00 28/10/2011 11:36

Assisi 2011, istruzioni per l'uso

Da La Bussola:


del

27-10-2011

Presentiamo la prolusione svolta dal cardinale Raymond Leo Burke al Convegno Pellegrini della Verità verso Assisi, svoltosi lo scorso 1 ottobre a Roma. Gli atti del Convegno sono stati raccolti nel volume Le religioni ad Assisi. Nessuna rinuncia alla verità, in uscita nei prossimi giorni per i tipi della veronese Fede e Cultura e ordinabile qui.

card. Raymond L. Burke




Il fine che ha mosso il nostro incontro è quello di far emergere anzitutto la grande sfida che oggi interpella il cristianesimo nel confronto con le altre religioni, in una cultura pluralista e in una società fortemente secolarizzata, sorda al sacro, intollerante nei suoi confronti e allo stesso tempo così avida di superare ogni diversità, passando a fianco della verità su Dio e sull’uomo. Si combatte la religione, la si vuole escludere dall’areopago politico-culturale, relegandola nell’ambito della mera soggettività e del sentimento, ma si vuole anche tentare una certa omologazione religiosa, tacendo le diversità e inverandole in un nome di un dio dal volto policromo, un dio con tanti volti quanti sono gli uomini religiosi, quante sono le loro religioni.


Il relativismo, mentre tenta di accomunare ogni manifestazione del sacro in una subdola tolleranza religiosa, pretende anche di superare il fenomeno del sacro, allontanando l’uomo dalla verità e quindi dal problema della religio vera. Si tratta perciò di una vera sfida, come più volte denunciato dal Romano Pontefice, Papa Benedetto XVI: il relativismo è una perniciosa malattia del nostro Occidente secolarizzato, apparentemente benevolo e tollerante verso tutti, ma dal cuore insofferente nei confronti di Dio, della verità della persona umana, della coscienza come sacrario dell’uomo.


Penso, per esempio, al Discorso del Santo Padre nell’incontro con le autorità civili durante il Viaggio Apostolico nel Regno Unito, il 17 settembre 2010, nella Westminister Hall. Riferendosi a questo discorso nell’Allocuzione al Collegio dei Cardinali, la Curia Romana e il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, nel tempo di Natale, il 20 dicembre 2010, il Santo Padre ha dichiarato: «Mi piacerebbe parlare dettagliatamente dell’indimenticabile viaggio nel Regno Unito, voglio però limitarmi a due punti che sono correlati con il tema della responsabilità dei cristiani in questo tempo e con il compito della Chiesa di annunciare il Vangelo. Il pensiero va innanzitutto all’incontro con il mondo della cultura nella Westminster Hall, un incontro in cui la consapevolezza della responsabilità comune in questo momento storico creò una grande attenzione, che, in ultima analisi, si rivolse alla questione circa la verità e la stessa fede. Che in questo dibattito la Chiesa debba recare il proprio contributo, era evidente per tutti. Alexis de Tocqueville, a suo tempo, aveva osservato che in America la democrazia era diventata possibile e aveva funzionato, perché esisteva un consenso morale di base che, andando al di là delle singole denominazioni, univa tutti. Solo se esiste un tale consenso sull’essenziale, le costituzioni e il diritto possono funzionare. Questo consenso di fondo proveniente dal patrimonio cristiano è in pericolo là dove al suo posto, al posto della ragione morale, subentra la mera razionalità finalistica di cui ho parlato poco fa. Questo è in realtà un accecamento della ragione per ciò che è essenziale. Combattere contro questo accecamento della ragione e conservarle la capacità di vedere l’essenziale, di vedere Dio e l’uomo, ciò che è buono e ciò che è vero, è l’interesse comune che deve unire tutti gli uomini di buona volontà. È in gioco il futuro del mondo».


Il vero senso del pellegrinaggio ad Assisi è la ricerca della verità che è Cristo, che ci libererà dalla schiavitù del relativismo, permettendoci di capire sempre più chiaramente la vera natura dell’uomo e l’inviolabilità della coscienza umana.


L’incontro di oggi cerca di lumeggiare i presupposti indispensabili per intendere in modo corretto il prossimo incontro interreligioso di Assisi, presupposti, del resto, già evidenziati dall’allora Card. Joseph Ratzinger, e ora tenuti in gran conto nel raduno che si approssima. Il Santo Padre ha voluto sottolineare il concetto di “pellegrinaggio” verso la Verità: non uno stare insieme per pregare insieme, in modo disparato, col rischio di confondere la fede rivelata soprannaturale, con le “credenze religiose” umane e naturali, ma un camminare insieme verso l’unica Verità. Anche il cristiano cammina, non però solo allo scopo di “cercare la verità”, ma per lasciarsi da essa interamente possedere, certo che la verità non è una somma matematica o un sistema più o meno razionale, ma una Persona, il Signore Gesù Cristo. Camminiamo verso la verità, andando incontro a Cristo e lasciando che Cristo incontri ogni uomo di buona volontà. Camminiamo verso di Lui perché Cristo è per primo venuto verso di noi.


Il Santo Padre ha voluto dare al prossimo raduno di Assisi anche un volto diverso: non si tratta tanto di un incontro interreligioso quanto di un dialogo interculturale sui passi della razionalità, bene prezioso dell’uomo in quanto tale. L’incontro vedrà, infatti, la partecipazione anche di persone non credenti, ma che avvertono nell’istanza religiosa un bene umano positivo e arricchente la società stessa. Sono persone che vedono con la ragione la necessità del bene razionale e naturale per l’uomo, ma non sono ancora giunte al traguardo religioso. Il camminare verso la Basilica di San Francesco, del Santo di Assisi, sarà poi un camminare silenzioso: nel silenzio infatti Dio parla all’uomo.


Del resto, però, non sono pochi i rischi che un tale incontro può sollevare, quanto alla comunicazione massmediatica dell’evento, di cui, come è chiaro, il Pontefice è ben cosciente. I mezzi della diffusione mass-mediale diranno, anche se solo con le immagini, che tutte le religioni si sono ritrovate insieme per chiedere a Dio la pace. Un cristiano poco formato nella sua fede, facilmente potrà trarne la conclusione gravemente erronea che una religione valga l’altra e che Gesù Cristo sia uno dei tanti mediatori di salvezza. Oltretutto, si tratta di modi di pensare non tanto isolati e causati dall’ignoranza del cristiano mancante di una buona catechesi, ma purtroppo, da diversi anni, propalati come nuove teologie del pluralismo religioso.


Per questa ragione il nostro incontro vuole sottolineare, facendo eco al Magistero recente, particolarmente articolato nella Dichiarazione Dominus Iesus della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 6 agosto 2000, la dottrina cattolica circa il dialogo interreligioso. Ahimè, il pluralismo religioso è finito con l’essere inteso, anche nella Chiesa, non solo tale di fatto ma purtroppo anche di principio. La Notificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 24 gennaio 2001, con la quale si riprovavano le aperture sincretistiche del Padre Jacques Dupuis, contenute nel suo libro, Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, in effetti sintetizza i principali errori in questa materia, facendo riferimento in particolare all’insegnamento del Magistero presentato nella Dichiarazione Dominus Iesus.


Vorrei riportare questi errori principali in modo schematico, per renderci conto della grande posta in gioco quando si affronta il tema del dialogo interreligioso:


I. A PROPOSITO DELLA MEDIAZIONE SALVIFICA UNICA E UNIVERSALE DI GESÙ CRISTO


1. Deve essere fermamente creduto che Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso e risorto, è l’unico e universale mediatore della salvezza di tutta l’umanità.


2. Deve essere pure fermamente creduto che Gesù di Nazareth, Figlio di Maria e unico Salvatore del mondo, è il Figlio e il Verbo del Padre. Per l’unità del piano divino di salvezza incentrato in Gesù Cristo, va inoltre ritenuto che l’azione salvifica del Verbo sia attuata in e per Gesù Cristo, Figlio incarnato del Padre, quale mediatore della salvezza di tutta l’umanità. È quindi contrario alla fede cattolica non soltanto affermare una separazione tra il Verbo e Gesù o una separazione tra l’azione salvifica del Verbo e quella di Gesù, ma anche sostenere la tesi di un’azione salvifica del Verbo come tale nella sua divinità, indipendente dall’umanità del Verbo incarnato.



II. A PROPOSITO DELL’UNICITÀ E PIENEZZA DELLA RIVELAZIONE DI GESÙ CRISTO


3. Deve essere fermamente creduto che Gesù Cristo è il mediatore, il compimento e la pienezza della rivelazione. È quindi contrario alla fede della Chiesa sostenere che la rivelazione di/in Gesù Cristo sia limitata, incompleta e imperfetta. Inoltre, benché la piena conoscenza della rivelazione divina si avrà soltanto nel giorno della venuta gloriosa del Signore, tuttavia la rivelazione storica di Gesù Cristo offre tutto ciò che è necessario per la salvezza dell’uomo e non ha bisogno di essere completata da altre religioni.


4. È conforme alla dottrina cattolica affermare che i semi di verità e di bontà che esistono nelle altre religioni sono una certa partecipazione alle verità contenute nella rivelazione di/in Gesù Cristo. È invece opinione erronea ritenere che tali elementi di verità e di bontà, o alcuni di essi, non derivino ultimamente dalla mediazione fontale di Gesù Cristo.


III. A PROPOSITO DELL’AZIONE SALVIFICA UNIVERSALE DELLO SPIRITO SANTO


5. La fede della Chiesa insegna che lo Spirito Santo operante dopo la risurrezione di Gesù Cristo è sempre lo Spirito di Cristo inviato dal Padre, che opera in modo salvifico sia nei cristiani sia nei non cristiani. È quindi contrario alla fede cattolica ritenere che l’azione salvifica dello Spirito Santo si possa estendere oltre l’unica economia salvifica universale del Verbo incarnato.


IV. A PROPOSITO DELL’ORDINAZIONE DI TUTTI GLI UOMINI ALLA CHIESA


6. Deve essere fermamente creduto che la Chiesa è segno e strumento di salvezza per tutti gli uomini. È contrario alla fede cattolica considerare le varie religioni del mondo come vie complementari alla Chiesa in ordine alla salvezza.


7. Secondo la dottrina cattolica anche i seguaci delle altre religioni sono ordinati alla Chiesa e sono tutti chiamati a far parte di essa.


V. A PROPOSITO DEL VALORE E DELLA FUNZIONE SALVIFICA DELLE TRADIZIONI RELIGIOSE


8. Secondo la dottrina cattolica si deve ritenere che «quanto lo Spirito opera nel cuore degli uomini e nella storia dei popoli, nelle culture e religioni, assume un ruolo di preparazione evangelica». È dunque legittimo sostenere che lo Spirito Santo opera la salvezza nei non cristiani anche mediante quegli elementi di verità e di bontà presenti nelle varie religioni; ma non ha alcun fondamento nella teologia cattolica ritenere queste religioni, considerate come tali, vie di salvezza, anche perché in esse sono presenti lacune, insufficienze ed errori, che riguardano le verità fondamentali su Dio, l’uomo e il mondo.


Inoltre, il fatto che gli elementi di verità e di bontà presenti nelle varie religioni possano preparare i popoli e le culture ad accogliere l’evento salvifico di Gesù Cristo, non comporta che i testi sacri delle altre religioni possano considerarsi complementari all’Antico Testamento, che è la preparazione immediata allo stesso evento di Cristo».


Questa notificazione e la stessa Dichiarazione Dominus Iesus, furono davvero provvidenziali. Infatti, molti – i fautori della discontinuità – ritenevano che col Vaticano II la Chiesa dovesse abbandonare il suo insegnamento assertivo e censorio, per limitarsi ad una descrizione dei dati di fede di tipo pastorale, lasciando così pullulare gli errori. Invece, il Magistero funge da guida per i fedeli, indicando loro la verità rivelata da custodire fedelmente e mettendoli in guardia dagli errori dottrinali e morali.


L’incontro con i capi delle altre religioni, pertanto, non vuole minimamente offuscare, nel Magistero e nella coscienza dei fedeli, il dovere che ha la Chiesa di annunciare a tutti la salvezza in Gesù Cristo per mezzo della Chiesa. La Chiesa non potrà mai esimersi dal dovere di far seguire al dialogo l’annuncio del Vangelo.


Dominus Iesus, citando il Catechismo della Chiesa Cattolica, ha ribadito ciò con fermezza: «“Dio ‘vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità”’(1Tm 2,4): vuole la salvezza di tutti attraverso la conoscenza della verità. La salvezza si trova nella verità. Coloro che obbediscono alla mozione dello Spirito di verità sono già sul cammino della salvezza; ma la Chiesa, alla quale questa verità è stata affidata, deve andare incontro al loro desiderio offrendola loro. Proprio perché crede al disegno universale di salvezza, la Chiesa deve essere missionaria”. Il dialogo perciò, pur facendo parte della missione evangelizzatrice, è solo una delle azioni della Chiesa nella sua missione ad gentes. La parità, che è presupposto del dialogo, si riferisce alla pari dignità personale delle parti, non ai contenuti dottrinali né tanto meno a Gesù Cristo, che è Dio stesso fatto Uomo, in confronto con i fondatori delle altre religioni. La Chiesa infatti, guidata dalla carità e dal rispetto della libertà, dev’essere impegnata primariamente ad annunciare a tutti gli uomini la verità, definitivamente rivelata dal Signore, ed a proclamare la necessità della conversione a Gesù Cristo e dell’adesione alla Chiesa attraverso il Battesimo e gli altri sacramenti, per partecipare in modo pieno alla comunione con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. D’altronde la certezza della volontà salvifica universale di Dio non allenta, ma aumenta il dovere e l’urgenza dell’annuncio della salvezza e della conversione al Signore Gesù Cristo».


In conclusione, potremmo interpretare l’animo di Papa Benedetto XVI, il quale ha voluto l’incontro di Assisi, alla luce di una sua omelia, pronunciata in S. Pietro, nella Solennità dell’Epifania 2007. Diceva in modo accorato il Pontefice: «Mi riferisco alle guide spirituali delle grandi religioni non cristiane. A distanza di duemila anni, possiamo dunque riconoscere nelle figure dei Magi una sorta di prefigurazione di queste tre dimensioni costitutive dell’umanesimo moderno: la dimensione politica, quella scientifica e quella religiosa. L’Epifania ce lo mostra in stato di "pellegrinaggio", cioè in un movimento di ricerca, spesso un po’ confusa, che, in definitiva, ha il suo punto d’arrivo in Cristo, anche se qualche volta la stella si nasconde. Al tempo stesso ci mostra Dio che a sua volta è in pellegrinaggio verso l’uomo.Non c’è solo il pellegrinaggio dell’uomo verso Dio; Dio stesso si è messo in cammino verso di noi: chi è infatti Gesù, se non Dio uscito, per così dire, da se stesso per venire incontro all’umanità? […] Ai capi dei popoli, ai ricercatori e agli scienziati, oggi più che mai, è necessario affiancare i rappresentanti delle grandi tradizioni religiose non cristiane, invitandoli a confrontarsi con la luce di Cristo, che è venuto non ad abolire, ma a portare a compimento quanto la mano di Dio ha scritto nella storia religiosa delle civiltà, specialmente nelle "grandi anime", che hanno contribuito a edificare l’umanità con la loro sapienza e i loro esempi di virtù. Cristo è luce, e la luce non può oscurare, ma solo illuminare, rischiarare, rivelare. Nessuno pertanto abbia paura di Cristo e del suo messaggio!».


Preghiamo perché per il prossimo incontro del Santo Padre con i capi delle altre religioni e i non-credenti ad Assisi sia un vero pellegrinaggio verso Cristo, pienezza della rivelazione di Dio a noi. Certamente, Egli ci sarà per venire incontro a tutti quanti faranno il pellegrinaggio ad Assisi per cercarlo.

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suggeriamo anche l'approfondimento interessante di don Alfredo Morselli, cliccate qui


Le osservazioni del prof. de Mattei sull'incontro di Assisi

Proseguiamo il discorso 'a consuntivo' sull'incontro interreligioso di Assisi, con questo intervento del prof. de Mattei che ringraziamo per l'analitico contributo.
Enrico


Dopo Assisi 3. Alcune riflessioni

di Roberto de MATTEI


Come firmatario di un appello a Sua Santità Benedetto XVI affinché recedesse dalla decisione di celebrare il venticinquennale del primo raduno interreligioso di Assisi, a riunione avvenuta, non posso non esprimere alcune riflessioni su di essa.

Quale che sia il giudizio che si voglia dare sul terzo incontro di Assisi, va sottolineato che esso ha certamente rappresentato una oggettiva correzione di rotta rispetto alle due riunioni precedenti, soprattutto riguardo al pericolo di sincretismo. Va letto, a questo proposito, con attenzione, il discorso del Cardinale Raymond Leo Burke al Convegno Pellegrini della Verità verso Assisi, svoltosi lo scorso 1 ottobre a Roma, che offre una attendibile chiave di interpretazione dell’evento.

Nella "giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo" che si è svolta il 27 ottobre, non vi è stato alcun momento di preghiera da parte dei presenti, né in comune né in parallelo, come invece era accaduto nel 1986 con i vari gruppi religiosi riuniti in vari luoghi della città di san Francesco. E' noto del resto che l'allora cardinale Ratzinger evitò di partecipare all'incontro e la sua assenza fu interpretata come una presa di distanza dagli equivoci che l'iniziativa era destinata a produrre.

Benedetto XVI ha voluto dare al raduno del 27 ottobre un volto diverso dagli incontri precedenti: non tanto quello, ha spiegato il cardinale Burke, “di un incontro interreligioso quanto di un dialogo interculturale sui passi della razionalità, bene prezioso dell’uomo in quanto tale”. Due testi ci aiutano a capire il pensiero di Benedetto XVI in materia di “dialogo”: il primo è la lettera inviata al filosofo Marcello Pera, già presidente del Senato, in occasione dell'uscita del suo libro Perché dobbiamo dirci cristiani (Mondadori, Milano 2008), in cui Benedetto XVI scriveva che “un dialogo interreligioso nel senso stretto della parole non è possibile, mentre urge tanto più il dialogo interculturale che approfondisce le conseguenze culturali delle decisioni religiose di fondo. Qui il dialogo e una mutua correzione e un arricchimento vicendevole sono possibili e necessari”.

Il secondo documento è anch'esso una lettera, indirizzata il 4 marzo 2011 al pastore luterano tedesco Peter Beyerhaus, che gli aveva manifestato timore per la nuova convocazione della giornata di Assisi. Benedetto XVI gli scrive: “Comprendo molto bene la sua preoccupazione rispetto alla partecipazione all’incontro di Assisi. Però questa commemorazione doveva essere festeggiata in ogni modo e, dopo tutto, mi sembrava la cosa migliore andarvi personalmente, per poter provare in tal modo a determinare la direzione del tutto. Tuttavia farò di tutto affinché sia impossibile un'interpretazione sincretista o relativista dell’evento, e affinché resti fermo che sempre crederò e confesserò ciò che avevo richiamato all’attenzione della Chiesa con la Dominus Iesus”.

L’interpretazione sincretistica o relativista dell’evento effettivamente non c’è stata, o è stata attenuata, e i mass-media hanno dedicato, anche per questo, ben poco spazio all’evento.

Un altro aspetto di Assisi 3 suscita però delle perplessità che non possono essere sottaciute. Il dialogo interculturale si può intrecciare con credenti di altre religioni non su base teologica, ma su quella razionale della legge naturale. La legge naturale non è altro che il Decalogo, compendio dei due precetti della carità, amore di Dio e amore del prossimo, espressi nelle due tavole consegnate a Mosé dal Signore stesso. E' possibile che, malgrado le false religioni che professano, vi siano credenti di altre religioni che cerchino di rispettare quella legge naturale che è universale e immutabile, perché comune ad ogni essere umano (cosa peraltro molto difficile senza l'aiuto della Grazia). La legge naturale può costituire un “ponte” per portare questi “infedeli” alla pienezza della verità, anche soprannaturale. Molto più problematico è invece il dialogo con coloro che non credono in nessuna religione, ovvero con gli atei convinti.

La legge naturale non consta infatti di sette comandamenti che regolano la vita tra gli uomini, ma di un insieme di dieci comandamenti, dei quali i primi tre impongono di rendere culto a Dio. La verità espressa dal Decalogo è che l’uomo deve amare Dio al di sopra di tutte le creature e amare queste secondo l’ordine da lui stabilito. L'ateo rifiuta questa verità ed è privo di quella possibilità di salvarsi che è offerta, sia pure in via eccezionale, ai credenti di altre religioni. E se è possibile l’ignoranza incolpevole della vera religione cattolica, non è possibile l’ignoranza incolpevole del Decalogo, perché la sua legge è scritta “sulle tavole del cuore umano col dito stesso del Creatore” (Rm. 2, 14-15). Esiste certo la possibilità di una ricerca o "pellegrinaggio" verso la verità anche da parte dei non credenti. Ciò avviene quando il rispetto della seconda tavola della legge (l’amore del prossimo) spinge progressivamente a cercarne il fondamento nella prima tavola (l’amore di Dio). E' la posizione dei cosiddetti "atei devoti", come Marcello Pera e Giuliano Ferrara i quali, come ha giustamente osservato Francesco Agnoli (Io cattolico pacelliano, dico al card. Ravasi che ad Assisi ha sbagliato atei, “Il Foglio”, 29 ottobre 2011) , “un bel po’ di strada insieme ai credenti la hanno fatta e la fanno di continuo, con l’uso della ragione”. Essi, oggi, nei confronti di alcuni precetti del decalogo si mostrano più fermi e osservanti di molti cattolici. Ma gli atei convocati ad Assisi non hanno nulla di "devoto": appartengono a quella categoria di non-credenti che ha in spregio non solo i primi tre comandamenti, ma tutta la tavola del Decalogo.

E' una posizione che la filosofa e psicanalista Julia Kristeva ha ribadito sul "Corriere della Sera" - che ha ospitato, in extenso, il suo intervento ad Assisi (Un nuovo umanesimo in dieci principi, “Corriere della Sera”, 28 ottobre 2011). A differenza di altri studiosi laici, che riscoprono il fondamento metafisico della legge naturale, la Kristeva ha rivendicato, una linea di pensiero che dal Rinascimento arriva all'Illuminismo di Diderot, Voltaire e Rousseau, compreso il marchese de Sade, Nietzsche e Sigmund Freud, ovvero quell'itinerario che, come hanno dimostrato insigni studiosi dell'ateismo da Cornelio Fabro (Introduzione all’ateismo moderno, Studium, Roma 1969) ad Augusto Del Noce (Il problema dell’ateismo, Il Mulino, Bologna 2010), porta proprio a quel nichilismo, che la psicanalista francese, senza negare la propria visione atea e permissiva della società, vorrebbe contrastare in nome di una collaborativa "complicità" tra umanesimo cristiano e umanesimo secolarizzato. L’esito di questa pacifica coesistenza tra il principio ateo di immanenza e un vago richiamo alla religiosità cristiana non può essere che il panteismo, caro a tutti i modernisti, antichi e contemporanei.

Il punto in cui Assisi 3 rischia di segnare un pericoloso passo avanti nella confusione che oggi attanaglia la Chiesa è proprio questo, enfatizzato da tutti i mass-media: l'estensione dell'invito, oltre che a esponenti delle religioni di tutto il mondo, anche ad atei ed agnostici, scelti tra i più lontani dalla metafisica cristiana. Ci chiediamo quale dialogo sia possibile con questi "non credenti" che negano in radice la legge naturale. La distinzione tra atei “combattivi” e atei “collaborativi” rischia di ignorare la vis aggressiva insita nell’ateismo implicito, non espresso in maniera militante ma proprio per questo più pericoloso. Gli atei dell’UAAR hanno almeno qualcosa da insegnare ai cattolici: professano i loro errori con uno spirito di militanza a cui i cattolici hanno abdicato nel difendere le loro verità. Ciò accade, ad esempio, quando da parte cattolica si criticano le crociate, che non furono una deviazione della fede, ma imprese ufficialmente promosse dai Papi, esaltate dai santi, fondate sulla teologia e regolate, per secoli, dal diritto canonico. Se allora la Chiesa sbagliò, non potrebbe sbagliare chi oggi predica il buonismo e l'arrendismo di fronte ai nemici, esterni e interni, che incalzano? E se la Chiesa, come sappiamo, non sbaglia nel suo insegnamento, quale deve essere la regola di fede ultima del cattolico in momenti di confusione come l’attuale? Sono domande che ogni semplice fedele ha il diritto di porre, rispettosamente, alle autorità supreme della Chiesa, all'indomani del 27 ottobre 2011.



[Modificato da Caterina63 30/10/2011 13:35]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)