di Dio Maria Barbara della Santissima Trinità, fondatrice della Congregazione delle Suore del Cuore Immacolato di Maria. La fede profonda e l’ardente carità con cui ella seguì Cristo, suscitino in molti il desiderio di dedicare completamente la propria vita alla maggior gloria di Dio e al servizio generoso dei fratelli, soprattutto dei più poveri e bisognosi.

    Oggi ho avuto la grandissima gioia di dedicare questa chiesa a Colui che, Figlio dell’Altissimo, svuotò se stesso facendosi uomo e, protetto da Giuseppe e Maria, nel silenzio della casa di Nazaret, senza parole ci ha insegnato la dignità e il valore primordiale del matrimonio e della famiglia, speranza dell’umanità, nella quale la vita riceve accoglienza, dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Egli ci ha anche insegnato che tutta la Chiesa, ascoltando e mettendo in pratica la sua Parola, si trasforma nella sua Famiglia. E, ancor di più, ci ha consegnato la missione di essere seme di fraternità che, seminato in tutti i cuori, alimenti la speranza.

    Impregnato dalla devozione alla Sacra Famiglia di Nazaret, che san José Manyanet diffuse tra il popolo catalano, il genio di Antonio Gaudí, ispirato dall’ardore della sua fede cristiana, riuscì a trasformare questa chiesa in una lode a Dio fatta di pietra. Una lode a Dio che, così come avvenne nella nascita di Cristo, avesse come protagoniste le persone più umili e semplici.

    In effetti, Gaudí, con la sua opera, voleva portare il Vangelo a tutto il popolo. Per questo concepì i tre portici all’esterno come una catechesi su Gesù Cristo, come un grande rosario, che è la preghiera dei semplici, dove si possono contemplare i misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi di Nostro Signore. Non solo: in collaborazione con il parroco, don Gil Parés, disegnò e finanziò con i propri risparmi la creazione di una scuola per i figli dei muratori e per i bambini delle famiglie più umili del quartiere, allora un sobborgo emarginato di Barcellona. Faceva così diventare realtà la convinzione che esprimeva con queste parole: “I poveri devono sempre trovare accoglienza nella chiesa, che è la carità cristiana”.

    Stamattina ho avuto anche la soddisfazione di dichiarare questa chiesa Basilica minore. In essa, uomini e donne di tutti i continenti ammirano la facciata della Natività. In questo momento noi meditiamo il Mistero dell’Incarnazione ed eleviamo la nostra preghiera alla Madre di Dio con le parole dell’Angelo, affidandole la nostra vita e quella di tutta la Chiesa, mentre imploriamo il dono della pace per tutti gli uomini di buona volontà.

    Pope Benedict XVI (C) walks after the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square), on November 7, 2010 in Barcelona during his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.An assistant puts a mitre on Pope Benedict XVI's head during the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square) after celebrating a solemn mass consecrating Barcelona's Sagrada Familia in a basilica, on November 7, 2010 during his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Pope Benedict XVI waves as he parades in his popemobile in Barcelona, on November 7, 2010 during his two-day visit in Spain. Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Pope Benedict XVI gestures holding a cross during the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square) after celebrating a solemn mass consecrating Barcelona's Sagrada Familia in a basilica, on November 7, 2010 during his two-day visit in Spain Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Pope Benedict XVI gestures during the recitation of Angelus on the Plaza de la Iglesia (Church square) after celebrating a solemn mass consecrating Barcelona's Sagrada Familia in a basilica, on November 7, 2010 during his two-day visit in Spain Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Pope Benedict XVI waves as he parades in his popemobile prior to celebrate a solemn mass consecrating Barcelona's Sagrada Familia in a basilica, on November 7, 2010 during his two-day visit in Spain Pope Benedict XVI warned of a very strong clash between faith and modernity in Spain and he called for dialogue, not confrontation. The pontiff said an anti-clerical movement erupted in Spain in the 1930s in the run-up to the Spanish Civil War.

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 07/11/2010 17:31

    Possibile in Europa l'incontro tra fede e laicità


    Verità sull'uomo, libertà rispettosa, giustizia per tutti a cominciare dai più poveri:  il Papa indica alla Spagna e all'Europa le coordinate su cui edificare il presente e progettare il futuro.

    Da Santiago de Compostela, dove è giunto sabato mattina, 6 novembre, Benedetto XVI rilancia la sua convinzione che l'uomo europeo non debba chiudersi nell'orizzonte ristretto del contingente ma aprirsi alla trascendenza, preoccupandosi delle necessità materiali, di quelle morali e sociali, di quelle spirituali e religiose. Perché - dice al suo arrivo nel capoluogo galiziano - "tutte queste sono esigenze autentiche dell'uomo" e solo in questo modo "si opera in modo efficace, integro e fecondo per il suo bene".

    Così il Papa entra subito nel vivo di un viaggio che egli stesso si incarica di spiegare e di motivare ai giornalisti in volo verso la Spagna. Si tratta di un cammino - rivela - alla ricerca della fede, per ritrovare in essa il senso della bellezza espresso nella sua forma più alta dall'arte. Un itinerario che dimostra la possibilità per la fede stessa di entrare in contatto con il mondo di oggi. "Essere in cammino - confida - è iscritto nella mia biografia".

    Nelle risposte alle domande poste a nome dei cronisti dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il gesuita Federico Lombardi, il Pontefice anticipa le tematiche delle due fitte giornate in terra spagnola:  il senso del pellegrinaggio; il significato della consacrazione della basilica della Sagrada Familia, capolavoro di Antoni Gaudí; le difficoltà che attraversa l'istituzione familiare; l'efficacia del binomio fede e cultura; la nuova evangelizzazione dell'Europa.

    In particolare Benedetto XVI indica nell'esperienza del pellegrinaggio il paradigma della vita dell'uomo alla continua ricerca di Dio. Essere pellegrino - afferma - è l'essenza della nostra fede. In questa prospettiva, l'itinerario compostelano è significativo perché ricorda i passi delle moltitudini di fedeli che hanno diffuso la fede cristiana in Europa e, in un certo senso, l'hanno profondamente rinnovata. Così anche oggi - aggiunge il Papa - si avverte il bisogno di ritrovarsi, di camminare insieme per riscoprire Dio e rinnovare il vecchio continente.

    Della necessità di "segni" per il nostro tempo il Pontefice parla riferendosi in particolare alla consacrazione della Sagrada Familia a Barcellona. E ricorda che tra i motivi ispiratori del genio di Gaudí c'era la volontà di operare una sintesi fra continuità e novità, fra tradizione e creatività. Il grande architetto catalano - sottolinea - ha avuto il coraggio di inserirsi nella tradizione artistica delle grandi cattedrali e di tradurla in splendida novità, racchiudendo nella sua opera natura, Scrittura e liturgia.

    In questo processo di rinnovamento nella continuità si inserisce anche la famiglia, che oggi - riconosce il Papa - ha bisogno di essere rinnovata nella fedeltà alla sua essenza di cellula fondamentale della società. Proprio per il suo ruolo specifico, essa rappresenta il nucleo fondamentale intorno al quale ricostruire una convivenza civile dove non ci sia spazio per contrapposizioni artificiose tra religione e società. Per il futuro dell'uomo - si dice certo Benedetto XVI - occorre un incontro e non uno scontro tra fede e laicità, anche laddove le spinte della secolarizzazione si avvertono in forme più aggressive.

    Una persuasione, questa, ribadita successivamente durante la visita alla cattedrale compostelana. La Chiesa - assicura il Papa - "desidera servire con tutte le sue forze la persona umana e la sua dignità", consapevole che la verità è la condizione per un'autentica libertà. Servire i fratelli infatti - ribadisce nel pomeriggio celebrando la messa nella piazza dell'Obradoiro - non è per il cristiano una semplice opzione ma una parte essenziale del proprio essere. Da qui l'appello all'Europa perché sia capace di aprirsi alla trascendenza e alla fraternità:  solo avendo cura di Dio, infatti, si può anche avere cura dell'uomo.


    La Sagrada Familia e lo scultore giapponese Etsuro Sotoo

    Il richiamo della pietra



    di Marta Graupera i Canal

    "Ho iniziato a guardare Gaudí per imparare ad essere uno scultore, finché ho capito che per raggiungerlo dovevo guardare dove guardava lui" spiega Etsuro Sotoo, lo scultore giapponese che dal 1978 lavora alla Sagrada Familia. Ha completato la facciata della Natività, l'unica costruita in vita dall'artista e, guardando dove guardava il maestro, ha abbracciato la fede cattolica. Questa intervista per "L'Osservatore Romano" ci permette di conoscere dalla voce di uno dei suoi protagonisti, la vita di questo tempio in costruzione, gioiello dell'architettura mondiale ed espressione preziosa della fede nel terzo millennio.

    Come è arrivato alla  Sagrada  Familia?

    Nel 1977, appena laureato in Belle Arti dall'università di Kyoto, insegnavo arte in sei scuole di Osaka e Kyoto. Costretto a spostarmi da un posto all'altro, non avevo tempo per la scultura. Un giorno, mentre stavo mangiando un panino in macchina fermo ad un semaforo, ho visto un operaio che montava sul cordolo del marciapiede dei pezzi di pietra. Quell'episodio è stato un capovolgimento nella mia vita; sentivo una chiamata particolare dalla pietra, che mi rubava l'anima e mi costringeva a cambiare direzione. Qualunque oggetto in pietra mi attirava. Ho deciso di lasciare l'insegnamento e di cercare un luogo dove dominasse una "cultura scolpita nella pietra". Andai in Europa. Quando sono arrivato a Barcellona e ho visto la Sagrada Familia per la prima volta mi ha fortemente attratto. Volevo lavorare in quel posto! L'allora direttore dei lavori, Isidre Puig Boada, mi ha fatto fare una prova e mi hanno assunto. Desideravo conoscere a fondo quel maestro dell'architettura che lavorava la pietra in modo così affascinante.

    Come è cresciuta questa conoscenza lungo questi 32 anni?

    Ho conosciuto poco a poco Gaudí realizzando sculture, cercando, chiedendomi il significato delle cose. Il primo lavoro che feci fu il coronamento delle mura dell'abside, i pinnacoli. Dovevo costruire una ringhiera di foglie. Secondo i miei calcoli, il muro avrebbe dovuto avere lo spessore di un centimetro, che a me sembrava troppo poco. Ho dovuto affrontare due problemi:  una struttura così sottile era troppo debole e dovevo decidere dove collocare le foglie. Avevo appena iniziato ed ero totalmente inesperto sul senso del simbolismo. Osservando i pinnacoli fatti in vita da Gaudí trovai la soluzione:  collocare le foglie nei punti deboli della struttura, in modo che venisse rinforzata. Questo fu il mio primo incontro con lui, perché Gaudí sempre cercava un'unica soluzione a diversi problemi, sintetizzando in una forma la struttura, il simbolismo e la funzione. Con l'espressione estetica dei frutti e delle foglie ci parla di come la Parola di Dio accompagna la storia degli uomini:  i frutti nascono grazie alla luce del sole che arriva alle foglie di ogni pianta.

    Più tardi ha scolpito gli scudi che sorreggono i finestroni. Gaudí volle raffigurare in queste pietre le iniziali JMJ (Jesús, María, José). Come ha impostato la loro realizzazione?

    Non esistevano disegni di questi scudi, ho dovuto inventarli. Per esempio, per lo scudo dedicato alla carpenteria ho deciso di rappresentare gli arnesi, ma disordinati, con i trucioli.  Volevo  riflettere  l'ambiente  reale  di  ogni  mestiere,  qual- cosa di vivo. Questo l'ho imparato da Gaudí:  non inventava niente, usava modelli esistenti e cercava sempre di plasmare un momento della vita.

    Nel 1980 Puig Boada le chiese di restaurare il Portale del Rosario, distrutto nel 1936, durante la guerra civile. È l'unico portale di accesso al chiostro che l'architetto fece in vita:  con esso voleva indicare come dovevano essere gli altri. Come ha affrontato questo compito?

    Presiedono il portale l'immagine della Madonna con Gesù Bambino in braccio e le immagini di santa Caterina da Siena e di san Domenico di Guzman ai lati. Il Portale del Rosario è anche conosciuto come "la cappella delle tentazioni", poiché a destra e sinistra sono rappresentate le tentazioni del potere e del denaro. Sulla destra del Portale, guardando verso l'immagine della Madonna, Gaudí collocò la scultura di un anarchico, simbolo della tentazione del potere. Dietro di lui, un lucertolone con la bocca aperta, raffigurante il demonio, lo induce alla violenza. Ho dovuto rifarla perché era distrutta. Gaudí ci invita - è uno dei suoi "testamenti" - a porci delle domande sul bene e sul male. Mi sono chiesto il perché di quella figura ed ho immaginato una storia. Il demonio gli dice:  "Tu lavori più di dieci ore al giorno e non riesci a mangiare, ma c'è gente che senza lavorare, mangia e vive bene. Non è giusto! Prendi questa bomba e distruggi questo mondo per costruirne un altro". È la tentazione di voler cambiare la società usando la violenza. Gaudí ha sofferto su di sé le conseguenze di questa violenza, poiché la donna che amava è morta al Teatro del Liceu di Barcellona a causa di una bomba. Rappresentò la tentazione di conquistare il potere con la violenza in questa piccola scultura, senza rancore, senza odio. Il lavoratore tocca la bomba soltanto con il mignolo e guarda verso la Madonna come se si chiedesse "faccio bene o faccio male?". Gaudí ci rende coscienti del fatto che la nostra libertà decide. Di fronte a tutte le tentazioni c'è una possibilità più umana, che ci salva dalla tentazione:  l'umiltà è lo scudo più forte.

    Nel 1983 Puig Boada le chiese di realizzare la sua prima scultura per la facciata della Natività (per mancanza di fondi, solo una):  la figura di un angelo intento a suonare uno strumento. Poi le affidarono anche le sculture dei bambini del coro, che completano la Facciata della Natività.

    Era un compito difficile perché mancavano i dati di riferimento, neppure era chiaro il numero dei bambini da collocare. Nelle fotografie che ho trovato non c'era nessun gruppo completo. Ho deciso di farne nove perché nella facciata della Natività tutto gira intorno alla Sacra Famiglia, tre persone; quindi le figure che li lodano e li adorano dovevano essere multipli di tre:  sei angeli che suonano strumenti musicali, nove angeli che cantano il Gloria in excelsis Deo e così via. Quando avevo finito l'opera ed era già stata collocata, nell'ultimo Natale del ventesimo secolo, sono state ritrovate delle fotografie (appartenenti all'architetto Sugrañes, discepolo di Gaudí) di modelli completi di questi bambini del coro. Erano nove! La mia intuizione, cercando di seguirlo, si è rivelata giusta. Una volta individuato il numero delle figure, ciò che ho curato di più nella rappresentazione di questi bambini è stata la naturalità e la vita, che i bambini esprimono più di tutti, perché non fingono, sono spontanei. Se vogliono cantare, cantano. Ho immaginato che in quel momento uno dei bambini avesse voglia di accarezzare Gesù Bambino e l'ho rappresentato cercando di scendere verso il Bambino, cantando. Una bambina più grande lo prende dalla spalla; anche lei continua a cantare, ma ha l'aria di dirgli:  "Non scendere". Le figure hanno movimento, sorridono.

    Attraverso Gaudí è arrivato al "Maestro interiore".

    Lavorando alla Sagrada Familia ho iniziato a sentire un profondo bisogno di conoscere il senso del simbolismo cattolico che mi trasmetteva, poiché le sue idee architettoniche nascono dalla sua fede. Con un amico architetto, José Manuel Almuzara, abbiamo iniziato ad incontrarci assiduamente per studiare i suoi insegnamenti attraverso la sua opera, il simbolismo delle sue forme e figure, leggendo attentamente sia i testi biblici sia i commenti ed i testi dei collaboratori. Durante un viaggio in aereo ho notato una donna con un bambino in braccio e mi sono commosso vedendo l'amore con cui lo curava. Ho pensato:  "Se questo è l'amore umano, cosa non sarà l'amore divino?". Fu la spinta di cui avevo bisogno:  volevo ricevere il Battesimo per essere partecipe di questo amore.





    (©L'Osservatore Romano - 7 novembre 2010)

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 07/11/2010 19:01
    [SM=g1740722] Bellissime immagini della visita del Papa a Santiago, con la mantella del Pellegrino... 4 minuti da gustare!!! [SM=g1740721]


    [SM=g1740738]


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 08/11/2010 18:21
    La visita all'istituto Obra Nen Déu a Barcellona

    I progressi della medicina
    rispettino la dignità umana


    Nel pomeriggio di domenica 7 novembre il Papa ha visitato l'istituto Obra Nen Déu per l'assistenza sanitaria e psicologica di minori e giovani a Barcellona. Dopo i saluti rivoltigli dal cardinale Lluís Martínez Sistach, dalla superiora suor María Rosario Delgado e da due piccoli ospiti della residenza, il Papa ha pronunciato il seguente discorso.

    Di seguito una nostra traduzione italiana del discorso del Papa.

    Signor Cardinale Arcivescovo di Barcellona,
    Venerati Fratelli nell'Episcopato,
    Cari sacerdoti, diaconi, religiose e religiosi,
    Distinte Autorità,
    Cari amici,

    Provo grande gioia nel poter essere qui con tutti voi, che formate questa più che centenaria Opera Benefico-Sociale del Nen Déu (Divino Infante). Ringrazio, per il cordiale benvenuto che mi hanno offerto, il Cardinale Lluís Martínez Sistach, Arcivescovo di Barcellona, Suor Rosario, Superiora della Comunità, i bambini Antonio e Maria del Mar, che hanno preso la parola e tutti quelli che hanno così meravigliosamente cantato.

    Esprimo la mia gratitudine anche ai presenti, in particolare ai membri del Patronato dell'Opera, alla Madre Generale e alle Religiose Francescane dei Sacri Cuori, ai bambini, giovani e adulti accolti in questa istituzione, ai loro genitori e agli altri famigliari, così come al personale e ai volontari che qui esercitano il loro benemerito lavoro.

    Vorrei, allo stesso tempo, manifestare la mia riconoscenza alle Autorità, invitandole a prodigarsi perché i più svantaggiati siano sempre raggiunti dai servizi sociali, e a coloro che sostengono con il loro generoso aiuto entità assistenziali di iniziativa privata, come questa Scuola di Educazione Speciale del Nen Déu. In questi momenti, in cui molte famiglie sperimentano serie difficoltà economiche, dobbiamo moltiplicare, come discepoli di Cristo, i gesti concreti di solidarietà, tangibile e continua, mostrando così che la carità è il distintivo del nostro essere cristiani.


    Con la dedicazione della Basilica della Sacra Famiglia, si è posto in rilievo questa mattina che l'edificio sacro è segno del vero santuario di Dio tra gli uomini. Ora voglio sottolineare come, con lo sforzo di questa e altre analoghe istituzioni ecclesiali - a cui si aggiungerà la nuova Residenza che avete desiderato portasse il nome del Papa - si mostra chiaramente che, per il cristiano, ogni uomo è un vero santuario di Dio, che deve essere trattato con sommo rispetto e affetto, soprattutto quando si trova nel bisogno.

    La Chiesa vuole così realizzare le parole del Signore nel Vangelo:  "In verità io vi dico:  tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25, 40). In questa terra, queste parole di Cristo hanno spinto molti figli della Chiesa a dedicare la propria vita all'insegnamento, alla beneficienza o alla cura dei malati e dei diversamente abili. Ispirati dal loro esempio, vi chiedo di continuare a soccorrere i più piccoli e bisognosi, dando loro il meglio di voi stessi.

    Nella cura dei più deboli, molto hanno contribuito i formidabili progressi della sanità negli ultimi decenni, che sono stati accompagnati dalla crescente convinzione dell'importanza che ha, per il buon risultato del processo terapeutico, un rapporto umano attento. Perciò, è esigenza dell'essere umano che i nuovi sviluppi tecnologici nel campo medico non vadano mai a detrimento del rispetto per la vita e la dignità umana, in modo che coloro che soffrono malattie o disabilità psichiche o fisiche possano ricevere sempre quell'amore e quelle attenzioni che permettano loro di sentirsi valorizzati come persone nelle loro necessità concrete.

    Cari bambini e giovani, mi congedo da voi rendendo grazie a Dio per le vostre vite, così preziose ai suoi occhi, e assicurandovi che occupate un posto molto importante nel cuore del Papa. Prego per voi tutti i giorni e vi chiedo di aiutarmi con la vostra preghiera a compiere con fedeltà la missione che Cristo mi ha affidato. Non tralascio inoltre di pregare per coloro che sono al servizio di chi soffre, lavorando instancabilmente perché le persone con disabilità possano occupare il loro giusto posto nella società e non siano emarginate a causa delle loro limitazioni.

    A questo proposito, vorrei riconoscere, in modo speciale, la testimonianza fedele dei sacerdoti e di coloro che visitano i malati nelle loro case, negli ospedali e in altre istituzioni specializzate. Essi incarnano l'importante ministero della consolazione di fronte alle fragilità della nostra condizione, che la Chiesa cerca di compiere con gli stessi sentimenti del Buon Samaritano (cfr. Lc 10, 29-37).

    Per intercessione di Nostra Signora della Mercede e della Beata Madre Carmen di Gesù Bambino, Dio benedica tutti voi che formate la grande famiglia di questa splendida Opera, come anche i vostri cari e coloro che cooperano con questa o con simili istituzioni. Di ciò sia pegno la Benedizione Apostolica, che cordialmente imparto a tutti voi.


    (©L'Osservatore Romano - 8-9 novembre 2010)

                                           
     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 10/11/2010 00:25
    Il Papa Pellegrino.....



    Benedetto XVI Santiago de Compostela



                                    Benedict a Santiago


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 10/11/2010 12:54

    Il Papa ripercorre il viaggio in Spagna: "Conservare e rafforzare l’apertura al trascendente, così come un dialogo fecondo tra fede e ragione, tra politica e religione, tra economia ed etica, permetterà di costruire un’Europa che, fedele alle sue imprescindibili radici cristiane, possa rispondere pienamente alla propria vocazione e missione nel mondo"







    L’UDIENZA GENERALE, 10.11.2010

    CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA


    Viaggio Apostolico a Santiago e Bacellona

    Cari fratelli e sorelle!

    Oggi vorrei ricordare con voi il Viaggio Apostolico a Santiago di Compostela e Barcellona, che ho avuto la gioia di compiere sabato e domenica scorsi. Mi sono recato là per confermare nella fede i miei fratelli (cfr Lc 22,32); l’ho fatto come testimone di Cristo Risorto, come seminatore della speranza che non delude e non inganna, perché ha la sua origine nell’infinito amore di Dio per tutti gli uomini.

    La prima tappa è stata Santiago.
    Fin dalla
    cerimonia di benvenuto, ho potuto sperimentare l’affetto che le genti di Spagna nutrono verso il Successore di Pietro. Sono stato accolto veramente con grande entusiasmo e calore. In quest’Anno Santo Compostelano, ho voluto farmi pellegrino insieme con quanti, numerosissimi, si sono recati a quel celebre Santuario. Ho potuto visitare la “Casa dell’Apostolo Giacomo il Maggiore”, il quale continua a ripetere, a chi vi giunge bisognoso di grazia, che, in Cristo, Dio è venuto nel mondo per riconciliarlo a sé, non imputando agli uomini le loro colpe.

    Nell’imponente Cattedrale di Compostela, dando, con emozione, il tradizionale abbraccio al Santo, pensavo a come questo gesto di accoglienza e amicizia sia anche un modo di esprimere l’adesione alla sua parola e la partecipazione alla sua missione.

    Un segno forte della volontà di conformarsi al messaggio apostolico, il quale, da un lato, ci impegna ad essere fedeli custodi della Buona Novella che gli Apostoli hanno trasmesso, senza cedere alla tentazione di alterarla, sminuirla o piegarla ad altri interessi, e, dall’altro, trasforma ciascuno di noi in annunciatori instancabili della fede in Cristo, con la parola e la testimonianza della vita in tutti i campi della società.

    Vedendo il numero di pellegrini presenti alla
    Santa Messa solenne che ho avuto la grande gioia di presiedere a Santiago, meditavo su che ciò che spinge tanta gente a lasciare le occupazioni quotidiane e intraprendere il cammino penitenziale verso Compostela, un cammino a volte lungo e faticoso: è il desiderio di giungere alla luce di Cristo, cui anelano nel profondo del loro cuore, anche se spesso non lo sanno esprimere bene a parole.

    Nei momenti di smarrimento, di ricerca, di difficoltà, come pure nell’aspirazione a rafforzare la fede e a vivere in modo più coerente, i pellegrini a Compostela intraprendono un profondo itinerario di conversione a Cristo, che ha assunto in sé la debolezza, il peccato dell’umanità, le miserie del mondo, portandole dove il male non ha più potere, dove la luce del bene illumina ogni cosa. Si tratta di un popolo di silenziosi camminatori, provenienti da ogni parte del mondo, che riscoprono l’antica tradizione medioevale e cristiana del pellegrinaggio, attraversando borghi e città permeate di cattolicesimo.

    In quella solenne Eucaristia, vissuta dai tantissimi fedeli presenti con intensa partecipazione e devozione, ho chiesto con fervore che quanti si recano in pellegrinaggio a Santiago possano ricevere il dono di diventare veri testimoni di Cristo, che hanno riscoperto ai crocevia delle suggestive strade verso Compostela. Ho pregato anche perché i pellegrini, seguendo le orme di numerosi Santi che nel corso dei secoli hanno compiuto il “Cammino di Santiago”, continuino a mantenerne vivo il genuino significato religioso, spirituale e penitenziale, senza cedere alla banalità, alla distrazione, alle mode. Quel cammino, intreccio di vie che solcano vaste terre formando una rete attraverso la Penisola Iberica e l’Europa, è stato e continua ad essere luogo di incontro di uomini e donne delle più diverse provenienze, uniti dalla ricerca della fede e della verità su se stessi, e suscita esperienze profonde di condivisione, di fraternità e di solidarietà.

    E’ proprio la fede in Cristo che dà senso a Compostela, un luogo spiritualmente straordinario, che continua ad essere punto di riferimento per l’Europa di oggi nelle sue nuove configurazioni e prospettive.

    Conservare e rafforzare l’apertura al trascendente, così come un dialogo fecondo tra fede e ragione, tra politica e religione, tra economia ed etica, permetterà di costruire un’Europa che, fedele alle sue imprescindibili radici cristiane, possa rispondere pienamente alla propria vocazione e missione nel mondo. Perciò, certo delle immense possibilità del Continente europeo e fiducioso in un suo futuro di speranza, ho invitato l’Europa ad aprirsi sempre più a Dio, favorendo così le prospettive di un autentico incontro, rispettoso e solidale, con le popolazioni e le civiltà degli altri Continenti.

    Domenica, poi, ho avuto la gioia veramente grande di presiedere, a Barcellona, la
    Dedicazione della chiesa della Sacra Famiglia, che ho dichiarato Basilica Minore. Nel contemplare la grandiosità e la bellezza di quell’edificio, che invita ad elevare lo sguardo e l’animo verso l’Alto, verso Dio, ricordavo le grandi costruzioni religiose, come le cattedrali del Medioevo, che hanno segnato profondamente la storia e la fisionomia delle principali Città europee. Quella splendida opera - ricchissima di simbologia religiosa, preziosa nell’intreccio delle forme, affascinante nel gioco delle luci e dei colori - quasi un’immensa scultura in pietra, frutto della fede profonda, della sensibilità spirituale e del talento artistico di Antoni Gaudí, rinvia al vero santuario, il luogo del culto reale, il Cielo, dove Cristo è entrato per comparire al cospetto di Dio in nostro favore (cfr Eb 9,24). Il geniale architetto, in quel magnifico tempio, ha saputo rappresentare mirabilmente il mistero della Chiesa, alla quale i fedeli sono incorporati con il Battesimo come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale (cfr 1Pt 2,5).

    La chiesa della Sacra Famiglia fu concepita e progettata da Gaudí come una grande catechesi su Gesù Cristo, come un canto di lode al Creatore. In quell’edificio così imponente, egli ha posto la propria genialità al servizio del bello. Infatti, la straordinaria capacità espressiva e simbolica delle forme e dei motivi artistici, come pure le innovative tecniche architettoniche e scultoree, evocano la Fonte suprema di ogni bellezza. Il famoso architetto considerò questo lavoro come una missione nella quale era coinvolta tutta la sua persona. Dal momento in cui accettò l’incarico della costruzione di quella chiesa, la sua vita fu segnata da un cambiamento profondo.

    Intraprese così un’intensa pratica di preghiera, digiuno e povertà, avvertendo la necessità di prepararsi spiritualmente per riuscire ad esprimere nella realtà materiale il mistero insondabile di Dio. Si può dire che, mentre Gaudì lavorava alla costruzione del tempio, Dio costruiva in lui l’edificio spirituale (cfr Ef 2,22), rafforzandolo nella fede e avvicinandolo sempre più all’intimità con Cristo. Ispirandosi continuamente alla natura, opera del Creatore, e dedicandosi con passione a conoscere la Sacra Scrittura e la liturgia, egli seppe realizzare nel cuore della Città un edificio degno di Dio e, perciò stesso, degno dell’uomo.

    A Barcellona,
    ho visitato anche l’Opera del “Nen Déu”, un’iniziativa ultracentenaria, molto legata a quella Arcidiocesi, dove vengono curati, con professionalità e amore, bambini e giovani diversamente abili.

    Le loro vite sono preziose agli occhi di Dio e ci invitano costantemente ad uscire dal nostro egoismo. In quella casa, sono stato partecipe della gioia e della carità profonda e incondizionata delle Suore Francescane dei Sacri Cuori, del generoso lavoro di medici, di educatori e di tanti altri professionisti e volontari, che operano con encomiabile dedizione in quell’Istituzione. Ho anche benedetto la prima pietra di una nuova Residenza che sarà parte di questa Opera, dove tutto parla di carità, di rispetto della persona e della sua dignità, di gioia profonda, perché l’essere umano vale per quello che è, e non solo per quello che fa.

    Mentre ero a Barcellona, ho pregato intensamente per le famiglie, cellule vitali e speranza della società e della Chiesa. Ho ricordato anche coloro che soffrono, in particolare in questi momenti di serie difficoltà economiche. Ho tenuto presente, allo stesso tempo, i giovani - che mi hanno accompagnato in tutta la visita a Santiago e Barcellona con il loro entusiasmo e la loro gioia - perché scoprano la bellezza, il valore e l’impegno del Matrimonio, in cui un uomo e una donna formano una famiglia, che con generosità accoglie la vita e la accompagna dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Tutto quello che si fa per sostenere il matrimonio e la famiglia, per aiutare le persone più bisognose, tutto ciò che accresce la grandezza dell’uomo e la sua inviolabile dignità, contribuisce al perfezionamento della società. Nessuno sforzo è vano in questo senso.

    Cari amici, rendo grazie a Dio per le giornate intense che ho trascorso a Santiago di Compostela e a Barcellona. Rinnovo il mio ringraziamento al Re e alla Regina di Spagna, ai Principi delle Asturie e a tutte le Autorità. Rivolgo ancora una volta il mio pensiero riconoscente e affettuoso ai cari Fratelli Arcivescovi di quelle due Chiese particolari e ai loro collaboratori, come pure a quanti si sono generosamente prodigati affinché la mia visita in quelle due meravigliose Città fosse fruttuosa.

    Sono stati giorni indimenticabili, che rimarranno impressi nel mio cuore!

    In particolare, le due Celebrazioni eucaristiche, accuratamente preparate e intensamente vissute da tutti i fedeli, anche attraverso i canti, tratti sia dalla grande tradizione musicale della Chiesa, sia dalla genialità di autori moderni, sono stati momenti di vera gioia interiore. Dio ricompensi tutti, come solo Lui sa fare; la Santissima Madre di Dio e l’Apostolo san Giacomo continuino ad accompagnare con la loro protezione il loro cammino. L’anno prossimo, a Dio piacendo,
    mi recherò di nuovo in Spagna, a Madrid, per la Giornata Mondiale della Gioventù. Affido fin d’ora alla vostra preghiera questa provvida iniziativa, affinché sia occasione di crescita nella fede per tanti giovani.


    Pope Benedict XVI arrives to lead the Angelus prayer at the end of a mass to consecrate La Sagrada Familia church in Barcelona November 7, 2010. Picture taken November 7, 2010.


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)