00 17/08/2012 15:49

Miti dell'architettura sacra contemporanea

Dieci luoghi comuni, smontati uno dopo l'altro

di Duncan Stroik

 

 

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Miti dell'architettura sacra contemporanea

Dieci luoghi comuni, smontati uno dopo l'altro

di Duncan Stroik

 

1. "Il Concilio Vaticano II ci chiede di rigettare l'architettura sacra tradizionale e di progettare le nuove chiese in stile modernista".

Questo mito è basato più su quanto i cattolici hanno costruito negli ultimi trent'anni che su quanto che la Chiesa insegna veramente. Anche sotto un profilo solo professionale, l'architettura sacra degli ultimi decenni è stata un disastro nel vero senso della parola. Comunque, le opere sono più eloquenti delle parole, e i fedeli sono stati condotti a credere che la Chiesa esiga che le chiese siano delle astrazioni funzionali, perché è questo che stiamo costruendo. Le intenzioni dei Padri del Concilio non potevano essere più lontane da questa deriva, essi infatti auspicavano chiaramente che proseguisse l'eccellenza storica dell'architettura cattolica. E' importante ricordare quanto insegna il Concilio: "Non si introducano innovazioni se non quando lo richieda una vera e accertata utilità della Chiesa, e con l'avvertenza che le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da quelle già esistenti" (Sacrosanctum Concilium, 24).

Se fare teologia cattolica significa imparare dal passato, progettare architettura cattolica significa ispirarsi alla tradizione e alle espressioni architetturali che hanno superato la prova del tempo. Il Concilio Vaticano II lo chiarisce molto bene quando afferma che..."la Chiesa non ha mai avuto come proprio un particolare stile artistico, ma, secondo l'indole e le condizioni dei popoli e le esigenze dei vari riti, ha ammesso le forme artistiche di ogni epoca, creando così, nel corso dei secoli, un tesoro artistico da conservarsi con ogni cura. Anche l'arte del nostro tempo e di tutti i popoli e paesi abbia nella Chiesa libertà di espressione, purché serva con la dovuta riverenza e il dovuto onore alle esigenze degli edifici sacri e dei sacri riti. In tal modo essa potrà aggiungere la propria voce al mirabile concerto di gloria che uomini eccelsi innalzarono nei secoli passati alla fede cattolica" (Sacrosanctum Concilium, 123).

 


2. "Le nuove chiese devono essere costruite secondo le direttive del documento "Ambiente e Arte nel Culto Cattolico", pubblicato dalla Commissione Episcopale sulla Liturgia [degli U.S.A.] nel 1977".

In mancanza di alternative, questo libretto è diventato, negli Stati Uniti, una vera e propria bibbia per molte chiese nuove o rinnovate. Il documento, che non è mai stato votato dalla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti e non ha alcun valore canonico, è basato più sui principi dell'architettura modernista che non sulla dottrina cattolica o sul suo patrimonio di architettura sacra. Tra le sue debolezze vi è un'attenzione esagerata sull'aspetto assembleare della Chiesa, antagonismo nei confronti della storia e della tradizione, e una stridente iconoclastia. Per la natura controversa del documento, la Commissione Episcopale sulla Liturgia sta redigendo una nuova versione che si spera migliore.

 


3. "E' impossibile che si costruiscano oggi delle belle chiese".

Dire questo è come dire che è impossibile avere dei santi nel nostro tempo. Di certo, possiamo e dobbiamo costruire ancora belle chiese. Viviamo in un'epoca che ha mandato uomini sulla luna e si spendono ingenti somme di denaro per i musei e gli stadi sportivi. Dobbiamo essere capaci quindi di costruire edifici della stessa qualità delle prime basiliche cristiane o delle cattedrali gotiche. Recentemente, l'architettura secolare ha prodotto un grande recupero dell'architettura tradizionale, di artigianato e di costruzioni. Ci sono sempre più giovani architetti di talento che progettano edifici di tradizione classica (molti dei quali sarebbero felici di progettare edifici sacri). Studenti della Università di Notre Dame, ben formati nella tradizione classica, sono molto ricercati da compagnie di architetti e dai clienti.

Vi è in effetti un buon numero di chiese costruite neglii ultimi vent'anni che rispondono ai criteri di durata, convenienza e bellezza, come San Giovanni Capistrano in California, 1989; la cattedrale di Brentwood in Inghilterra, 1992; l'Abbazia benedettina di Sainte-Madeleine in Francia, 1989; la chiesa dell'Immacolata Concezione in New Jersey, 1996; la chiesa di Azoia in Portogallo, 1995; la chiesa di Santa Maria in Texas, 1997; la chiesa di Sant'Agnese a New York, 1997; l'Oratorio di Pittsburgh, 1996, ecc.

 


4. "Non possiamo permetterci oggi di costruire belle chiese. La Chiesa non ha i soldi che aveva una volta".

Infatti, i cattolici sono la denominazione più ricca oggi in America. Abbiamo più Amministratori Delegati e sindaci di quasiasi altro gruppo religioso. Non siamo mai stati così ricchi, eppure non abbiamo mai costruito chiese così scadenti come oggi. Ciò riflette le priorità di donazione degli americani; dal 1968 al 1995 la porzione di reddito personale dato alla Chiesa è calato del 21%. Il popolo di Dio deve essere incoraggiato a sostenere generosamente la costruzione di case di preghiera. Vescovi e diocesi dovrebbero promuovere la massima qualità e non porre un limite alle spese di costruzione. I fedeli dovrebbero essere disposti a spendere di più per la casa di Dio piuttosto che per la propria casa, e costruire cercando una qualità che sia superiore di quella degli edifici pubblici. Un esempio di grande filantropia riguarda la chiesa di Santo Spirito ad Atlanta, costruita con generose donazioni da parte di alcuni parrocchiani, che l'hanno voluta di elegante mattone solido romanico nei primi anni '90. Altre parrocchie, per avere una chiesa degna e splendente, hanno deciso di raccogliere fondi rilevanti o di costruire a fasi successive.

 


5. "Il denaro è meglio spenderlo per servire gli indigenti, per dar da mangiare agli affamati e per istruire i giovani, che per le chiese".

Se la chiesa fosse solo un luogo di riunione questa opinione sarebbe legittima, ma una bella chiesa è anche casa per i poveri, un luogo di nutrimento spirituale e un catechismo in pietra. La chiesa è un faro e una città collocata su un monte. Evangelizza attraverso la bellezza, la permanenza e la trascendenza del cristianesimo. Soprattutto, l'edificio sacro è icona del corpo di nostro Signore, e costruendo un luogo di culto noi diventiamo come la donna evangelica che unge il corpo di Cristo con olio prezioso (Mc. 14, 3-9).

 


6. "La forma a ventaglio, nella quale ognuno può vedere l'assemblea ed essere vicino all'altare, è la forma più appropriata per esprimere la partecipazione piena, attiva e consapevole del corpo di Cristo".

Questo mito nasce dall'opinione estremizzata che l'assemblea è il simbolo primario della chiesa. Se la forma a ventaglio va benissimo per un teatro, per conferenze o nei parlamenti, essa non è la forma adatta per la liturgia. Per ironia, la ragione spesso addotta per la forma a ventaglio sarebbe per favorire la partecipazione, ed invece la forma semicircolare deriva da un luogo di intrattenimento. La forma a ventaglio non deriva dal Concilio Vaticano II, ma dal teatro greco o romano. Fino a tempi recenti, non era mai stato usato a modello delle chiese cattoliche. Infatti, le prime chiese teatro erano auditori protestanti del 19° secolo, appositamente progettate per porre al centro il predicatore.

 


7. "L'edificio sacro deve essere progettato con nobile semplicità. Cappelle devozionali e immagini di santi distraggono e alienano dalla liturgia".

Si proclama questo principio per costruire e rinnovare le chiese nel modo più iconoclastico possibile. Lo storico dell'arte, Winkelmann, già nel 1755 si avvaleva della "nobile semplicità" per descrivere l'autentica opera artistica che associava elementi sensuali e spirituali con bellezza e moralità in un'unica forma sublime, che per lui si trovavano interamente nell'arte classica greca. La "nobile semplicità" perciò non deve essere confusa con mero funzionalismo, astratto minimalismo o rozza banalità. La Sacrosanctum Concilium afferma che l'arte sacra dovrebbe indirizzare religiosamente le menti degli uomini a Dio, e "nel promuovere e favorire un'autentica arte sacra, gli Ordinari procurino di ricercare piuttosto una nobile bellezza che una mera sontuosità" (SC, 124). L'Ordinamento Generale del Messale Romano dichiara: "l'arredamento della chiesa si ispiri a una nobile semplicità, piuttosto che al fasto" (OGMR, 292). L'ammonimento sulla distrazione cresce anche a causa dall'avversione modernista contro le immagini figurate e al desiderio di essere più didattici che simbolici. Ma l'OGMR afferma al § 288: "i luoghi sacri e le cose che servono al culto siano davvero degne, belle, segni e simboli delle realtà celesti". Il Concilio Vaticano II dichiara: "si mantenga l'uso di esporre nelle chiese le immagini sacre alla venerazione dei fedeli" (SC, 125). E l'OGMR elabora al § 318: "Secondo un'antichissima tradizione della Chiesa, negli edifici sacri si espongano alla venerazione dei fedeli le immagini del Signore, della beata Vergine Maria e dei Santi".

 


8. "La Chiesa Cattolica deve costruire secondo l'architettura più avanguardista del suo tempo, così come ha sempre fatto nella storia".

Per 1500 anni, anzi fino alla seconda guerra mondiale, la Chiesa cattolica è stata considerata la più grande sostenitrice dell'arte e dell'architettura. La Chiesa ha formato artisti e architetti cristiani che a loro volta hanno influenzato l'architettura della sfera secolare. Ma negli ultimi 50 anni i ruoli si sono invertiti, e la Chiesa sta seguendo la direzione della cultura secolare e degli architetti laici che sono stati formati in una visione del mondo non-cattolica. Se precedentemente, lo sviluppo dell'architettura cattolica traeva ispirazione ed era in continuità con le opere del passato, il concetto modernista di "avanguardia" significa progredire mediante una continua rottura col passato.

I documenti della Chiesa chiedono ai vescovi di prendersi cura dell'arte sacra e degli artisti, "allo scopo di formarli allo spirito dell'arte sacra e della sacra liturgia" (SC, 127). Il ritorno attuale d'interesse per l'architettura liturgica da parte dei fedeli sta ad indicare che la Santa Madre Chiesa riottiene il ruolo che le compete di esserne patrona principale. Come tale, essa "si è sempre ritenuta a buon diritto come arbitra, scegliendo tra le opere degli artisti quelle che rispondevano alla fede, alla pietà e alle norme religiosamente tramandate e che risultavano adatte all'uso sacro" (SC, 122). Non solo, "i vescovi abbiano ogni cura di allontanare dalla casa di Dio e dagli altri luoghi sacri quelle opere d'arte, che sono contrarie alla fede, ai costumi e alla pietà cristiana; che offendono il genuino senso religioso, o perché depravate nelle forme, o perché insufficienti, mediocri o false nell'espressione artistica" (SC, 124).

 


9. "Nel passato, la chiesa edificio veniva vista come 'domus Dei' o casa di Dio, oggi siamo tornati alla prima denominazione che i cristiani davano alla chiesa di 'domus ecclesia' o casa del popolo di Dio".

E' stato detto che il cattolicesimo non è una religione del "aut / aut" ma del "et / et". Per contrasto, è una visione antinomista che discende dall'illuminismo, quella che pretende che una chiesa non possa essere contemporaneamente casa di Dio e casa degli uomini, che sono membra del suo corpo. Quando si pensa alla chiesa puramente come casa del popolo di Dio, allora la si progetta come stanza da soggiorno o da auditorio. Questi due nomi storici, domus Dei e domus ecclesia, esprimono due nature distinte ma complementari della chiesa edificio, sia quale presenza di Dio sia della comunità convocata da Dio. "Tali chiese visibili non sono semplici luoghi di riunione, ma significano e manifestano la Chiesa che vive in quel luogo, dimora di Dio con gli uomini riconciliati e uniti in Cristo" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1180).

 


10. "Dal momento che Dio dimora dappertutto, egli è presente sia in un parcheggio auto che in una chiesa. Perciò non si deve più guardare alle chiese edificio come a luoghi sacri".

Questa è un'idea contemporanea assai seducente che ha più a che fare con la teologia pop che con la tradizione cattolica. Fin dai primordi, Dio ha scelto di incontrare il suo popolo in luoghi sacri. La "terra sacra" del monte Sinai venne tradotta poi nella tenda nel deserto e nel tempio di Gerusalemme. Con l'avvento del cristianesimo, i credenti costruirono edifici specifici per la divina liturgia che dovevano riflettere il tempio celeste, il cenacolo, i luoghi sacri. Nel diritto canonico "col nome di chiesa si intende un edificio sacro destinato al culto divino, ove i fedeli abbiano il diritto di entrare per esercitare soprattutto pubblicamente tale culto" (Codice di Diritto Canonico, can. 1214). Come "luogo eletto" per la ricezione dei sacramenti, la chiesa stessa diviene sacramentale, poiché ha come suo centro il sacrario, cioè un luogo sacro. Come ci si riferisce alle celebrazioni, ad elementi quali l'altare, l'ambone e all'arte col nome di "sacro", così lo sono anche gli edifici progettati per essi. Pertanto, tentare di abolire la distinzione della chiesa come luogo sacro per attività sacra, vuol dire diminuire la nostra venerazione di Dio che proprio l'edificio dovrebbe contribuire a suscitare.

 

 

Sacred Architecture - Fall 1998
http://www.sacredarchitecture.org/images/uploads/volumesPDFs/Issue_1_1998.pdf

trad. it. di d. G. Rizzieri

(16/08/2012)




[SM=g1740733]  e per non dimenticare.....

L'orientamento della preghiera liturgica

Prefazione al volume iniziale dei miei scritti

di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI

 

 

Il Concilio Vaticano II iniziò i suoi lavori con la discussione dello schema sulla sacra liturgia, che poi venne solennemente votato il 4 dicembre 1963 come primo frutto della grande assise della Chiesa, con il rango di una costituzione.

Che il tema della liturgia si trovasse all’inizio dei lavori del Concilio e che la costituzione sulla liturgia divenisse il suo primo risultato venne considerato a prima vista piuttosto un caso. Papa Giovanni aveva convocato l'assemblea dei vescovi con una decisione da tutti condivisa con gioia, per ribadire la presenza del cristianesimo in una epoca di profondi cambiamenti, ma senza proporre un determinato programma.
Dalla commissione preparatoria era stata messa insieme un’ampia serie di progetti. Ma mancava una bussola per poter trovare la strada in questa abbondanza di proposte. Fra tutti i progetti il testo sulla sacra liturgia sembrò quello meno controverso. Così esso apparve subito adatto: come una specie di esercizio, per così dire, con il quale i Padri potessero apprendere i metodi del lavoro conciliare.

Ciò che a prima vista potrebbe sembrare un caso, si rivela, guardando alla gerarchia dei temi e dei compiti della Chiesa, come la cosa anche intrinsecamente più giusta. Cominciando con il tema "liturgia", si mise inequivocabilmente in luce il primato di Dio, la priorità del tema "Dio". Dio innanzitutto, così ci dice l’inizio della costituzione sulla liturgia. Quando lo sguardo su Dio non è determinante ogni altra cosa perde il suo orientamento.
Le parole della regola benedettina "Ergo nihil Operi Dei praeponatur" (43, 3: "Quindi non si anteponga nulla all’Opera di Dio") valgono in modo specifico per il monachesimo, ma hanno valore, come ordine delle priorità, anche per la vita della Chiesa e di ciascuno nella sua rispettiva maniera. È forse utile qui ricordare che nel termine "ortodossia" la seconda metà della parola, "doxa", non significa "opinione", ma "splendore", "glorificazione": non si tratta di una corretta "opinione" su Dio, ma di un modo giusto di glorificarlo, di dargli una risposta. Poiché questa è la domanda fondamentale dell’uomo che comincia a capire se stesso nel modo giusto: come debbo io incontrare Dio? Così, l’apprendere il modo giusto dell’adorazione – dell’ortodossia – è ciò che ci viene donato soprattutto dalla fede.

Quando ho deciso, dopo qualche esitazione, di accettare il progetto di una edizione di tutte le mie opere, mi è stato subito chiaro che vi dovesse valere l’ordine delle priorità del Concilio, e che quindi il primo volume ad uscire doveva essere quello con i miei scritti sulla liturgia.
La liturgia della Chiesa è stata per me, fin dalla mia infanzia, l’attività centrale della mia vita, ed è diventata, alla scuola teologica di maestri come Schmaus, Söhngen, Pascher e Guardini, anche il centro del mio lavoro teologico.
Come materia specifica ho scelto la teologia fondamentale, perché volevo innanzitutto andare fino in fondo alla domanda: perché crediamo? Ma in questa domanda era inclusa fin dall’inizio l’altra sulla giusta risposta da dare a Dio, e quindi anche la domanda sul servizio divino. Proprio da qui debbono essere intesi i miei lavori sulla liturgia. Non mi interessavano i problemi specifici della scienza liturgica, ma sempre l’ancoraggio della liturgia nell’atto fondamentale della nostra fede e quindi anche il suo posto nella nostra intera esistenza umana.

Questo volume raccoglie ora tutti i miei lavori di piccola e media dimensione con i quali nel corso degli anni, in occasioni e da prospettive diverse, ho preso posizione su questioni liturgiche. Dopo tutti i contributi nati in questo modo, sono stato spinto infine a presentare una visione d'insieme che è apparsa nell'anno giubilare 2000 sotto il titolo "Lo spirito della liturgia. Un'introduzione" e che costituisce il testo centrale di questo libro.

Purtroppo, quasi tutte le recensioni si sono gettate su un unico capitolo: "L’altare e l’orientamento della preghiera nella liturgia". I lettori delle recensioni hanno dovuto dedurne che l’intera opera abbia trattato solo dell’orientamento della celebrazione e che il suo contenuto si riduca a quello di voler reintrodurre la celebrazione della messa "con le spalle rivolte al popolo".
In considerazione di questo travisamento ho pensato per un momento di sopprimere questo capitolo (di appena nove pagine su duecento) per poter ricondurre la discussione sul vero argomento che mi interessava e continua ad interessarmi nel libro. Questo sarebbe stato tanto più facilmente possibile per il fatto che nel frattempo sono apparsi due eccellenti lavori nei quali la questione dell’orientamento della preghiera nella Chiesa del primo millennio è stata chiarita in modo persuasivo. Penso innanzitutto all’importante piccolo libro di Uwe Michael Lang, "Rivolti al Signore. L'orientamento nella preghiera liturgica" (traduzione italiana: Cantagalli, Siena, 2006), ed in modo del tutto particolare al grosso contributo di Stefan Heid, "Atteggiamento ed orientamento della preghiera nella prima epoca cristiana" (in "Rivista d’Archeologia Cristiana" 72, 2006), in cui fonti e bibliografia su tale questione risultano ampiamente illustrate e aggiornate.

Il risultato è del tutto chiaro: l’idea che sacerdote e popolo nella preghiera dovrebbero guardarsi reciprocamente è nata solo nella cristianità moderna ed è completamente estranea in quella antica.

Sacerdote e popolo certamente non pregano uno verso l’altro, ma verso l’unico Signore. Quindi guardano nella preghiera nella stessa direzione: o verso Oriente come simbolo cosmico per il Signore che viene, o, dove questo non fosse possibile, verso una immagine di Cristo nell’abside, verso una croce, o semplicemente verso il cielo, come il Signore ha fatto nella preghiera sacerdotale la sera prima della sua Passione (Giovanni 17, 1).
Intanto si sta facendo strada sempre di più, fortunatamente, la proposta da me fatta alla fine del capitolo in questione nella mia opera: non procedere a nuove trasformazioni, ma porre semplicemente la croce al centro dell’altare, verso la quale possano guardare insieme sacerdote e fedeli, per lasciarsi guidare in tal modo verso il Signore, che tutti insieme preghiamo.

Ma con questo ho forse detto troppo di nuovo su questo punto, che rappresenta appena un dettaglio del mio libro, e che potrei anche tralasciare. L’intenzione fondamentale dell’opera era quella di collocare la liturgia al di sopra delle questioni spesso grette circa questa o quella forma, nella sua importante relazione che ho cercato di descrivere in tre ambiti che sono presenti in tutti i singoli temi. C'è innanzitutto l'intimo rapporto tra Antico e Nuovo Testamento; senza la relazione con l'eredità veterotestamentaria la liturgia cristiana è assolutamente incomprensibile. Il secondo ambito è il rapporto con le religioni del mondo. E si aggiunge infine il terzo ambito: il carattere cosmico della liturgia, che rappresenta qualcosa di più della semplice riunione di una cerchia più o meno grande di esseri umani; la liturgia viene celebrata dentro l'ampiezza del cosmo, abbraccia creazione e storia allo stesso tempo. Questo è ciò che si intendeva nell'orientamento della preghiera: che il Redentore che noi preghiamo è anche il Creatore, e così nella liturgia rimane sempre l'amore anche per la creazione e la responsabilità nei suoi confronti. Sarei lieto se questa nuova edizione dei miei scritti liturgici potesse contribuire a far vedere le grandi prospettive della nostra liturgia e a far relegare nel loro giusto posto certe grette controversie su forme esteriori.

Infine, e soprattutto, sento il dovere di ringraziare. Il mio ringraziamento è dovuto innanzitutto al vescovo Gerhard Ludwig Muller, che ha preso nelle sue mani il progetto delle "Opera omnia" e ha creato le condizioni sia personali che istituzionali per la sua realizzazione. In modo del tutto particolare correi ringraziare il Prof. Dr. Rudolf Voderholzer, che ha investito tempo ed energie in misura straordinaria nella raccolta e nell'individuazione dei miei scritti. Ringrazio anche il Signor Dr. Christian Schaler, che lo assiste in maniera dinamica. Infine, il mio sincero ringraziamento va alla casa editrice Herder, che con grande amore e accuratezza si è assunta l'onere di questo difficile e faticoso lavoro. Possa tutto ciò contribuire a che la liturgia venga compresa in modo sempre più profondo e celebrata degnamente. "La gioia del Signore è la nostra forza" (Neemia 8,10).

Roma, festa dei santi Pietro e Paolo, 29 giugno 2008

 

 

(03/11/2010)


[Modificato da Caterina63 17/08/2012 19:42]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)