DIFENDERE LA VERA FEDE

Non esiste il diritto ad avere un figlio ma si ha il dovere di tutelarlo nei suoi diritti

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    Caterina63
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    00 18/01/2016 10:27

    Il momento è decisivo: sabato 30 gennaio a Roma per “la marcia di san Giovanni”

     
    A noi la battaglia. A Dio la Vittoria. 
    A prescindere da chi ci parteciperà, atei tradì o neocat, per la famiglia fatta da un maschio e da una femmina. 
    A prescindere da chi ha tradito, anche se vestito di viola o di rosso. O di qualsiasi colore.
    A prescindere dall'esito della battaglia
    Cercheremo tutti di esserci. 


    L




    di Costanza Miriano 
    20 ngiugno ter

    di Costanza Miriano
    Preparate gli zaini, comprate i biglietti, lavate la macchina (o meglio controllate le gomme), accendete gli elicotteri le navi i treni gli aerei gli alianti, chiedete le ferie al lavoro, fingete mal di testa strappate permessi. Da questa mattina è ufficiale. Si torna in piazza il 30 gennaio. A Roma. Raduno a Circo Massimalle 10 e partenza alle 12. Marcia su san Giovanni(tacco dodici nella borsa, si cambiano le scarpe all’arrivo) con arrivo in piazza previsto verso le 14 (e ricongiungimento con chi va direttamente in piazza). I dettagli sono ancora da definire, in corso i colloqui con le forze dell’ordine.

    Lo so, io abito lì, praticamente sotto al palco, per me è facile parlare. So che per qualche famiglia questo sarà uno sforzo organizzativo ed economico sovrumano. So di famiglie che son venute l’altra volta aprendo il salvadanaio, rimanendo senza uno spicciolo. Famiglie che poi non sono andate in vacanza. Non tutti, ma molti di quel milione di persone hanno fatto davvero uno sforzo al di sopra delle possibilità. E poi tutti si sono presi l’acqua il sole e di nuovo l’acqua. Hanno avvolto bambini – molti, moltissimi bambini – in impermeabili di fortuna e si sono tenuti i vestiti attaccati alla pelle. Hanno ripreso la via di casa sfiniti. Ma non hanno mancato l’appuntamento con la storia.

    Vi prego, ognuno che sa di qualche famiglia in difficoltà si faccia carico di una situazione. Apriamo case, prepariamo panini, diamo soldi, prestiamo maglioni. Ognuno che vorrebbe venire ma non può per motivi economici chieda aiuto a un altro: siamo cristiani e ci faremo riconoscere.

    Questa volta l’appuntamento sarà davvero decisivo. Possiamo cambiare la storia del nostro paese, e credo di non esagerare se dico dell’intero mondo occidentale: se l’Italia fermerà la legge che la propaganda omosessualista chiama “dei diritti civili” e che invece vuole legittimare desideri disordinati, metteremo un fronte nel cuore dell’Europa. Fermeremo la sconfitta dell’umanità nella culla della civiltà occidentale.

    Semplicemente richiamando al senso della realtà, dicendo che il dato che le persone nascano da un padre e da una madre non si può stravolgere se non facendo pagare prezzi altissimi ai più deboli. Dicendo che ognuno è libero di amare e fare sesso con chi vuole, questo è un fatto privato con cui ciascuno fa i conti, ma trasformare desideri in diritti non può essere il principio fondativo di una civiltà. Dicendo che le istituzioni pubbliche devono sostenere appoggiare e riconoscere chi si mette al servizio della vita, fare uno sforzo collettivo riconoscendo quello che è oggettivamente un bene comune: mettere al mondo delle persone e cercare di farle crescere nell’ambiente migliore per loro.

    I politici ci stanno a guardare: devono fare due conti. Vedere se conviene loro portare a casa questo risultato che li farà sentire dei piccoli Obama, perché love is love (mentre su molti altri fronti non combinano niente che aiuti davvero le persone, concretamente), o riconoscere che la gente è con noi. Fare gli interessi di una minuscola, piccolissima lobby che detiene però le redini dell’informazione e dell’intrattenimento, oppure ascoltare il senso della realtà in cui noi, famiglie normali, viviamo. Oltre alla coscienza, con la quale un giorno faranno i conti (Andreotti disse che l’unica cosa di cui era pentito era stata firmare la legge sull’aborto: troppo tardi, la legge fa mentalità e cambia la cultura e le abitudini della gente).

    È il momento di cambiare la storia. Noi non possiamo nulla, ma possiamo mettere a disposizione i cinque pani e i due pesci che abbiamo. Siamo un popolo scalcagnato, a parte la Croce non abbiamo un giornale né una tv dalla nostra parte (neanche quelli che ci aspetteremmo), non abbiamo nessuno che dall’alto ci aiuta, ci dà un euro, studia strategie, spiana strade. Però abbiamo la compagnia dei fratelli – commovente l’amicizia che sta nascendo nelle trincee di tutta Italia – e un alleato potentissimo. A noi la battaglia, a Dio la vittoria.






    LEGGE CIRINNA'
    La Costituzione prevede solo il matrimonio tra uomo e donna
     

    Cosa è il matrimonio? La domanda non è retorica o banale.
    Si impone dati i tempi che viviamo.
    Tenterò di argomentare in modo laico, cioè senza appellarmi a principi di autorità, ma alla ragione umana e ad alcuni dati, come la Costituzione della Repubblica, che dovrebbero essere pacificamente condivisi dai cittadini. I Padri costituenti avevano consapevolezza che matrimonio e famiglia sono realtà che preesistono allo Stato. 

    di padre Giorgio Carbone O.P.


    Inizio con due avvertenze. 1) Do per scontato che tu abbia chiaro che già oggi in Italia le persone conviventi dello stesso sesso hanno i diritti che invocano (clicca qui).
    2) Tenteremo di procedere secondo il metodo razionale, senza cedere al pathos emotivo, alle urla ideologiche o autoritari diktat.

    Cosa è il matrimonio? La domanda non è retorica o banale. Siimpone dati i tempi che viviamo: le piazze si stanno riempiendo, c’è il rischio di contrapposizioni tanto violente quanto sterili, molti hanno smarrito l’elementare senso comune, è sempre più difficile ascoltare argomenti razionali e oggettivi, piuttosto che slogan emotivi. Se volessi fare un discorso di tipo confessionale, cioè per i credenti, farei riferimento alla sacra Scrittura, alla tradizione apostolica e al magistero della Chiesa. Ma non è questo il mio obiettivo. Tenterò di argomentare in modo laico, cioè senza appellarmi a principi di autorità, ma alla ragione umana e ad alcuni dati, come la Costituzione della Repubblica, che dovrebbero essere pacificamente condivisi dai cittadini italiani.

    Proprio la Costituzione dice: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturalefondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare» (art. 29). Leggendo gli Atti dell’Assemblea Costituente e in particolare le sedute del 30 ottobre 1946 e del 17 aprile 1947, veniamo a sapere che i Padri costituenti non hanno preteso di dare una definizione del matrimonio, ma semplicemente avevano la chiara consapevolezza che il matrimonio e la famiglia sono realtà che preesistono allo Stato. L’espressione «famiglia come società naturale» non deve far pensare a un rinvio a quella particolare corrente di pensiero che si chiama diritto naturale, ma significa solo che la famiglia e il matrimonio, che la fonda, sono realtà umane che precedono la Costituzione, il diritto positivo, e qualsiasi forma di organizzazione dello Stato, repubblica o monarchia che sia. 

    Dire, poi, che «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sulmatrimonio» ha anche un altro scopo: lo Stato riconosce non solo la preesistenza della famiglia e del matrimonio, ma si impegna anche a rispettarne l’autonomia e l’ordine interno. I Padri costituenti hanno voluto così reagire all’esperienza e alla tentazione ricorrente dei regimi totalitari: questi regimi totalitari, infatti, intervengono sulla famiglia, anche con atti legislativi e burocratici, con un eccesso di autoritarismo e minano la libertà dei singoli.

    Il matrimonio fondante la famiglia, di cui parlano l’art. 29 della Costituzione e gli Atti dellaCostituente, non è definito né dalla Costituzione né dal Codice Civile. È una realtà che precede e preesiste. Questo modo di agire del legislatore e il fatto che la Costituzione usi l’espressione «La Repubblica riconosce» stanno a significare che lo Stato prende atto anche dei presupposti che fondano il matrimonio. E se il matrimonio è una realtà umana che precede lo Stato, precederanno lo Stato anche i presupposti del matrimonio. Tali presupposti saranno quindi pre-giuridici, saranno dei presupposti antropologici, cioè conseguenti all’identità della persona umana. Quali sono tali presupposti pre-giuridici del matrimonio?

    Leggendo la tradizione giuridica classica romana, di epoca repubblicana e imperiale, e gli Atti dellaCostituente balzano all’evidenza alcuni presupposti pre-giuridici: la dualità della differenza sessuale – cioè l’essere maschio il marito e l’essere femmina la moglie –; la complementarietà – si parla di società, di consortium omnis vitae (Digesto XXIII,2) –; e l’uguaglianza nella differenza. Oggi stiamo smarrendo l’evidenza circa questi presupposti pre-giuridici. Nota, poi, che si tratta di dati oggettivi che si impongono a tutti, l’identità sessuale, essere maschio o essere femmina, così come l’età anagrafica, sono dati oggettivi. Sono pre-giuridici, cioè valgono sempre qualsiasi sia l’ordinamento giuridico nel quale uno si trova a vivere, sono dati che attengono alla persona umana in quanto tale. Proprio questi dati oggettivi, in particolare quelli della dualità sessuale – essere maschio e essere femmina – e della rispettiva complementarietà fondano il matrimonio.

    Il disegno di legge della senatrice Cirinnà propone una precisa operazione descritta in questi articoliche riporto. «Art. 1 Finalità. Le disposizioni del presente Capo istituiscono l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale». Per costituire l’unione civile è sufficiente una dichiarazione all’ufficiale di stato civile: «Art. 2 Costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. 1. Due persone maggiorenni dello stesso sesso costituiscono un'unione civile mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni». Circa i diritti e i doveri leggi l’Art. 3 «Diritti e doveri derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso. 1. Con la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall'unione civile deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni. 2. Le parti concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato». Queste parole ti ricordano qualcosa? Quelle che vengono lette al termine delle nozze. Sono le stesse.

    Se non fosse ancora chiara l’operazione prodotta dal disegno di legge, leggi ancora l’Art. 4 «Ledisposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso». L’operazione di fatto realizzata dal disegno di legge è estendere la disciplina del matrimonio alle unioni tra persone dello stesso sesso. Se il disegno di legge entrasse in vigore, ciò che oggi l’ordinamento giuridico prevede per il matrimonio si applicherebbe alle unioni tra persone dello stesso sesso, producendo alcune conseguenze.

    1. L’ingiustizia da legge ordinaria. Matrimonio e unioni tra persone dello stesso sesso sarebberomesse sullo stesso piano, cioè sarebbero omologate, trattate allo stesso modo. Ciò è una violazione palese del principio di uguaglianza. L’uguaglianza, che tutti desideriamo, prevista dalla Costituzione all’art. 3, così come interpretata costantemente dalla Corte costituzionale, non significa né trattare tutti allo stesso modo né omologare. Ma significa dare un trattamento uguale a fenomeni uguali e un trattamento diverso a fenomeni diversi, per il semplice fatto che trattare in modo identico situazioni diverse è iniquo. 

    2. La contraffazione linguistica. Con una semplice legge ordinaria sarebbe di fatto modificata laCostituzione della Repubblica. Il che viola la procedura speciale di revisione della Costituzione. E poi, la parola matrimonio all’art. 29 della Costituzione, così come si evince dagli Atti della Costituente, significa la società tra marito e moglie, che si fonda su un dato oggettivo pre-giuridico della differenza dell’identità sessuata. Estendendo la disciplina del matrimonio all’unione tra persone dello stesso sesso di fatto il legislatore ordinario altera radicalmente il significato di quella parola.

    3. La rivoluzione antropologica e civile. Estendendo la disciplina del matrimonio alle persone dellostesso sesso la Repubblica abbandona i presupposti pre-giuridici oggettivi che fondano il matrimonio, cioè la dualità dell’identità sessuata e la complementarietà. E così l’ordinamento giuridico del nostro Paese si non si fonderebbe più sul dato oggettivo, primario della differenza sessuale tra maschio e femmina, ma sull’orientamento o sulla preferenza sessuale. Ora, usare gli orientamenti e/o le preferenze, indipendentemente dal fatto che siano di tipo sessuale o non sessuale, come categorie di identificazione sociale e giuridica è un’operazione: a) riduttiva, perché nessuno di noi esaurisce sé nell’orientamento o nelle preferenze; b) soggettiva, perché orientamento e preferenza non fanno riferimento a caratteristiche evidenti come l’identità sessuale, la razza o una condizione di invalidità; c) aleatoria: se un Paese dà diritto di cittadinanza a un orientamento, in ragione del principio di uguaglianza dovrà ammettere anche la legittimità degli altri orientamenti, senza sindacarne il contenuto (per questi temi rinvio a Giorgio Carbone, Gender. L’anello mancante? Edizioni Studio Domenicano).

    «Che male fanno agli altri, si vogliono bene e chiedono solo diritti per loro». È un mantra oggiricorrente. È uno slogan che porta il discorso sul terreno dei sentimenti. Non lasciamoci trascinare dal pathos emotivo. Restiamo agli argomenti razionali e oggettivi. Non giudichiamo gli affetti e le singole situazioni anche dolorose. Ma consideriamo seriamente i tre effetti iniqui, falsificatori e rivoluzionari prodotti dal disegno di legge Cirinnà.










    [Modificato da Caterina63 29/01/2016 00:32]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 18/01/2016 10:31

    Venite, pastori: proclama fiero di una cattolica non mainstream contro le unioni civili che disuniscono genitori e figli


     


    Costanza Miriano  13-01-16
     
    Che vuol dire che la Chiesa deve assumere un atteggiamento di “umiltà, disinteresse, beatitudine” – le tre parole d’ordine consegnate da Papa Bergoglio all’ultimo convegno ecclesiale di Firenze? Che cosa significa questo nel caso specifico della battaglia sulle unioni civili: niente battaglie politiche, niente posizioni pubbliche, niente piazze, nessuna approvazione esplicita a chi giudica sbagliato un determinato disegno di legge?
    La vulgata, cara ai politici che vogliono salvare la faccia davanti ai cattolici, e accolta a braccia aperte dalla massa di non credenti e ipocredenti (copyright Camillo Langone), vuole che questo atteggiamento disinteressato si traduca in una chiesa che dice di non avere nulla contro il riconoscimento dei diritti individuali delle persone omosessuali, a patto che si investa anche sulla famiglia. Questa in soldoni la posizione. Io credo che, al contrario, questa sia una posizione eminentemente politica (parola alla quale non do affatto un’accezione negativa: magari ci fosse un partito di veri cattolici, io per esempio sono piena di amici che non sanno più chi votare). Non condivido la posizione, ma credo appunto che sia una posizione politica, cioè di una chiesa che vuole dire la sua sulle leggi dello stato.


    Una chiesa umile e disinteressata, per come la vedo, dovrebbe invece preoccuparsi prima di tutto del destino ultimo dei suoi figli, e non degli equilibri politici. Una chiesa della beatitudine è una chiesa che per fede sta in mezzo al mondo tormentato rimanendo serena; è una chiesa che insegna ai suoi a prendere sul serio le beatitudini – non vi è altra strada: la beatitudine, per esempio, di avere fame e sete della giustizia, e quella di non temere le conseguenze delle proprie posizioni, fossero anche persecuzioni (sugli insulti stiamo già a posto, grazie).


    Noi credenti abbiamo bisogno di pastori che siano padri con noi, che sappiamo dirci la verità con dolcezza e fermezza, abbiamo bisogno di padri che vogliono la verità sull’uomo, non di uomini pubblici che dicono allo stato come fare le leggi, perché tanto i parlamentari fanno già tranquillamente come pare loro senza aspettare benedizioni, e tra l’altro una chiesa così è sempre meno influente sul piano politico (vedasi legge sul divorzio breve). Non vogliamo pastori come tanti di quelli tedeschi, che strizzano l’occhio al mondo, e poi hanno le chiese vuote, perché la gente è attratta dalla grandezza, le cose a buon mercato le trova ovunque. Ma non è la debolezza politica di una chiesa siffatta che mi preoccupa. Ben venga l’irrilevanza e la marginalità, se ci salviamo l’anima. O non ci crediamo più che c’è una vita eterna dopo questa?

    Noi vogliamo una chiesa preoccupata del nostro destino, pastori che amino il nostro destino più delle nostre voglie e pretese, pastori che sappiano fare i padri. E quindi che ripetano che l’omosessualità è una tendenza oggettivamente disordinata, come dice il catechismo della chiesa cattolica. Che questo disordine non può portare l’uomo alla felicità, neanche qui sulla terra. Che un omosessuale che cerca Dio – secondo l’abusatissima espressione di Papa Francesco – è un omosessuale che cerca di vivere nella castità e di guarire la ferita che ha causato quel disordine. E noi cattolici, se siamo seri, sappiamo questo sia per fiducia nella chiesa, che sa cosa Dio ama, sia perché sperimentiamo sulla nostra pelle cosa significa cercare di camminare onestamente verso Dio.

    Inoltre, so che suona scandaloso e ridicolo alle orecchie contemporanee, ma per i credenti è così, la sodomia è un peccato gravissimo, così come l’adulterio, così come non dar da mangiare agli affamati (adesso sembra sia rimasto questo l’unico scandalo). E per questi peccati c’è l’inferno, se non facciamo in tempo a chiedere un perdono sincero, con cuore contrito, con il proposito di non peccare più. Mi dispiace, sono cose pochissimo glamour da scrivere, e ben presto probabilmente anche fuori legge – se fosse passata la legge Scalfarotto sarei in carcere, ho comunque già una lunga pila di libri pronta da leggere, e un cesto pieno di bottoni e rammendi – ma io credo che questo significhi disinteresse e beatitudine: fregarsene bellamente del politicamente corretto, delle conseguenze e degli equilibri politici, e continuare ad annunciare agli uomini la verità su di loro, anche se questo dovesse costare rompere alleanze e accordi.


    Chi si preoccupa, sennò, del destino delle persone con tendenza omosessuale? Chi continua a dire ai ragazzi che magari sono in un momento di difficoltà, di confusione, a volte magari in passaggi di crescita poco meno che fisiologici, come stanno davvero le cose sull’identità maschile e femminile – che ci vengono date alla nascita e non sono scelte – se la mentalità gender fluid ha occupato militarmente tutti i mezzi di comunicazione? Vogliamo lasciarlo un posto in cui annunciamo con chiarezza quella che per noi credenti è la verità? In chiesa, almeno, avremo il coraggio di dire quello che crediamo, o in omaggio alla cultura dominante dobbiamo dire che c’è del buono nelle unioni tra persone dello stesso sesso (sentito al Sinodo con le mie stesse orecchie)? Se non si preoccupano di questo i pastori, chi lo farà?


    Ovviamente la verità non viene imposta a nessuno, chi non la vuole ascoltare non vada in chiesa, ma la chiesa ha il dovere di annunciarla, i pastori la devono difendere a costo della loro vita, o almeno della carriera. Lo stato farà le sue leggi, sapendo che c’è un popolo di credenti – non tanto piccolo a giudicare dalla piazza del 20 giugno – che la pensa diversamente, e che vorrebbe essere difeso e sostenuto dai suoi pastori. Non vescovi pilota che capeggiano manifestazioni, ma padri preoccupati della felicità dei loro figli. Se non sono manifestazioni che sia una preghiera ardente, ma con un’intenzione chiara e ben scandita. Padri pronti a morire perché i bambini abbiano un padre e una madre. I politici faranno i loro conti. Forse ne pagheranno le conseguenze, se i credenti grazie ai loro pastori avranno mantenuto le idee chiare. Forse no, andranno lisci. Ma questo non è un calcolo che deve interessare la chiesa.


    Le persone omosessuali che vivono con un certo equilibrio la loro condizione disordinata (siamo tutti disordinati, in un modo o nell’altro, e molti di noi si arrabattano per trovare un modus vivendi) continueranno a farlo anche senza la benedizione cardinalizia. Ma invece chi non è sereno, chi avverte che c’è qualcosa di ferito nella sua storia, dove troverà una risposta, qualcuno disposto ad ascoltare seriamente, a entrare nella sua sofferenza, ad abbracciarlo e a cercare una via di uscita? In certi paesi sarei già incriminabile per aver detto questo, ma possibile che non si possa più nemmeno dire che ci sono persone con tendenza omosessuale che non vivono bene la loro tendenza, e non per lo stigma sociale, ma proprio per qualcosa di privatissimo e intimo? Non si può ammettere questa possibilità? (Piccola chiosa sullo stigma sociale: ma dove lo vedono? Le mie figlie di nove anni l’altro giorno sono uscite da un negozio chiedendomi se per fare i commessi in quel posto sia obbligatorio comportarsi da femmine: secondo me si sentono discriminati gli etero, in certi ambienti).


    Quanto ai diritti: una volta per tutte. I diritti già ci sono. I conviventi possono tranquillamente andare a trovarsi reciprocamente all’ospedale, indipendentemente dal sesso. Possono andare a trovarsi in carcere, godere della protezione speciale l’uno dell’altro nel caso di collaboratori di giustizia e via dicendo. Possono comprare insieme case, intestarsi mutui e fare tutto quello che vogliono delle loro risorse personali. Una piccola quota di eredità – la legittima – può non essere a disposizione, ma è una regola che serve a tutelare in minima parte i legami familiari. La famiglia non è un bene dello stato: è un patrimonio dell’umanità, è il luogo in cui la specie si riproduce da millenni, e nessuno stato dovrebbe metterci sopra le mani. Trovo comunque pretestuoso montare un caso su questo, come sulla pensione di reversibilità, che aveva un senso quando una donna aiutava un uomo lavoratore stando a casa e tirando su i suoi figli, e che nel caso di due adulti tutti e due capaci di lavorare perderebbe la sua ragione di essere (nessuno dei due sarebbe impedito da necessità di tirar su bambini piccoli, perché due persone dello stesso sesso non li possono generare, c’è sempre questo noioso dato di realtà da ricordare, e quindi perché i nostri figli domani dovrebbero mantenere un anziano signore che si è rifiutato di lavorare e che non ha messo al mondo nuovi contribuenti?).

    La vera questione – guardiamoci negli occhi, e ammettiamolo – non è certo su queste fattispecie, che potranno riguardare decine di casi in tutta Italia, forse (i rapporti omosessuali tendono a essere molto più instabili e promiscui di quelli etero, che pure già non scherzano): la vera questione in gioco è il riconoscimento morale, il desiderio di un’approvazione pubblica. Su questo lo stato decida, ma la chiesa non può smettere di dire il suo no, perché non ci sono minoranze svantaggiate, non si tratta di tutelare dei diritti negati (i diritti ci sono tutti), ma in gioco c’è la verità sull’uomo e sulla donna.


    Quanto ai diritti civili, l’espressione grida vendetta se, in cambio di una fantomatica pensione di reversibilità che sarebbe tolta ingiustamente, siamo pronti a togliere a un bambino il diritto di avere un padre e una madre, di crescere con loro ma anche di conoscerli, di sapere chi sono (perché il Pd ha fatto una legge sul diritto alle origini degli adottati? Lo capiscono anche loro che il sangue non è acqua, allora, che la nostra carne desidera conoscere le sue radici?). Che furto enorme è questo, in confronto a una pensione? Di che diritti stiamo parlando? Di quale battaglia di civiltà si blatera? La Cirinnà da assessore comunale ha emesso un regolamento che vieta di separare i cuccioli dalla mamma prima di sessanta giorni, e vuole che gli omosessuali che hanno separato i bambini dalle loro mamme possano fregiarsi del titolo abusivo di padre? Che padre è un uomo che toglie un bambino alla mamma? Che madre è una donna che non permette a un bambino di crescere con suo padre? Non usiamo impunemente questa espressione – “diritti civili” – che ricorda battaglie vere, istanze sacrosante che sono costate il sangue.
    Chiamiamo le cose con il loro vero nome.
    Diciamo che anche gli omosessuali desiderano figli, perché questo è l’istinto più potente dell’umanità, è quello che nonostante tutto ci ha portati fin qui, continuando a riprodurci per millenni. Questo desiderio è bellissimo, e lo capisco perfettamente. Ma purtroppo per fare un bambino serve un padre e una madre, è la natura.
    Si può aggirare, ma se Dio perdona, la natura no,non perdona, e il bambino soffrirà irreparabilmente per questo.

    Lo sa anche la Cirinnà che infatti si arrabbia molto se separiamo i gattini dalla gatta.

    Per tutto questo, credo che il gesto più impolitico che potessimo fare sia stato scendere in piazza – e lo faremo di nuovo se servirà – per gridare all’uomo la verità su se stesso, per difendere i bambini, per lottare per la felicità dell’uomo, incuranti delle reazioni politiche, delle alleanze. Umili, disinteressati, beati per il sole che ci ha baciati dopo l’acquazzone.






    SE NON PUOI VENIRE A ROMA unisciti a noi con la Preghiera anche con il Rosario, anche con una Messa.....
    abbiamo bisogno soprattutto di questo aiuto, ora, che i giochi sono fatti e le adesioni hanno superato tutte le aspettative tanto da fare l'incontro al Circo Massimo perchè più grande e contenitiva di piazza san Giovanni 

    http://costanzamiriano.com/tag/30-gennaio-2016/





       



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    Leader delle Femen si pente e chiede perdono ai cristiani

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    Nel 2012 ha fondato il gruppo Femen del Brasile. Con altre 4 a seno nudo si è poi scatenata in una serie di “manifestazioni” fra le quali, a Rio de Janeiro, il bacio con una collega seminuda sullo sfondo di una croce davanti la chiesa di Nostra Signora di Candelaria. Ma le Femen non le bastavano (“un business”) e nel 2013 dà vita al gruppo femminista Bastardxs, anch’esso nemico di ogni valore e soprattutto di ogni vestito.

    Parliamo di Sara Fernanda Giromin, in arte “Sara Winter”, tutta piercing e tatuaggi, che però… è mamma da poco (dopo avere regolarmente abortito il primo figlio). Scrive nel libro che ha pubblicato: “Mi sono pentita di aver abortito e oggi chiedo perdono. Ieri mio figlio [il secondo] ha compiuto un mese e la mia vita ha assunto un nuovo significato. Mentre scrivo, lui dorme serenamente nel mio grembo. È la sensazione più bella del mondo”. Il pentimento comporta interessanti ammissioni circa l’uso di droghe, rapporti sessuali e la propria bisessualità, resa necessaria nel mondo del femminismo, nonchè circa il carattere settario di quel mondo: “Le donne lesbiche e bisessuali hanno molta più voce e molto più rispetto all’interno del movimento, per cui cercando il riconoscimento della mia lotta ho decostruito la mia eterosessualità e l’ho sostituita con una bisessualità artificiale”.

    E ancora:“Per la setta femminista, le donne non sono l’ispirazione, ma la materia prima nel senso peggiore della definizione. Sono oggetti convenienti utili allo scopo di infiammare l’odio contro la religione cristiana, contro gli uomini, contro la bellezza delle donne, contro l’equilibrio delle famiglie. Il femminismo è questo, e posso garantire che è così perché ci stavo dentro!” Effettivamente, vedendo Femen in azione, il dubbio è venuto a molti. Non è il solo dubbio. Dove trovano i soldi per vivere, spostarsi in aereo in tutto il mondo e disporre di alberghi, avvocati e impunità giudiziaria? Nel 2013 hanno profanato la cattedrale parigina di Notre-Dame, danneggiando furiosamente (sempre a seno nudo, bastoni alla mano) una campana ricoperta d’oro e urlando slogan contro Benedetto XVI.

    Capire cosa ci sia dietro certi movimenti sarebbe utile a comprenderne i reali obiettivi. Ma tornando alla Giromin è interessante misurare il suo pentimento nel video di YouTube I ask Christians for forgiveness for feminist protest (Chiedo perdono ai cristiani per le proteste femministe), in cui ella riconosce che “Chiedere perdono non è sicuramente una cosa facile da fare”,
    anche se “Siamo andate troppo oltre e abbiamo finito per offendere molte persone religiose e non”.
    E sul perdono dei cristiani aggiunge in una intervista al portale Guia-me: “Mi sento molto felice e benaccolta. Non avrei mai immaginato che le persone religiose prendessero sul serio il ‘perdono’.


    “ Sarà per questo, sarà perché è mamma, la ex Femen devolverà una percentuale degli incassi del libro alle cause pro-life ed è in giro a tenere conferenze contro il femminismo ed il gender con la psicologa Marisa Lobo, psicologa e nota attivista cristiana, che sponsorizza i metodi di cura per gli omosessuali.

    Diego Torre





    [Modificato da Caterina63 22/01/2016 21:47]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Sesso: Femminile
    00 22/01/2016 15:25


     Il no del Papa alle unioni gay: ​scomunicata la crociata del Pd

    Le parole del Bergoglio sono un macigno sul ddl Cirinnà: "Non confondere unioni civili e matrimonio". 



    DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    IN OCCASIONE DELL'INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO 
    DEL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA

    Sala Clementina
    Venerdì, 22 gennaio 2016

    [Multimedia]



     

    Cari fratelli,

    vi do il mio cordiale benvenuto, e ringrazio il Decano per le parole con cui ha introdotto il nostro incontro.

    Il ministero del Tribunale Apostolico della Rota Romana è da sempre ausilio al Successore di Pietro, affinché la Chiesa, inscindibilmente connessa con la famiglia, continui a proclamare il disegno di Dio Creatore e Redentore sulla sacralità e bellezza dell’istituto familiare. Una missione sempre attuale, ma che acquista particolare rilevanza nel nostro tempo.

    Accanto alla definizione della Rota Romana quale Tribunale della famiglia[1], vorrei porre in risalto l’altra prerogativa, che cioè essa è il Tribunale della verità del vincolo sacro. E questi due aspetti sono complementari.

    La Chiesa, infatti, può mostrare l’indefettibile amore misericordioso di Dio verso le famiglie, in particolare quelle ferite dal peccato e dalle prove della vita, e insieme proclamare l’irrinunciabile verità del matrimonio secondo il disegno di Dio. Questo servizio è affidato primariamente al Papa e ai Vescovi.

    Nel percorso sinodale sul tema della famiglia, che il Signore ci ha concesso di realizzare nei due anni scorsi, abbiamo potuto compiere, in spirito e stile di effettiva collegialità, un approfondito discernimento sapienziale, grazie al quale la Chiesa ha – tra l’altro – indicato al mondo che non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione.

    Con questo stesso atteggiamento spirituale e pastorale, la vostra attività, sia nel giudicare sia nel contribuire alla formazione permanente, assiste e promuove l’opus veritatis. Quando la Chiesa, tramite il vostro servizio, si propone di dichiarare la verità sul matrimonio nel caso concreto, per il bene dei fedeli, al tempo stesso tiene sempre presente che quanti, per libera scelta o per infelici circostanze della vita,[2] vivono in uno stato oggettivo di errore, continuano ad essere oggetto dell’amore misericordioso di Cristo e perciò della Chiesa stessa.

    La famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, unitivo e procreativo, appartiene al “sogno” di Dio e della sua Chiesa per la salvezza dell’umanità.[3]

    Come affermò il beato Paolo VI, la Chiesa ha sempre rivolto «uno sguardo particolare, pieno di sollecitudine e di amore, alla famiglia ed ai suoi problemi. Per mezzo del matrimonio e della famiglia Iddio ha sapientemente unite due tra le maggiori realtà umane: la missione di trasmettere la vita e l’amore vicendevole e legittimo dell’uomo e della donna, per il quale essi sono chiamati a completarsi vicendevolmente in una donazione reciproca non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale. O per meglio dire: Dio ha voluto rendere partecipi gli sposi del suo amore: dell’amore personale che Egli ha per ciascuno di essi e per il quale li chiama ad aiutarsi e a donarsi vicendevolmente per raggiungere la pienezza della loro vita personale; e dell’amore che Egli porta all’umanità e a tutti i suoi figli, e per il quale desidera moltiplicare i figli degli uomini per renderli partecipi della sua vita e della sua felicità eterna».[4]

    La famiglia e la Chiesa, su piani diversi, concorrono ad accompagnare l’essere umano verso il fine della sua esistenza. E lo fanno certamente con gli insegnamenti che trasmettono, ma anche con la loro stessa natura di comunità di amore e di vita. Infatti, se la famiglia si può ben dire “chiesa domestica”, alla Chiesa si applica giustamente il titolo di famiglia di Dio. Pertanto «lo “spirito famigliare” è una carta costituzionale per la Chiesa: così il cristianesimo deve apparire, e così deve essere. È scritto a chiare lettere: “Voi che un tempo eravate lontani – dice san Paolo – […] non siete più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2,19). La Chiesa è e deve essere la famiglia di Dio».[5]

    E proprio perché è madre e maestra, la Chiesa sa che, tra i cristiani, alcuni hanno una fede forte, formata dalla carità, rafforzata dalla buona catechesi e nutrita dalla preghiera e dalla vita sacramentale, mentre altri hanno una fede debole, trascurata, non formata, poco educata, o dimenticata.

    È bene ribadire con chiarezza che la qualità della fede non è condizione essenziale del consenso matrimoniale, che, secondo la dottrina di sempre, può essere minato solo a livello naturale (cfr CIC, can. 1055 § 1 e 2). Infatti, l’habitus fidei è infuso nel momento del Battesimo e continua ad avere influsso misterioso nell’anima, anche quando la fede non è stata sviluppata e psicologicamente sembra essere assente.

    Non è raro che i nubendi, spinti al vero matrimonio dall’instinctus naturae, nel momento della celebrazione abbiano una coscienza limitata della pienezza del progetto di Dio, e solamente dopo, nella vita di famiglia, scoprano tutto ciò che Dio Creatore e Redentore ha stabilito per loro. Le mancanze della formazione nella fede e anche l’errore circa l’unità, l’indissolubilità e la dignità sacramentale del matrimonio viziano il consenso matrimoniale soltanto se determinano la volontà (cfr CIC, can. 1099). Proprio per questo gli errori che riguardano la sacramentalità del matrimonio devono essere valutati molto attentamente
    .  

    La Chiesa, dunque, con rinnovato senso di responsabilità continua a proporre il matrimonio, nei suoi elementi essenziali – prole, bene dei coniugi, unità, indissolubilità, sacramentalità [6] –, non come un ideale per pochi, nonostante i moderni modelli centrati sull’effimero e sul transitorio, ma come una realtà che, nella grazia di Cristo, può essere vissuta da tutti i fedeli battezzati. E perciò, a maggior ragione, l’urgenza pastorale, che coinvolge tutte le strutture della Chiesa, spinge a convergere verso un comune intento ordinato alla preparazione adeguata al matrimonio, in una sorta di nuovo catecumenato - sottolineo questo: in una sorta di nuovo catecumenato - tanto auspicato da alcuni Padri Sinodali.[7]     

    Cari fratelli, il tempo che viviamo è molto impegnativo sia per le famiglie, sia per noi pastori che siamo chiamati ad accompagnarle. Con questa consapevolezza vi auguro buon lavoro per il nuovo anno che il Signore ci dona. Vi assicuro la mia preghiera e conto anch’io sulla vostra. La Madonna e san Giuseppe ottengano alla Chiesa di crescere nello spirito di famiglia e alle famiglie di sentirsi sempre più parte viva e attiva del popolo di Dio. Grazie.

      
     
    [1] Pio XII, Allocuzione alla Rota Romana del 1° ottobre 1940: L’Osservatore Romano, 2 ottobre 1940, p. 1.

    [2] «Forse tutto questo flagello ha un nome estremamente generico, ma in questo caso tragicamente vero, ed è egoismo. Se l’egoismo governa il regno dell’amore umano, ch’è appunto la famiglia, lo avvilisce, lo intristisce, lo dissolve. L’arte di amare non è così facile come comunemente si crede. A insegnarla l’istinto non basta. La passione ancor meno. Il piacere neppure» (G.B. Montini, Lettera pastorale all’arcidiocesi ambrosiana all’inizio della Quaresima del 1960).

    [3] Cfr Pio XI, Litt. enc. Casti connubii, 31 dicembre 1930:  AAS 22 (1930), 541.

    [4] Paolo VI, Discorso alle partecipanti al XIII Congresso Nazionale del Centro Italiano Femminile, 12 febbraio 1966: AAS 58 (1966), 219. San Giovanni Paolo II nella Lettera alle famiglie affermava che la famiglia è via della Chiesa: «la prima e la più importante» (Gratissimam sane, 2 febbraio 1994, 2: AAS 86 [1994], 868).

    [5] Catechesi nell’Udienza generale del 7 ottobre 2015.

    [6] Cfr Augustinus, De bono coniugali, 24, 32; De Genesi ad litteram, 9, 7, 12.

    [7] «Questa preparazione al matrimonio, noi pensiamo, sarà agevolata, se la formazione d’una famiglia sarà presentata alla gioventù, e se sarà compresa da chi intende fondare un proprio focolare come una vocazione, come una missione, come un grande dovere, che dà alla vita un altissimo scopo, e la riempie dei suoi doni e delle sue virtù. Né questa presentazione deforma o esagera la realtà» (G. B. Montini, Lettera pastorale all’arcidiocesi ambrosiana, cit.).

     
     






    Per la sua attualità e per le ragioni in difesa della vita e della famiglia, pubblichiamo uno stralcio dell'omelia pronunciata da papa Giovanni Paolo II a Washington, Capitol Mall, il 7 ottobre 1979.

    ...La vita umana è preziosa perché è un dono di Dio il cui amore è infinito: e quando Dio dà la vita, la dà per sempre. La vita inoltre è preziosa perché è l’espressione e il frutto dell’amore. Questa è la ragione per cui la vita deve avere origine nel contesto del matrimonio e per cui il matrimonio e l’amore reciproco dei genitori devono essere caratterizzati dalla generosità nel prodigarsi. Il grande pericolo per la vita della famiglia in una società i cui idoli sono il piacere, le comodità e l’indipendenza, sta nel fatto che gli uomini chiudono il loro cuore e diventano egoisti. La paura di un impegno permanente può cambiare il mutuo amore fra marito e moglie in due amori di se stesso, due amori che esistono l’uno accanto all’altro, finché non finiscono nella separazione.

    Nel sacramento del matrimonio, l’uomo e la donna – i quali nel Battesimo divennero membri di Cristo ed hanno il dovere di manifestare nella loro vita gli atteggiamenti di Cristo – ricevono la certezza dell’aiuto di cui hanno bisogno affinché il loro amore cresca in un’unione fedele e indissolubile e possano rispondere generosamente al dono della paternità. (...)

    Affinché il matrimonio cristiano favorisca il bene totale e lo sviluppo della coppia, deve essere ispirato dal Vangelo, e così aprirsi alla nuova vita, una nuova vita data e accettata generosamente. I coniugi sono anche chiamati a creare un’atmosfera familiare in cui i figli siano felici e vivano con pienezza e dignità una vita umana e cristiana.

    Per poter vivere una vita familiare gioiosa si impongono sacrifici sia da parte dei genitori sia da parte dei figli. Ogni membro della famiglia deve diventare, in modo speciale, il servo degli altri, condividendo i loro pesi. È necessario che ognuno sia sollecito non solo per la propria vita, ma anche per la vita degli altri membri della famiglia: per i loro bisogni, le loro speranze, i loro ideali. Le decisioni riguardo al numero dei figli e ai sacrifici che ne derivano, non debbono essere prese solo in vista di aumentare i propri agi e mantenere un’esistenza tranquilla. Riflettendo su questo punto davanti a Dio, aiutati dalla grazia che viene dal Sacramento, e guidati dagli insegnamenti della Chiesa, i genitori ricorderanno a se stessi che è minor male negare ai propri figli certe comodità e vantaggi materiali che privarli della presenza di fratelli e sorelle che potrebbero aiutarli a sviluppare la loro umanità e realizzare la bellezza della vita in ogni sua fase e in tutta la sua varietà.

    (...)

    Tutti gli esseri umani dovrebbero apprezzare l’individualità di ogni persona come creatura di Dio, chiamata ad essere fratello o sorella di Cristo in ragione dell’Incarnazione e Redenzione Universale. Per noi la sacralità della persona umana è fondata su queste premesse. Ed è su queste stesse premesse che si fonda la nostra celebrazione della vita, di ogni vita umana. Ciò spiega i nostri sforzi per difendere la vita umana contro qualsiasi influenza o azione che la possa minacciare o indebolire, come pure i nostri sforzi per rendere ogni vita più umana in tutti i suoi aspetti.

    Quindi reagiremo ogni volta che la vita umana è minacciata.

    Quando il carattere sacro della vita prima della nascita viene attaccato, noi reagiremo per proclamare che nessuno ha il diritto di distruggere la vita prima della nascita.

    Quando si parla di un bambino come di un peso o lo si considera come mezzo per soddisfare un bisogno emozionale, noi interverremo per insistere che ogni bambino è dono unico e irripetibile di Dio, che ha diritto ad una famiglia unita nell’amore.

    Quando l’istituzione del matrimonio è abbandonata all’egoismo umano e ridotta ad un accordo temporaneo e condizionale che si può rescindere facilmente, noi reagiremo affermando l’indissolubilità del vincolo matrimoniale.

    Quando il valore della famiglia è minacciato da pressioni sociali ed economiche, noi reagiremo riaffermando che la famiglia è necessaria non solo per il bene privato di ogni persona, ma anche per il bene comune di ogni società, nazione e stato (cf. Giovanni Paolo II, Allocutio in Audientia Generali, 3 gennaio 1979). 

    Quando poi la libertà viene usata per dominare i deboli, per sperperare le ricchezze naturali e l’energia, e per negare agli uomini le necessità essenziali, noi reagiremo per riaffermare i principi della giustizia e dell’amore sociale. 

    Quando i malati, gli anziani o i moribondi sono abbandonati, noi reagiremo proclamando che essi sono degni di amore, di sollecitudine e di rispetto.

     

     

    [Modificato da Caterina63 28/01/2016 23:26]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 28/01/2016 00:28
    Il 22 dicembre 2006, in occasione del suo discorso alla curia romana, Benedetto XVI parlò, fra l'altro, del suo viaggio a Valencia nel luglio precedente soffermandosi a lungo sul significato del matrimonio e sulla sua preoccupazione per l'approvazione delle leggi sulle unioni di fatto. Il testo integrale del discorso si trova qui:
    w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/december/documents/hf_ben_xvi_spe_20061222_curia-rom...


    In particolare:

    "Il viaggio in Spagna – a Valencia – è stato tutto all'insegna del tema del matrimonio e della famiglia. È stato bello ascoltare, davanti all’assemblea di persone di tutti i continenti, la testimonianza di coniugi che – benedetti da una schiera numerosa di figli – si sono presentati davanti a noi e hanno parlato dei rispettivi cammini nel sacramento del matrimonio e all'interno delle loro famiglie numerose".

    "Davanti a queste famiglie con i loro figli, davanti a queste famiglie in cui le generazioni si stringono la mano e il futuro è presente, il problema dell’Europa, che apparentemente quasi non vuol più avere figli, mi è penetrato nell’anima. Per l’estraneo, quest’Europa sembra essere stanca, anzi sembra volersi congedare dalla storia. Perché le cose stanno così? Questa è la grande domanda.
    Le risposte sono sicuramente molto complesse. Prima di cercare tali risposte è doveroso un ringraziamento ai tanti coniugi che anche oggi, nella nostra Europa, dicono sì al figlio e accettano le fatiche che questo comporta: i problemi sociali e finanziari, come anche le preoccupazioni e fatiche giorno dopo giorno; la dedizione necessaria per aprire ai figli la strada verso il futuro".

    "A questo punto non posso tacere la mia preoccupazione per le leggi sulle coppie di fatto. Molte di queste coppie hanno scelto questa via, perché – almeno per il momento – non si sentono in grado di accettare la convivenza giuridicamente ordinata e vincolante del matrimonio. Così preferiscono rimanere nel semplice stato di fatto.
    Quando vengono create nuove forme giuridiche che relativizzano il matrimonio, la rinuncia al legame definitivo ottiene, per così dire, anche un sigillo giuridico. In tal caso il decidersi per chi già fa fatica diventa ancora più difficile. Si aggiunge poi, per l'altra forma di coppie, la relativizzazione della differenza dei sessi. Diventa così uguale il mettersi insieme di un uomo e una donna o di due persone dello stesso sesso. Con ciò vengono tacitamente confermate quelle teorie funeste che tolgono ogni rilevanza alla mascolinità e alla femminilità della persona umana, come se si trattasse di un fatto puramente biologico; teorie secondo cui l’uomo – cioè il suo intelletto e la sua volontà – deciderebbe autonomamente che cosa egli sia o non sia. C'è in questo un deprezzamento della corporeità, da cui consegue che l’uomo, volendo emanciparsi dal suo corpo – dalla “sfera biologica” – finisce per distruggere se stesso.

    Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo solo rispondere: forse che l’uomo non ci interessa? I credenti, in virtù della grande cultura della loro fede, non hanno forse il diritto di pronunciarsi in tutto questo? Non è piuttosto il loro - il nostro - dovere alzare la voce per difendere l’uomo, quella creatura che, proprio nell’unità inseparabile di corpo e anima, è immagine di Dio? Il viaggio a Valencia è diventato per me un viaggio alla ricerca di che cosa significhi l’essere uomo".

    www.youtube.com/watch?v=-KJgDMtq_-E






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    Fraternamente CaterinaLD

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    00 28/01/2016 19:53
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      Portogallo: veto del presidente della Repubblica alle adozioni omosessuali



    Il capo dello Stato Cavaco Silva ha posto il veto alla legge approvata in Parlamento a novembre perchè “l’interesse dei minori deve prevalere rispetto a quello degli adulti”




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    President of Portugal Aníbal Cavaco Silva

    Wikimedia Commons - President Of Portugal Aníbal Cavaco Silva




    Terzo Paese cattolico europeo nel 2010 ad approvare il matrimonio omosessuale dopo Spagna e Belgio, nel novembre scorso il Portogallo si diede un’altra pennellata a tinte arcobaleno con l’approvazione di una legge che garantiva agli omosessuali il diritto di adottare dei bambini.


    A soli due mesi da quell’evento, le immagini delle associazioni lgbt festanti tra le tribune del Parlamento portoghese appaiono già sbiadite. A pitturare di nuovo con dei colori più sobri la legislazione del Paese lusitano ci ha pensato il presidente della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva.


    Proprio il giorno successivo delle elezioni che hanno decretato il nome del suo successore, sarà Marcelo Rebelo de Sousa, il capo dello Stato ha posto il veto alla legge approvata nel novembre scorso. “Quella delle adozioni è una questione complessa che va approfondita maggiormente – ha spiegato Cavaco in un messaggio alla Camera – è un tema che può produrre un’alterazione nel sistema legislativo. L’interesse dei minori deve prevalere rispetto a quello degli adulti”.


    Cavaco Silva è un politico conservatore, che non è nuovo a scontri con il Parlamento sui temi inerenti la vita e la famiglia. Non nascose la sua preoccupazione quando, nel 2010, venne approvato il matrimonio omosessuale DOPO CHE BEN DUE REFERENDUM POPOLARI AVEVANO DETTO "NO". Così come, nell’estate 2014, non fece mancare il suo appoggio alla legge d’iniziativa popolare che chiese al Parlamento di riformare la legge sull’aborto in senso più favorevole alla vita.


    La modifica ha abolito il registro degli obiettori di coscienza (considerato dai suoi detrattori alla stregua di una lista di proscrizione), concedendo così a questi medici di svolgere le loro consulenze liberamente all’interno dei consultori nei confronti delle gestanti in difficoltà.


    Gestanti che, afferma ancora la legge in questione, devono essere ascoltate insieme ai loro compagni o mariti nel momento in cui avanzano la richiesta di interrompere la gravidanza. La consulenza di psicologi e assistenti sociali sul valore della vita nascente è diventato un passaggio obbligato.


    Cavaco Silva firmò e promulgò con una certa solerzia la legge in questione. Solerzia che dimostrò anche nel mettere il veto a una serie di emendamenti del Partito Socialista (il cui leader Antonio Costa è anche presidente del Consiglio) finalizzati a depotenziare le restrizioni alla legge sull’aborto.


    E con la decisione di ieri del capo dello Stato, il Partito Socialista si trova di nuovo ad occupare la barricata opposta alla sua. I suoi deputati, infatti, hanno già annunciato di poter confermare la legge con la maggioranza assoluta dei parlamentari, superando così, come stabilisce la Costituzione, il veto del presidente.


    I fautori dei desideri delle coppie omosessuali, tuttavia, possono tirare un sospiro di sollievo anche per un altro motivo. Come detto, il presidente portoghese è agli ultimi giorni di mandato. La questione passerà a marzo sul tavolo del suo successore Rebelo de Sousa. E quest’ultimo, benché di centro-destra come Cavaco Silva, ha già annunciato di collocarsi nelle più comode posizioni del pensiero dominante. Tanto che in campagna elettorale aveva dichiarato: “L’importante è garantire l’interesse del minore, il sesso dei genitori è indifferente, non vedo ragioni per non firmare questa legge”.


    ____________________________________________________

    Certo, non c'è da cantar vittoria, questo presidente sta andando via e quello che verrà potrebbe rimettere in discussione questo veto.... tuttavia è importante capire e far comprendere che ogni singola persona, politico, legislatore può agire in autonomia e può dimostrare che andare contro corrente si può....
    perchè alla fine ciò che conta è quando, trovandoci davanti a Dio e ci chiederà: "TU CHE COSA HAI FATTO, per questo o quest'altro problema?" e a rispondere non sarà il partito o una lobby..... e questo presidente può camminare a testa alta....  



     


    INTERVENTO
    Mons. Luigi Negri
     

    Nel dibattito ecclesiale acceso dal disegno di legge sulle unioni civili, ricompare il dualismo, cioè la divisione tra una esperienza personale di fede  e l'impegno culturale, sociale e politico.

    di Luigi Negri*


    Family Day 20 giugno

    Nel dibattito che caratterizza questo momento della vita ecclesiale e sociale italiana attorno al disegno di legge sul riconoscimento delle unioni civili, e sulla possibilità di adottare figli da parte delle coppie omosessuali, si stanno profilando soprattutto in campo cattolico alcuni elementi che ripropongono in modo artificioso una situazione culturale che si pensava fosse stata definitivamente superata. 

    Ricompare il dualismo. Dualismo fra l’esperienza della fede ridotta a impegno della coscienza personale privata, caratterizzata da espressioni di autentica spiritualità; e l’impegno culturale, sociale e politico che non si collega strutturalmente alla fede, ma risponde ad una logica mondana che ha una sua consistenza, una sua dignità.

    Questo dualismo tra fede e cultura, tra fede e impegno culturale, sociale e politico, ha rappresentato il più grosso handicap per la vita della Chiesa - almeno quella italiana, che conosco più direttamente – grosso modo dal Concilio Ecumenico Vaticano II fino all’inizio del pontificato di san Giovanni Paolo II. Questa tendenziale separazione fra la vita di fede personale e l’impegno culturale sociale e politico ha fatto sì che la Chiesa sostanzialmente rischiasse di autoemarginarsi dalla vita della società. 

    Ritorna dunque questo dualismo per cui il problema di fronte alla vicenda politica attuale non sembra essere quello di contestare nei modi possibili l’approvazione di questa legge, che è evidentemente negativa nei confronti della struttura stessa della vita sociale, ma quello di comprendere personalmente le ragioni che stanno alla base di questo disegno di legge, immedesimandosi per quanto è possibile con i desideri umani che sostengono poi il cammino socio-politico.

    Ora è qui che secondo me avviene un ritorno a una situazione che è già stata portata a maturazione e superata da Giovanni Paolo e Benedetto. L’esperienza della fede è un’esperienza che unifica la persona e tale unificazione diviene matura nella misura in cui la persona partecipa alla vita e all’esperienza ecclesiale. Non sono due logiche diverse e contrapposte. La fede è un fatto eminentemente personale che tende per sua forza a investire la vita personale, i rapporti fondamentali che la persona ha, fino all’impegno nelle vicende e nelle situazioni socio-politiche. 

    Ricordo ancora a tantissimi anni di distanza con infinita gratitudine, che mons. Luigi Giussani mi consigliò di leggere un libretto aureo del cardinale Danielou: «La preghiera problema politico». Questa unità della persona si esprime poi a livello dei rapporti personali, delle capacità di coinvolgersi nella vita delle persone, di comprendere i problemi e le difficoltà, ma si esprime anche nel tentativo di investire la vita sociale offrendo a questa punti di riferimento, criteri di giudizio, valutazioni e prospettive in cui i cristiani credono di poter dare un contributo originale e di caratteristico alla vita della società.

    È indubbio che i mezzi di comunicazione sociale, le forze anticattoliche che sono alle spalle di questo movimento che sostiene il ddl Cirinnà, considerano già acquisito il risultato, falsificando alcuni elementi; per esempio quelli – come dimostrato – che riguardano il numero dei paesi in cui queste nuove strutture giuridiche sono in atto. Ritenendo che l’Italia sia obbligata dalle decisioni o, meglio ancora, dagli inviti dell’Unione Europea ad attuare questo.

    In questo momento lo stesso impeto che apre la nostra vita personale ai nostri fratelli uomini, ci deve costringere ad essere presenti nell’ambito specifico della vita politica e addirittura nel tentativo di entrare in maniera positiva nel dibattito parlamentare. Ed è la stessa logica di fede e di missione che caratterizza la vita di carità personale, che impone a una minoranza come quella cattolica, priva ormai di effettive rappresentanze parlamentari, se non in numero ridotto, di farsi presente attraverso uno strumento - la manifestazione pubblica - che la vita sociale e politica attuale considera una autentica e correttissima forma di pressione.

    Dire che l’uomo di fede deve ridursi agli impegni della coscienza personale, della cosiddetta testimonianza privata, tralasciando tutto quel che riguarda l’impegno a giudicare dal punto di vista della fede e a intervenire dal punto di vista della cultura che nasce dalla fede nelle questioni significative della vita culturale e sociale, è una posizione che è di certa parte della Chiesa cattolica nei decenni scorsi, ma che oggi può essere assunta tanto in quanto si pretende di eliminare l’insegnamento del magistero della Chiesa lungo tutto i grandi momenti della Dottrina sociale nel XIX e XX secolo e soprattutto nel magistero morale, sociale e politico di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

    La vicenda che si svolge nel cosiddetto mondo della cristianità italiana è una vicenda di grande importanza che deve essere affrontata con grande chiarezza teologica senza quegli emotivismi e sentimentalismi che non fanno procedere il discorso ma lo confondono sempre di più.

    Siccome in questa vicenda, dalla stampa più di una volta è stato fatto riferimento alla testimonianza, all’insegnamento, alla presenza di mons. Luigi Giussani, con cui ho potuto sostanzialmente convivere per oltre 50 anni, posso affermare che è impensabile identificare la sua posizione con il riformularsi di quei dualismi che egli aveva combattuto appassionatamente lungo tutto la sua storia. 

    Il rifiuto del dualismo delle scelte religiose, della riduzione privatistica della fede, del silenzio di fronte alle questioni della vita politica, cultura, sociale, sono stati di grande intendimento ecclesiale e pastorale di mons. Giussani. Voleva creare un movimento, cioè un popolo cristiano, che forte della sua identità, animato dalla carità e dalla missione, sapesse intervenire in maniera originale e creativa in tutti gli spazi della vita culturale, sociale e politica. E non attento agli esiti, che dipendono sempre da molti fattori, ma attenti al fatto che attraverso questa testimonianza pubblica si incrementasse la fede. Dopo averla sentita, don Giussani aveva fatto sua la grande espressione di san Giovanni Paolo II: la fede si incrementa donandola, si irrobustisce donandola. E quell’altra grande intuizione: che è cioè la missione, l’identità e il movimento di ogni realtà ecclesiale. 

    * Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa


    - Lgbt: Un milione in piazza? Non fateci ridere, di A. Lavelli







    [Modificato da Caterina63 29/01/2016 00:28]
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    00 30/01/2016 00:48


    Adozioni gay: il ‘No’ di una figlia cresciuta da due ‘papà

     
     

    Quando si parla di unioni civili, inevitabilmente, si parla di bambini. Sì, perché il vero obiettivo delle lobby Lgbt sono le adozioni gay: arrivare alla possibilità di “mettere al mondo” (lo mettiamo tra virgolette perché per fare un bambino servono, e serviranno sempre, due persone di sesso diverso!) e crescere un bambino già orfano di madre o di padre.

    Le conseguenze della privazione di una delle due figure genitoriali di riferimento (ne abbiamo parlato qui e qui) sono, in Italia, un tema ancora abbastanza sconosciuto, dal momento che i piccoli cresciuti da coppie omosessuali non hanno ancora raggiunto l’età per poter raccontare la loro esperienza.

    All’estero, però, le testimonianze di ragazzi e ragazze cresciuti in coppie omogenitoriali sono molte. Il portale Aleteia ha recentemente ospitato il racconto di Dawn Stefanowicz (della quale avevamo già parlato qui), residente in Canada, dove il matrimonio gay è consentito dal 2005.

    La donna è autrice del libro Out From Under: The Impact of Homosexual Parenting, in virtù del quale “Più di 50 figli adulti cresciuti da genitori LGBT si sono messi in contatto con me e hanno condiviso le mie preoccupazioni sul matrimonio e la genitorialità omosessuali. Molti di noi lottano con la propria sessualità per via dell’influenza dell’ambiente familiare in cui sono cresciuti“.

    Dawn Stefanowicz lamenta la forte restrizione di libertà di parola che si è verificata in Canada da quanto è stato introdotto il matrimonio gay: dirsi contrari è diventato pressoché impossibile, pena “[…] conseguenze disciplinari o il licenziamento o si può essere perseguiti dal Governo“.

    Ma le parole che più colpiscono sono quelle che narrano gli aspetti che l’hanno interessata più da vicino, nella sua intimità di bambina. Scrive infatti la donna: “I bambini non sono beni da poter staccare in modo giustificabile dai genitori naturali. Nelle famiglie omosessuali, i bambini negheranno spesso il proprio dolore e fingeranno di non sentire la mancanza di un genitore biologico, sentendosi pressati a esprimersi positivamente per via della politica che circonda le famiglie LGBT. Quando i bambini perdono un genitore biologico per morte, divorzio, adozione o tecnologia riproduttiva artificiale, sperimentano un vuoto doloroso. È lo stesso per noi quando il nostro genitore gay porta nella nostra vita il/i proprio/i partner dello stesso sesso, che non potrà/potranno mai sostituire il nostro genitore biologico […] Le madri e i padri apportano doni unici e complementari ai propri figli. Contrariamente alla logica del matrimonio omosessuale, il genere dei genitori conta per il sano sviluppo dei figli. Sappiamo, ad esempio, che la maggior parte degli uomini in carcere non ha avuto il padre in famiglia. I padri, per loro natura, assicurano identità, instillano direzione, danno disciplina, confini, e costituiscono un esempio per i figli, ma non possono far crescere i figli nel proprio grembo o allattarli.Le madri allevano i figli in modi unici e benefici che non possono essere sostituiti dai padri. […] Il matrimonio omosessuale non solo priva i bambini dei propri diritti alla genitorialità naturale, ma dà allo Stato il potere di non tener conto dell’autorità dei genitori biologici, il che significa che i diritti genitoriali vengono usurpati dal Governo“.

    I bambini hanno naturalmente bisogno di avere una mamma e di un papà. E ne hanno tutto il diritto. Così come tutti i cittadini dovrebbero avere il diritto di parlare del matrimonio quale unione tra un uomo e una donna senza timore di essere tacciati quali “omofobi” e di subire conseguenze anche pesanti solo in virtù del loro pensiero.

    Coloro che oggi, in Italia, parlano di matrimonio gay, stepchild adoptioin e utero in affitto si basano forse troppo sui propri desideri e, di contro, negano i diritti altrui e il dato di natura. Tuttavia dall’estero arrivano già tutti i segnali di cui ci sarebbe bisogno per capire che il Bel Paese, più che arretrato è fortunato: può sfruttare l’esperienza altrui per dire “No”, e fermarsi in tempo. Anche se il timore della nostra Redazione è che, a breve, dovremmo anche noi dire col Morandotti che “La storia insegna che la storia non insegna nulla“…

    Chiudiamo ancora con le parole di Dawn Stefanowicz, che vogliono essere un appello alla coscienza di ciascuno: “Sono una dei sei figli adulti di genitori gay che di recente hanno presentato degli amicus brief alla Corte Suprema statunitense chiedendole di rispettare l’autorità dei cittadini di mantenere la definizione originaria del matrimonio: un unione tra un uomo e una donna con l’esclusione di tutti gli altri, di modo che i figli possano conoscere i propri genitori biologici ed essere cresciuti da loro“.

     

    Redazione Papaboys (Fonte www.provita.it)





    Il tracollo mentale profetizzato da Chesterton

    Il problema di oggi non è la decadenza morale, ma è quella caratteristica del pensiero unico profetizzata da Chesterton: «Le cose vengono decise tramite associazioni di idee invece di ricorrere ad argomentazioni basate sulla realtà»

    di GIUSEPPE ZOLA

    Il genio spesso è anche profetico. L’ho pensato rileggendo un passo del grande Chesterton, laddove scrive che «il mondo moderno ha subito un tracollo mentale, molto più consistente del tracollo morale. Le cose vengono decise tramite associazioni di idee invece di ricorrere ad argomentazioni basate sulla realtà». Il nostro G.K.C. sosteneva circa novanta anni fa ciò che sta avvenendo ai nostri giorni, nei quali pare che si sia perso proprio il ben dell’intelletto: oggi non si ragiona più sulla base di dati di fatto, ma solo con slogan che allontanano dalla verità della realtà.

    Un caso esemplare è dato dall’uso assolutamente irrazionale che si sta facendo della parola “diritti”. Il “diritto” dovrebbe riguardare aspetti attinenti alle dimensioni essenziali della vita di ogni uomo e di ogni donna, come la vita, l’educazione, il lavoro, l’abitare, la salute. Per «associazioni di idee», invece, oggi ogni desiderio o, peggio ancora, ogni capriccio viene fatto assurgere a diritto e pertanto la nostra vita sociale si è riempita di “diritti”, con i quali, senza più pudore, si pretende di sconvolgere l’ordine naturale delle cose. E non solo, si pretende di sconvolgere la mente di interi popoli, che credono di diventare moderni per il solo fatto di adeguarsi a quelli che i salotti culturali (?) chiamano, appunto, diritti.

    Così, è diventato diritto delle donne quello di interrompere il corso di una vita nascente già in essere, mettendolo al posto del dovere di custodire con delicatezza quella stessa vita. E’ diventato diritto quello di avere a tutti i costi un figlio, anche quando la struttura biologica di una persona non lo permetterebbe, abbandonando così sia la realtà che il buon senso. Sta diventando diritto, secondo la pazzia del momento, la possibilità di scegliere il proprio sesso, indipendentemente dal proprio assetto fisico ed in questo caso tale diritto sfida non solo la realtà, ma lo stesso Creatore: è la bestemmia più moderna. Che fare di fronte a questa valanga di pseudo-diritti?

    Ancora Chesterton ha scritto che «la fede cattolica, che preserva sempre le virtù fuori moda, in questo momento è sola nel difendere l’intelligenza indipendente della persona». C’è, allora, una strada: quella di porre resistenza a questa invasione di sedicenti diritti, ponendosi, credenti e non credenti, alla sequela di quella esperienza bimillenaria che, pur tra molti errori e molti peccati, preserva comunque sempre la verità e la realtà della persona. Il cristianesimo non bara. Non illude la gente e, soprattutto, non la prende in giro. Dice pane al pane e vino al vino. Non scambia i capricci dell’istinto dell’uomo con i diritti civili.

    Molti si lamentano dell’epoca attuale, mostrando nostalgia per i “nostri tempi” e si lamentano soprattutto degli aspetti morali della nostra decadenza. Probabilmente sbagliano, perché ha ragione Chesterton: il tracollo è «mentale» prima che morale. E’ dalle idee e dalla testa che nascono tutte le cose buone, ma anche tutte le pazzie che si intromettono nella storia umana. E’ culturale il vero problema e si sbaglia a sottovalutare tale dimensione della vita: e, in questo, rischiano di sbagliare sia i cattolici che i liberali. Personalmente, cerco di sbagliare il meno possibile e, per questo, sabato prossimo 30 gennaio, sarò a Roma al Family Day, per dare il mio piccolo contributo (ma se siamo in tanti il contributo sarà grande) ad evitare al mio Paese un grave «tracollo mentale».



    [Modificato da Caterina63 30/01/2016 12:36]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 31/01/2016 00:27

      2 milioni per la Famiglia, un fiume di gioia



    012 Family Day 2016Un fiume di gioia serena e senza incidenti ha invaso Roma. Nessun cassonetto bruciato, nessuna violenza fisica o verbale ma la chiarezza gioiosa della Verità antropologica sulla famiglia. Un papà, una mamma e il dono dei figli.
    Un appello unico nella storia della Repubblica che fa la storia in questo mondo malato di individualismo e ritmato dal mercato.
    La gioiosa evidenza del reale. Il rispetto della Costituzione. Il rispetto del diritto dei figli di avere un papà ed una mamma.

    CLICCA Qui una ampia gallery a 360 gradi

    premesso che... 2 milioni ci sembrano troppi anche a noi, basta vedere le foto, resta chiaro il successo della manifestazione e la voglia di migliaia e di migliaia di persone a difendere la vera Famiglia.... e di certo erano molti e migliaia di più della contro-manifestazione tenuta qualche giorno prima.....






    Le parole di Costanza Miriano al Circo Massimo

     
    Sono sicura che se siete venuti qui partendo di notte, attraversando il mare e le montagne, rinunciando magari ai soldi per un vestito nuovo, non è solo per dire no a una legge sbagliata. Siamo qui perché la vita è una cosa seria, e quando è minacciata abbiamo il dovere di alzarci in piedi, non con rabbia ma da risorti.
     
    Siamo qui a dire che la famiglia è il vero bene dell’uomo, di ogni uomo, è un patrimonio di tutti, e le leggi che la feriscono sono una sconfitta per l’umanità, tutta.


     
    Noi non siamo qui a combattere per i principi, noi siamo qui per le persone, per la loro carne e per la loro anima. La famiglia è l’unione di un uomo e di una donna aperti alla vita, e non c’è bisogno di essere cristiani per capirlo. La famiglia è il luogo in cui i bambini imparano a voler bene, vedendo i genitori che continuamente, ogni giorno si perdonano per il fatto di essere così diversi, maschio e femmina. Ma se il pensiero unico nella parte ricca del mondo cerca di dire un’altra cosa, noi cristiani vogliamo continuare a dire la verità dell’uomo. La verità di ogni uomo è Cristo, anche per chi non lo conosce ancora, e noi abbiamo la gioia di annunciarlo, con umiltà e con fermezza, senza giudicare ma raccontando quello che ha guarito e salvato le nostre vite ferite.
     
    clicca sull'immagine per ingrandire


    Noi donne abbiamo un compito speciale. Le nostre viscere sanno cosa vuol dire custodire la vita. Anche quelle che non hanno avuto la gioia di essere madri hanno il compito di chinarsi sulla vita quando è più debole e di aiutarla a crescere. Noi donne, a cui Dio ha affidato l’uomo, dobbiamo aiutarlo ad alzare lo sguardo, a vedere il bene e la bellezza a cui ogni uomo è chiamato. Riprendiamoci questo ruolo che stiamo dimenticando per emanciparci, torniamo a essere vere donne capaci di accoglienza, e se lo faremo i nostri uomini torneranno a essere capaci di grandezza.

    * * *
    Quello che avrei voluto aggiungere se avessi avuto più tempo:

    Ci dicono che siamo in ritardo, che dobbiamo far presto ad approvare questa legge per metterci alla pari. Ma alla pari con chi? Quali sono i paesi che stanno avanti? Quelli che vogliono che a nessun bambino down sia permesso di vivere? Quelli che vogliono l’eutanasia per i bambini malati e i vecchi improduttivi? L’aborto sempre, anche al sesto mese? Quelli stanno avanti nel declino di questa Europa in cui si nasce sempre di meno e ci si suicida sempre di più? Noi siamo l’Italia e fermeremo questa ondata che sta sconfiggendo l’umanità. A noi che fondavamo il diritto quando i barbari ancora si tingevano la faccia, non ce ne importa niente se “ce lo chiede l’Europa”. Ce lo chieda pure, ma noi diciamo no.
    Fermiamo questa legge che chiama diritti i desideri, fermiamo questa legge che chiama civili pratiche barbare come l’utero in affitto, fermiamo questa legge che non vuole il vero bene delle persone omosessuali (e tanti sono qui con noi), e metteremo un fronte nel cuore dell’Europa. Fermeremo la sconfitta dell’umanità nella culla della civiltà occidentale.








    Family Day 2016: avvertimento

    Il Family day ha davvero il sapore di qualcosa di storico. Perché due milioni di persone hanno deciso di affrontare la fatica di un lungo viaggio pur di metterci la faccia ed essere presenti qui per testimoniare a tutta l’Italia la bellezza della famiglia e soprattutto per dire un secco no al ddl Cirinnà e all’istituzione delle unioni civili, per dire che un figlio non è un diritto.

    I NUMERI CHE DANNO FASTIDIO da Libertà e Persona

    di Andrea Lavelli

    L’area del Circo Massimo inizia già dalla tarda mattinata a riempirsi di una marea di persone. Sono famiglie con bambini piccoli al seguito, tantissimi giovani e adolescenti, persone di diversi movimenti di ispirazione cattolica, ma anche tanti appartenenti ad altre confessioni religiose.

    Saranno in due milioni alla fine a riempire il Circo Massimo per una giornata, quella del Family day, che ha davvero il sapore di qualcosa di storico. Perché due milioni di persone hanno deciso di affrontare la fatica di un lungo viaggio pur di metterci la faccia ed essere presenti qui per testimoniare a tutta l’Italia la bellezza della famiglia e soprattutto per dire un secco no al ddl Cirinnà e all’istituzione delle unioni civili, per dire che un figlio non è un diritto, che i bambini non si comprano e gli uteri non si affittano. Perché, dopo il già grande successo della prima manifestazione di Piazza san Giovanni, si tratta dell’ennesima conferma che in Italia in questi anni un popolo ha cominciato ad alzare la testa e a prendere coscienza della sua responsabilità di difendere la verità del matrimonio e i diritti dei bambini.

    “Oggi avete cambiato la storia di questo Paese perché una piazza così non si era mai vista: Adesso il palazzo vi ascolti!” ha scandito Mario Adinolfi nel corso della prima parte della giornata in cui hanno preso la parola i membri del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, promotore dell’evento. “Questa piazza oggi ha parlato! un popolo dato per disperso e irrilevante oggi si è manifestato attraverso di voi per dire che i diritti civili esistono e sono i diritti dei bambini perché i figli non si pagano. Il ddl Cirinnà vuole attaccare il cartellino del prezzo al ventre delle madri e accanto al nome dei nostri figli: questo non sarà concesso! No al ddl Cirinnà!”

    Lo slogan viene scandito più volte dalla folla oceanica: a testimoniare il desiderio della piazza anche i tanti striscioni che espressamente chiedono il ritiro del ddl sulle unioni civili, tra cui spicca un significativo #Renziciricorderemo.

    “Ancora una volta siamo qui per dimostrare l’ovvietà, cioè che la famiglia è composta dall’unione di una donna e di un uomo, che un bambino ha bisogno di un papà e una mamma e che non si può mercificare il corpo di una donna per il desiderio egoistico di due uomini: ecco perché ci opporremo a questo indigeribile pasticcio giuridico senza se e senza ma,” è stato invece l’intervento di Gianfranco Amato, presidente di Giuristi per la Vita. “Vogliamo anche dare una parola di speranza a questo uomo di oggi così smarrito, per dirgli che esiste un Dio tenero e misericordioso che lo ama di un amore infinito”.

    Sul palco è intervenuta anche Costanza Miriano che ha anche ringraziato tutti coloro che hanno permesso la realizzazione materiale del Family Day attraverso le loro donazioni. Di utero in affitto, abominevole pratica che il ddl Cirinnà andrebbe implicitamente a sdoganare, ha parlato Jennifer Lahl, fondatrice e presidente del Center for bioethics and culture network che si batte proprio contro la pratica dell’utero in affitto: “La maternità surrogata sfrutta le donne, le rende schiave e le tratta come fabbriche di bambini a pagamento. Tratta i bambini come oggetti da comprare e rivendere, da progettare in base ai gusti dei genitori e da scartare quando non sono più graditi”.

    Ha preso poi la parola Zelijka Markic, leader dell’iniziativa “Nel nome della famiglia” che in Croazia, a fronte dell’approvazione della legge sulle unioni omosessuali da parte del governo, è riuscita nell’impresa di indire un referendum (il primo di indizione popolare nella storia dello Stato balcanico) che ha poi stabilito costituzionalmente che il matrimonio si basa sull’unione tra un uomo e una donna. “Il matrimonio è il fondamento della famiglia, prima cellula della società, ed è il luogo migliore per generare e crescere i figli ed è per questo che lo Stato protegge il matrimonio,” ha detto dal palco del Circo Massimo. “Avere cura in primis del proprio matrimonio è fondamentale ma non basta, perché questa ideologia che si sta imponendo nella nostra società ha effetto su tutti: non possiamo far pagare ai nostri figli il prezzo di una battaglia che siamo noi a dover combattere”.

    A concludere questa storica manifestazione di piazza l’intervento del portavoce nazionale del comitato Difendiamo i Nostri Figli, il dottor Massimo Gandolfini: “si sente dire che l’Italia è il fanalino di coda dell’Europa perché l’unica nell’Europa occidentale a non avere una legislazione sulle unioni civili. L’Italia invece è il faro che sta indicando la civiltà al nostro continente,” ha scandito il neurochirurgo. “Perché è profondamente incivile programmare la nascita di un orfano, è incivile l’idea di comprare l’utero di una donna: non si può trasformare un desiderio in un diritto”.

    Parlando del ddl Cirinnà, Gandolfini ha poi detto che “è assolutamente necessario fare un’operazione radicale: non si tratta di cambiare qualche parola per rendere accettabile questo testo… Deve essere totalmente respinto!”. Ai tanti politici presenti, Massimo Gandolfini ha poi ricordato la loro responsabilità di essere rappresentanti in parlamento di questa richiesta precisa formulata dalla piazza, la stessa piazza a cui dovranno rispondere al momento delle elezioni.

    “La storia dell’Europa dimostra che non di rado salti qualitativi nella sua cultura sono stati propiziati dalla testimonianza, spesso pagata con il sacrificio personale, di pochi coraggiosi, perché la forza della verità si impone da sé, perché è la verità,” ha concluso Gandolfini. “Non possiamo mai dire che tutto e perduto. A noi la battaglia a Dio la gloria”.

     





    [Modificato da Caterina63 31/01/2016 16:29]
    Fraternamente CaterinaLD

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    00 31/01/2016 00:58
    [SM=g1740722]

    Un grazie a TV2000
    il video integrale della manifestazione

    www.youtube.com/watch?v=uyDPMCB7ZcM&feature=youtu.be

    CRONACA


    16.22 – L’Osservatore Romano: “Partecipazione ampia e trasversale”
    L’Osservatore Romano benedice il Family Day. “Un giorno per la famiglia”, è il titolo scelto dal quotidiano della Santa Sede per descrivere lo spirito della manifestazione al Circo Massimo. “Partecipazione ampia e trasversale, espressione di tutte le anime della società italiana, per il Family Day, la manifestazione contro il disegno di legge che introduce le unioni civili per le persone omosessuali ‘quale specifica formazione sociale'”, registra il quotidiano della Santa Sede.

    16.14 – Gandolfini ai politici: Nel nostro Paese un milione e 420 famiglie sono al di sotto della soglia di povertà”. Da qui parte la sfida, l’appello, l’avvertimento ai parlamentari: “Un giorno delle vostre azioni dovrete rendere conto”, “Qui ci sono elettori di tutti i partiti. Vi dico: guardate chi ci sta aiutando e chi vi oscura”, “I prossimi passaggi della legge li seguiremo minuto per minuto e vedremo chi ha ascoltato il messaggio di questa piazza e chi lo ha messo sotto i tacchi”.
    “Vedremo chi ci aiuterà e chi no”
    “Qui ci sono elettori di tutti i partiti. Vi dico: guardate chi ci sta aiutando e chi vi oscura” sullo stop al ddl Cirinnà. “I prossimi passaggi della legge li seguiremo minuto per minuto e vedremo chi ha ascoltato il messaggio di questa piazza e chi lo ha messo sotto i tacchi”. Lo afferma Massimo Gandolfini al Family Day chiudendo la manifestazione al Circo Massimo.

    16.09 – Gandolfini: “Inaccettabile adozione mascherata da affido”

    16.05 – Gandolfini: “Ddl Cirinnà sia totalmente respinto”
    “Il ddl Cirinnà sia totalmente respinto: non bastano operazioni di maquillage”. Così Massimo Gandolfini dal palco del Family Day. “Non è possibile che ci sia una classe politica ideologica. Le femministe dovrebbero vomitare all’idea che si possa comprare l’utero”, ha proseguito Gandolfini. “E’ messa in discussione – dice – la verità stessa dell’uomo, non si possono fare mediazioni”.

    15.58 – Gandolfini: “Senza limiti la nostra società diventa folle”

    15.53 – Meloni: “Sono incinta e sono sempre più convinta del no a legge”
    “Ho appena scoperto di aspettare un bambino”, e per questo “sempre più convinta che il ddl è una legge contro i bambini”. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, annuncia al Family Day di essere incinta. “Questa manifestazione non è assolutamente fatta contro qualcuno se non contro il ddl Cirinnà. Il vero obiettivo di quella legge – spiega la Meloni – sono le adozioni per le coppie omosessuali”.







    [Modificato da Caterina63 31/01/2016 09:23]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 01/02/2016 00:58
      GRAZIE BERLICCHE

    Scusate, signori miei, spiegatemi bene.
    Aspettavate di vedere se si riempiva il Circo Massimo? Bene, è stato riempito. Fino all’orlo, e io lo so perché ero sull’orlo. Ne aspettavate di più? Io francamente no. Anche perché non ci sarebbero stati. Mi dicono che già così ne sono rimasti fuori un sacco. Quando sono entrato io, verso mezzogiorno, mancavano due ore ma era già praticamente pieno, dopo ci si è accicciati un po’ di più. Io ho provato a contare, ma è difficile con così tante teste. So solo che nelle code ai cessi chimici c’era più gente che alla svegliaitalia della settimana scorsa.

    Ripeto, volevate più gente? All’arrivo a Stazione Termini siamo stati accolti da un nugolo di fotografi che manco le rockstar. Un tizio con una reflex esagerata e la faccia di furetto ci ha chiesto “E i bambini? Dove sono i bambini?” Avrei voluto dire: ma sai quanto costa un viaggio andata e ritorno da Torino? Se la famiglia, quella vera, fosse un poco favorita, magari ce lo saremmo potuti anche permettere di venire tutti. Ma non se voglio fare le vacanze, comprare un regalo, mangiare. Ci sono qui io, in rappresentanza di tutti.
    Ed ecco il secondo punto. Alle manifestazioni in generale uno conta uno. Stavolta per ognuno di quelli che sono venuti ce ne sono tre, quattro, dieci che sono rimasti a casa. Me lo hanno detto, volevamo venire, ma non ci riusciamo. Perché non è che tutti, in una settimana, riescono a sganciarsi. A noi il viaggio non lo pagano i sindacati, o il partito. Eravamo “solo” trecentomila? Cinquecentomila? Allora eravamo realmente uno, due, cinque milioni. Uominidonnebambini. Gioiosi. Lieti. Lietamente arrabbiati, ma di quell’arrabiatura che non è cattiva, di quella che ti fa dire, bene, facciamo qualcosa. Persino quel gruppetto vestito di nero e capelli un po’ corti, che quando erano entrati avevano volti tesi che facevano un po’ timore. Li ho rivisti verso la fine, ce n’era uno che sembrava un armadio a due ante, braccia tatuate grosse come le mie cosce, che agitava una bandiera con una faccia da bambino, e non faceva più paura. E mi dicevo, guarda cosa ci vuole per battere la violenza e far battere il cuore. Un po’ di piccoli, un po’ di gioia, parole vere.

    Per cui non si è mandato nessuno al’inferno, o affan, come in altre piazze. Nessuno, nemmeno chi ci vuole male, e a leggere i giornali sono tanti. Tanti che minimizzano, o cercano di far dire altro a chi ha parlato. Signori miei, noi c’eravamo, e se scrivete cose false la conseguenza sarà che non vi crederemo più. Credere ha la stessa radice di credito. Non si darà più credito a chi ha dimostrato di non meritarlo. Chi sono coloro che ci stanno aiutando e coloro che ci oscurano, come dice Gandolfini nel video completo, qui sotto, al minuto 1:58:30 circa. Perché noi c’eravamo.

    C’eravamo. Siamo venuti, avvisati all’ultimo, di tasca nostra, senza un partito, un sindacato, un’organizzazione, un movimento, una Chiesa che ci abbia sponsorizzato. Tantissimi. Più di quanti potesse contenerne quel Circo Massimo che ora, solo per noi, minimizzate.
    Vi dico, meglio il nostro Circo Massimo del vostro circo minimo di pagliacci, prestigiatori e funamboli scadenti. Siete pochi, siete scalcagnati. Avete sponsor potenti, e i soldi e il potere possono molto, è vero. Ma le bugie non durano, specie quelle che si vivono.
    Quella di ieri non è stata una bugia. E’ stata giornata molto bella. Non è troppo tardi per lasciare il vostro circo e unirsi al nostro, senza più fingere. Ritrovare la gioia.




    Card. Bo: attacchi alla famiglia più pericolosi dell'atomica

    Card. Charles Bo - AFP

    Card. Charles Bo - AFP

    01/02/2016 

    L’Asia e l’Africa "lottano per la sopravvivenza di famiglie povere, oppresse. Le nazioni ricche hanno deviato l’attenzione dalla povertà e dall’oppressione, parlando di nuove forme di famiglie, di nuove forme di genitorialità. Più ancora della bomba atomica, del terrorismo, un pericolo mortale si affaccia sull’umanità intera, perché alcune nazioni hanno scelto la via della distruzione della famiglia attraverso le leggi”. È quanto ha sottolineato il card Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e legato pontificio, nell’omelia della Messa conclusiva del 51° Congresso eucaristico internazionale, che si è svolto a Cebu (Filippine) dal 25 al 31 gennaio.

    La famiglia deve essere protetta, promossa e nutrita
    Incentrato sul tema “Cristo in voi, speranza della gloria” - riferisce l'agenzia AsiaNews - l’appuntamento è stato occasione di confronto sul tema dell’evangelizzazione e della missione non solo in Asia, ma in tutto il mondo. Il cardinale ha usato parole durissime contro quanti minacciano la base della vita e l’unione familiare. Esaltando, al contempo, il ruolo della Filippine quale faro dell’evangelizzazione per il terzo millennio. “L’Eucaristia è seminata all’interno della famiglia - ha spiegato il card. Bo - e germoglia al suo interno. La famiglia è il luogo della prima comunione. La famiglia è il nucleo primario della Chiesa” ed è il luogo in cui “ogni giorno si spezza il pane”. Per questo, avverte, “deve essere protetta, promossa e nutrita”. 

    Il più grande pericolo per l’umanità oggi è la distruzione della famiglia
    “Papa Francesco - prosegue il porporato - ha espresso tre grandi preoccupazione negli ultimi tre anni che riguardano il mondo intero: famiglia, ingiustizia ambientale, ingiustizia economica. Ma il più grande pericolo per l’umanità oggi è la distruzione della famiglia. Purtroppo, anche in seno alla Chiesa cattolica si fatica a capire il pericolo terribile che corre la famiglia”. 

    L’Eucaristia ha rafforzato i rapporti tra le Chiese di vari Paesi
    Illustrando la settimana di incontri e riflessioni appena conclusa, l’arcivescovo di Yangon ha ricordato che “veniamo da molte nazioni, parliamo lingue diverse. Ma come nel giorno di Pentescoste, l’Eucaristia rafforza i nostri rapporti”. Questo è un momento “di Grazia”, impreziosito dall’ospitalità delle Filippine e dei suoi abitanti, che il porporato birmano definisce “apostoli del sorriso”. 

    La centralità delle Filippine nella missione del terzo millennio
    Proprio nell’omelia, il porporato birmano ha inoltre voluto sottolineare la centralità delle Filippine nella missione del terzo millennio. All’unica nazione asiatica a maggioranza cattolica, avverte il porporato, destinata a “gloria, prosperità e spiritualità”, spetterà il compito di “essere luce non solo per l’Asia, ma per il mondo intero”. “Le Filippine - ha detto - hanno bisogno di speranza. La Chiesa ha bisogno di speranza. Le nostre famiglie hanno bisogno di speranza. Il mondo di oggi ha gran bisogno di una parola di quattro lettere: Hope (speranza)”. In questo senso le Filippine, “la più grande nazione cattolica dell’Asia, è portatrice di grande speranza” afferma il card Bo che non vuole “negare le sfide, povertà, insicurezza, migrazione”, ma avverte anche che questa nazione “possiede grandi potenzialità per tutto il mondo cattolico”. 

    Filippine: terra di grazia per integrità familiare e giovani
    Riprendendo il tema della famiglia, il card Bo ricorda che le Filippine hanno due tipi diversi di grazia: “La vostra integrità familiare è forte. Avete il tasso minore di divorzi della regione. Molte nazioni ricche hanno denaro ma non hanno famiglie. E per secondo, il numero di giovani. Che sono una benedizione!”. 

    Eucarestia: fonte e vetta del nostro impegno di vita
    In conclusione, il porporato rilancia “la centralità” dell’Eucaristia che resta “la fonte e la vetta del vostro impegno di vita”. “Dobbiamo sentirci rinvigoriti dalla teologia dell’Eucaristia”, ha concluso il card Bo, “ricordandoci sempre che la Prima Eucaristia è stata celebrata da un uomo condannato, un uomo senza poteri, un uomo il cui cuore “era in subbuglio”. Ma il potere dell’Eucaristia - avverte - scorreva da quelle mani vuote. E continua a ispirarci. L’Eucaristia è vera presenza, l’Eucaristia è missione, l’Eucaristia è servizio”. (R.P.)






     

    [Modificato da Caterina63 01/02/2016 14:01]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 03/02/2016 18:58

       dal sito SOCIETA' ITALIANA DI PIEDATRIA....

    unioniIl dibattito di queste settimane sul DDL Cirinnà sulle unioni civili e sulla stepchild adoption che approderà domani  in Senato si è mantenuto prevalentemente su una sfera esclusivamente politica ed ideologica.

    Come pediatri riteniamo invece che la discussione dovrebbe comprendere anche i profili clinici e psicologici del bambino e dell’adolescente. Non è infatti scontato che avere due genitori dello stesso sesso non abbia ricadute negative sui processi di sviluppo psichico e relazionale nell’età evolutiva.

    La maturazione psicologica di un bambino si svolge lungo un percorso correlato con la qualità dei legami affettivi all’interno della famiglia e con i coetanei. La qualità delle relazioni umane e interpersonali, nonché il livello di stabilità emotiva e la sicurezza sociale di un bambino, sono conseguenze di una maturazione psicoaffettiva armonica.

    Studi e ricerche cliniche hanno messo in evidenza che questi processi possono rivelarsi incerti e indeboliti da una convivenza all’interno di una famiglia conflittuale, ma anche da una famiglia in cui il nucleo genitoriale non ha il padre e la madre come modelli di riferimento.

    Quando si fanno scelte su temi di così grande rilievo sociale, che incidono sui diritti dei bambini a crescere in sistemi protetti e sicuri, non possono essere  considerati solo i diritti della coppia o dei partner, ma va valutato l’interesse superiore del bambino, nello spirito di quanto stabilito dalla Dichiarazione dei Diritti del bambino e dalla successiva Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia.

    Giovanni Corsello

    Presidente SIP








    PERLE DI SAGGEZZA 

    "Diciamocelo chiaramente: con la 'stepchild adoption' si concede il diritto a un padre naturale di estendere la genitorialità a chi desidera lui. Non vedo proprio la tutela di un diritto del bambino.
    Ci potrà essere qualche caso limite. Ma non si legifera mai per i casi limite, quanto per i casi ordinari. E qui, di ordinario, vedo piuttosto l'aspirazione di qualcuno a utilizzare la maternità surrogata nascondendosi dietro il presunto interesse del bambino"

    Ugo De Siervo 
    (ex presidente della Corte Costituzionale)









    Non so voi, ma io che ho 53 anni ricordo come negli anni '80 si fece una campagna contro l'allattamento al seno perchè, si diceva, faceva venire i tumori alle donne... frottole.... era solo l'inizio della campagna lobbistica omosessualista che stava arrivando dove voleva arrivare oggi.... IL BAMBINO NON HA BISOGNO - DICONO OGGI - DELL'ALLATTAMENTO AL SENO..... e così giustificano i figli surrogati, TOLTI ALLA MADRE APPENA NATI perchè è l'altro LUI che sostituendola non può allattare il neonato e l'allattamento CREA UN LEGAME CON IL NEONATO..... Nessuno si chiede come mai alle coppie omosessuali NON interessano i bambini dagli 8 anni in su?    Vi ricordo che questi figli comprati VENGONO STACCATI DALLA MADRE APPENA NATI proprio per evitare quel legame NATURALE che assicura invece, a livello psicologico, una stabilità affettiva ed equilibrata....



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    L’allattamento del «concetto antropologico» è una garanzia

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    bambino

     

    L’altra sera, nel corso di una trasmissione televisiva, un signore – forse per legittimare la propria condizione di componente di una coppia dello stesso sesso con bambini – all’udire la parola madre, figura genitoriale negata ab origine ai figli che con il compagno si è procurato tramite l’utero in affitto, ha subito ribattuto: «La madre non esiste, è un concetto antropologico». Confesso di essere rimasto sbalordito non tanto dalla sfrenata fantasia di questo signore, bensì dall’assordante silenzio che, nello studio televisivo in questione, ha accolto una simile assurdità, sconfessata da migliaia di studi scientifici. Infatti detto, presunto «concetto antropologico», per i figli, è una garanzia sin dall’allattamento, cosa che i padri – neppure se in coppia e innamoratissimi – non sono capaci di assicurare.

    Una garanzia, a ben vedere, sotto molti punti di vista: i bambini che a tre mesi lasciano il seno materno hanno un rischio triplo di deficit di attenzione e iperattività (Breastfeeding Medicine, 2013), quelli allattati invece corrono meno rischi di infezioni respiratorie ed episodi di diarrea (Lancet Glob Health, 2015) e una volta cresciuti mostrano pure migliori risultati scolastici e meno problemi socio-emotivi (J Epidemiol Community Health, 2012). Le stesse madri beneficiano dell’allattamento e, secondo recenti stime, ben ventimila morti per cancro al seno o alle ovaie potrebbero essere evitate grazie al più materno dei gesti. Tutte queste informazioni, però, è bene – converrete – tenerle ben nascoste: o volete forse che la gente s’insospettisca e pensi, rimpiombando nel Medioevo, che la figura materna sia qualcosa in più di un «concetto antropologico»?

    giulianoguzzo.com


      il diritto di sapere CHI SIAMO E DA CHI SIAMO STATI GENERATI

     
    «Stepchild angosciante, lo dico da adottata, che ha lottato e vinto sul diritto alle origini»


    Gentile direttore, 
    sono la persona che con ostinata caparbietà è ricorsa alla Corte europea dei diritti dell’uomo per ottenere un diritto che mi era stato precluso, quello, essendo stata adottata, di conoscere le mie origini biologiche. La Corte ha emesso sentenza favorevole il 25 settembre 2012 – sentenza ratificata dalla Corte costituzionale italiana il 18 novembre 2013.
    Alla sentenza è seguita una proposta di legge per sancire le modalità di applicazione di tale diritto (la conoscenza delle proprie origini biologiche) passata alla Camera dei deputati e in attesa di approvazione al Senato della Repubblica.
    Le espongo tutto ciò perché seguo con profonda angoscia l’iter parlamentare sull’adozione da parte delle coppie omosessuali, perché sono sicura che qualsiasi legge verrà varata, si troverà il modo di aggirarla al fine di ottenere maternità o paternità con metodi assolutamente anonimi, precludendo così ai bimbi e futuri adulti un’identità ben precisa.
    Ho lottato per lunghi anni per spalancare una porta che sembrava definitivamente chiusa per me e per le tante persone che si trovavano nelle mie stesse condizioni, per veder vanificato tutto?

    Vorrei confrontarmi con qualcuno degli esponenti di queste teorie create sulla pelle altrui, cariche di (falsi) buoni sentimenti che trattano l’argomento con il senso del diritto (proprio) e del conseguente possesso dei bambini-figli come oggetti, senza tenerne in conto dignità e personalità, come se si trattasse di giocattoli creati ad hoc per soddisfare le proprie pulsioni.

    Non dico di più, perché non vorrei farmi prendere dai sentimenti che sto provando. Mi appello alla sua sensibilità, direttore, per continuare a condurre una battaglia eticamente e moralmente giusta, alla quale sono pronta a dare volentieri un apporto con le testimonianze della profonda sofferenza in cui potrebbero cadere questi “giocattoli” una volta diventati persone adulte. Mi rivolgo a tutti i mass media. E oso sperare nella responsabilità dei nostri legislatori.
    Anita Godelli Trieste
     
    Ammetto di aver letto con commozione la sua testimonianza e il suo appello, gentile signora Anita. Con commozione crescente, ma soprattutto con rispetto. Il rispetto che sempre si deve a chi parla a ragion veduta e, soprattutto, a vita vissuta e a battaglie difficili condotte con coraggio e retta coscienza e vinte con umanità e stile.
    Voglio perciò assicurarle che continueremo a informare in modo sereno, approfondito e chiaro sulla questione del diritto
     del figlio, di ogni figlio, a non essere ridotto a “oggetto” o a “giocattolo”. Così come continueremo a documentare le conseguenze del rivendicato diritto al figlio e sul figlio da parte di chi ritiene la stepchild adoptionuna mossa necessaria nella battaglia politica per ottenere il riconoscimento della dignità e della “parità” della condizione omosessuale.
    A mio avviso, e – grazie a Dio, e alla ragione – non solo a mio avviso, ma secondo la stragrande maggioranza degli italiani, non c’è però parità degna di questo nome che possa essere sancita attraverso l’affermazione di una “genitorialità omosessuale” che si realizzi per sottrazione, cioè attraverso la deliberata rimozione del padre o della madre del bimbo generato: padre gravemente ridotto a mero fornitore di seme, madre ancora più gravemente spersonalizzata e rinchiusa nella condizione di “fattrice”, di portatrice di figli per altri attraverso la pratica dell’utero in affitto. Ogni essere umano ha diritto integrale, per quanto questo sia umanamente possibile, a ricollegarsi alle proprie autentiche radici genitoriali e a
     non essere trattato come un “prodotto”. So poi che ogni figlio ha diritto nativo a crescere con la donna-madre e l’uomo-padre che l’hanno messo al mondo, così come che questo diritto può essere negato o svuotato in molte maniere, ma mai deve succedere per scelta ideologica.
    Ammiro profondamente chi adotta. E non mi permetto di giudicare la capacità di amore di nessuno perché penso che ogni uomo e ogni donna portino in sé la possibilità e il senso della paternità e della maternità, che non si sviluppano mai – lo dico per esperienza personale e per conoscenza diretta di tante esperienze d’altri – solo in modo per così dire, carnale, ma anche e potentemente in modo spirituale.
    L’importante, sempre e comunque, è mantenere chiaro che i figli che abbiamo generato e/o accolto non possono essere trattati, proprio come lei sottolinea, alla stregua di un “possesso” o, come ho più di una volta sottolineato, di “bandierine” per contrassegnare e segnalare la conquista ottenuta da altri.
    Ecco perché sono anch’io tra quanti considerano la
     stepchild adoption una scelta rischiosa e comunque precipitosa, e perché ho auspicato confortato dal parere di grandi giuristi come Cesare Mirabelli e di altri addetti ai lavori un rinvio della questione a un lavoro complessivo e accurato sulla normativa per l’adozione.
    Il prezzo di ogni gioco spericolato sulle frontiere dell’umano è la sofferenza: prima di tutto dei bambini e futuri adulti, come lei afferma con giusta forza, ma anche dei già adulti coinvolti in tante maniere in queste storie e, purtroppo, in cinici e sempre più evidenti “affari”. Nulla di ciò che tocca la vita e le relazioni che le danno origine, profondità e valore resta senza conseguenze. Il suo accorato appello, gentile signora, merita fattivo ascolto.
    Marco Tarquinio









    [Modificato da Caterina63 06/02/2016 09:14]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 20/02/2016 21:11
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      OMOSESSUALI NON SI NASCE Sono medico e curo i gay, la metà vuole cambiare



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    gerardvandenaardweg

     

    di Andrea Morigi

    … Sfidare i pregiudizi sull’omosessualità è possibile,  perfino da una prospettiva insolita e dichiarata inaccettabile da parte dei movimenti gay.
    Dal 1967, quando discusse la  sua tesi di laurea ad Amsterdam, lo psicologo olandese Gerard van den Aardweg mette in discussione la teoria che indica un’origine genetica dell’orientamento omosessuale. «Non c’è nulla di  innato, è soltanto disinformazione», spiega a Libero, «Dopo 15 anni di ricerche sui gemelli, monozigoti e no, non è stato dimostrato proprio nulla. Anzi, tutto indica il contrario, cioè che il contributo genetico all’omosessualità è pari a zero».

    Van den Aardweg è in Italia per un corso organizzato da una decina di associazioni che propongono un’alternativa al coming out. Invece di seguire la teoria affermativa (“accettati per quello  che sei”), si dà una possibilità di cambiare. A chi vuole, si intende.

    Eppure anche gli effetti della terapia  riparativa sono discussi. Perché  alcuni ritengono che sia addirittura  pericolosa?
    «Non c’è nessun pericolo. Magari alcuni abbandonano la terapia per un motivo qualsiasi, poi vanno  in crisi per altre ragioni indipendenti e sprofondano di nuovo nel loro peccato».

    Lo definisce peccato?
    «Certo. È la conseguenza di un  complesso di inferiorità rispetto  alla propria mascolinità nel caso degli uomini o della propria femminilità  nel caso delle donne. Ma  è soprattutto una menzogna verso  se stessi. E il cattivo comportamento  sessuale che ne  deriva è peccato. E si  tratta di un sentire assolutamente  universale,  in tutte le società,  non soltanto  in quelle di tradizione giudeo-cristiana.  Anche nella cultura  cinese e in  quella africana  non è  considerato lecito. Ed è segno che il rifiuto  sociale dell’omosessualità deriva  dal senso comune».

    Come mai in Occidente si fanno  tanti sforzi per rendere socialmente accettabile l’omosessualità, allora?
    «È dagli anni Settanta che i movimenti gay hanno compreso che,  se si riesce a vendere l’idea dell’omosessualità innata, si può provocare un cambiamento sociale. Perciò cercano sempre nuove indicazioni che, puntualmente, dopo qualche anno sono smentite. Io le chiamo le “teorie della farfalla”, perché catturano l’attenzione dei media ma poco dopo muoiono».

    Se i movimenti gay vogliono provocare  un cambiamento sociale, significa che hanno un progetto  politico?
    «Sono il retroterra di un progetto più grande, come quello dei movimenti anti-famiglia e anti-natalista, che hanno ottenuto successi politici riuscendo per esempio a convincere gli Stati a sostenere i programmi di sterilizzazione. La normalizzazione dell’omosessualità si innesta in questa tendenza: se si riescono a crescere generazioni convinte che l’omosessualità sia accettabile, si avranno anche nuove risorse per combattere la guerra psicologica e di propaganda che condurrà a una drastica diminuzione del tasso di natalità. Da soli, i movimenti gay non avrebbero avuto la forza di affermarsi, perché non hanno il consenso della popolazione. Perciò cercano, e in parte vi sono riusciti, di deviare l’opinione pubblica con la loro propaganda».

    Quali argomenti utilizza per contrastare quella propaganda?
    «Semplicemente la diffusione di informazioni veritiere e la promozione di relazioni familiari e matrimoni migliori. Questo mi pare il momento buono. Nei Paesi Bassi si avverte già una saturazione crescente riguardo alla propaganda gay, un’ideologia che ha esagerato. Era molto più influente trent’anni fa, quando se ci si dichiarava omosessuali si era oggetto di una discriminazione positiva e si ottenevano i posti di lavoro migliori. Ora si assiste a una certa, lieve, controtendenza. Il ministro della Sanità olandese, pur essendo di sinistra, ha concesso sussidi triennali a gruppi di ex-gay che aiutano le persone a orientarsi nella direzione giusta. Potrebbe rappresentare un inizio per chi è davvero discriminato».

    Chi intende?
    «Coloro che soffrono da soli e in silenzio, quel 50 x cento di giovani che scoprono di avere quel tipo di sentimenti, ma non vogliono precipitare nella vita omosessuale. Vorrebbero cambiare, ma intorno a loro tutto sembra renderglielo impossibile, perché i gruppi militanti e i politici li discriminano».

    Anche grazie alle leggi anti-discriminatorie? Pensa che restringano gli spazi della libertà di opinione?
    «Certo che li restringono. Creano difficoltà concrete in alcune professioni per chi non accetta le parole d’ordine pro-gay. Ormai è come ai tempi del nazismo: chi era contro le leggi razziali veniva isolato».

     
    Fonte: 15 marzo 2009






    Adozioni gay: la celebre bocciatura di una ricerca ideologica

    Adozioni gay al centro del dibattito politico - AFP

    Adozioni gay al centro del dibattito politico - AFP

    18/02/2016 

    Unioni civili sempre in primo piano in Italia dopo il no dei Cinque Stelle al cosiddetto emendamento Canguro che ha portato ad un rinvio della discussione in Senato al prossimo mercoledì. “L’evidenza è che gli italiani sono contrari alla stepchild adoption” - commenta il Forum delle Famiglie - mentre il Comitato del Family Day rivendica il successo della piazza del 30 gennaio “nonostante gli inesistenti mezzi e la contrarietà di gran parte dei media”. “Inesatta e frettolosa, nei giorni scorsi, la notizia del “sì” unanime della scienza sulle adozioni gay”, spiega al microfono di Paolo Ondarza il neuropsichiatra infantile Giovanni Battista Camerini, docente di master presso le Università di Padova e Sapienza di Roma:

    R. – Le prime ricerche sono state fatte dalla prof.ssa Charlotte Patterson in America, una psicologa lesbica, attivista, appartenente all’American Psychological Association, che ha pubblicato alcune ricerche su figli nati da coppie omo-genitoriali, soprattutto donne. Le ricerche sono state fatte attraverso questionari, compilati dai genitori di questi bambini che erano stati adottati da poco tempo. Le conclusioni di queste ricerche davano risultati incoraggianti, nel senso che non davano nessun segnale di disagio nei bambini adottati da coppie omogenitoriali. Queste ricerche poi sono state fortemente criticate; la stessa autrice ha dovuto ammettere alcuni vizi metodologici, perché era una campionatura raccolta non correttamente: nel senso che le famiglie che avevano compilato questi questionari potevano avere dato certe risposte per fornire un’immagine positiva. E inoltre mancava il gruppo di controllo.

    D. – Cosa si intende per “gruppo di controllo”?

    R. – Il “gruppo di controllo” significa confrontare una popolazione studiata con un’altra popolazione che non ha invece le stesse caratteristiche. Nella fattispecie, confrontare bambini nati in famiglie di coppie omo-genitoriali con bambini nati invece da coppie eterosessuali.

    D. – E questa ricerca della prof.ssa Patterson che lei cita è quella che viene portata come esempio oggi da chi sostiene che non ci sono problemi per un bambino a crescere in una coppia omo-genitoriale?

    R. – È essenzialmente questa. Devo dire che, successivamente, è stata fatta un’altra ricerca da un ricercatore dell’Università del Texas, Mark Regnerus, il quale ha preso in esame ragazzi già cresciuti in famiglie omo-genitoriali: cioè di età superiore. Una ricerca fatta metodologicamente su basi diverse, quindi con ragazzi più grandi e con il gruppo di controllo. I risultati in questo caso erano radicalmente diversi: c’era un tasso di comportamenti autolesivi molto superiore, un’incidenza di problematiche psichiatriche, anche gravi, nettamente superiori rispetto al gruppo di controllo.

    D. – Va detto, per completezza di informazioni, che anche questo studio che lei cita, firmato da Regnerus, è contestato da chi sostiene la bontà dell’adozione per le coppie omosessuali…

    R. – È stato contestato duramente dalla lobby gay americana, che ha chiesto addirittura il licenziamento di questo studioso. Al punto che il “New York Times” ha pensato di incaricare un gruppo di esperti metodologi, un gruppo di saggi, per valutare se questa ricerca fosse stata fatta correttamente dal punto di vista metodologico. Il gruppo di saggi ha concluso che questa ricerca è stata fatta in maniera metodologicamente assolutamente appropriata.

    D. – I due studi che lei cita rappresentano un po’ quella che è la complessità della ricerca attorno a questi temi: quindi si può concludere che non c’è una parola definitiva al riguardo?

    R. – Non c’è assolutamente. Quello che io dico non è per dire che abbia ragione l’uno o l’altro. Dico solo che la comunità scientifica non ha portato alcun dato certo a favore della beneficità di questa pratica; nessun dato certo nemmeno a favore della sua dannosità. Dico solo che non si può assolutamente affermare che la comunità scientifica sia concorde sul fatto che i figli, nati da adozioni omo-genitoriali, abbiano uno sviluppo assolutamente adeguato, e che gli indicatori di benessere siano assolutamente sovrapponibili ad altri tipi di adozione. Occorre dire anche un’altra cosa: ci sono alcuni elementi che non sono facilmente misurabili attraverso questionari. Per esempio, c’è da chiedersi – e questo è il grande punto interrogativo – quali possono essere le conseguenze di una desessualizzazione della funzione paterna: una funzione paterna che viene esercitata indipendentemente dall’appartenenza ad un genere definito e riconoscibile; e quali sono gli effetti che questa desessualizzazione della funzione paterna può avere sui processi di identificazione e sul sentimento di identità. Questi sono aspetti legati alla psicologia del profondo, difficilmente misurabili attraverso questionari, sui quali occorre porsi legittimamente degli interrogativi.

    D. – Quando, secondo lei - e se mai sarà possibile - la scienza riuscirà a dare delle risposte?

    R. – Ci vorrebbero intanto grandi numeri, lavori su ampia scala con gruppi di controllo, e soggetti seguiti soprattutto per anni, perché gli effetti di determinati percorsi di sviluppo si vedono nella tarda adolescenza, nella prima età adulta. È difficile registrarli in bambini che sono stati adottati soltanto da poco tempo. Sono effetti che si possono vedere a distanza di tempo.





    ....studi intrecciati interessanti che portano a delle conclusioni ALLARMANTI
    facciamo osservare la drammaticità del finale, ossia, EFFETTI CHE SI POTRANNO REGISTRARE A DISTANZA DI TEMPO, oseremo aggiungere, quando per altro potrebbe essere troppo tardi per un RECUPERO identitario di questi bambini.....
    Chi ama davvero sacrifica se stesso, ma non va a rovinare gli altri.... rinuncia ai suoi desideri e ai suoi sogni se questi rischiano di rovinare altre vite umane.... 
    Un omosessuale che ha un poco di coscienza sana, non va a mettere in pericolo il FUTURO identitario di un innocente.... NON GLI TOGLIE LA MADRE - non gli toglie IL PADRE.... come nessuno glieli ha tolti a lui!






    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 13/07/2016 12:31

    LA STORIA
    Monica Samaritani, la mamma di Aurora
     

    «La piccola Aurora è venuta al mondo il 17 marzo 2015 per poi andarsene l’8 aprile 2015 dopo un’estenuante lotta per la sopravvivenza». Lo ricorda Monica Samaritani, la sua mamma. «Non potevo fare più nulla per lei, se non andare a trovarla, starle vicino, raccontarle tante storie e cantarle dolci ninna nanne, pregare giorno e notte e sperare, con tutte le mie forze». 

    di Maria Angela Masino

    «Non dimenticherò mai il battito delle sue palpebre appena accennato, il lento e affaticato movimento delle sue piccole braccia e gambe. Mia figlia Aurora, forse, voleva farsi vedere forte e coraggiosa quando al cambio del pannolino tentava di ribellarsi e di evitare quei lievi spostamenti che i neonatologi e le infermiere la costringevano a fare. Ricordo ogni singolo particolare, ogni minuto o meglio oserei dire, ogni secondo della sua breve esistenza durata solo 23 giorni. Aurora infatti è venuta al mondo il 17 marzo 2015 per poi andarsene l’8 aprile 2015 dopo un’estenuante lotta per la sopravvivenza», racconta Monica Samaritani, la sua mamma.

    Alla  12° settimana di gestazione, le avevano diagnosticato una patologia rara, un’ernia diaframmatica congenita sinistra, che comporta un buco proprio in quell’importante organo tra torace e addome che ci consente di respirare. Ciò comporta una conseguente risalita dello stomaco, dell’intestino, del fegato nella cavità toracica provocando una compressione dei polmoni e impedendo così il regolare sviluppo di questi organi. 

    «Mio marito e io non sapevamo neppure di cosa stessero parlando i medici. Eravamo sprovveduti, disorientati durante le spiegazioni che includevano percentuali, interventi in utero e post-nascita, qualità di vita. In quei giorni di continue visite mediche ed ecografie mi sentivo chiusa in una bolla, oppressa da un frastuono di cui non riuscivo a decifrare il significato. Avvertivo solo un dolore straziante provenire dal mio cuore, mi sono chiusa nel silenzio e nella disperazione e pensavo solo all’amore grande per quella piccola creatura che cresceva dentro di me, giorno dopo giorno». 

    Monica e il marito sono stati convocati dai ginecologi che seguivano la gravidanza e posti di fronte alla scelta di abortire. Dopo notti insonni, hanno deciso, fermamente, che non toccava a loro decidere la morte di Aurora. Si sono affidati a Dio e hanno pensato che era giusto dare una possibilità alla piccola e che avrebbero lottato con lei e per lei fino alla fine. Così è stato. 

    «Aurora e io siamo state sottoposte alla 28° settimana di gravidanza a un intervento in utero, denominato “Feto”, per garantire alla bimba una maggior possibilità di sopravvivenza. L’operazione era andata benissimo, tutto subito nei polmoni si è registrato il corretto ritmo di espansione, la piccolina cresceva bene dentro di me ed era un vortice di energia. Ma, con il passare del tempo, è comparso il cosiddetto Polidramnios, una sovrapproduzione di liquido amniotico che mi costringeva alla amnio-decompressione (un mini-intervento per la sua aspirazione). Non solo. Alla 30° settimana di gestazione, Aurora presentava un edema sottocutaneo diffuso che ha allarmato i medici e di conseguenza me e mio marito». 

    La paura era quella che ci fosse qualcosa di nascosto, di sconosciuto e di terribile nel suo corpo. Alla 33a settimana mentre Monica era sdraiata su quel letto, che ormai era diventato un “compagno di viaggio” e la stavano sottoponendo all’ennesima amnio-decompressione, si sono rotte le acque e di lì a poche ore sarebbe nata Aurora. Da quel momento per la piccola è iniziata una spietata lotta per la vita senza la protezione della mamma. «Avrei voluto tenerla dentro di me per sempre perché era il solo modo che avevo per farla vivere per metterla al riparo dai pericoli, dalle sofferenze e da tutte quelle macchine che successivamente l’avrebbero tenuta in vita per soli 23 giorni».

    «Non potevo fare più nulla per lei, se non andare a trovarla, starle vicino, raccontarle tante storie e cantarle dolci ninna nanne, accarezzarle con estrema delicatezza quel piccolo corpicino, pregare giorno e notte e sperare, con tutte le mie forze, che Aurora sarebbe tornata a casa con me, tra le mie braccia». Era una bambina forte e lo dimostrava giorno dopo giorno, era stata sedata, ma lei si opponeva alla sedazione per manifestare la sua forza. Ce la metteva tutta per aprire gli occhietti nella direzione della sua mamma e del suo papà quando loro si avvicinavano alla sua termoculla. 

    Monica è sicura che sua figlia in quei momenti voleva dire ai suoi genitori che li sentiva, lì vicino a lei. «È indelebile dentro di me», aggiunge Monica, «il ricordo di quando stringeva le nostre dita con le sue piccole manine forti, quando muoveva le labbra e faceva le bollicine, quando le davano il mio latte con il sondino e la sua espressione cambiava, compiaciuta, assaporava me! Tutti i giorni quei suoni della Terapia Intensiva Neonatale mi entravano nel sangue, eravamo lì insieme a tanti altri genitori, ognuno con la sua storia, con la sua lotta ma tutti lì per dare forza e presenza ai nostri figli adorati. Non dimenticherò nulla di lei nemmeno il suo pianto, con quel tubo che lo rendeva quasi silente. Il tempo che trascorrevamo davanti a quel suo “lettino di vetro” era così pesante, l’attesa straziante e il non sapere, se l’avremmo mai portata con noi a casa, così struggente. Eravamo in balia degli eventi, senza remi in un mare in tempesta». 

    La vita, però, aveva un altro progetto per Monica e suo marito e così come è arrivata la piccola Aurora, di notte e in silenzio, così se ne è andata. Perché in silenzio? Quando è venuta al mondo non poteva piangere in quanto è stata intubata e portata subito in terapia intensiva, dal momento che non doveva affaticare i suoi piccoli polmoni. Così lei e la sua mamma non si sono neanche “conosciute”, Monica era stata sedata e dormicchiava. «Quando la mia bimba ha lasciato questo mondo, allo stesso modo non ero presente: mio marito e io eravamo rimasti con lei fino a mezzanotte, l’abbiamo salutata, accarezzata e le avevo promesso che ci saremmo riviste l’indomani mattina. Ma così non è stato». 

    «All’una e dodici», continua Monica, «ci hanno chiamato dalla terapia intensiva per dirci che ci stava lasciando. Siamo arrivati di corsa in ospedale all’una e quaranta tre, ma all’una e quaranta il suo cuoricino aveva smesso di battere. Forse la mia bimba non ha voluto che la vedessi andare via. L’hanno staccata da tutti quei macchinari che l’avevano tenuta in vita per quei pochi e lunghissimi giorni e ho potuto prenderla in braccio. Finalmente ho potuto stringerla e sentire il tepore del suo corpo sul mio petto».

    Monica ritiene di non aver mai conosciuto persona più coraggiosa e saggia di Aurora in tutta la sua esistenza. Seppure così piccola le ha insegnato tantissimo. E ringrazia Dio di non aver abortito perché quei giorni di vita con sua figlia sono stati comunque un importante percorso insieme. Aurora le ha insegnato, nonostante tutto, che non bisogna mai arrendersi, che bisogna avere fiducia in sé stessi, che nei momenti più difficili abbiamo tanta forza dentro di noi e che bisogna tirarla fuori, che bisogna continuare a lottare se si vuole veramente qualcosa, che bisogna amare senza misura e dare senza misura, oltre le nostre modeste forze. Soprattutto Aurora le ha insegnato che il dolore è una parte di noi, non possiamo pensare di esserne immuni. Col tempo, però, si impara a conviverci. «E ancora: mia figlia mi ha insegnato che niente e nessuno può portare via i nostri ricordi, le nostre emozioni». 

    Da questa esperienza, da questo dolore straziante, Monica e suo marito hanno trovato una via di rinascita creando Il giardino di Aurora, un’associazione (www.ilgiardinodiaurora.it ) che porta il nome della loro piccola tenace figlia. «Ci proponiamo l’obiettivo di dare una mano a tutte quelle famiglie che si trovano ad affrontare un percorso difficile come il nostro, lotteremo al loro fianco per aiutarle a trovare vie d’uscita. Se avessi abortito avrei perso la ricchezza che, oggi, mi aiuta a interpretare le situazioni con maggior discernimento riuscendo a leggere in ognuna, spesso, anche quel che non c’è scritto. Per questo tutte le sere ringrazio il Signore per avermi dato l’opportunità di vivere quei 23 preziosi giorni con Aurora». 



    • CAOS POST-FAMILIARE

    Madre surrogata o padre gay? Un giudizio salomonico

    Regno Unito: una donna, con cinque figli, si offre di fare da madre surrogata a una coppia gay. Ma dopo la nascita ci ripensa e se lo tiene. La legge britannica le dà ragione, ma solo inizialmente. Perché poi riconosce il ruolo del padre biologico, che è uno dei due gay. Da un punto di vista morale, hanno torto tutti, tranne il bambino.

    La vicenda si svolge al di là della Manica. Una donna, madre di cinque figli e con alle spalle già altre esperienze di maternità surrogata, conosce on line una coppia gay maschile che vuole un bambino tramite la pratica dell’utero in affitto. Lei si fa avanti e accetta la proposta. Stringono allora un accordo scritto e poi la donna vola a Cipro nel settembre del 2015 per farsi impiantare in utero un embrione, dato che nel Regno Unito tale pratica è vietata. L’embrione è stato prodotto con il seme di un partner della coppia omosessuale e con l’ovocita di una donna diversa da quella che ha portato avanti la gestazione. A fine aprile del 2016 nasce il bambino sul suolo inglese, ma colei che ha partorito il bambino, insieme a suo marito, non vuole più consegnare il piccolo alla coppia omosessuale. Dopo nove mesi nel suo ventre lo sente proprio e vuole esercitare un diritto di recesso dall’accordo stipulato.

    Infatti gli accordi iniziali tra le coppie prevedevano che il neonato fosse dato in adozione per il tramite di un ordinanza a favore della coppia gay. Infatti il minore era ed è giuridicamente figlio di colei che lo ha partorito e dunque anche del marito. Inoltre l’ordinamento giuridico inglese non riconosce la maternità surrogata e quindi considera nulli gli accordi intercorsi tra la coppia gay e la donna. In breve il bambino era figlio legale della donna che lo aveva partorito e del marito di lei e la coppia omosessuale non poteva vantare nessun diritto sul pargolo perché gli accordi stipulati sarebbe stati carta straccia in qualsiasi aula di tribunale di Sua Maestà.

    La coppia omosessuale ovviamente non ci sta ed inizia una vertenza giudiziaria. In primo grado il genitore omosessuale vince. I coniugi ricorrono in appello e il contenzioso si trascina fino ai nostri giorni. Nel frattempo il bambino continua a vivere con la donna che ha affittato l’utero. Oggi il piccolo ha 18 mesi. Venerdì scorso la Corte di Appello di Londra si è pronunciata: che il minore sia consegnato alla coppia omosessuale perché è giusto che il bambino cresca con almeno un genitore biologico. Dato che però il piccolo in questo periodo è cresciuto con la donna che lo ha portato in grembo e con suo marito e dato che è figlio legale loro, si concede a costoro di vederlo 6 volte in un anno.

    Il giudice dunque si è trovato di fronte a questo scenario: da una parte abbiamo un genitore biologico, ma non legale, e dall’altra una coppia, genitori legali ma non biologici. In punta di diritto la vertenza doveva essere vinta dalla coppia di genitori legali. Avrebbero potuto perdere se si dava prova, tramite il test del Dna, che né la donna né l’uomo erano genitori biologici del piccolo. Questa prova non è servita, infatti il giudice ha trovato un altro criterio per soddisfare le richieste del partner della coppia gay: il famigerato miglior interesse del minore. Il best interest è stato individuato dalla valutazione di diversi fattori, tra cui spicca quello secondo cui è meglio per il bambino crescere con almeno un genitore biologico. Quindi il risultato giuridico di tutto questo papocchio è il seguente: il bambino rimarrà figlio legale della donna che ha prestato l’utero e di suo marito, ma verrà dato in affido alla coppia gay. Formalmente la donna e suo marito rimangono genitori del minore, sostanzialmente è la coppia omosessuale ad esercitare la potestà genitoriale sul bambino. La decisione del giudice McFarlane è compromissoria, sebbene sia in definitiva assolutamente a favore della coppia gay, e rispecchia un quadro genitoriale ibrido.

    Tutto questo in punta di diritto. Ma sul versante morale che giudizio dare? Da questo pasticcio è difficile uscirne però la soluzione meno peggiore potrebbe essere la seguente, tenuto conto del miglior interesse del minore. Bene che il piccolo cresca con il padre  biologico, male che cresca all’interno  di una coppia omosessuale. Questo secondo aspetto è pregiudiziale rispetto al primo e quindi sarebbe bene dare in affido o in adozione il minore. Se la donna che lo ha portato in grembo dimostra di essere all’altezza, lei potrebbe essere la prima scelta del tribunale. Ma una donna che decide di affittare il proprio utero quali garanzie potrebbe offrire per la sana educazione del bambino?

    Questa storia dimostra ancora una volta che l’omosessualità e l’utero in affitto sono rispettivamente una condizione e una pratica intrinsecamente disordinate che, a cascata, portano ad altri disordini morali e sociali.

     
     
     

    [Modificato da Caterina63 22/11/2017 19:35]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)