00 18/05/2011 11:39

L'istruzione Universae Ecclesiae: qualche valutazione. Parte prima


Mons. Pozzo commenta l'Istruzione al recente convegno sul motu proprio

Parecchi hanno sollecitato un mio commento sull'Istruzione Universae Ecclesiae apparsa venerdì scorso, specie in riferimento alle preoccupazioni di cui anche questo blog si era fatto espressione, nei mesi scorsi, circa il rischio di un annacquamento del motu proprio. Sono quindi lieto di riferire che il mio giudizio è complessivamente positivo: con un'analogia scolastica, come già anticipato, ritengo che il documento oltrepassi largamente la soglia della sufficienza e meriti un sei e mezzo, o addirittura un sette "di incoraggiamento"; col che, non voglio però sottacere alcune norme decisamente deludenti, o meramente velleitarie ed inapplicabili. Effetto di una fase preparatoria del testo quanto mai agitata.

Ho infatti appreso a Roma in questi giorni, da voce autorevole (e per autorevole intendo davvero "autorevole"), che - cito - "non vi immaginate nemmeno quali pressioni e battaglie si sono scatenate per questa Istruzione". Questo benché, a rigore di termini, il documento abbia in fin dei conti un valore giuridico relativo (si tratta pur sempre di una disciplina meramente applicativa, quindi di secondo livello, emanata per giunta non dal Papa ma da un sottodicastero della Curia romana, visto che l'Ecclesia Dei non è più indipendente). Inoltre questo documento si rivolge in primis ai tradizionalisti, che sono tuttora minoranza assai circoscritta nella Chiesa. Ma in realtà la "guerra liturgica" è al centro delle preoccupazioni e delle ansie di tutto l'establishment, che della riforma liturgica ha fatto un totem. Inutile che vi spieghi tale apparente paradosso: basta navigare in internet per verificare come l'interesse e le passioni dei cattolici si scatenino ben più su questo tema che non, che so, su punti pur controversi come gli anticoncezionali, o la pedofilia, o il celibato ecclesiastico. E molti vescovi e presuli temono molto di più i manipoli e le pianete che non l'emorragia di fedeli: per dirvi quanto i nervi siano scoperti, basti dire che alcuni vescovi francesi si sono persino dati la pena di scrivere in Vaticano per lamentare che al recente incontro dei blogger (evento, ne converrete, non particolarmente significativo per le sorti della Chiesa) erano stati invitati due blogger tradizionalisti su un totale di cinque francesi.

Se si legge con attenzione la Universae Ecclesiae, non c'è bisogno di essere profondi conoscitori delle tecniche di redazione dei testi normativi per accorgersi di una cosa: che questa Istruzione presenta un sostrato ottimo, anzi eccellente, punteggiato però di inserimenti qua e là che sembrano contraddire le premesse: segno di un intervento in senso correttivo-restrittivo (ma a sua volta in qualche misura imbrigliato e contenuto) su un testo di partenza molto favorevole. Se volessimo fare un po' di "stratigrafia giuridica", dovremmo parlare di un documento a formazione progressiva e alluvionale, dove sono sovrapposte faglie di polarità contrapposta...

La trama originaria del testo lascia trasparire chiaramente l'intenzione di estendere il più possibile l'applicazione del motu proprio e di facilitare il compito a chi (preti e fedeli) ama la liturgia tradizionale. Il che è anche alquanto ovvio: non dimentichiamo che l'Istruzione è stata redatta da una Commissione i cui officiali sono, vivaddio, simpatetici con la Tradizione e, soprattutto, che l'esigenza di queste norme nasce come controreazione vaticana alla generale insubordinazione dell'alto clero contro il motu proprio Summorum Pontificum e quindi contro la potestà petrina: normale quindi che la ratio che ne ha ispirato l'originaria stesura fosse quella di fornire uno strumento in grado di ribaltare e vincere, nei limiti del possibile, tutta quella massa di ostacoli, angherie, regolamentazioni di conferenze episcopali, interpretazioni restrittive, ecc., escogitate in questi anni dalla malevola fantasia degli episcopati di tutto il mondo

Per verificare quanto dico, basta leggere le norme che esprimono i principi generali del documento, tutte estremamente positive; l'incipit stesso (art. 1) parla di Universae Ecclesiae... divitias, una "ricchezza per tutta la Chiesa" (guarda un po' la "combinazione": molto simile al titolo scelto mesi fa per l'appena concluso convegno sul motu proprio, Una speranza per tutta la Chiesa...). Ma quattro soprattutto sono le disposizioni che, nel loro carattere generale (e si trovano appunto tutte nell'introduzione), appaiono decisamente come le più importanti e favorevoli di tutto l'impianto:

1) l'insistenza sul carattere universale delle norme sull'usus antiquior (oltre all'incipit, l'art. 2 ribadisce che si tratta di lex universalis) e la sua definizione come pretiosum thesaurum (il che riprende nel concetto le divitias dell'art. 1). Il che significa che il motu proprio è fatto per tutti, e per sempre, e non solo per i fedeli che chiedono quella celebrazione (di cui comunque l'art. 7 non manca di sottolineare la loro continua crescita numerica: Increscentibus magis magisque in dies fidelibus expostulantibus celebrationem formae extraordinariae; splendido quel "magis magisque", "sempre più", "vieppiù", come pure quell'expostulo, dove il prefisso ex- rafforza il verbo che segue ed evoca tutti gli sforzi e l'impegno dei richiedenti).

2) una sorta di "costituzionalizzazione" della disciplina sulla liturgia antica, nel senso che l'art. 8 eleva il motu proprio Summorum Pontificum ad un livello giuridico assai superiore agli ordinari atti normativi del Santo Padre, dato che ne viene affermata la caratteristica di esprimere eminenter (in modo eminente) niente meno che il Magistero del Romano Pontefice, il suo munus regendi e il suo potere di regolare la Sacra Liturgia, richiamando (se ancora non bastasse) il suo ruolo di "Vicario di Cristo" e di "Pastore della Chiesa Universale" (ancora l'universalità!). Tradotto terra terra significa: cari oppositori del motu proprio, il Papa sono io, le chiavi di Pietro le ho io, e al Summorum Pontificum ci tengo, quindi vedete di regolarvi.

3) una definizione del tutto positiva, sempre nell'art. 8, degli scopi del motu proprio; precisazione quanto mai necessaria. Infatti, sulla base della lettera di accompagnamento ai Vescovi del 2007, si sarebbe potuto sostenere (e tutti gli avversari hanno sostenuto) che l'intento del motu proprio fosse quasi esclusivamente quello di riportare i lefebvriani all'ovile ("Sono giunto, così, a quella ragione positiva che mi ha motivato ad aggiornare mediante questo Motu Proprio quello del 1988. Si tratta di giungere ad una riconciliazione interna nel seno della Chiesa...", scriveva il Papa); argomento assai pericoloso, perché se ne sarebbe potuto dedurre un carattere strumentale e contigente, quindi revocabile, del motu proprio. Inoltre lo stesso Pontefice, in volo per Parigi, aveva definito il suo motu proprio come un "atto di tolleranza", rievocando il triste ricordo del card. Raffin, che considerava gli indulti di Giovanni Paolo II sulla liturgia antica come una "parentesi misericordiosa", da chiudersi con la dipartita degli ultimi vecchi barbogi nostalgici. Ora, invece, è definitivamente chiarito che finis primarius del motu proprio è offrire la Messa tradizionale a tutti i fedeli (e quindi, questo è importantissimo, non solo ai tradizionalisti: su queste norme si potranno fondare tutti gli apostolati tridentini del futuro verso chi manco sa che cosa sia la Messa di Sempre). Solo come finis secundarius è indicata (art. 8 lett. c) la riconciliazione nella Chiesa

4) Infine, la norma forse più importante di tutto il documento (insieme a quella che prevede il ricorso gerarchico all'Ecclesia Dei, di cui diremo un altro giorno): l'art. 8 comma 2, che oltre a sancire il diritto (rectius: la facoltà) dei fedeli di avere la Messa tradizionale, ha stabilito un fondamentale principio ermeneutico: l'Istruzione va interpretata nel senso più favorevole ai fedeli cui essa è destinata; ossia, nei casi dubbi (e ce ne saranno...), la legge va interpretata nel senso più favorevole ai tradizionalisti.

Su questo sostrato eccellente, dicevo, si colgono chiaramente come organi estranei, mal trapiantati, dovremmo dire interpolati, le norme che invece vanno nel senso contrario a quelle alte dichiarazioni di principio circa la necessità di garantire a chiunque lo richieda la Messa di S. Pio V. Segno, dicevamo, di interventi successivi, quando già la bozza col testo buono era pronta.

Ma poiché l'ho già fatta lunga in questo post, rinvio ad un articolo successivo l'esame delle magagne dell'Istruzione Universae Ecclesiae, nonché l'ulteriore analisi della disciplina.

Enrico da Messainlatino



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)