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LA CHIESA CATTOLICA NELLA

DOTTRINA DI SANT’AGOSTINO



don CURZIO NITOGLIA

3 agosto 2011

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sant'Agostino

Prologo

● Monsignor Brunero Gherardini ha dato alle stampe la sua ultima fatica: La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana (Torino, Lindau, 2011)[1]. Essa riassume la sua attività sia di professore di ecclesiologia alla Lateranense dal 1968 e sia di Autore degli studi recenti[2] sul problema spinoso dei rapporti tra Tradizione e Concilio Vaticano II.

● S. Agostino e S. Tommaso sono i maestri preferiti dell’Autore. Egli nel suo ultimo volume espone l’insegnamento eccesiologico di S. Agostino (+ 430), il quale di fronte al pericolo di frattura e frantumazione, che correva la Chiesa nel suo tempo (donatismo e pelagianesimo), riuscì a “trovare la quadra” tornando alla dottrina di sempre o alla Tradizione apostolica e mostrando come gli errori e le divisioni contemporanei non minano l’unità della Chiesa. Oggi ci si trova in una situazione analoga ove la “Una, Santa, Cattolica e Apostolica” si trova sbattuta dai flutti del mare in tempesta della modernità e post-modernità filosofica, che ha prodotto il modernismo e neo-modernismo teologici, i quali si sono infiltrati nelle menti di molti uomini di Chiesa tanto da far sembrare che Essa stia per soccombere e frantumarsi, si fieri potest.

● Mons. Gherardini risponde al problema dell’ora presente con lo stesso metodo di S. Agostino: il ritorno alla Tradizione apostolica, quale garanzia di unità, continuità, vita e giovinezza della Chiesa sempre Santa nella sua sostanza malgrado gli uomini (buoni e malvagi) che la compongono. Quindi il rimedio alla crisi che attraversano i cattolici oggi e gli uomini di Chiesa (non la Chiesa in sé, che è divina e non muta) va affrontata e risolta col ritorno alla Tradizione quale ce la fa conoscere S. Agostino.

● Quando (nel 1600 a. C. circa) i figli di Giacobbe erano nell’indigenza e per poter sopravvivere dovettero recarsi in Egitto, ove era vice re il loro fratello Giuseppe (che avevano tentato di uccidere), si diceva tra la gente affamata: “Ite ad Joseph” per ottenere cibo e sostentamento. Oggi si può dire, coll’Autore, “Ite ad Augustinum”, per sormontare la carestia che attanaglia le anime, ben più brutta di quella che attanagliava i corpi all’epoca di Giacobbe.

 

Cristo Capo principale della Chiesa e il Papa suo Vicario in terra

● La ‘prima Sede’ è un elemento costitutivo essenziale della Chiesa. Il Papa assicura la vita, l’unità, l’apostolicità e la cattolicità della Chiesa, che è stata voluta e fondata da Cristo su Pietro e i suoi successori sino alla fine del mondo. Su Pietro la Chiesa trova la roccia su cui si fonda e che non la fa crollare[3]. Quindi coloro che non riconoscono in Pietro e nei Papi la roccia inespugnabile non riconoscono la Chiesa[4].

● L’Ipponate prosegue: “Petrus petra, petra Ecclesia”[5]; insomma la Chiesa ha per fondamento Pietro, che è il Vicario di Cristo su questa terra. Gesù è il capo principale e invisibile mentre Pietro è il Capo secondario, subordinato e visibile della Chiesa. Quindi, Pietro, anche se roccia subordinata a Cristo e suo prolungamento storico su questa terra, nella catena ininterrotta di suoi successori impersona e sintetizza la Chiesa. Perciò “ubi Petrus, ibi Ecclesia” e “sine Petro, nulla Ecclesia”. Sempre S. Agostino scrive: “Ergo in Petri nomine figurata est Ecclesia”[6] e ancora: “Sic Petrus ab hac petra appellatus, personam Ecclesiae figuraret”[7]. Ma, come spiega S. Paolo “Petra autem erat Christus” (1 Cor., X, 4). Quindi la Pietra, che secondariamente è Pietro, principalmente è Cristo. S. Agostino, con uno dei suoi giochi di parole, spiega: «Non dictum est illi “Tu es petra”, sed “Tu es Petrus”. Petra autem erat Christus; quem confessus Simon, dictus est Petrus».

● La Cattedra da cui insegna, governa e santifica Pietro è stata istituita da Cristo per confermare la Fede dei credenti e per garantire l’unità, la santità, la cattolicità e l’apostolicità della Chiesa. Pietro e Roma hanno una preminenza su ogni Apostolo e Vescovo, in quanto sono secondariamente “la pietra [principale] che è Cristo”. L’unità, con le altre tre note, e la visibilità della Chiesa si personificano in Pietro. Pietro è la sintesi della Chiesa stessa. Quindi senza Pietro o Papa non sussiste la Chiesa, che è in comunione con Cristo tramite il Primo e il Principe degli Apostoli[8]. Per cui tutto ciò che avviene fuori della catena di Pietro e dei suoi successori è fuori dell’apostolicità formale della Chiesa[9] ed evidenzia lo staccarsi dei rami secchi dal tronco vitale della Chiesa di Cristo. I rami secchi non hanno la vita che è Cristo “Ego sum Vita…” e sono gli eretici e gli scismatici formali, ai quali manca la linfa vitale della pianta che è la Chiesa, ossia Pietro e Cristo[10]. I Vescovi sono ‘pastori’ dei fedeli o ‘agnelli’, ma ‘pecorelle’ sotto Pietro, il ‘Principe dei pastori’, alla scuola dell’unico Maestro, “Via, Verità e Vita”, che è Cristo[11].

● L’apostolicità è, nella crisi che l’ambiente ecclesiale sta vivendo, la nota più utile e importante per capire cosa succede e porre rimedio a tanto male. Senza Apostoli non sussiste la Chiesa di Cristo, poiché Gesù stesso l’ha fondata su di loro. Ma senza il Principe degli Apostoli, senza Pietro, che è la ‘pietra’ secondaria e subordinata a Cristo, gli Apostoli sono slegati da Cristo. È allora assolutamente necessaria la presenza del Papa e dei Vescovi in atto o in essere e non solo in potenza o in fieri. Infatti, se la Chiesa fosse in potenza o in divenire, non sarebbe con Cristo tutti i giorni dal calvario sino alla fine del mondo, ma lo sarebbe ad intervalli, certe volte in atto o in essere e certe altre solo in potenza o in fieri. Ma il fieri non è l’essere. Quindi il Papa e i Vescovi in fieri non sono la Chiesa esistente in atto, ma la “Chiesa cosmica” che diviene, come il “Cristo cosmico” di Teilhard. Il Papato o la Chiesa materialiter sono la “Chiesa cosmica”, che si evolve continuamente e passa  dalla potenza all’atto. Invece Cristo ha fondato una Chiesa sul Papato in atto d’essere e non in divenire perpetuo o a intermittenza: Pietro e gli Apostoli erano Papa e Vescovi in atto e formalmente, non in potenza, in fieri o materialmente. La Chiesa poggia sull’essere, sull’atto e la forma, non sul divenire, la potenza e la materialità. Come la sana filosofia si fonda sull’essere e non sul divenire. La filosofia dell’essere è la filosofia perenne e sana, mentre la filosofia del divenire è la filosofia falsa o sofistica della modernità. Così la Chiesa o il Papato materiale o in divenire è un Papato concepito dalla mente di un uomo, fosse anche un grandissimo teologo (che non è Cristo in terra né il Magistero ecclesiastico), ma non è la Chiesa voluta da Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

● Se i “gerarchi” ecclesiali e spirituali sono i successori formali di Cristo, di Pietro e degli Apostoli, sono la Chiesa di Cristo come Cristo l’ha voluta; altrimenti sono una “emergenza”, un’“escrescenza”, una “protuberanza” o un prodotto dell’intelletto (cometa dialettica hegeliana) in uno stato di “emergenza”, il quale potrebbe giustificare una soluzione “emergente” o “protuberante” in divenire, ma non stabile e non fondata sull’immutabilità dell’essere. Tale prodotto dell’intelletto umano è essenzialmente diverso dalla Chiesa di Cristo. Il reale stato di emergenza o necessità in cui ci troviamo non ci autorizza a cambiare l’essenza della Chiesa, quale Cristo l’ha voluta e fondata, idealizzandone una in fieri o in potenza o materiale, che non è (est, da esse) ma diviene (fit da fieri). La Chiesa è stata, è e sarà in atto; non in divenire, proprio come Cristo è hodie, heri et in saecula, “semper idem” e non “semper in fieri”. La successione apostolica vera è quella formale, alimentata dalla sua radice, che è la ‘Pietra’, Cristo, e il suo Vicario in terra, ‘Pietro’. S. Agostino insegna che una semplice successione materiale, non unita formalmente con la sua radice, sarebbe sterile[12]. Come un tralcio che parte da rami recisi e secchi non è vivo e fruttuoso, così una successione apostolica solamente materiale è morta e mortifera. È una “successione” o “protuberanza” storica, cronologica, materiale, fisica, ma non apostolica, viva e vivificante[13].

 

Rapporti tra Stato e Chiesa

● Al capitolo VII del suo libro mons. Gherardini tratta dell’origine divina del potere civile[14]. Secondo S. Agostino[15] il governante o Principe deve amministrare la res publica con un’attività volta al bene comune, ossia per far conseguire ai cittadini il bene morale e far loro evitare il male. L’origine remota – come rivela S. Paolo (Rom., XIII, 1) – del potere è divina. Il governo, quindi, è buono se rispetta la sua natura, ossia la Causa efficiente da cui trae l’Autorità, che è Dio, e la sua Causa finale, che è il bene comune temporale subordinato a quello morale o spirituale. Altrimenti, se non riconosce Dio come sua Causa efficiente e non ha di mira il vivere virtuosamente (naturale e soprannaturale) il governo è cattivo, anzi è paragonabile ad “una banda di ladroni”[16].

● Il buon governante deve, secondo S. Agostino e tutti i Padri greci e latini, mettersi al servizio del bene e deve promuovere socialmente o assieme alla Società civile o Stato la Religione divina[17]. L’obbedienza all’Autorità civile, tuttavia, è condizionata al di lei mantenersi nella finalità morale (vivere virtuoso) e nella dipendenza da Dio (causalità efficiente). Altrimenti, l’Autorità diventa tirannia ed è lecito resisterle a certe determinate condizioni (specialmente quella di non rendere la situazione posteriore peggiore di quella anteriore)[18].

● Secondo l’Ipponate il governante cristiano non solo deve provvedere alla pace interna ed esterna della Società civile, ma anche a quella spirituale, cioè lo Stato deve favorire la Chiesa nella sua missione di espandere il Regno di Dio in tutto il mondo[19]. Certamente la Chiesa e lo Stato non possono costringere a fare il bene, che non sarebbe più libero e meritorio, ma debbono proibire di fare il male[20]. Anzi, per difendere la Fede, è lecito chiedere anche l’intervento di chi porta la spada. Infatti se il Principe deve punire i crimini civili, perché mai gli si dovrebbe impedire di reprimere anche i crimini spirituali (l’eresia e lo scisma)? Siccome l’eresia e lo scisma sono un male, anzi il massimo dei mali, chi porta la spada non può non servirsene per reprimerli[21].

● S. Agostino confuta con 1000 anni di anticipo l’obiezione dei catto-liberali secondo i quali l’uomo, come singolo individuo, è religioso, ma, come cittadino facente parte di uno Stato, deve essere neutrale in materia religiosa (cfr. Concilio Vaticano II, Dichiarazione Dignitatis humanae, sulla “Libertà religiosa”, 7 dicembre 1965). L’Ipponate infatti afferma che il Principe serve Dio in due modi: come uomo vivendo la Fede informata dalla Carità e come Governante facendo leggi conformi a quella divino-naturale, facendole rispettare e punendo i loro trasgressori[22].

 

Conclusione

1°) Se - in matematica - si toglie il ‘numero 1°’, cadono tutti gli altri numeri. Così - in teologia - se si toglie la ‘prima Sede’ la Chiesa non ha più fondamento. Ma questo è un assurdo, reso impossibile dalle promesse di Gesù alla sua Chiesa.

2°) ‘Pietro’ o Cefa significa ‘Pietra’: “Petra autem erat Christus” (1 Cor., X, 4). La Chiesa coincide con e si fonda su Cristo, suo Capo invisibile, e con/su Pietro, suo Capo visibile: Ubi Petrus ibi Ecclesia.

3°) Pietro e Cristo sono Persone in atto, non in divenire. Altrimenti avremmo, oltre il “Cristo cosmico” di Teilhard de Chardin, il “Papa cosmico” e la “Chiesa cosmica”.

4°) La Chiesa ha fatto sua la filosofia e teologia dell’essere stabilmente immutabile ed ha ripudiato quella del divenire in continuo cambiamento o in “moto perpetuo”. La Tesi del Papato in divenire è contraria allo spirito della sana ragione, della retta teologia e al “sentire cum Ecclesia”: “Stat Beata Trinitas dum volvitur orbis”.

5°) Lo Stato deve essere subordinato alla Chiesa come il corpo all’anima, la materia alla forma, la potenza all’atto, il divenire all’essere. S. Agostino - assieme a tutti i Padri ecclesiastici - ha insegnato la dottrina della cooperazione gerarchica tra Stato e Chiesa. Mons. Gherardini ha compendiato nel suo ultimo volume questi princìpi sulla Chiesa in sé ed in rapporto alla Societas o Polis. La Chiesa “non può non fare politica” (San Pio X), che non è partitica ma è la virtù di Prudenza applicata alla Società civile, essendo l’uomo un “animale sociale per natura” (Aristotele e S. Tommaso).

 

don CURZIO NITOGLIA

 

3 agosto 2011

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[1] Corso Re Umberto, n. 37, 10128-Torino; www.lindau.it, pagine 200, 18 euro.

[2] Gli altri suoi libri più recenti sul problema ecclesiologico in relazione alla tematica del Concilio Vaticano II in “continuità” o in rottura con la Tradizione apostolica sono: Brunero Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009; Id., Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Id.,Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; Id., Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011.

[3] S. Augustinus, De baptismo contra Donatistas, II, 1.

[4] S. Aug., De agone christiano, 31, 33.

[5] Enarr. In Ps. 103, 3, 2.

[6] Retractationes, I, 21.

[7] In epist. Johann. ad Parthos, 10, 1.

[8] Cfr. B. Gherardini, La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011, pp. 77-78.

[9] S. Aug., Ep., 53, 1, 2.

[10] Ep., 232, 3.

[11] S. Aug., Contra Cresconium, II, 11, 13.

[12] Psalmus contra partem Donati, PL 43, 30.

[13] S. Aug., Ep. 223, 3. Cfr. B. Gheradini, La Cattolica, cit., pp. 121-124.

[14] B. Gheradini, La Cattolica, cit., p. 147.

[15] S. Aug., Contra Faustum manichaeum, XXII, 75; Id., De civitate Dei, IV, 4 e V, 1; Id., Serm., 358, 6.

[16] S. Aug., De civitate Dei, IV, 4: “Remota iustitia, regna sunt magna latrocinia”.

[17] S. Aug., Contra Cresconium, III, 51, 56; Id., De civitate Dei, V, 24.

[18] S. Aug., De catechizandis rudibus, 21, 37. I “rudi” non sono i “rozzi”, ma coloro che ancora non conoscono la dottrina cristiana.

[19] S. Aug, Contra Cresconium, II, 19; III, 51-56.

[20] S. Aug., Contra litteras Petiliani, II, 38, 183-184.

[21] S. Aug., Contra epistulam Parmeniani, I, 10, 16.

[22] S. Aug., Epist., 185, 5, 19.
 

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)