00 08/10/2011 19:16

Il Papa in Calabria con il motto “Nel nome di Gesù Cristo, cammina!". Il vescovo e il sindaco di Lamezia: messaggio di speranza per questa terra

Il Papa in Calabria con il motto “Nel nome di Gesù Cristo, cammina!". Il vescovo e il sindaco di Lamezia: messaggio di speranza per questa terra

“Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno: cammina!”. Questo il motto scelto per la visita pastorale che il Papa compirà domani a Lamezia Terme e Serra San Bruno. L'intera Calabria attende con trepidazione l'arrivo del Pontefice, previsto per le 9.15 all'aeroporto internazionale di Lamezia. Poi il trasferimento nella periferia della città, dove verrà celebrata la Santa Messa. Nel pomeriggio, Benedetto XVI sarà a Serra San Bruno: dopo il saluto alla popolazione locale, la visita alla Certosa per la celebrazione dei Vespri con i monaci. Afflitta dalla più alta percentuale italiana di giovani disoccupati - siamo intorno al 65% - la Calabria crede fortemente in un sussulto spirituale capace di cambiare le proprie sorti. Dalla nostra inviata Emanuela Campanile, la cronaca di queste ultime ore di attesa.

La Calabria non si rassegna ad essere la terra della 'ndrangheta, del più basso reddito e del più alto indice di disoccupazione giovanile: il peggior dato d'Italia. La Calabria vuole vivere e vivere con dignità. Per questo l'atteso arrivo di Benedetto XVI a Lamezia Terme e Serra San Bruno è profondamente sentito come momento di fede e di speranza: la fede in quel Dio Padre che non abbandona i suoi figli e la speranza di un risveglio delle coscienze per la ricostruzione di un tessuto sociale fatto di legalità, bene comune e solidarietà. La Calabria, dunque, è pronta ad accogliere il Papa e lo fa in festa. Lamezia Terme è ricoperta dai colori bianco e giallo delle bandiere dello Stato Vaticano, transennate le strade che il corteo papale attraverserà per raggiungere la zona industriale dove verrà celebrata la Santa Messa e dove verrà recitato l'Angelus. Ad assistere alla celebrazione un numero di fedeli superiore alle aspettative: a Lamezia Terme, tra questa notte e domani all'alba si prevede arriveranno da tutta la regione oltre mille pullman. E anche nella calma e verde Serra San Bruno, culla dell'antica Certosa a cui nel pomeriggio farà visita Benedetto XVI, le cifre sono quasi le stesse. Mancano poche ore perché il Papa chiami a raccolta la Calabria intera. A 27 anni dalla storica visita di Giovanni Paolo II in questa terra bella e difficile, è di nuovo tempo di speranza.

Benedetto XVI sarà il primo Papa dopo 890 anni a compiere una visita pastorale a Lamezia Terme. Prima di lui venne in questi luoghi Calisto II: era il 1121. In vista di questo evento il vescovo di Lamezia, mons. Luigi Antonio Cantafora, ha scritto varie lettere: una di queste è stata indirizzata ai bambini e ai giovani invitandoli a non essere solo spettatori ma protagonisti di questa visita. Ascoltiamo mons. Cantafora:


R. - Sì, certamente, la visita del Papa per noi è una grazia. Questo evento ha messo in moto tante cose nella nostra diocesi, tra cui anche i bambini e i giovani, rendendoli realmente partecipi attraverso dei concorsi, delle gare, in modo che la visita del Santo Padre è diventata, per questi stessi ragazzi, un argomento di riflessione. Hanno prodotto anche dei lavori che dicono la grande sensibilità, il grande amore che i giovani hanno per il Santo Padre.

D. - Nella lettera ai giovani, in particolare, lei fa riferimento al loro amore per la vostra terra, bellissima ma anche difficile. La Chiesa, allora, quale segno deve essere in una realtà come quella specifica di Lamezia Terme?

R. - La Chiesa, a mio avviso, deve organizzare questo amore che hanno i nostri giovani per la nostra terra, dando ai giovani la certezza di essere accanto a loro, perché restando in questa terra possano farla germogliare. Speriamo che la visita del Santo Padre diventi realmente una primavera, quella primavera che questi giovani attendono, affinché possano rimanere in questa terra. Perché essere sradicati da questa terra è sempre uno strappo. Noi vediamo che quando questi giovani ritornano, tornano anche con il desiderio di restare, ma il lavoro che manca tante volte crea un ostacolo.

D. - Che valore ha l’appartenere alla Calabria?


R. - Appartenere alla Calabria significa innanzitutto conservare quel patrimonio che c’è nella nostra terra: il patrimonio della famiglia, il patrimonio della speranza, il patrimonio della solidarietà che spesso e volentieri qui si vede con molta facilità ed ha molta visibilità. Ma anche la speranza che, attraverso l’impegno, possa essere messa da parte l’illegalità e la mafiosità che tante volte impera in certi ambienti. Io credo che in Calabria debba avvenire quello che avviene nel Vangelo di Marco: Gesù viene presentato come un grande “miles”, un grande soldato, un grande lottatore che, man mano che avanza, spazza via la negatività. Così, più noi stiamo con speranza dentro la nostra terra, più tutta la negatività lentamente va via.

D. - Dal punto di vista della tradizione cattolica, la Calabria ha molto da insegnare. E questo è uno dei tesori della vostra terra.

R. - La nostra terra è una terra di Santi, una terra di uomini che sono stati accanto al popolo, per cui la nostra terra certamente ha dei valori, delle risorse che, se noi le riprendiamo in mano – e credo che il Santo Padre ci indirizzerà su questa strada – se noi riprendiamo queste tradizioni come la famiglia, la pietà popolare, l’accoglienza, vediamo che sono tutti valori che fanno parte del patrimonio stesso della nostra terra. Lamezia ha 80mila abitanti; un quarto sono stranieri integrati da due generazioni, ormai ci sono i nipoti dei primi venuti in questa terra e vivono con i nostri figli con tanta disinvoltura. Frequentano gli stessi banchi di scuola, gli stessi luoghi, gli stessi spazi ricreativi, anche se ognuno poi vive la sua identità, anche religiosa.

 Radio Vaticana

Il segno della certosa. Il 15 settembre 1991 l'allora card. Ratzinger si recò nell'abbazia Mariawald a Eimbach/Eifel, in Germania, per ordinare sacerdote un monaco cistercense (Di Cicco)

Il segno della certosa

Una volta -- era il 15 settembre 1991 -- il cardinale Joseph Ratzinger si recò nell'abbazia Mariawald a Eimbach/Eifel, in Germania, per ordinare sacerdote un monaco cistercense della stretta osservanza. Nell'omelia svolse il tema del sacerdote monaco considerato come un orante per il popolo.

La prima e più intima funzione del ministero sacerdotale, spiegava l'allora cardinale, è «comprendere e accogliere le cose umane e trasformarle in preghiera, in modo che ciò diventi un grido davanti al volto di Dio, un grido che, toccando il suo cuore, sempre di nuovo lo induce a discendere, a venire in mezzo a noi per redimerci». E poi aggiungeva: «Il centro di tutto l'impegno pastorale di Gesù Cristo erano le sue notti di preghiera sul monte, solo con il Padre. Da una tale notte vissuta nel Tu per Tu con il Padre, è nata la chiamata dei Dodici. In un tale stare sul monte, Egli ha visto come la nave della Chiesa si affatica sul lago, sulle acque di questo mondo e, lottando con il vento contrario, non avanza e sembra affondare. Egli ha dato e dà tuttora alla nave un nuovo slancio».

La narrazione di queste parole e di questo atto del cardinale Ratzinger si trovano nel recentissimo volume Il potere dei segni (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2011, pagine 299, euro 12) curato da Leonardo Sapienza, «collaboratore quasi quotidiano del Santo Padre all'interno della Prefettura della Casa Pontificia» lo definisce nella prefazione il cardinale Gianfranco Ravasi.

La raccolta di trentadue testi, quasi tutte omelie, dedicati dal cardinale Ratzinger - Benedetto XVI al sacerdozio, intende dimostrare l'impegno della Chiesa a passare dai segni del potere al potere dei segni propri di una comunità convertita totalmente al Vangelo. È un po' il filo conduttore dell'attuale pontificato che, volendo applicare in profondità il concilio Vaticano II, indica l'urgenza di ricuperare il primato di Dio nel mondo e nell'istituzione ecclesiastica, aprendosi alla via dell'amore concreto per l'uomo e il creato.
Cercare Dio rappresenta, secondo Benedetto XVI, la condizione preliminare per radicare qualsiasi novità positiva nella storia. La particolare attenzione al monachesimo e a ciò che ha significato nella storia, riscontrabile negli studi di Ratzinger teologo e nel magistero di Benedetto XVI, si spiega con il primato di Dio che sta alla base della vita monastica, conferendole una permanenza consolidata nella storia della Chiesa.

Il Papa non si stanca di proporre ai cristiani, ciascuno nella propria condizione, l'ispirazione ideale del monachesimo, che consiste nella ricerca di Dio quale scopo principale dell'esistenza. Tra i tanti, due richiami in tal senso restano ormai celebri e quasi emblematici.

Nel primo il Pontefice rilancia come tuttora valido il motto inserito da san Benedetto nella sua Regola a fondamento della vita monastica in Occidente: «Nulla anteporre all'amore di Cristo».
Il secondo è il quaerere Deum proposto al mondo della cultura il 12 settembre 2008 al collège des Bernardins di Parigi. «Nel crollo di vecchi ordini e sicurezze -- ricordò in quella circostanza -- l'atteggiamento di fondo dei monaci era il quaerere Deum -- mettersi alla ricerca di Dio. Potremmo dire che questo è l'atteggiamento veramente filosofico: guardare oltre le cose penultime e mettersi in ricerca di quelle ultime, vere». Il cercare Dio «oggi non è meno necessario che in tempi passati», per evitare un «tracollo dell'umanesimo».

La visita del Papa a una certosa isolata ma densa di storia come quella di Serra san Bruno, può essere ascritta nell'ordine dei segni e solo così compresa. (c.d.c.)

(L'Osservatore Romano 8 ottobre 2011)


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)