00 11/08/2012 17:47

6/ Interpretazione divergenti del concilio

Iscrizione sepolcrale del patriarca Giuseppe, morto a Fiorenze e sepolto a Santa Maria Novella (redatta da Bessarione); in G. L. Coluccia, Basilio Bessarione. Lo spirito greco e l’occidente, Olschki, 2009, p. 49
Qui riposo io che sono stato arcivescovo della Chiesa d'Oriente, / Giuseppe potente per religione. / Acceso d'amore, solo questo desideravo, / che vi fosse un solo culto per l'Europa e una sola fede. / Sono partito per l'Italia, abbiamo concluso un'alleanza: / la Fede Greca e la Romana si sono riunite sotto la mia guida. / Non ho dormito nell'attesa: ora Firenze mi circonda, / e in quella città allora è fiorito il Santo Concilio. / Me fortunato, vivendo una carriera, in cui si è donato tanto / da lasciarmi morire soddisfatto anche di me stesso.

in A. Theiner, Vicende della chiesa cattolica di ambedue i riti nella Polonia e nella Russia, Lugano, 1843, p. 80.
Isidoro per la grazia di Dio, Metropolita di Kiev e di tutte le Russie, Legato pontificio a latere, a tutti i cristiani eterna salute, pace e benedizione. Rallegratevi nel Signore. La Chiesa Orientale e la Romana si sono unite per sempre ed hanno stabilito l'antica pace e concordia. Voi, buoni cristiani, della Chiesa costantinopolitana, voi Russi Servi, Valacchi, voi tutti che credete in Gesù Cristo, apprendete e solennizzate con gioia e gratitudine questa santa unione. Siate d'ora innanzi veri fratelli cristiani della Chiesa romana. Non v'è che un Dio solo, e una sola Chiesa. L'amore e la pace sia sempre con voi. Ma anche voi, popoli della Chiesa latina non declinate dai vostri fratelli greci, che Roma ha riconosciuti per veri cristiani, pregate nelle chiese loro, come essi pregheranno nelle vostre, confessate i vostri peccati a chi più vi ispira, ricevete la santa Eucaristia da un greco o da un latino in azimo o fermentato, perché la Chiesa cattolica, madre di tutte, ha così ordinato nel solenne concilio celebrato nella cattedrale di Firenze il 6 giugno 1439 dopo molte riflessioni e maturo esame delle divine scritture.

da una lettera di Manuele II Paleologo al figlio Giovanni VIII alcuni anni prima di Ferrara-Firenze in un Chronicon del XV secolo
Figlio mio, sinceramente e veramente sappiamo degli infedeli (cioè i turchi e i musulmani) che sono assai paurosi che noi possiamo unirci e accordarci ai cristiani d’Occidente; sono infatti del parere che se questa unità tra Oriente e Occidente dovesse accadere, un grave danno ne deriverebbe a loro per la nostra opera. Per ciò che concerne il Concilio in vista dell’unione, occupatene quindi, fa ricerche, e ciò soprattutto quando hai bisogno di mettere paura nei musulmani. Quanto a realizzare il Concilio, non intraprendere mai una tale cosa, perché, per quanto vedo io, i nostri non sono pronti a trovare il metodo e il modo di unione e di accordo e di pace e di concordia, se non preoccupandosi che quelli, intendo gli occidentali latini, facciano ritorno indietro, alla situazione in comune in cui eravamo fin dalle origini. Ma ciò in realtà è impossibile. Io temo quasi che se ci fosse un concilio di unione, lo scisma andrebbe ad aggravarsi e noi resteremmo col fianco scoperto nei confronti degli infedeli saraceni.

da Giorgio Scolario, G. L. Coluccia, Basilio Bessarione. Lo spirito greco e l’occidente, Olschki, 2009, p. 64
I Latini hanno vinto per numero denaro dialettica e in tutto questo noi siamo stati inferiori, subito, dall'inizio. Nulla da noi è stato fatto di umano, nulla di cristiano, ma ogni nostra azione è stata un manifesto tradimento della verità
, un insulto a Dio, superbia, gioco di bambini in problemi di somma importanza, liti, guerre, invidie, ignobili calunnie reciproche, infamia, ridicolaggine e confusione. Per conseguenza alcuni di noi hanno spudoratamente tradito, altri con un brindisi di amicizia hanno ceduto con tutta facilità la dottrina della nostra Chiesa ... Quelli di grado più elevato hanno completamente tradito, tutti gli altri per ignoranza li hanno seguiti.

da un Discorso contro i latini, di Anonimo russo (1461-62) (in La caduta di Costantinopoli. L’eco nel mondo, a cura di A. Pertusi, Fondazione Lorenzo Valla/Mondadori, Milano, 2007, p. 253)
Tu invero o Isidoro [di Kiev], ingannatore e apostata, fino a quando odierai e perseguiterai la santa Chiesa che nella terra russa risplende di pietà, fino a quando sarai di ostacolo alla grazia dello Spirito Santo, introducendo nella santa Chiesa dell'ortodossia russa il pane azimo, che è offerta latina?
Cose a Dio invise e aborrite hai compiuto, l'oro hai amato, la tua fede hai distrutto, l'imperatore hai ingannato e il patriarca hai sobillato e l'imperiale loro città hai riempito di rovina, e dopo aver rovinato alcune anime del popolo ortodosso ti sei allontanato da Dio. Ora dunque vedi, o maledetto Isidoro, come a causa del tuo inganno e della prevaricazione della legge divina, ciò che aveva portato al popolo greco la pietà della vera fede, cade in rovina anche la città imperiale a causa dell'unione con l'eresia latina, e grazie alla punizione nei tuoi confronti, che Dio ha permesso mediante l'invasione di pagani, una quantità enorme di Agareni [= turchi] senza Dio si è scontrata ed ha ucciso il popolo ortodosso.

da S. Runciman, Gli ultimi giorni di Costantinopoli, Piemme, Casale Monferrato, 1997, pp.168-170
Quel lunedì, coscienti ormai dell'imminente disastro, soldati e cittadini dimenticarono le liti e, mentre gli uomini sulle mura lavoravano a riparare le difese in rovina, si formò una grande processione: in contrasto col silenzio del campo turco, nella città le campane delle chiese suonavano a rintocchi, echeggiavano i gong di legno e mentre le icone e le reliquie, trasportate a spalla dai fedeli lungo le strade e le mura, sostavano per benedire con la loro santa presenza i luoghi dove i danni erano maggiori e il pericolo più incombente, la moltitudine che le seguiva, greci e italiani, ortodossi e cattolici, cantava inni e ripeteva il Kyrie Eleison. Anche l'imperatore si unì alla processione e, al termine di essa, convocò i notabili e i comandanti greci e italiani e parlò loro. Del suo discorso abbiamo due resoconti, uno del segretario Frantzes e l'altro dell'arcivescovo di Mitilene, ambedue presenti; ciascuno di loro ha riportato il discorso dell'imperatore a modo suo, aggiungendovi allusioni pedantesche o pii aforismi per dargli quella forma retorica che probabilmente non aveva. Ma i loro resoconti coincidono abbastanza da permetterci di conoscerne la sostanza.

Costantino disse ai suoi ascoltatori che stava per cominciare l'assalto decisivo; ai sudditi greci disse che un uomo doveva essere sempre pronto a morire per la sua fede, o per il suo paese, o per la propria famiglia o per il suo sovrano e che ora il suo popolo doveva esser pronto a morire per tutte queste quattro cause. Parlò delle glorie e delle grandi tradizioni della città imperiale, e della perfidia del sultano infedele che aveva provocato la guerra per distruggere la Vera Fede e porre il suo falso profeta sul seggio di Cristo; li invitò a ricordare che discendevano dagli eroi dell'antica Grecia e di Roma e ad essere degni dei loro avi. Da parte sua, aggiunse, era pronto a morire per la sua fede, la sua città, il suo popolo. Si rivolse poi agli italiani, ringraziandoli per i grandi servigi da loro resi e assicurandoli di riporre tutta la sua fiducia in loro per la prossima battaglia; implorò poi tutti, greci e italiani, di non temere il numero rilevante dei nemici e i trucchi barbari dei fuochi e dei rumori destinati ad allarmarli; d’innalzare il loro spirito ed essere valorosi e risoluti: con l'aiuto di Dio sarebbero riusciti vittoriosi. Tutti i presenti si alzarono per assicurare all'imperatore di essere pronti a sacrificare la vita e la famiglia per lui, ed egli fece lentamente il giro della sala, chiedendo a ciascuno di loro di perdonarlo se per caso l'avesse offeso. Essi seguirono il suo esempio abbracciandosi l'un l'altro come fanno coloro che aspettano la morte.

Il giorno era quasi alla fine, quando la folla si diresse verso la grande chiesa dello Spirito Santo, di cui da cinque mesi nessun greco osservante aveva varcato i portali per ascoltare la sacra liturgia contaminata dai latini e dai rinnegati. Quella sera ogni rancore era dimenticato, nessun abitante, tranne i soldati sulle mura, mancò a questa disperata funzione propiziatoria; preti che consideravano peccato mortale l'unione con Roma salirono all'altare per officiare insieme ai fratelli unionisti. C'era il cardinale e al suo fianco vescovi che non ne avevano mai riconosciuto l'autorità, e tutti vennero a confessarsi e comunicarsi, senza preoccuparsi se il sacerdote fosse ortodosso o cattolico. C'erano italiani e catalani insieme ai greci; i mosaici dorati, ornati dalle immagini di Cristo e dei suoi santi, degli imperatori e delle imperatrici di Bisanzio, scintillavano alla luce di mille lampade e candele, e sotto di essi, per l'ultima volta, i preti nei loro splendidi paramenti si muovevano nel ritmo solenne della liturgia. In quel momento ci fu l’unione nella Chiesa di Costantinopoli.



[SM=g1740771]  continua......
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)