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Il cardinale Bessarione, il Concilio di Ferrara-Firenze e la caduta di Costantinopoli. File audio di una relazione di Andrea Lonardo presso la Basilica dei Santi Apostoli

Scritto da Redazione de Gliscritti: 09 /12 /2011 - 20:34 pm | Segnala questo articolo:
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Mettiamo a disposizione ad experimentum per valutare l'utilizzo in futuro di files audio le registrazioni ed i testi commentati nell'incontro tenuto da Andrea Lonardo su Il cardinale Bessarione, il Concilio di Ferrara-Firenze e la caduta di Costantinopoli presso la Basilica dei Santi Apostoli, il 12 novembre 2011. Per una presentazione degli affreschi della Cappella Bessarione vedi su questo stesso sito Il Cardinal Bessarione e gli affreschi della Cappella dei Santi Eugenia, Giovanni Battista e Michele Arcangelo nella basilica dei Santi XII Apostoli in Roma, di Sabina Isidori.
Per altri files audio vedi la sezione Audio e video.

 

Il Centro culturale Gli scritti (9/12/2011)



Download audio    

Antologia di testi utilizzata nel corso dell'incontro

Ufficio catechistico di Roma
www.ucroma.it (cfr. anche www.gliscritti.it )

Indice

1/ La basilica dei Santi Apostoli: un luogo per ricordare  la caduta di Costantinopoli

da una Lettera di Bessarione a Teodoro di Gaza, luglio 1453, in G. L. Coluccia, Basilio Bessarione. Lo spirito greco e l’occidente, Olschki, 2009, pp. 125-126
La presa di Costantinopoli - ti dico la verità - mi ha gettato in uno sconforto da cui mi mancano i mezzi per richiamare me stesso: quando penso alla schiavitù di tanti e tali uomini, da quale culmine di fortuna a quale abisso di infelicità siano precipitati, all'indicibile bellezza di quelle chiese e di quegli edifici, penso poi che fino ad ora avevamo detto a noi stessi che in altro consisteva la libertà e la schiavitù per il saggio e in altro quella di cui parla comunemente il volgo, ma ora il senso che davamo a quella distinzione mi sfugge. Non trovo il coraggio, per esempio, di ripropormi quelle riflessioni per le quali capivamo bene che si poteva essere schiavi dei peggiori tra i barbari, avere ai piedi i ceppi più pesanti ma essere allo stesso tempo più libero di chi regna, di chi ha un diadema sul capo; e la stessa considerazione per cui ci era chiaro che solo i virtuosi sono liberi e schiavi gli sciocchi, come se io non l'avessi mai meditata e accettata con entusiasmo, se ne va appena, per trarne forza in questa disgrazia, tento di chiamarla alla mente. La bellezza di quei monasteri e di quelle chiese, penso poi, quando ci era presente davanti agli occhi, quando ci abitavamo, in effetti non traeva né faceva discendere su di noi il divino più di quanto, ora che sono rovine, non lo allontanino dalla terra e lo facciano fuggire da noi: ma tutti questi bei pensieri ora mi sfuggono e solo angoscia copre la mia anima. E quando penso che, con la caduta del centro del potere politico, c'è il rischio che si estingua il nostro popolo e vadano perduti quei libri e quella lingua che soli ci distinguono ormai dai barbari, allora la ragione mi si ottenebra e non posso esprimerti quale agitazione è in me, quale diluvio di pensieri amari si abbatte sul mio spirito. Ma conviene sopportare e facendoci sempre più simili a Dio cercare di fuggire al più presto da questa terra, verso il cielo, verso il coro celeste.

da G. Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, Einaudi, Torino, pp. 508-509
Maometto II decise di sferrare l’attacco generale il 29 maggio. La vigilia, mentre il sultano preparava le sue truppe alla battaglia, i cristiani, Greci e Latini assieme, celebravano in Santa Sofia la loro ultima funzione religiosa. Dopo la funzione i soldati tornarono ai loro posti e fino a tarda notte l’imperatore  ispezionò le fortificazioni. Alle prime ore dell’alba ebbe inizio la battaglia; la città veniva attaccata da tutti e tre i lati. Ma gli eroici difensori resistettero a lungo all’assalto e respinsero i nemici. Allora il sultano ricorse alla sua riserva, le schiere dei Giannizzeri, e dopo una dura lotta queste truppe scelte dell’armata ottomana riuscirono a  scalare le mura. Al momento decisivo Giustiniani [Giovanni Giustiniani, capo delle milizie genovesi], che combatteva a fianco dell’imperatore, venne mortalmente ferito e dovette essere portato via. La sua scomparsa creò confusione nel campo dei difensori e accelerò l’espugnazione dei Turchi. Poco dopo la città era nelle loro mani. Costantino XI combatté fino all’ultimo momento e nella battaglia trovò la morte che cercava. Tre giorni e tre notti durò il saccheggio che il sultano aveva concesso ai suoi soldati mentre li preparava per l’attacco finale, allo scopo di elevare il loro morale che andava cadendo. Si distrussero beni di inestimabile valore, monumenti d’arte, preziosi manoscritti, immagini sacre e arredi ecclesiastici. Maometto II entrò solennemente nella città conquistata. Costantinopoli divenne la capitale dell’impero ottomano. L’impero bizantino non esisteva più.

da Tâdji Beg-Zâde Ga‘fer Čelebi, Libro che celebra la conquista di Istanbul protetta da Dio (in La caduta di Costantinopoli. L’eco nel mondo, a cura di A. Pertusi, Fondazione Lorenzo Valla/Mondadori, Milano, 2007, p. 269)
[Mehmed disse:] «I miei padri illustri, i miei grandi antenati - Dio ne illumini le opere - erano intimamente consci del fatto che la felicità di questo mondo non dura, che nessuno è sempiterno nel mondo caduco, che gli istanti dell'uomo sono contati, che le porte dell'eternità gli sono sbarrate. Lo scopo della creazione è che l'uomo conosca l’Unità di Dio altissimo e che, per quanto gli è possibile e fino a quando gli è concesso il tempo, faccia ogni sforzo per avvicinarsi al suo trono. E la migliore maniera di avvicinarsi l'ha indicata Abû Sa‘îd-al Hadrî - Dio ne sia soddisfatto -, tramandando un insegnamento del profeta [...] "Il migliore degli uomini è quel credente che prodiga la sua vita e i suoi beni per combattere la guerra di Dio" [...] Durante i loro regni non passava un solo anno senza che conducessero una grande spedizione contro gli infedeli...

da Khodja Sa ‘d Ed-Dîn, Il diadema delle storie (in La caduta di Costantinopoli. L’eco nel mondo, a cura di A. Pertusi, Fondazione Lorenzo Valla/Mondadori, Milano, 2007, p. 287)
Con l'aiuto dell'Onnipotente la difesa della città diveniva sempre più debole. E appena le truppe vittoriose ebbero la convinzione che «in verità i nostri soldati saranno i vittoriosi» e le parole «Entrate sicuri» risuonarono come un'eco nelle orecchie dei guerrieri dell'Islàm, coloro che erano pronti a compiere distruzioni chiesero il permesso al sultano, conquistatore del mondo, di darsi al saccheggio. E pieni di gioia nel cuore si gettarono sulla città e là, impossessandosi dei beni e delle famiglie degli infedeli, fecero piangere questi sciagurati. Essi agirono secondo il precetto: «Sgozzate coloro che sono di una certa età e fate prigionieri i loro giovani».

Missiva del signor Paolo Dotti [dell’11 giugno 1453], esperto in ambedue i diritti, professore un tempo nell'Università di Padova, confinato ora a Candia [Creta], in cui si narra l'espugnazione dell'illustre città di Costantinopoli in La caduta di Costantinopoli. L’eco nel mondo, a cura di A. Pertusi, Fondazione Lorenzo Valla/Mondadori, Milano, 2007, p. 13
Nobile e egregio dottore e cavaliere, fratello amatissimo, una disgrazia del nostro tempo e una grande sciagura piombata penosamente sui cristiani mi spinge ora a scriverti tra le lacrime e pieno di dolore; ciò che, non dubito, tu potrai apprendere con maggiori particolari da altri: l'imperiale e nobilissima città di Costantinopoli è perduta. È stata occupata con la violenza e con le armi dal ferocissimo e troppo potente gran re dei turchi, e con incredibile effusione di sangue dei cristiani. Sono state fatte prigioniere persone di ambo i sessi. È accaduto il giorno 29 maggio or ora trascorso, giorno quanto mai infausto. E ugualmente anche Pera [l’attuale Beyoğlu, il quartiere della torre di Galata], città piuttosto importante, colonia dei genovesi, vicina ad essa, è stata da lui conquistata.

dalla Lettera del Senato veneziano al papa Nicolò V (in La caduta di Costantinopoli. L’eco nel mondo, a cura di A. Pertusi, Fondazione Lorenzo Valla/Mondadori, Milano, 2007, pp. 21-23)
30 giugno [1453].
Al sommo Pontefice [Nicolò V].

... Noi sappiamo con certezza attraverso varii canali d'informazione che il Turco, persecutore della croce, il giorno 28 maggio da poco trascorso, dopo un'asprissima battaglia, ha ridotto in proprio potere la città di Pera, ha ucciso a fil di spada in modo assai barbaro tutti i cristiani dai sei anni in su, e il giorno seguente, il 29, si è impadronito del porto di Costantinopoli, impiegando per terra e per mare ogni sorta di macchine da guerra, ha espugnato la stessa città e infine l'ha vinta in una battaglia straordinaria; allo stesso modo ha fatto strage di tutti i cristiani che vi si trovavano dai sei anni in su con estrema crudeltà. Un tal fatto, clementissimo Padre, che non riusciamo a comprendere, è da giudicare di estrema importanza e gravità, dal momento che riguarda la situazione e la sopravvivenza di tutta la cristianità, e noi siamo sicurissimi che vostra Santità comprenderà ciò meglio di quanto noi potremmo esporre. Ciò malgrado, noi non vogliamo passare sotto silenzio che da non pochi anni in qua, per così dire, abbiamo fatto presente che la potenza terrestre dei turchi è riuscita a far sue così tante forze e a conquistare così tanti domini, da esser ben difficile e assai duro il poter resistere loro, come ci si è resi conto attraverso diverse esperienze. Ora poi vediamo che la rabbia e la potenza dei turchi sono accresciute talmente non solo in terra, ma anche sul mare, che se il Dio nostro misericordioso, vostra Santità e le altre Potenze cristiane non offrono al più presto il loro aiuto contro questo male pestilenziale, graverà su tutta quanta la religione cristiana la minaccia di un totale annientamento e riteniamo che d'ora in poi sarà lecito a questo nemico estremamente crudele compiere per terra e per mare tutte le imprese che gli piacerà.
Ora egli ha conquistato Costantinopoli, città che sia per la sua posizione geografica, sia per molte altre condizioni particolari, è quanto mai conveniente e idonea ad accrescere in modo considerevole la sua potenza, a tal punto che questo nemico potentissimo è da temere a fondo, dovunque, in terra e in mare. Stando così le cose, noi ricorriamo a vostra Santità come al pastore sommo del gregge di Dio, supplicandovi con la nostra solita devozione filiale che vi degniate di provvedere ad un tal male con tutti i mezzi e con tutte le preghiere che parranno opportune alla vostra saggezza, prima che esso porti ad una rovina ancor più grave; e perché vengano risparmiati a tutta quanta la cristianità pericoli e rovine ancor più gravi noi preghiamo soprattutto vostra Clemenza che si degni di ordinare al più presto al suo legato apostolico di armare e di inviare subito le cinque triremi che erano già state ordinate; altri provvedimenti infatti più energici e più importanti, che si renderanno assolutamente necessari, potranno esser presi in un momento successivo.
Noi, per quanto sempre ci sarà possibile, non ometteremo certamente nulla di ciò che è nelle nostre possibilità per apportare il nostro aiuto a questa santa impresa e per assecondare il desiderio di vostra Beatitudine con tutti i nostri voti.




[SM=g1740771] continua......
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)