00 09/09/2011 12:07

Mons. Fellay e il metodo di Bonaiuti

Il giorno di Ferragosto mons. Fellay, superiore della Fraternità Sacerdotale S. Pio X (FSSPX), ha svolto una relazione a Saint-Malo sullo stato delle relazioni con Roma. In vista, come ognuno sa, dell'incontro in Vaticano previsto per il 14 settembre, in cui le due parti, terminata la fase delle 'discussioni dottrinali', affronteranno la capitale questione: "Ed ora, che facciamo?".

Il discorso del presule si vuole, ed è, improntato alla massima trasparenza, perfino a detrimento delle cautele diplomatiche. Il testo è lungo e molto rivelatore. Potete trovarlo per intero, in francese, su La Porte Latine.

In primo luogo, non si fa mistero alcuno del fatto - già peraltro ben noto, grazie alle indiscrezioni - che i colloqui dottrinali non hanno avuto il frutto (sperato?) di un appianamento delle differenze di posizioni teologiche. Ecco che cosa ne riferisce Fellay:
Mi rimane di queste discussioni dottrinali che di per se stesse non apportano un gran bene nell'immediato, perché è l'incontro di due mentalità che si scontrano. Ne conservo l'immagine di un torneo dove due cavalieri incrociano le spade, si lanciano, ma passano uno accanto all'altro. Non possono certo dire che siamo d'accordo. Se siamo d'accordo su un punto, è che non siamo d'accordo su nessun altro punto! Naturalmente, se parliamo della Trinità siamo d'accordo... Ma il problema non è lì: quando si tratta del Concilio, si parla di alcuni nuovi problemi, che noi chiamiamo errori.
Questo implica un 'arrivederci e grazie' da parte della Fraternità? No, ci fa capire Fellay. Il suo messaggio di fondo ci sembra questo: il Papa è un good fellow, ben disposto verso la FSSPX e, soprattutto, ha il merito enorme di aver risvegliato un movimento di pensiero che guarda con speranza e favore alla Tradizione:
Da questo punto di vista, l'ascesa di Benedetto XVI è stato come un detonatore. Checché se ne pensi o dica della persona stessa, è emersa una nuova atmosfera. In Vaticano, questo arrivo ha dato coraggio a coloro, chiamiamoli conservatori, che fino ad allora tenevano un profilo basso! Magari lo tengono ancora basso, perché la pressione o l'oppressione dei progressisti c'è ancora; il che rende perfino quasi impossibile il governo. Ma l'atmosfera è cambiata in ogni caso. Lo si vede nella nuova generazione, non più legata al Concilio. Per le nuove generazioni e per tutti coloro che oggi hanno 20 anni, il Concilio, il millennio passato, è qualcosa di ben vecchio. Questa generazione che non ha conosciuto il Concilio, e che vede la Chiesa in uno stato pietoso, si pone necessariamente delle domande. E se le pone in un modo completamente diverso da coloro che hanno vissuto il Concilio, da quelli che l'hanno fatto e vi sono visceralmente attaccati, perché volevano demolire il passato, perché volevano voltare pagina. [...]
 Un elemento molto importante, davvero molto importante, sono i primi attacchi al Concilio che non vengono da noi ma da persone riconosciute,  che portano un titolo, ad esempio mons. Gherardini, che non si è contentato di scrivere un solo libro ma continua a scrivere ed in modo sempre più ardito. Quando l'ho incontrato, mi ha fatto questo discorso: "sono quarant'anni che ho queste cose sulla coscienza, non posso apparire davanti al buon Dio senza averle dette". In effetti egli è per così dire con noi, ma utilizza una forma di espressione molto romana, molto attenta, dettagliata, pur dicendo ciò che ha da dire.
In questo stesso contesto, il 22 dicembre 2005, il Papa ha pronunciato il suo famoso discorso alla Curia in cui egli condanna una linea di interpretazione del Concilio, la famosa linea della rottura. Prima di leggere, devo confessare di avere pensato che ce l'avesse con noi. Ma poi ho capito che aveva parlato dei progressisti.
Naturalmente, le posizioni del Papa (che difende il Concilio, sia pure in una versione - quella della 'riforma nella continuità' - che non aveva mai visto la luce) non sono quelle di Fellay, "ma nondimeno", riconosce quest'ultimo, "condanna una linea, è un inizio". Analoga analisi è svolta su un discorso a Wigratzbad di mons. Pozzo, il quale si cautela ancora dietro la difesa di un Concilio 'in potenza', mai calato in atto (mons. Fellay si diverte ad irridere la frase di Pozzo per cui "una ideologia para-conciliare si è impadronita del Concilio fin dall'inizio, sostituendosi a quello": bel modo di difendere il Concilio, chiosa, affermare che tutto quel che di esso è stato detto in quarant'anni è falso; e le autorità romane che avrebbero dovuto correggere gli errori, dormivano forse in questi lustri?); ma la novità più che positiva è che si tratta di un inizio di ammissione, seppur ancora condita di cautele e di 'equilibrismi' volti a salvare, almeno in apparenza, il tabù del Concilio, pur attaccandone tutto l'involucro.

Ed a proposito di sbavature ed equilibrismi, mons. Fellay passa a raccontare di quel che bolle in pentola a Roma e negli alti ranghi dell'episcopato, per spiegare le contraddizioni e le lotte asperrime dietro le quinte. Riferisce così come il presidente della Conferenza episcopale tedesca, il famigerato Zollitsch, abbia promesso a un gruppo di deputati, poco dopo la revoca delle scomuniche ai vescovi lefebvriani, che "entro la fine dell'anno [2009], la FSSPX sarà di nuovo fuori della Chiesa". E narra di come siano arrivate dagli episcopati, e anche da ampi settori della Curia romana, pressioni fortissime contro il riavvicinamento del Papa ai tradizionalisti.

Era uscito anche un duro comunicato della Segreteria di Stato, che statuiva che la FSSPX non sarebbe mai stata riconosciuta se non avesse accettato il Vaticano II. Ma, come riferì il card. Castrillòn subito dopo a Fellay, quel testo 'non è firmato', ha solo un valore 'politico' e in ogni caso quello non è il pensiero del Papa...

Lo stesso mons. Pozzo ha riferito a Fellay: "dovete dire ai vostri preti e ai vostri fedeli che non tutto quello che viene da Roma viene dal Papa". In altri termini: il Papa non ha il pieno controllo della sua curia, figuriamoci della Chiesa universale.

Questo è un messaggio gravissimo, ma della cui veridicità non si può dubitare, essendo la situazione sotto gli occhi di tutti (basti pensare allo scisma strisciante in atto nel Reich teutonico e nell'Ostmark, coi preti disobbedienti che esigono pretesse, divorzi, nozze gay etc. etc.). Ma al tempo stesso mons. Fellay, nel riportare queste considerazioni, ci pare voler invitare i suoi a non focalizzarsi su questa o quella dichiarazione o comportamento della Chiesa 'ufficiale' che va contro la Tradizione perché, ci dice, "non viene dal Papa". Come dire: non stracciatevi le vesti e non inalberatevi per questa o quella sbavatura: c'è una guerra per bande e i modernisti sono forti. Un modo forse inelegante, ma sincero e persuasivo, per difendere il Papa e il suo operato, separandone la responsabilità da quella di molti dei suoi 'sottoposti'.

Ed ecco, alla fine del discorso, le frasi rivelatrici dell'attitudine del Superiore della FSSPX di fronte alle proposte romane di accordo che tutti si aspettano (anche se egli ricorda di non saperne ancora nulla):

Vorrei dire un'ultima cosa: qualcosa di nuovo si muove e in questo qualcosa che si muove, ci sono anime assetate, che provengono dallo stato disastroso della Chiesa di oggi, e non arrivano come anime perfette, ma bisogna occuparsene. Finora abbiamo avuto una posizione di difesa [Finora!]. Tuttavia non dobbiamo avere paura di introdurre un elemento di attacco, un elemento più positivo: andare verso gli altri per cercare di conquistarli pur dimostrando la massima prudenza, perché l'ostilità non è finita. Immaginate che Roma tutto ad un tratto ci riconosca [notate bene questo verbo: un 'riconoscimento unilaterale', a fronte del quale la Fraternità potrebbe permettersi una ricezione passiva in luogo di un formale consenso, leverebbe a mons. Fellay molte castagne dal fuoco sul fronte interno], faccio fatica a crederlo [ma non a sperarlo], ma che accadrebbe allora? Credete che i progressisti cambieranno opinione verso di noi [monsignore è passato dal condizionale all'indicativo...]? Ma nemmeno per sogno! Da un lato essi continueranno a respingerci come hanno sempre fatto, o cercheranno di farci ingoiare il loro veleno. Noi rifiuteremo e il conflitto continuerà ancora di più, non fatevi illusioni. Se Roma ci riconoscesse, sarebbe ancora più duro rispetto a oggi. Ora, beneficiamo di una certa libertà. Bisognerà bene che un giorno la Chiesa ci riconosca come cattolici, ma non sarà facile.

Come dire: un accordo con Roma (o meglio: un riconoscimento da parte di Roma) non sarà mai un gesto di appeasement, di viltà o di rinunzia alla santa battaglia, come vanno invece predicando i vari Williamson all'interno della Fraternità. Anzi, la lotta per la Fede e la Tradizione continuerà ancora più dura e aspra, nella coesistenza armata ed ostile con le bande dei modernisti, ma anche con la possibilità di un campo d'azione enormemente più vasto dove trovare larghissimi numeri di quelle 'anime assetate', che non attendono altro che di conoscere la Tradizione. Come diceva mons. de Galarreta, il poco bene che si può fare a Roma vale più del molto bene che si può fare altrove. I modernisti avevano avuto un'analoga intuizione, e l'hanno portata a termine con scientifica risolutezza (scriveva Ernesto Bonaiuti: "si è voluto riformare Roma senza Roma, o magari contro Roma. Bisogna riformare Roma con Roma; fare che la riforma passi attraverso le mani di coloro i quali devono essere riformati. Ecco il vero ed infallibile metodo; ma è difficile. Hic opus, hic labor). Ora si tratta di muoversi in senso inverso rispetto ai modernisti; ma il metodo (ossia la strada, il cammino da percorrere: meth'odòn, in greco) non potrà che essere il medesimo.

Enrico

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[SM=g1740733] Mi colpisce questa disamina di mons. Fellay:  
 
Immaginate che Roma tutto ad un tratto ci riconosca, faccio fatica a crederlo, ma che accadrebbe allora? Credete che i progressisti cambieranno opinione verso di noi ? Ma nemmeno per sogno! Da un lato essi continueranno a respingerci come hanno sempre fatto, o cercheranno di farci ingoiare il loro veleno. Noi rifiuteremo e il conflitto continuerà ancora di più, non fatevi illusioni. Se Roma ci riconoscesse, sarebbe ancora più duro rispetto a oggi. Ora, beneficiamo di una certa libertà. Bisognerà bene che un giorno la Chiesa ci riconosca come cattolici, ma non sarà facile.  
 
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Speranza mista ad una realtà che, reverendo mons. Fellay, non riguarda solo "voi" o che si scatenerà o si scatena solo su di "voi"...  
Se questo Pontificato suona come un detonatore a favore della Tradizione, ne siamo tutti coinvolti e il mondo modernista non colpisce solo "voi", ma da anni perseguita anche "noi".....perseguita anche il Papa...  
 
Il punto è che nessuno ha il monopolio della Tradizione, ma è necessario, come è stato ispirato a mons. Lefebvre, che qualcuno rammenti al Pontefice non tanto cosa deve fare e come farlo, ma il suo "dover FARE" per salvaguardare la vera Dottrina...  
La piaga del modernismo è la sua bandiera ridicola dei "solo diritti" ... una serie di "solo" di luterana memoria.... al Papa deve essere CONSIGLIATO costantemente i suoi "DOVERI"... nessuno ha il diritto di rivendicare "diritti" quando c'è in ballo la Dottrina UNIVERSALE della Chiesa, o peggio, per usarla facendone dei compromessi con l'ecumania, usando un frasario ambiguo e facilmente modellabile a seconda del gruppo che lo userà.... leggasi per esempio i focolarini che nel recente incontro mondiale interreligioso hanno in sostanza PREGATO CON I BUDDISTI.... non ho capito come ci siano riusciti, ma più che ad un miracolo divino oserei pensare ad un miracolo "diabolico"... a meno che Budda non sia stato nel frattempo canonizzato....  
 
Mons. Fellay... sono tanti i problemi che NON risolveremo in questo tempo.... io penso che ciò che dobbiamo risolvere OGGI, nel nostro presente, è la compattazione del mondo Tradizionale....  
Tanti nodi sono venuti al pettine grazie a mons. Lefebvre e ai vostri sacrifici, e grazie anche ai tanti Tradizionali perseguitati nella Chiesa, nelle Parrocchie, nelle Diocesi.... ora che abbiamo messo in luce la maggiorparte, se non tutti, gli argomenti dell'apostasia, è indispensabile testimoniare quell'essere UNA COSA SOLA...  
 
Stiamo già dimostrando, dottrinalmente, di parlare una sola lingua... serve ora testimoniare la capacità di camminare INSIEME, pur rimanendo ognuno nelle rispettive trincee che il Signore ha predisposto come argini  a difesa della Chiesa... Wink  
La vera Tradizione infatti non ha mai rivendicato L'UGUAGLIANZA nei ruoli... e per duemila anni, almeno fino a 40 anni fa, ha sempre dimostrato IL VALORE DELLE DIVERSITA' DEI RUOLI, ma appunto, camminando insieme...  
Ci auguriamo che questo venga compreso da Roma, e venga compreso da chiunque ha a cuore la vera Tradizione nel suo Deposito della vera Fede....  
 
Nella Festa del Nome di Maria, affidiamo queste sante intenzioni!

[SM=g1740733]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)