00 22/12/2011 09:32
[SM=g1740717] Panis Angelicus: Pane degli Angeli, la Divina e Santa Eucaristia, cari Amici è questo il Cuore e il motore della Chiesa e noi desideriamo offrirvi queste parole dell'Inno di san Tommaso d'Aquino attraverso il canto, il karaoke per impararlo come si deve non certo per svelare un Mistero il quale tale rimane, ma per contemplarlo e meravigliarci. Così lo spiega il santo Padre Benedetto XVI: "L'importanza dell'unione sacramentale al Bambino Gesù + è già evidente nel nome del luogo della Sua nascita, Betlemme, che significa "Casa del Pane", non è un caso che Lui è nato in questo luogo, perchè nei progetti di Dio non esiste il "caso", ma tutto avviene proprio secondo i consigli eterni di Dio "
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( dell'inno latino Sacris solemniis: Panis Angelicus)
- Il pane degli angeli
diventa pane degli uomini;
il pane del cielo
dà fine a tutte le prefigurazioni:
qual meraviglia!
il servo povero e umile
mangia il Signore.
- Chiediamo a Te,
Dio uno e trino,
di visitarci,
come noi Ti adoriamo.
Per le Tue vie
portaci dove tendiamo,
alla luce in cui tu abiti.


- SACRIS solemniis
iuncta sint gaudia,
et ex praecordiis
sonent praeconia;
recedant vetera,
nova sint omnia,
corda, voces, et opera.
- Noctis recolitur
cena novissima,
qua Christus creditur
agnum et azyma
dedisse fratribus,
iuxta legitima
priscis indulta patribus.
- Post agnum typicum,
expletis epulis,
Corpus Dominicum
datum discipulis,
sic totum omnibus,
quod totum singulis,
eius fatemur manibus.
- Dedit fragilibus
corporis ferculum,
dedit et tristibus
sanguinis poculum,
dicens: Accipite
quod trado vasculum;
omnes ex eo bibite.
- Sic sacrificium
istud instituit,
cuius officium
committi voluit
solis presbyteris,
quibus sic congruit,
ut sumant, et dent ceteris.

- Panis angelicus
fit panis hominum;
dat panis caelicus
figuris terminum;
O res mirabilis:
manducat Dominum
pauper, servus et humilis.
- Te, trina Deitas
unaque, poscimus:
sic nos tu visita,
sicut te colimus;
per tuas semitas
duc nos quo tendimus,
ad lucem quam inhabitas.




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[SM=g1740717] Dante Alighieri... il "suo Paradiso", al di là dei riferimenti letterari e scolastici è davvero meraviglioso assaporare la Dottrina della Divina Incarnazione e del prodigioso concepimento e parto, attraverso delle parole formate in poesia....
E' tutto una poesia, è tutta una meraviglia! Fermiamoci a contemplare, sostiamo a meditare, e nello stupore degli eventi Divini, innamoriamoci anche noi di questa Madre come se ne innamorò Dio, come se ne innamorò Gesù, il frutto benedetto del Suo seno!
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Canto Karaoke Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio movimento domenicano del rosario Dante Alighieri Paradiso Canto XXXIII Musica di L. Vassallo voci e chitarra: G.Bottino - L. Vassallo


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Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,
tu se' colei che l'umana natura

5 nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'etterna pace
così è germinato questo fiore.

10 Qui se' a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra ' mortali,
se' di speranza fontana vivace.
Donna, se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre

15 sua disianza vuol volar sanz'ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,

20 in te magnificenza, in te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate.

****************************************
Or questi, che da l'infima lacuna
de l'universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,

25 supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l'ultima salute.
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi

30 ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co' prieghi tuoi,
sì che 'l sommo piacer li si dispieghi.
Ancor ti priego, regina, che puoi

35 ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.
Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!».

40 Li occhi da Dio diletti e venerati,
fissi ne l'orator, ne dimostraro
quanto i devoti prieghi le son grati;
indi a l'etterno lume s'addrizzaro,
nel qual non si dee creder che s'invii

45 per creatura l'occhio tanto chiaro.
E io ch'al fine di tutt'i disii
appropinquava, sì com'io dovea,
l'ardor del desiderio in me finii.
Bernardo m'accennava, e sorridea,

50 perch'io guardassi suso; ma io era
già per me stesso tal qual ei volea:
ché la mia vista, venendo sincera,
e più e più intrava per lo raggio
de l'alta luce che da sé è vera.

55 Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
che 'l parlar mostra, ch'a tal vista cede,
e cede la memoria a tanto oltraggio.
Qual è colui che sognando vede,
che dopo 'l sogno la passione impressa

60 rimane, e l'altro a la mente non riede,
cotal son io, ché quasi tutta cessa
mia visione, e ancor mi distilla
nel core il dolce che nacque da essa.
Così la neve al sol si disigilla;

65 così al vento ne le foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla.
O somma luce che tanto ti levi
da' concetti mortali, a la mia mente
ripresta un poco di quel che parevi,

70 e fa la lingua mia tanto possente,
ch'una favilla sol de la tua gloria
possa lasciare a la futura gente;
ché, per tornare alquanto a mia memoria
e per sonare un poco in questi versi,

75 più si conceperà di tua vittoria.
Io credo, per l'acume ch'io soffersi
del vivo raggio, ch'i' sarei smarrito,
se li occhi miei da lui fossero aversi.
E' mi ricorda ch'io fui più ardito

80 per questo a sostener, tanto ch'i' giunsi
l'aspetto mio col valore infinito.
Oh abbondante grazia ond'io presunsi
ficcar lo viso per la luce etterna,
tanto che la veduta vi consunsi!

85 Nel suo profondo vidi che s'interna
legato con amore in un volume,
ciò che per l'universo si squaderna:
sustanze e accidenti e lor costume,
quasi conflati insieme, per tal modo

90 che ciò ch'i' dico è un semplice lume.
La forma universal di questo nodo
credo ch'i' vidi, perché più di largo,
dicendo questo, mi sento ch'i' godo.
Un punto solo m'è maggior letargo

95 che venticinque secoli a la 'mpresa,
che fé Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.
Così la mente mia, tutta sospesa,
mirava fissa, immobile e attenta,
e sempre di mirar faceasi accesa.

100 A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta;
però che 'l ben, ch'è del volere obietto,
tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella

105 è defettivo ciò ch'è lì perfetto.
Omai sarà più corta mia favella,
pur a quel ch'io ricordo, che d'un fante
che bagni ancor la lingua a la mammella.
Non perché più ch'un semplice sembiante

110 fosse nel vivo lume ch'io mirava,
che tal è sempre qual s'era davante;
ma per la vista che s'avvalorava
in me guardando, una sola parvenza,
mutandom'io, a me si travagliava.

115 Ne la profonda e chiara sussistenza
de l'alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d'una contenenza;
e l'un da l'altro come iri da iri
parea reflesso, e 'l terzo parea foco

120 che quinci e quindi igualmente si spiri.
Oh quanto è corto il dire e come fioco
al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi,
è tanto, che non basta a dicer 'poco'.
O luce etterna che sola in te sidi,

125 sola t'intendi, e da te intelletta
e intendente te ami e arridi!
Quella circulazion che sì concetta
pareva in te come lume reflesso,
da li occhi miei alquanto circunspetta,

130 dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige:
per che 'l mio viso in lei tutto era messo.
Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,

135 pensando, quel principio ond'elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;
ma non eran da ciò le proprie penne:

140 se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,

145 l'amor che move il sole e l'altre stelle.


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[Modificato da Caterina63 23/12/2011 14:48]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)