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[SM=g1740733] invitandovi a leggere questo link: Communionis Notio dell'allora cardinale Ratzinger , aggiorniamoci con quanto segue:

Benedetto XVI, il Riformatore

È la "riforma", dice, la chiave di interpretazione del Concilio Vaticano II e dell'evoluzione del magistero, "nella continuità del soggetto Chiesa". È ciò che Lefebvre e i tradizionalisti non hanno mai voluto accettare. Gilles Routhier ricostruisce il passato e il presente della controversia

di Sandro Magister





ROMA, 19 gennaio 2012 – Nell'indire un Anno della fede in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II, Benedetto XVI è tornato a insistere sulla necessità di una "giusta ermeneutica" di quell'evento.

La corretta comprensione del Concilio – precisano le istruzioni per l'Anno della fede – non è la cosiddetta "ermeneutica della discontinuità e della rottura", ma quella che lo stesso Benedetto XVI ha definito "l’ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa".

La definizione è ripresa dal memorabile discorso tenuto dal papa alla curia romana il 22 dicembre 2005. Discorso che fu interpretato all'epoca come prevalentemente diretto a confutare la concezione progressista del Vaticano II come rottura col passato e "nuovo inizio" per la Chiesa.

In realtà, quel discorso – specie nel suo sviluppo finale sul tema della libertà religiosa – aveva come sfondo principale un'altra corrente di pensiero e di azione, quella tradizionalista, e in particolare il seguito del vescovo scismatico Marcel Lefebvre (nella foto).

Joseph Ratzinger conosce a fondo i lefebvriani. Da cardinale prefetto della congregazione per la dottrina della fede aveva negoziato e discusso con loro per anni. E da papa ha impegnato molte energie per riconciliarli con la Chiesa.

Un autorevole storico della Chiesa italiano, Giovanni Miccoli, in un recente volume dal titolo "La Chiesa dell'anticoncilio", edito da Laterza, accusa Benedetto XVI di condividere con i lefebvriani una buona parte delle loro tesi di opposizione al Vaticano II.

Ma è così? Un altro storico della Chiesa e teologo, il canadese Gilles Routhier, professore all'Università di Laval, Québec, e autore di un libro sulla recezione e l'ermeneutica del Concilio tradotto in Italia dall'editrice Vita & Pensiero dell'Università Cattolica di Milano, non è d'accordo.

Su "La Rivista del Clero Italiano", edita anch'essa da Vita & Pensiero, Routhier ha ripercorso, in un ampio saggio in due puntate, l'intero tragitto della controversia tra Roma e i lefebvriani. Ne ha analizzato gli avvicinamenti, le rotture, i cambiamenti di linea. Per concludere che sia l'ermeneutica "della discontinuità e della rottura", sia quella "della continuità", propugnate entrambe a fasi alterne dai lefebvriani e da altre correnti tradizionaliste, restano invincibilmente distanti dall'ermeneutica "della riforma" proposta da Benedetto XVI, con la sua concezione dinamica della tradizione.

Ecco qui di seguito un estratto del saggio di Routhier, con sottotitoli redazionali.

Il testo integrale è nel sito de "La Rivista del Clero Italiano", sui numeri 11 e 12 del 2011:

> Sull'interpretazione del Vaticano II - I

> Sull'interpretazione del Vaticano II - II


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SULL'INTERPRETAZIONE DEL VATICANO II

L'ERMENEUTICA DELLA RIFORMA, COMPITO PER LA TEOLOGIA

di Gilles Routhier



Per diversi anni, l’ermeneutica del Concilio Vaticano II non sembrava un problema. Erano tutti pienamente d’accordo nel dire che il Vaticano II introduceva una novità nella tradizione cattolica, almeno nella tradizione recente: novità di stile e novità sul piano del contenuto dell’insegnamento della Chiesa. [...]

Il contenzioso riguardava allora solo un punto: si poteva considerare il Concilio il superamento dell’esperienza storica del cattolicesimo della Controriforma che aveva segnato l’Occidente moderno? In altri termini, era permesso e pensabile l’emergere di una nuova figura storica del cattolicesimo?

Su tale questione, le risposte divergevano radicalmente. Per i tradizionalisti, [...] l’insegnamento del Vaticano II rompeva, a parer loro, con la tradizione e perciò bisognava opporre una fedeltà senza falle alle forme che il cattolicesimo aveva conosciuto nei secoli XVII, XVIII e XIX. [...]

È così, per esempio, che si interpreta la riforma liturgica nella lettera che accompagna il "Breve esame critico del Novus Ordo Missae" indirizzato a Paolo VI dai cardinali Ottaviani e Bacci, il 25 settembre 1969. In tale documento si osserva che "il nuovo Ordo Missae, se si considerano gli elementi nuovi, si allontana in modo impressionante, nell’insieme come nei dettagli, dalla teologia della santa messa, quale è stata formulata nella XX sessione del Concilio di Trento". [...]

Il fatto che il Vaticano II appaia come una rottura nella tradizione è un leitmotiv nella letteratura tradizionalista. [...] Lo si trova chiaramente in un testo di mons. Marcel Lefebvre datato 21 novembre 1974, testo di rara violenza, pubblicato solo pochi giorni dopo la visita apostolica ordinata dalla commissione di cardinali istituita da Paolo VI per trattare il problema posto dalla Fraternità San Pio X, testo che prelude alla prima rottura, rappresentata dalla sospensione a divinis che interverrà il 22 luglio 1976. [...]




[SM=g1740771] continua......


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)