00 19/05/2012 20:38

Mese mariano: la Madonna strumento per la salvezza

Ritorna il “nostro” indimenticabile card. Siri a farci riflettere sulla Madonna con il brano conclusivo degli esercizi spirituali a suo tempo predicati per i volontari della “Pro civitate christiana”.

La Madonna

Parliamo della Madonna. Un corso di Esercizi senza parlare della Madonna, come si potrebbe fare? Voglio dirvi perché ne parlo. Non è sempli­cemente perché è argomento direi d’obbligo e argo­mento così insito alla pietà cristiana che non se ne può fare a meno, ma perché e’ è un altro motivo, e anche un motivo per averlo tenuto in finale.

Il motivo è questo. Ho cercato attraverso questi SS. Esercizi di richiamarvi ad avere niente più di quel che si deve di stima al mondo e senza abban­donarlo — perché non lo possiamo abbandonare; è qui che abbiamo il campo della nostra prova —. Ho cercato di invitarvi a collocare conversatio no­stra in caelis. Vi ho indicato alcuni elementi, e ab­biamo fatto anche una specie di esercizio di con­siderare taluni argomenti dall’alto, proprio per abituarci a collocare il più alto possibile la nostra vita, la nostra abitudine mentale e il criterio di­rettivo della nostra esistenza.

Ma tutto questo bisogna che avvenga humano modo, perché siamo uomini. Ecco l’ultimo argo­mento: humano modo. Noi non siamo esseri astratti; non siamo spiriti, ombre, angeli; siamo uomini, fatti di umanità, circondati di umanità, sospinti, tirati e sommersi dall’umanità. E pertanto il discorso sulla Vergine Madre del Signore equivale a queste due parole: tutta la conversatio in caelis, ma humano modo.

La S. Vergine è, per via della sua caratteristica di Madre, quella che nella nostra vita permette a tutte le cose umane di diventare divine e fa sì che tutte le cose che sono divine si umanizzino e arrivino al nostro livello. Non dimenticatelo mai. Questa è l’ultima parola che vi lascio a chiu­sura degli Esercizi: la Vergine santa è il gradino per arrivare alla conversatio in caelis. Perché, per quanto noi vogliamo realizzare questa conversatio in caelis, la ragione dell’umanità che ci circonda, che ci compone, che ci sommerge, crea certa­mente una serie di problemi, di difficoltà, di ca­renze, di ombre che hanno una soluzione messa da Dio e si chiama: la Madre del Signore, la Vergine Madre di Dio.

La caratteristica fondamentale della SS. Vergine è questa : che essa è la Madre di Dio. Qui e’ è tutto. Tutto il rimanente è per questo e in ragione di questo. Noi dobbiamo credere e ritenere per certo che nello scegliere una creatura a tale ufficio, Dio, nella sua eterna scienza dei futuri e dei fu­turibili, ha visto i motivi per scegliere Maria piut­tosto di qualunque altra creatura. Perché Iddio fa le cose bene, e tutte le cose hanno sempre una ragione eterna, e questa è la grande antifona del merito personale della Vergine. Se è stata scelta lei, la scienza dei futuri e dei futuribili ha indicato a Dio che il merito di questa Vergine la poneva dinanzi a tutto e a tutti perché fosse la prescelta. Ma tutto è in lei perché è stata la Ma­dre di Dio.

Perché è Madre di Dio? Perché ha dato a Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, quello che danno tutte le altre madri: il corpo, e l’ha dato in modo superiore a tutte le altre madri, perché in ragione della sua verginità, per miracolo unico nel genere umano, nella storia degli uomini, è stata la causa unica in ragione della sua verginità, per cui la verginità della Vergine fa la Madonna più Madre di tutte le altre madri: cosa che non bisogna di­menticare. Essa è la Madre per eccellenza, e questo vuoi dire che è Madre in un ordine che ha tutto quello che hanno tutte le altre madri più qualche cosa di molto grande, proprio perché è Vergine.

Perché è Madre di Dio? Perché il concetto di maternità è una relazione, è un rapporto, e il concetto di maternità lo si rivela sempre dal ter­mine del rapporto. Tutte le altre madri che cosa danno ai loro figli? Danno solamente il corpo; non danno né l’anima né la personalità ; eppure le chiamiamo solo madri del corpo del figlio o madri del figlio? Sono madri del figlio e non semplicemente madri del corpo del figlio. E dan­dogli il corpo, il rapporto, la relazione con chi è instaurata? Col termine a cui è dato il corpo, cioè con la persona del figlio, che è creata da Dio. E allora si qualificano dal termine della relazione di cui le madri pongono l’obiettivo fondamento dando il corpo: siccome lo danno alla persona del figlio, si dice che sono madri del figlio.

E’ la stessa cosa per la Madre di Dio: essa ha dato il corpo umano al Figlio di Dio, ma a chi l’ha dato? Lo ha dato alla Persona eterna del Verbo, perché il soggetto terminale di questa rela­zione, di questo rapporto, è il Verbo stesso, non la creatura, e pertanto la relazione è contratta con lui, col Verbo. Ecco perché essa è la Madre di Dio: Theotocos.

Voi sapete che cosa è successo quando Nestorio ha cercato di attaccare questa verità: la Chiesa si è alzata in piedi, col Concilio che ha lasciato nell’antichità l’impressione più commovente nel­l’anima del popolo cristiano, il Concilio Efesino. E’ successo questo: che quando hanno proclamato la divina maternità della Madonna contro l’eresia di Nestorio, il popolo, che sente sempre la Madre, sempre, ha fatto ciò che non ha fatto per nessun altro Concilio, il popolo di Efeso si è armato di torce — la sera del giorno in cui è stata fatta la definizione finale e la condanna di Nestorio — ed è andata a prendere i Padri del Concilio e li ha portati in trionfo al chiarore delle torce. Tutto quello che fa grande la Vergine è che è Madre di Dio: tutti gli altri privilegi sono stati dati ad essa perché è Madre di Dio; Vergine perché è Ma­dre di Dio; Immacolata perché è Madre di Dio.

Ma io vi ho detto che essa è il gradino; è quel­l’elemento che porta la humanitas nella conversatio nostra in caelis e permette che, ad onta della nostra umanità, noi possiamo vivere in modo tale da dire che la vita nostra est conversatio in caelis. Debbo dire la ragione. Guardate dov’è la ragione. Maria è stata il gradino di tutto. Per quale motivo S. Luca e S. Matteo hanno dato la genealogia di Gesù Cristo? Per quale motivo S. Paolo ha fatto un così vivo riferimento a quella genealogia dicendo chiaro che Gesù Cristo è « fat­to » da Adamo, è fatto dalla carne, è fatto da una donna (Gai. 4. 4)? Perché Gesù Cristo è stato in grado di riversare capacità divine nel genere uma­no e togliere il peccato che gli uomini non po­tevano togliere perché li superava? Perché Gesù Cristo ha preso sopra di sé il peccato di tutti gli uomini? Ma credete che sia una cosa semplice? Per quale motivo Gesù Cristo ha potuto prendere sopra di sé il peccato di tutti gli uomini e quindi, come dice S. Paolo, ha potuto ricapitolare il genere umano in sé stesso e fare la sostituzione vicaria, che è l’aspetto più commovente della Pas­sione del Signore? La ragione è che Gesù Cristo poteva rappresentare tutti gli uomini. Ma per quale motivo Gesù Cristo poteva rappresentare tutti gli uomini e pertanto ricapitolarli in sé stesso? Li poteva rappresentare tutti, gli uomini, perché lui apparteneva alla famiglia umana, il che vuoi dire che non era soltanto della specie umana, corpo e anima come noi; no, non sarebbe stato sufficiente questo; sarebbe mancato il col­legamento; sarebbe stato collegato al genere uma­no come poteva essere collegato, se ci fossero, ai marziani. Era necessario questo collegamento fisico: bisognava che egli fosse tìsicamente, per la generazione, collegato con Adamo, capo del genere umano e primo peccatore e responsabile, e collegato con tutti gli altri uomini, ma collegato tìsicamente : perché è la colleganza fisica che rende gli uomini fratelli. E allora Gesù Cristo ha potuto rappresentare tutto il genere umano perché lui ha appartenuto, non solo alla specie umana, ma alla famiglia umana, e vi ha appartenuto in modo da essere collegato tìsicamente con tutti gli uomini.

E’ per questo che S. Paolo insiste : « factum sub lege ». Factum ; badate bene che è persino, si direbbe, grossolana la parola, ma necessaria: « fatto da una donna ». E’ stato inserito nella fa­miglia umana, collegato tìsicamente con tutti gli uomini da redimere perché ha avuto il corpo umano per generazione naturale, salva la verginità della Madre. E così, per via della Madre, ecco l’anello, ecco il punto senza il quale si romperebbe tutta la catena; e per via della Madre, e soltanto per via della Madre, è stato collegato a tutti gli uomini ed è collegato a noi.

Io vi prego di osservare questa catena. La Ver­gine Madre di Dio è l’anello che lega tutto, tutto. Se si spezzasse questo anello, io non potrei essere redento, non potrei essere cristiano, non potrei avere la grazia, non potrei salvarmi. Tutto passa di là. C’è qualcuno che ha da obbiettare qualche cosa? Ma se Dio ha voluto così! Ve l’avevo detto che quello è il gradino, perché è Madre: tutto è lì. Ecco come e perché la Vergine entra, ed entra in quell’ordine di cose, di clementi che io ho prospettato fin dall’inizio di questa nostra conver­sazione. La Madre. Bisogna vederla così : Mater Dei.

Mi piace che quest’immagine della Madonna abbia il Bambino in braccio. Dobbiamo ricordarci che nella iconografia la Vergine, finché i tempi sono stati profondamente cristiani, non è stata mai separata dal Figlio, perché è la Madre. Sulla fine del ’300 e nel ’400 soprattutto, per opera del­l’Umanesimo, si è cominciato a rappresentare la Vergine Madre senza il Figlio. Non dico che sia un errore teologico, no; si può rappresentare, è chiaro. Ma non è mai l’immagine più completa della Madonna, perché essa è tutto quello che è perché è la Madre. E tutto ciò che essa rappre­senta per noi, lo rappresenta perché è la Madre.

Voi sapete che la interpretazione data da tutta la tradizione cattolica, e pertanto accettabile, al brano che ci viene riportato al cap. 19 delI’Evangelo di Giovanni, ci indica che Gesù Cristo l’ha data per madre a noi, e quindi è nostra Madre. Gesù dalla croce dice alla Madre, accennando con la testa a Giovanni : « Donna, ecco tuo figlio », e a Giovanni, accennando con la testa alla madre: « Ecco tua madre ». Egli allora agì umanissima­mente, come se non fosse stato Figlio di Dio, come se non avesse avuto nessuna risorsa in mano, perché Gesù Cristo, per quel che lo riguardava, si è sempre diportato così: non ha mai voluto fare miracoli per accomodarsi le cose, mai, nem­meno per cambiare prima del tempo la testa ai discepoli, i quali il giorno in cui è andato in ciclo gli han dato, alcuni di loro almeno, uno spettacolo che avrebbe fatto perdere la pazienza a chiunque. Ha sempre voluto mantenere le cose che lo riguar­davano direttamente nell’ambito delle umane pos­sibilità. Non ha mai cambiato, lui, le pietre in pane per sveltire una questione economica. No. Mai. Ha cambiato l’acqua in vino per gli altri, per tenere una comitiva di buona gente onesta­mente allegra a un pranzo di nozze. Ma per sé no. E allora Gesù Cristo, che anche sulla croce è ri­masto coerente a essere perfettamente uomo, ha provveduto a sua Madre come se non avesse nulla in mano. E l’ha raccomandata al discepolo, al­l’unico presente. Chi c’era d’altri? Pietro? Se l’era data a gambe dopo uno spettacolo che non gli ha fatto onore. Quanto agli altri, eh! hanno cammi­nato ancora più di Pietro; perché Pietro almeno ha avuto il coraggio di seguirlo fino all’atrio.

E allora Gesù, come un qualunque condannato a morte — come sono commoventi questi limiti piccoli, questo ridursi a una umanità — come un qualunque condannato a morte, senza prospettive qui in terra, con una Madre che rimaneva sola, l’ha lasciata a Giovanni. Quelli che dicono: gli altri figli! Ma se c’erano degli altri figli, l’avrebbe lasciata a loro !

Ma tutto questo, in una interpretazione cattolica che ha tale fondamento da poter essere accettata, significa, e del resto la storia di poi lo dimostra, che l’ha data a noi come Madre. Ce l’ha data Gesù Cristo, il che è coerente con tutta la dottrina della comunione dei santi, con tutto il ritmo divino che si mantiene inalterato in tutti i diversi piani della redenzione. Maria è la madre. Badate che come Madre nella nostra vita ce l’ha messa Iddio. E noi che cosa dobbiamo fare? Ritenerla così; è nostra Madre, quella che permetterà che noi arriviamo alla conversatio in caelis in tanti mo­menti e in tante aridità; e quando le cose divine saranno difficili, e quando le cose umane saranno difficili e tra loro ripugnanti; e quando le cose divine saranno sul margine dell’aridità ; e quando le cose umane saranno in pieno deserto. E’ lei la Madre! Lasciatela entrare così nella vostra vita, ma pienamente, sempre, ogni giorno. Noi dobbiamo ricordarci di essere figli, cioè piccoli.

Guardiamoci un po’. Passano gli anni, sì, ma abbiamo sempre bisogno di una maternità sopra di noi. In fin dei conti i ricordi più belli della vita di ogni uomo sono quelli di sua madre. Egli cresce, potrà diventare grande, dotto, pieno di arie, ma è sempre bambino, sempre, e ha sem­pre bisogno di una madre.

Quando eravamo piccoli, avevamo paura a star soli. E allora si chiamava: mamma! Quando era­vamo piccoli, il buio ci intimoriva e ci faceva stril­lare; probabilmente abbiamo obbligato nostra ma­dre a vegliarci finché non avevamo chiuso gli occhi perché avevamo paura del buio. Oggi ci sono altre solitudini; oggi non piangiamo più se andiamo in una camera la sera o siamo soli; ma ci sono ben altre solitudini, ben altre solitu­dini che si chiamano aridità. Ci sono ben altre ombre, ben altri problemi, che possono essere tutti quanti simboleggiati dalla notte e dalle ombre della notte. E allora abbiamo bisogno di una ma­dre. Questo bisogno non finisce mai, mai.

A certi termini propri dell’infanzia se ne so­stituiscono altri ai quali forse una madre terrena non può bastare, per quanto rimanga sempre in­credibilmente grande. Quando eravamo piccoli e venivano i temporali e c’erano i tuoni e i fulmini, scappavamo terrorizzati; ma quando si trovava nostra madre, era finita la paura. Oggi probabil­mente non abbiamo più paura dei temporali e dei fulmini. Ma ci sono altri temporali, altri ful­mini. E noi rimaniamo sempre eternamente pic­coli, siamo impenitentemente piccoli. Quando era­vamo bambini, non avvertivamo mai alcun peri­colo, se eravamo in braccio a nostra madre. Qualunque cosa succedesse, bastava che ci pren­desse in braccio. Basta! finiva tutto.

Ho letto una volta su un giornale che un ope­raio americano, dovendo riparare non so che ag­geggio sulla cima più alta di un grattacielo di New York, che doveva essere di 360 metri o giù di lì, si è portato lassù il suo bambino di 2-3 anni, si è attaccato all’asta che doveva riparare e e’ è andato col bambino. E a un certo punto, mentre si teneva all’asta con una mano, tenendo il bam­bino con l’altra, l’ha sporto fuori, nel vuoto. E il bambino rideva. Ci si accappona la pelle a pen­sarci. I giornalisti, quando i due sono scesi, sono corsi a interrogare il bambino di 2-3 anni: « Di’, non hai avuto paura? » II bambino rispose : « No, ero con papà ». E’ perfettamente logico. Quando un bambino o con sua madre, con suo padre, non ha più paura di nulla. Gli altri continueranno ad aver paura, lui no.

Abbiamo avuto bisogno anche noi, mille volte, di poter saltare in braccio a qualcuno che ci stringesse; e una volta che siamo stati in braccio a qualcuno, non abbiamo più avuto paura. Ma l’abbiamo tanto anche adesso questo bisogno, mol­to di più di quando eravamo piccoli, molto di più, credete! Vi sono tante cose umane che a un certo punto si fanno aride, sabbiose, si fanno senza umore, senza luce, si fanno pesanti e ci tolgono la forza, e tremano le gambe, vacillano, non sap­piamo più dove appoggiarci. E quante volte ci sono delle cose divine che abbagliano, acciecano, impauriscono. Volontà di Dio: sono cose divine; ma come si fa a far questo? E’ tremendo! Come si fa a portare sto peso? Eh! bisogna trovare un braccio che ci pigli su, non c’è niente da fare! Tutta la vita. Guai al cristiano che non capisce questi termini umani della sua esperienza, questi termini reali delle sue proporzioni. Potrebbe essere paragonato a uno che debba mangiare e gli man­chino tutti i denti.

La verità è questa: l’anello, ve l’ho fatto vedere teologicamente, l’anello, aperto il quale si rompe tutta la catena, chiuso il quale tutta la catena sta, è la Madre. E rimane così. Il ritmo divino è che quello che fu « ab initio » sempre debba essere così. Quello che è stato nel Vangelo si protrae come un piano che faccia la sua proiezione all’in­finito. Guai se noi dimentichiamo che siamo sem­pre dei bambini ! Diventiamo grandi, ci danno delle responsabilità, qualche volta ci siedono in trono. Io dico a me stesso: se avessi solo la paura che avevo da bambino! Beh! di paura non ne provo tanta, ma di casi da aver paura, ne avessi solo tanti quanti ne avevo da bambino, sì che salterei, canterei, folleggerei! Come ci si sente piccoli! Sempre più piccoli. Quando crescono le cose in­torno a noi, noi si diventa sempre più piccoli. Siamo dei bimbi! non c’è niente da fare. E abbiamo bisogno di una mamma. Ricordatevi che questa Madre c’è, e interviene sempre.

Io vi invito a leggere, quando potrete, la vita postuma della Madre di Dio. La vita della Beata Vergine Maria ha un capitolo, e quello sta in ciclo, e di quello cantiamo lode sine fine e va bene; a vedere non ci andiamo, perché per adesso non si può. Ma vi sono altri due capitoli quaggiù. Uno è la sua vita, della quale sappiamo poco, ma tanto quanto basta per entrare in una venerazione immensa per lei. E poi c’è un’altra vita sua, un altro capitolo, la parte postuma, dal momento in cui è andata in ciclo fino a noi, fino a oggi, fino alla fine dei tempi, quaggiù in terra.

Essa viene a passeggiare sulla terra. Viene sul serio. Tutte le apparizioni della Madonna! A fare questa storia e a vederla nell’insieme, è commo­vente. Ho già avuto occasione di accennarvi, par­landovi del Regno di Dio, di quel tale dispositivo strategico che è stato fatto al tempo della Riforma protestante, che ha protetto l’Italia e gli altri paesi cattolici; quei santuari sorti poco prima o poco dopo, messi proprio ai valichi. Per esempio, chi legge la storia della Svizzera del XVI e XVII secolo, fino alla metà, capisce perché c’è stato il santuario di Tirano, messo lì, allo sbocco, dove scendevano abitualmente. Piantato lì, e li ha fer­mati. C’è stato un momento che la Valtellina era già in mano dei protestanti, ed è stato quel san­tuario che ha salvato la Valtellina. E dappertutto così. E’ commovente.

Un giorno, nel Messico, e fosse stato un giorno solo!, tutti i giorni nel Messico i signori spagnoli d’allora, al seguito di Cortes e di Pizarro, facevano discriminazione tra americani e messicani, indigeni (M paese e spagnoli di razza bianca. Li volevano convenire, ma non avevano superato le barriere razziali. Pensate che nell’America del Sud il motivo per cui ancora oggi mancano sacerdoti è dovuto al fatto che non accettavano al sacerdozio gli in­digeni del paese. Guardate che cosa succede : arriva la Madre. Appare nel ’500, pochi anni dopo, a Gua-dalupe, e appare a un indiano al quale da ordine di trasmettere la sua volontà a chi comanda. Non credono che la Madonna abbia parlato a un in­diano ; lo guardano con l’occhio del cànone. Ma arriva lei. E sorge così il primo santuario mariano di tutto il nuovo mondo, quasi a indicare che bianchi e neri sono uguali.

A ricordare tutti gli altri avvenimenti c’è da commuoversi. C’ è insita una poesia, un disegno da cui esce fuori un palpito da lasciare estasiati. Le finezze di questo intervento sono di una grazia inarrivabile. Ci sono tanti momenti dell’anima, che noi conosciamo, in cui il gradino per poter salire è soltanto lei. Ricordatevi di lei, lasciatela entrare come le si conviene, da Madre.

In una Udienza di S. S. Papa Giovanni XXIII, a un tratto il S. Padre mi disse : « La vede quella Madonna? Vicino a Sotto il Monte c’è quella im­magine della Madonna. La Vergine in piedi, e il Bambino a cui da la mano. Il Bambino è grande e la Madonna gli porge la mano ».

Dare sempre la mano alla Madonna : ricordatelo ! Il gesto che vi permetterà di superare, di rischiare, di completare, di addolcire, di vincere, di convin­cere, di fortificare, di sostenere, di rimanere di­ritti, di non perdere l’equilibrio; il gesto, ricordatevelo, ricordatevelo sempre, che vi permetterà di mantenere quella conversatio in caelis che è stata l’oggetto di questi Esercizi Spirituali sarà sempre questa: tenete la vostra mano nella mano della Madre di Dio.

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[SM=g1740717] [SM=g1740720] Come fece Maria a credere?

 

Riflessione di Padre Manelli sul primo mistero gaudioso del Rosario

 

di padre Stefano M. Manelli F.I.

ROMA, venerdì, 18 maggio 2012 (ZENIT.org).- La Fede è la prima delle virtù teologali. È il fondamento della vita cristiana.

«Senza la fede è impossibile piacere a Dio», ha scritto san Paolo (Eb 11,6). I Martiri e i Santi di ogni tempo sono stati i giganti della Fede intrepida e vittoriosa. Per mezzo della Fede essi hanno sopportato ogni sorta di torture, hanno superato ogni sorta di dolori. «So a chi credo», diceva ancora san Paolo (2 Tm1,12), affrontando lotte e pericoli nel suo lavoro di evangelizzazione.

Meditando sul primo mistero gaudioso del Rosario noi possiamo contemplare e ammirare la fede sublime della Madonna. Ella non solo ebbe la fede dei Martiri e dei Dottori della Chiesa, ma il 1° mistero gaudioso superò di gran lunga singolarmente e anche tutti insieme.

A che cosa, infatti, Ella dovette credere all’annuncio dell’Angelo Gabriele? A che cosa Ella aderì,dicendo il suo umile Fiat?

Riflettiamo. L’Angelo Gabriele veniva a proporle cose sovraumane e strabilianti come queste: diventare Madre restando sempre Vergine intatta; diventare Madre del «Figlio dell’Altissimo», ossia Madre di Dio; diventare Madre del Redentore e Salvatore del genere umano; diventare Madre universale, quale Corredentrice e Mediatrice.

Orbene, la Madonna nell’Annunciazione credette a tutte queste realtà ineffabili, accettò tutto questo, da sola, senza nessun consiglio, nessun appoggio, nessun indugio. Anzi, credette con dedizione pronta e umile: «Ecco l’ancella del Signore...» (Lc 1,38). «Cosciente di tanta grandezza, e di tanto peso - insegna luminosamente il papa Pio XII - la Vergine, senza esitare, risponde di sì all’Angelo».

E chi può dire poi con quale fede Ella accolse il Verbo nel suo seno verginale? Con quale fede Ella lo adorò come suo Dio fatto suo Figlio?

Se noi pensiamo con ammirazione alla fede amorosa e adorante dei Santi nel fare la Santa Comunione, che cosa sarà stata la fede amorosa e adorante della Madonna nella sua Prima Comunione all’atto dell’Incarnazione del Verbo nel suo grembo verginale?

Inoltre, anche durante tutti gli anni vissuti con Gesù, la vita della Madonna fu una sublime vita di fede in crescita ardente e continua. Insegna molto bene sant’Alfonso de’ Liguori con la sua solita luminosa semplicità: «Vedeva ella il suo Figlio nella stalla di Betlemme, e lo credeva il creatore del mondo. Lo vedeva fuggire da Erode, e non lasciava di credere ch’egli era il Re dei re. Lo vide nascere e lo credé eterno.Lo vide povero, bisognoso di cibo, e lo credette Signore dell’universo: posto sul fieno e lo credette Onnipotente. Osservò che non parlava, e credette ch’egli era la Sapienza infinita. Lo sentiva piangere, e credeva essere egli il gaudio del paradiso. Lo vide finalmente nella morte, vilipeso e crocifisso, ma benché negli altri vacillasse la fede, Maria stette sempre ferma nel credere ch’Egli era Dio».

Uno degli insegnamenti che la Madonna ci dona in questo primo mistero riguarda la nostra vita di fede. Dobbiamo credere con prontezza e umiltà tutto ciò che Dio ci ha rivelato «e la Santa Chiesa ci propone a credere». Dobbiamo credere a ciò che ci fa piacere, come il Paradiso, e a ciò che ci fa dispiacere, come l’Inferno. Dobbiamo credere a costo di qualsiasi cosa, fosse pure la vita. Altrimenti, la nostra fede è una fede inconsistente o interessata, egoistica, di comodo.

Guai!

Quando san Massimiliano M. Kolbe fu deportato nel carcere di Varsavia, durante uno dei controlli, l’ufficiale che ispezionava, appena vide il Santo con l’abito religioso indosso, divenne furente, si avvicinò a lui, gli afferrò il crocifisso che pendeva dal Rosario sul fianco, e gli gridò con rabbia: «Credi tu a questo?». «Si, certo!», rispose il Santo.

Un terribile pugno al viso fu la risposta dell’ufficiale, che aggiunse subito dopo: «E adesso, ci credi ancora?». «Sì, certo!», rispose di nuovo il Santo.

Un altro pugno sulla bocca e altri pugni ancora furono la vendetta bestiale di quel crudele aguzzino contro la testimonianza di fede eroica dell’intrepido cavaliere dell’Immacolata.

Che cosa dire, ora, della nostra fede così debole e fredda? E che cosa dire dei tanti uomini che non credono e non vogliono credere in nulla?

Chiediamo alla Madonna di aumentare la nostra fede, di rafforzarla e perfezionarla, di renderla simile alla sua che le meritò il grido di santa Elisabetta: «Beata te che hai creduto!» (Lc 1,45).

Chiediamo alla Madonna di ottenere il dono della fede a tanti uomini che non ce l’hanno...

Ripetiamo anche noi spesso la breve preghiera che l’Angelo insegnò ai tre pastorelli di Fatima: «Mio Dio, io credo, adoro, spero e vi amo. Domando perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano e non vi amano».

*Per ogni approfondimento: Padre Stefano Maria Manelli, “O Rosario benedetto di Maria!” (Casa Mariana Editrice)



[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

[Modificato da Caterina63 20/05/2012 00:11]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)