00 27/04/2011 16:31

"HABEMUS PAPAM" E QUELLA VOGLIA DI CANCELLARE BENEDETTO XVI DALLA STORIA



di Francesco Colafemmina

Il film "Habemus Papam" può essere letto seguendo diverse direttrici. Possiamo considerarlo una riflessione sull'inadeguatezza di un uomo chiamato ad un grande compito, sull'obsolescenza delle gerarchie ecclesiastiche, sul desiderio di un uomo di religione d'essere talvolta un semplice laico, spogliandosi di tonache e mozzette. Io lo leggo, invece, come una drammatica e intellettualoide condanna del pontificato di Benedetto XVI.

La pellicola comincia infatti con le immagini della salma di Giovanni Paolo II, seguite da quelle del suo funerale. Immagini di repertorio, poco filmiche, più degne di un documentario. A queste immagini segue l'incipit della storia morettiana, con una teoria di cardinali in marcia verso la Sistina. La storia è ormai nota a tutti: viene eletto papa un anziano cardinale che ricorda Papa Giovanni. Il cardinale accetta l'incarico, ma appena il protodiacono annuncia "eccellentissimum ac reverendissimum dominum..." ecco il novello Papa prorompere in un grido orrido e scappare verso la Sistina. Il Papa, in sostanza, non ha alcuna voglia di fare il Papa. Già qui lo spettatore potrebbe chiedersi: ma perché ha accettato? E invece no... Comincia una sequela di macchiette cardinalizie (i cardinali sono sempre dei teneri vecchietti, anche troppo teneri e troppo buoni per i miei gusti) culminante nell'ingresso in scena dello psicologo Moretti. Il Papa non riesce ad aprirsi al luminare della psicanalisi e così il portavoce vaticano di origini polacche (ma dai metodi staliniani) decide di portarlo in borghese dalla moglie dello psicologo, anch'essa psicologa... E il Papa in borghese scappa e vagabondeggia per Roma, non prega e non dice messa, è in cerca di identità, finché non incontra una compagnia teatrale e si appassiona al Gabbiano di Checov, a lui noto sin dalla gioventù, quand'era appassionato di teatro.

Ora tutti sanno che Giovanni Paolo II da giovane faceva l'attore, ma questa della fuga teatrale del Papa rinunciatario non è che una soluzione a portata di mano per una trama che va letta non per le sue luci, quanto piuttosto per le sue ombre, i suoi ammiccamenti, i riferimenti alla riflessione seria del regista Nanni Moretti che non va certo confusa con l'istrionico cinismo del Moretti attore. Così ci tocca mettere in evidenza alcuni elementi che sono - paradossalmente - sfuggiti a quasi tutti i critici che hanno versato fiumi di parole su questo filmetto privo di reali ambizioni cinematografiche.

Anzitutto la prima stonatura riguarda il carattere nevrotico ed iracondo del novello Papa: abbiamo già riferito dell'urlo furibondo appena prima della proclamazione, in seguito il Papa rompe un bicchiere, risponde con fare burbero e iroso ad una commessa che gli ha appena servito dell'acqua, alterna momenti di catatonia a momenti di riflessione. In particolare, mentre questo Papa esaurito viaggia in un tram ripete ad alta voce un suo ipotetico discorso dal balcone di San Pietro, affermando: "abbiamo spesso molta paura di ammettere le nostre colpe".

Già a partire da questo elemento - le colpe della Chiesa - tutto dovrebbe cominciare a chiarirsi. Infatti poco dopo ecco che la guardia svizzera che il portavoce della sala stampa ha piazzato negli appartamenti papali facendo così credere ai cardinali ancora riuniti formalmente in conclave che il Papa è nelle sue stanze, mette in filodiffusione una canzone. Quale? Naturalmente una canzone rivelatrice: todo cambia della cantante cilena Mercedes Sosa.

Tanto per darvi un'idea del messaggio eccone riprodotta una strofa:

Cambia lo superficial
cambia también lo profundo
cambia el modo de pensar
cambia todo en este mundo.

Il cambiamento diventa così un altro elemento chiave per comprendere il senso di questo film. E infatti, mentre i cardinali a metà fra il rincoglionimento senile e l'inebetimento, battono le mani e si dondolano ascoltando la canzone, il Papa in borghese per le vie di Roma ascolta un gruppetto di giovani (ah i giovani!) che cantano la medesima canzone.

Cambiamento! La Chiesa ha bisogno di cambiamento e invece ecco una torma di cardinali nelle loro antiche vesti, legati alle etichette, confinati in palazzi dai quali non riescono ad uscire, ecco un Papa che sta stretto nella sua mozzetta e che non sopporta il collarino. Ecco il vero uomo, ecco colui la cui inadeguatezza non è un semplice fatto personale, ma è un simbolo (ecco perché il Papa non ha nome) dell'inadeguatezza di un'intera generazione di prelati a comprendere il mondo, a vivere il cambiamento dell'età contemporanea.

Ora vi domando: chi è succeduto a Giovanni Paolo II? Un cardinale chiamato Joseph Ratzinger. Per una forma di rispetto nei riguardi dell'attuale pontefice, l'attore scelto da Moretti somiglia a Giovanni XXIII, è un nonnetto bonario e un po' nevrotico. Ha la passione per il teatro - reminiscenza wojtyliana - ed è dunque molto diverso da Benedetto XVI. Tutto ciò, a mio parere, solo per non offendere la sensibilità di molti cattolici. Guarda caso però l'unico cardinale tedesco del film è un perfetto inetto, un uomo poco pratico che sembra vivere fra le nuvole...

La conclusione è delle più scioccanti. Il Papa ritornato, sotto la pressione dei cardinali, in San Pietro, si affaccia finalmente alla loggia e tiene un breve discorso alla folla festante. Cosa dirà? Beh, ormai già lo sappiamo: "oggi la Chiesa ha bisogno di grandi cambiamenti, dell'incontro con tutti e di capacità di comprensione". Ma lui non è in grado di offrire tutto questo, si sente inadeguato e quindi rinuncia. Tragedia! Sullo sfondo del Miserere di Arvo Part i Cardinali piangono e si affliggono, la folla è addolorata, la Chiesa sembra essere alla frutta, ma il film è finito.

Facciamo dunque un rewind e cerchiamo di capire cosa voglia dirci il film. Muore Giovanni Paolo II e i cardinali devono eleggere un nuovo Papa. Nessuno vorrebbe essere eletto, tutti sanno che è impossibile reggere il confronto con Karol "santo subito". Viene però eletto Papa un anziano cardinale... ma la storia si distacca dalla realtà. Non si tratta di Benedetto XVI che accetta nonostante la sua inadeguatezza e che sembrerà piombare la Chiesa in un rigido inverno con tutti i passi falsi, i casi Ratisbona e Williamson, le esternazioni sul profilattico, le affermazioni scomode, i coinvolgimenti nella copertura dei casi di pedofilia nel clero, etc. etc. No, viene eletto Papa un uomo che è consapevole di essere inadeguato, di rappresentare una gerarchia mummificata nei suoi piccoli tic, nella sua incapacità di comprendere il mondo, nel suo accontentarsi di una realtà ovattata e piena di muffa. Quest'uomo è davvero coraggioso, perché nonostante il suo turbamento e la sua depressione avrà la forza per rinunciare all'incarico. La Chiesa ha bisogno di cambiare, di venire incontro al mondo e lui non è capace di dar seguito al cambiamento.

Il sogno dell'intellighenzia non anticlericale, ma profondamente laica, che non ha in odio la Chiesa ma la vorrebbe aggiornata, la vorrebbe giovane, cambiata, contemporanea, è il sogno di Moretti che immagina un Ratzinger rinunciatario. Immagina un Papa che non abbia voglia di arrecare nuovi danni alla Chiesa attraverso la sua inadeguatezza, ma che sappia farsi da parte il giorno stesso della sua elezione.

Il film non è anticlericale, ma mi ha profondamente turbato. Mi ha turbato soprattutto sapere che la sceneggiatura di questo film è stata letta previamente da un Cardinale... E mi turba la tenerezza della stampa cattolica incapace di approfondire la lettura di un film oltre il riscontro dell'assenza di tematiche anticlericali.
La coincidenza dell'uscita del film con la data fissata per la beatificazione di Giovanni Paolo II non fa che accrescere in me la consapevolezza che Papa Benedetto XVI continua ad essere un Papa scomodo, un Papa che in molti vorrebbero cancellare dalla storia nonostante i suoi tentativi di essere compreso anche da quei "lupi" sempre pronti ad assalirlo. E questo, da cattolico, non mi fa certo gridare alla scomunica o alla censura per un intellettuale del calibro di Nanni Moretti, ma mi addolora e mi fa invocare viepiù la protezione del Signore sul nostro amato Santo Padre.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)