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7/ Dopo la caduta di Costantinopoli, fino al II assedio di Vienna

dal Testamento di Nicolò V, in G. L. Coluccia, Basilio Bessarione. Lo spirito greco e l’occidente, Olschki, 2009, p. 135
Ora chi basterebbe a riaprire la piaga dei nostri mali, tutti tanto grandi da non aver lamento che basti? Ma temo ne vengano di peggiori: non per i Greci - noi ormai siamo come morti - bensì per gli altri Cristiani, in specie, credo, per gli Italiani, i quali mettono tutto il loro impegno ad aprire e anzi ad appianare la via al nemico; e ciò non solo in quanto sottovalutano i preparativi che si hanno da fare contro il Turco - questo sarebbe il meno - ma soprattutto in quanto, insidiandosi e facendosi continuamente guerra a vicenda, lo vanno favorendo immensamente. A me che pure avevo vaticinato loro quello che sarebbe successo, ora come allora non credono; [...] proprio a loro mancano non poche opere della nostra cultura sacra e profana: quando era ancora in piedi quel comune focolare di tutti i Greci, la nostra povera Città, non ci pensavo, ben sapendo che era tutto al sicuro, riposto nelle sue biblioteche, ma ora che, ahimè, essa è caduta, bisogna che io le possegga tutte, non per me, che di libri per la mia personale formazione ne ho abbastanza, ma perché, se mai i Greci sopravvivessero e riacquistassero importanza politica (ché molte e molte possono succedere nella vicenda dei secoli), essi abbiano un luogo sicuro ove trovare quel che è rimasto della loro letteratura e, trovatala, ne approfittino e la vadano anzi aumentando; non succeda insomma che, come nel passato si sono perdute quelle numerose, grandi opere di quei divini uomini, ora vadano perdute queste poche che si sono salvate e i Greci rimangano senza la loro cultura, in nulla diversi ormai, da barbari e schiavi.

da Pio II, Commentarii, rerum memorabilium que temporibus suis congigerunt (a cura di Adriano van Heck), Città del Vaticano, BAV, 1984, vol. I, pp. 105 s.
Allora [al momento dell’elezione di Enea Silvio Piccolomini] Bessarione, cardinale di Nicea, a suo nome e di quelli che avevano sostenuto il cardinale di Rouen, esclama: «Esalto, sommo Pontefice, la tua assunzione, certamente voluta da Dio. Assai degno di tale ufficio ti ho giudicato nel passato, tale ti giudico adesso. Se non ti abbiamo eletto, ce l'ha impedito la tua salute. Un solo difetto ti abbiamo riscontrato, la gotta di cui soffri. Certo, la Chiesa ha bisogno di un uomo attivo, capace di affrontare i viaggi e impedire i prossimi pericoli, che temiamo dai Turchi. Tu invece hai bisogno di riposo. Ciò ci ha spinto verso il cardinale di Rouen; se tu fossi stato in buona salute, nessuno avremmo preferito a te. Ora, Dio ti ha voluto, e anche noi dobbiamo volerti; e chi ti ha eletto, supplirà al difetto dei piedi; né tu ci condannerai per l'ignoranza. Ti onoriamo come pontefice e rifacciamo nuovamente, come ci è possibile, la nostra elezione, e ti serviremo docilmente». A queste parole rispose Enea: «O Niceno, hai valutato la mia persona assai più di quanto faccia io stesso, poiché solo il difetto della gotta hai riscontrato. So che la mia imperfezione è più estesa, come pure so che sono numerose le deficienze, per le quali giustamente ci sarebbe stato impedito il sommo pontificato».

da Pio II, Commentarii, pp. 113 s., parlando della battaglia di Belgrado del 1456
Esaltato dalla vittoria, Maometto II cominciò ad ambire il dominio d'Europa e messo insieme un grosso esercito decise di passare l'Ungheria tramite la Mesia Superiore. Ma durante il pontificato di Callisto III, nella confluenza di Sava e Danubio, [...] fu gravemente sconfitto dai crociati, condotti da Giovanni da Capestrano OFM in gran fama di santità, e da Giovanni Hunyadi, re d'Ungheria. Cacciato dal campo e messo in vergognosa fuga, non smise per questo l'arroganza e l'odio contro i cristiani. Preparò invece giorno per giorno nuovi eserciti e provò a molestare ora gli abitanti di Albania, ora quelli di Serbia, ora altri popoli vicini di fede cristiana, ostinato a oltraggiare e cancellare dalla terra il santo Vangelo e la legge divina di Cristo.

dall’Epistola di Pio II a Maometto II
Ci accingiamo a scriverti alcune cose per la tua salvezza e gloria ed anche per la comune pace e consolazione di molti popoli; e ti preghiamo anzitutto di porgere ascolto a quel che diciamo con animo ben disposto e di non condannarlo prima di averlo giudicato, né giudicarlo prima di averlo attentamente inteso punto per punto. Prendi il nostro scritto dal verso giusto e rimani a sentirlo pazientemente fino alla fine. Se i consigli che ti diamo sono buoni, falli tuoi; se non lo sono, rifiutali e butta la lettera nel fuoco. E non respingerla solo perché è di un cristiano, anzi del capo della cristianità. Infatti non è vero che ti detestiamo, che ti vogliamo morto, anche se sei nemico della nostra religione e con i tuoi eserciti non dai tregua al popolo cristiano. Odiamo le tue azioni, non la tua persona; amiamo i nostri nemici, secondo il comando divino, e preghiamo per i nostri persecutori. «Siamo in debito verso saggi e non saggi», desideriamo ardentemente la salvezza di tutti, Greci, Latini, Ebrei, Saraceni, ed a tutti auguriamo il bene. Sappiamo, però, che i veri beni non li può ottenere nessuno che si tenga fuori dal Vangelo e rimanga estraneo a Cristo Nostro Signore. Non coprirti le orecchie, non volgere lo sguardo altrove solo perché abbiamo fatto il nome di Cristo! La religione maomettana, in cui sei nato, lo dice infatti santo, grande profeta, figlio di una Vergine ed autore di miracoli. Se avrai creduto in lui e vorrai essere iniziato ai suoi riti, molti e grandissimi beni conseguirai per suo mezzo. All'inizio proverai sdegno e disgusto leggendo queste mie parole: ma occorre sentire l'intero dogma e soltanto dopo esprimere il proprio giudizio.

Sta’ a sentire dove vogliamo arrivare. Tu e i tuoi antenati avete avuto molte guerre contro i Cristiani. Si è sparso molto sangue. Si sono distrutte molte città, bruciate molte chiese, portate via molte vergini, stuprate molte spose, devastati molti campi. Sono stati commessi tutti i delitti immaginabili, mentre i Turchi e i Cristiani si contendevano l'impero con la spada. Tu desideri ardentemente mettere i Cristiani sotto il giogo e dominare i Latini come imperatore (lo dicono la tua fama e le tue stesse azioni)
. E forse non manca chi ti fa credere che sia facile e dice che i tuoi eserciti sono irresistibili: alcuni magnificano la tua potenza e sviliscono i Cristiani; altri puntano sulle divisioni e i risentimenti fra i popoli cristiani, pensando che un invasore esterno possa vincere senza difficoltà nazioni indebolite da lotte intestine. Noi pensiamo che tu non sia così male informato da ignorare la potenza del mondo cristiano, la forza della Spagna, la bellicosità della Francia, la superiorità numerica della Germania, l’energia dell’Inghilterra, l’audacia della Polonia, il valore dell'Ungheria, la ricchezza e l’animosità dell'Italia e la sua esperienza in campo militare. La sola Ungheria ha dato a lungo filo da torcere a te e ai tuoi antenati. Da ottant'anni i Turchi muovono guerra agli Ungheresi ed ancora sono bloccati fra Sava e Danubio. Un solo popolo ti mette in difficoltà, forte come sei. Che faresti se dovessi combattere contro gli Italiani, i Francesi o i Tedeschi, nazioni abbondanti di risorse e di energia militare? [...]

Se [tu, Maometto], vuoi propagare il tuo impero fra i cristiani e avvolgere di gloria il tuo nome, non hai bisogno né di oro né di anni né di eserciti né di navi. Una piccola cosa può renderti il più grande, potente e famoso fra quanti oggi vivono. Mi domandi che sia? È facile indovinare, né lontano da te, se la vuoi. Dove ci sono uomini, essa c'è pure: si tratta di un po' di acqua che ti battezzi e ti dia modo di intervenire ai riti cristiani e di credere nel Vangelo. Fatto ciò, non ci sarà più sulla terra principe che ti superi in gloria e ti eguagli in potenza. Ti nomineremo imperatore dei Greci e d'Oriente, e ciò che ora occupi con la violenza e ingiustamente, sarà tuo per diritto. Tutti i cristiani ti venereranno e ti faranno giudice delle loro liti. Gli oppressi verranno a te come a comune patrono, da ogni parte del mondo si farà appello a te, molti si sottometteranno a te spontaneamente, si inchineranno al tuo tribunale, ti pagheranno tributi. Sarà nelle tue facoltà estinguere le nascenti tirannidi, giovare ai buoni, combattere i cattivi: tu sarai nella retta via e la Chiesa non ti toccherà. La Carità della Prima Sede si volgerà a te come agli altri re e tanto più conterai quanto più sarai alto.
A questo modo, senza sangue, senza anni, potrai acquistare molti regni [ ... ] Oh, quanta sarebbe l'abbondanza della pace, la esultanza della plebe cristiana, il giubilo in ogni tempo! Tornerebbero i tempi di Augusto, si rinnoverebbero quelli che i poeti chiamano secoli d'oro, del leopardo con l'agnello, del vitello col leone; si muterebbero le spade in falci, tutto il ferro in vomeri e zappe, l'agricoltura trionferebbe, si bonificherebbero i luoghi selvaggi, la terra splenderebbe di borghi e città rinnovati, i già caduti templi di Dio risorgerebbero, si rivedrebbero alti i già rovinati monasteri e ripopolati di monaci e tutti risuonerebbero delle lodi del Signore. Oh, quanta sarebbe la tua gloria per aver tu restituita la pace al mondo! E quanto bene ne verrebbe a te, che ricondurresti all' ombra dell' eterno Pastore tutte le greggi; e tutti amerebbero, onorerebbero, esalterebbero te, autore unico della comune pace e salvezza.

-l’assedio di Vienna (1529) e la battaglia di Vienna (1683)



[SM=g1740771]  continua....

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)