00 30/03/2012 19:57

Se un cardinale dissente dalla Chiesa
http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-se-un-cardinaledissente-dalla-chiesa-4930.htm

di Mario Palmaro
28-03-2012



Il cardinale Carlo Maria Martini si dichiara a favore del riconoscimento dei “matrimoni” tra omosessuali da parte dello Stato. Così hanno scritto nei giorni scorsi molti giornali italiani, dando alla notizia grande rilievo.

 

Di fronte a questo genere di faccende, il mondo cattolico "ufficiale"abbozza una serie di reazioni che in ordine logico e temporale si possono riassumere così: primo, chissà che cosa avrà detto esattamente il cardinale, e che cosa gli hanno fatto dire i giornali; secondo, il card. Martini è un uomo profetico, quindi le sue parole vanno inserite nel contesto e non estrapolate in modo strumentale; terzo, visto che la materia scotta, meglio far finta che non sia successo niente; quarto, se anche il card. Martini avesse detto davvero quello che ha detto, bisogna far finta di niente perché non si può criticare un cardinale, per evitare scandalo e divisioni nella Chiesa; quinto, se qualcuno fra i cattolici critica Martini, peste lo colga, perché così facendo rompe la consegna del silenzio e disturba la quiete della buona gente cattolica.

 

Purtroppo, si tratta di un protocollo terapeutico francamente fallimentare: una sequenza di manovre che farà immancabilmente morire il paziente, cioè il cattolico normale. Perché il cattolico di Voghera si merita ben altro, di fronte al fenomeno, ormai diventato rituale, di uomini di Chiesa che si alzano la mattina, ne dicono una grossa confidando nella “immunità clericale”, e chi si è visto si è visto. Purtroppo, il caso dell’arcivescovo emerito di Milano è, in tal senso, esemplare. Che cosa ha scritto, esattamente, il card. Martini? Il testo è tratto dal libro Credere e conoscere, in uscita per Einaudi, scritto in dialogo con l’ex senatore del Pd Ignazio Marino. Il card. Martini ogni tanto ama questa forma letteraria: qualche tempo fa, per esempio, aveva scritto un libro analogo con don Luigi Verzè (il patròn del San Raffaele), dal significativo titolo, Siamo tutti nella stessa barca. Ma torniamo alla cronaca di questi giorni. Ecco qua il brano incriminato: «Io ritengo che la famiglia vada difesa perchè è veramente quella che sostiene la società in maniera stabile e permanente e per il ruolo fondamentale che esercita nell'educazione dei figli. Però non è male che, in luogo di rapporti omosessuali occasionali, che due persone abbiano una certa stabilità e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli». Il campionato mondiale di arrampicata sugli specchi non finisce mai, e i cattolici pronti a parteciparvi sono sempre numerosissimi. Ma temo che questa volta anche un fuoriclasse del settore debba arrendersi all’evidenza: il card. Martini scrive proprio che lo Stato deve aiutare gli omosessuali a stabilizzare il loro rapporto. Teorizza una pagina inedita del catechismo cattolico, sostenendo che - insomma -, piuttosto che avere rapporti occasionali e superficiali, le persone omosessuali si impegnino in maniera seria e prolungata, grazie anche a un istituto messo a punto dallo Stato. Più chiaro di così. [SM=g1740730]

 

La Congregazione per la dottrina della fede ha pubblicato non uno, ma due documenti per insegnare il contrario, e per dire che un politico, vieppiù se cattolico, non può sostenere proposte di legge che prevedano il riconoscimento di unioni omosessuali. Ergo: Martini e la Chiesa insegnano cose diametralmente opposte. Può essere anche doloroso scriverlo, ma ammetterlo è facile facile. Questione di logica elementare. Le uova sono rotte e la frittata è fatta. Ed è qui che si inserisce il grave errore operativo del mondo cattolico ufficiale: fatto di silenzi imbarazzati, e di difese penose che arrancano nel tentativo impossibile di rendere omogeneo quanto detto dal cardinale e quanto insegnato dalla Chiesa in tutti questi anni. Ovviamente, non ignoriamo le ragioni della prudenza, il timore degli scandali, la necessità del rispetto dovuto ai principi della Chiesa, cui si aggiunge nel caso di Martini la pietas dovuta a un uomo di veneranda età, per di più colpito dalla malattia. Ma qui c’è un punto che non può sfuggire a nessuno: e cioè che lo scandalo è già accaduto, ed è pubblico. Ed è lo scandalo provocato da una presa di posizione eterodossa a opera di un vescovo cattolico, che quando parla raggiunge attraverso i mass-media milioni di persone.

 

I fedeli cattolici hanno un diritto che è più forte di ogni altra esigenza, e che riposa nella legge suprema della Chiesa cattolica: la salus animarum, la salvezza delle anime. Se un pastore insegna cose sbagliate in materia non opinabile – e questa, indubbiamente, non lo è - i fedeli hanno il diritto di essere aiutati a riconoscere l’errore, e l’errante deve essere smascherato per il bene di ogni singolo fedele. Di più: solo le persone in mala fede o gli allocchi possono far finta di non vedere che le sortite “aperturiste” - cui il card. Martini non è nuovo - scuotono la Chiesa in tutte le sue pieghe locali, e rendono ancor più fertile il già rigoglioso sottobosco delle piccole e grandi eresie parrocchiali. Adesso i sacerdoti e catechisti, le suore e i teologi che vogliono essere possibilisti sulle unioni fra persone dello stesso sesso hanno la pezza d’appoggio delle parole autorevoli del “biblista Martini”; adesso regaleranno il libro scritto a quattro mani con Marino ai consigli parrocchiali, “perché così almeno si fanno un’idea e raccolgono la provocazione”. E inviteranno anche il medico Marino (“che è cattolico, intendiamoci”) a tenere qualche bella conferenza, insieme a Enzo Bianchi. Che ci sta comunque sempre bene.
Ecco: questo è il quadro della situazione. Senza forzature e senza animosità, noi cattolici di Voghera diciamo: Roma, abbiamo un problema.
Fate presto, aiutateci.

********************
 
[SM=g1740733] ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE....
 
ATEISMO: UN TERMINE “DESUETO”?

- di P. Giovanni Cavalcoli, OP da RiscossaCristiana


L’Avvenire del 17 scorso dà notizia che il Card. Gianfranco Ravasi, presidente del programma “Il cortile dei gentili”, dedicato ai colloqui tra credenti e non credenti, ha dichiarato che il termine “ateo” è diventato “desueto”, per cui va sostituito col termine “umanista”. [SM=g1740729]
 
Ora devo dire con tutta franchezza e rispetto per il noto Porporato che questa sua idea mi pare completamente sbagliata e controproducente, a prescindere da quella che può essere la buona intenzione di trovare negli atei quegli elementi positivi che possono permettere un contatto ed una discussione costruttiva. [SM=g1740721]
 
Tale idea infatti mi pare in linea con una certa tendenza di celare il male o l’errore sotto termini eufemistici, senza che peraltro il male o l’errore vengano cancellati, così come è avvenuto per esempio con i termini “eutanasia”, che significa “buona morte” o “interruzione della gravidanza” per nascondere che in realtà si tratta di un omicidio.

Ammetto senz’altro che il nostro linguaggio per quanto è possibile deve evitare le crudezze o certe espressioni polemiche che possono irritare o addirittura giungere all’insulto. Ma dovere del linguaggio è anche la precisione e la franchezza, che pure costituiscono un servizio e un richiamo per chi, trovandosi nell’errore o compiendo il male, dev’esser reso cosciente con esattezza della sua situazione al fine di aiutarlo, se egli acconsente, a liberarsene.
 
Ora il termine ateismo ha una storia antica, e fortemente consolidata già presso la cultura pagana e, come è noto, per quanto riguarda la tradizione biblica, fa riferimento ai famosi versetti dei Salmi: “lo stolto pensa: non c’è Dio” (14,1) e: “lo stolto pensa: Dio non esiste” (53,2).
 
L’ateismo quindi obbiettivamente è un grave peccato di stoltezza, a prescindere dalle intenzioni intime del soggetto che ne è l’autore. Il Concilio Vaticano II dedica molto spazio all’esame ed alla confutazione dell’ateismo giudicandolo “uno dei fenomeni più gravi del nostro tempo”. Paolo VI, dopo il Concilio, dette alla Compagnia di Gesù come compito precipuo quello di combattere l’ateismo.

Del resto in tutta la storia del pensiero umano, mai come oggi abbiamo, soprattutto in Occidente, la diffusione dell’ateismo. Esiste in merito e giustamente una ricchissima letteratura, un’infinità di studi scientifici, corsi accademici, numerosissimi insegnamenti, soprattutto degli ultimi Papi compreso quello attuale. Esistono associazioni atee internazionali che non intendono assolutamente rinunciare alla loro professione di ateismo, ne vanno fiere e intendo convincere tutti del valore dell’ateismo.
 
Stupisce molto quindi come improvvisamente compaia un Card. Ravasi, per quanto competente in materia, a dichiarare l’opportunità di sostituire “ateo” con “umanista”. Nasce da ciò un gravissimo equivoco, che va incontro esattamente all’impostura propria dell’ateismo, il quale nasce proprio, come è ben noto, dalla superbia e dalla stoltezza dell’uomo che pretende di sostituire se stesso a Dio, come già diceva Marx: “l’uomo è Dio per l’uomo”.

Come sanno bene gli storici della filosofia, l’ateismo moderno non è che il frutto estremo dell’antropocentrismo rinascimentale, dell’esaltazione sperticata della dignità umana, partendo pretestuosamente, come già fece Pico della Mirandola alla fine del sec.XV, dal fatto che la stessa Bibbia dice che l’uomo è creato “ad immagine e somiglianza di Dio”. Ma poi gradatamente dalla somiglianza si è passati all’identità e all’uguaglianza (panteismo) e infine alla sostituzione, con tutte le tragiche conseguenze nichilistiche e criminali del secolo scorso, note a tutti, e che vorremmo mai più si ripetessero. Ma se poniamo ancora una volta le premesse, non meravigliamoci poi se sorgono le conseguenze.
 
Il guaio è che stiamo sottovalutando la gravità del fenomeno ateistico. C’è la tendenza anche in campo cattolico a considerare l’ateismo come una semplice opinione dotata di qualche ragionevolezza. Oppure crediamo con Rahner che in fondo gli atei non esistano, perché tutti aprioricamente e necessariamente, anche se inconsciamente ed implicitamente tendono a Dio e sono in grazia, anche coloro che negano Dio a parole, i cosiddetti “atei”.
 
Facciamo fatica a vedere dove sta la “stoltezza” dell’ateismo e quindi a considerare l’ateo come uno stolto o una persona che non sa ragionare in materia, nel timore, in linea di principio fondato ma non in questo caso, di lanciargli un insulto. Se il medico a ragion veduta dice al paziente che ha un cancro, non si può dire che l’insulta, ma che semplicemente che gli dice le cose come stanno.
 
Il problema quindi non è quello di sminuire la gravità del male per un malinteso rispetto della persona o della sua suscettibilità, ma di dire la cosa nel modo o nella forma o nel tempo dovuti, appunto per evitare il più possibile reazioni controproducenti. Certo in alcuni casi sarà meglio tacere e rinunciare al dialogo, come riconosce lo stesso Ravasi nei confronti di certi atei arroganti e spavaldi che ricorrono allo scherno o all’insulto.
 
Ma se noi chiamiamo “umanista” l’ateo, abbiamo già ceduto in partenza le armi al nemico, siamo già sconfitti concedendogli proprio quello che lui vuole: esser lui il vero sostenitore e difensore dell’uomo contro la bigotteria e la stupidità di noi credenti. Ma, allora che cosa ci ricaviamo? Vogliamo farci atei anche noi per sostenere la dignità e la libertà umane? Sarebbe questa la testimonianza cristiana? Sarebbe questa la “nuova evangelizzazione”? Sarebbe questo il dialogo con i non-credenti?
 
Il punto centrale del problema dell’ateismo sta proprio qui: l’ateismo costruisce o non costruisce l’uomo? E’ ragionevole o è irrazionale? Se la ragione dimostra, come dimostra, l’esistenza di Dio in modo inconfutabile, come può poi esser altrettanto ragionevole o “scientifico” l’ateismo? Per questo, se ci facciamo caso, coloro che non sanno difendersi contro l’ateismo o che lo considerano una forma di “umanesimo”, sono gli stessi che non sono capaci di dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio o dichiarano impossibile o inutile la cosa perché a loro dire quella convinzione nasce dalla “fede” e non dalla ragione.

Ma questo atteggiamento è proprio quello che scalza le basi razionali della fede trasformandola da “ossequio ragionevole”, per dirla con S.Paolo, in vera e propria bigotteria, superstizione, fanatismo, fondamentalismo, fideismo e via discorrendo, che nulla hanno a che fare con la vera fede cattolica.
 
E’ vero che c’è un nesso stretto fra il problema dell’uomo e il problema di Dio. A seconda che Dio esista o non esista, il destino dell’uomo cambia completamente: se Dio esiste, l’uomo certamente gli deve obbedienza, deve accettare per amore suo sacrifici e rinunce, però sa di avere in cielo su Signore buono e onnipotente che lo protegge, la salva, lo consola e gli dona una vita eterna dopo la morte. Ma se Dio non esiste, l’uomo certo può stabilire il bene e il male come gli pare e piace, tuttavia deve arrangiarsi da solo in tutte le circostanze della vita e resta completamente indifeso nella tragedie dell’esistenza, con la prospettiva del nulla dopo la morte.
 
Tuttavia la questione dell’ateismo dev’esser posta in termini più radicali. L’ateismo è un nemico così forte dell’intelligenza e della morale, che può esser vinto solo con un atteggiamento radicale e con una forte energia della ragione e della volontà. In particolare occorre ricostruire oggi, come l’ha detto anche Benedetto XVI, le basi stesse della ragione, della conoscenza e della morale: occorre recuperare l’attitudine realistica della conoscenza contro visioni relativistiche e soggettivistiche, bisogna ritrovare il senso dei valori “non negoziabili”, recuperare l’amore per il vero e l’odio per il falso, l’amore per il bene e l’odio per il male, ed infine ritrovare l’autentico senso dell’essere ovverosia una buona metafisica che trova in S.Tommaso d’Aquino il suo grande maestro, superando altre proposte metafisiche contemporanee, come per esempio l’ontologia della “relazione”, l’ontologia dell’“amore”, o la cosiddetta “ontologia trinitaria”, le quali se possono contenere dei valori non sono assolutamente all’altezza di contrastare efficacemente la tendenza ateistica, che dipende da una metafisica che contamina l’essere con il non-essere. [SM=g1740721]

Infatti l’ateismo pone il problema radicale, che è appunto quello dell’essere negando l’essere divino, per cui rispondere con valori secondari, seppure elevati, non è una risposta decisiva e quindi non porta ad una sicura affermazione dell’esistenza di Dio.
 
Occorre allora viceversa ordinare tutte tutti questi valori secondari, ossia le proprietà trascendentali dell’essere, attorno a quello che S.Tommaso chiama l’Ipsum Esse per Se subsistens, che è quel Nome di Dio che l’Aquinate ricava dalla Rivelazione che Dio fa di Sé a Mosè (Es 3,14). Soltanto così l’Essere divino, ovvero l’esistenza di Dio può contrastare inconfutabilmente la sua negazione che viene dall’ateismo o certe posizioni compromissorie, come quella hegeliana che abbina l’essere al non-essere e che in qualche modo ricompare nella visione dell’essere che Romeo Castellucci ci ha recentemente riproposta nelle sue dichiarazioni relative al suo ormai ben noto spettacolo teatrale.
 
Pertanto, se mi è permesso di dare un suggerimento all’Em.mo Card. Ravasi, direi che la soluzione del problema dell’ateismo non sta nell’abolire la parola per sostituirla col termine “umanismo”, ma sta nel prendere di petto la questione riallacciandosi ai poderosi studi sull’argomento dei quali siamo già a disposizione, come per esempio l’opera magistrale del P. Cornelio Fabro Storia dell’ateismo moderno o i suggerimenti che ci vengono dal teologo domenicano, il Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP, il quale nel secolo scorso sperimentò sulla sua stessa carne nella sua Patria Cecoslovacca gli effetti terribili dell’ateismo tradotto nei fatti.
 
E’ giusto e doveroso accordarsi con gli atei circa quelle istanze umanistiche che accomunano noi credenti con loro, ma poi è compito sacrosanto di noi credenti proporre ad essi la vera soluzione con spirito di carità nella vera sapienza cristiana che attinge alle fonti perenni della Parola di Dio e della Tradizione ecclesiale.
 

Bologna, 22 febbraio 2012

[SM=g1740733]
 
[Modificato da Caterina63 09/04/2012 23:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)