DIFENDERE LA VERA FEDE

LIBRI DOMENICANI..... "Il Coraggio di osare"

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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 27/11/2008 12:13
    Amici....voglio condividervi questa intervista ad un grande Domenicano.... Le sue parole sarebbe da fare nostre e divulgarle nella COMUNIONE DEI SANTI....seguirà poi la presentazione del libro...




    Dialogo ardente alla vigilia della Settimana Santa del Grande Giubileo.
    (Par Luc Adrian, dans Famille Chr'tienne)

    Simpatico ometto. Un concentrato d'intelligenza folgorante e di affettività, penetrante, in un corpo asciutto. Mani fragili da musicista bambino, bianche e venate di blu. Dietro agli occhiali quadrati, sotto le sopracciglia cespugliose, occhi scuri molto vivaci in cui danzano un fuoco e, talvolta, una sana inquietudine.

    Dopo quarant'anni di apostolato nel convento di Nancy, Marie-Dominique Moliniè, domenicano atipico, si è ritirato in un' isola delle Lande, un'abbazia del sud-ovest della Francia, sperduta nell'oceano nero dei pini.

    Per tutta la sua vita, si è scatenato contro la tiepidezza e la sdolcinatezza teologiche, ferendo spesso con le sue battute pungenti, maneggiando il paradosso come una spada e facendosi, questo Cyrano, dei nemici per sempre. Tutto appare eccessivo in Moliniè: il suo assillo della Salvezza, la sua paura dell'inferno, il suo desiderio di piacere, il suo bisogno di amicizia, l'orgoglio di denigrarsi - e anche la sua umiltà, "questa forza terribile".

    Vorrebbe schiacciarsi al suolo (mettersi la mano sulla bocca.. Gb 40 ) come Giobbe, ma non può fare a meno di provocare, predicando un Vangelo rude, senza scipitezza, sincero e franco. Lungi dal cercare di "attenuare il mistero", questo mistico tormentato ne sottolinea, come per diletto, il lato rude e temibile con dei tratti incandescenti, in una lingua agile, moderna, incisiva. Spesso incompresa dai suoi pari, eppure questa predicazione senza attenuazioni trova nelle comunità sorte da poco e presso i giovani cercatori di Dio un pubblico avido ed entusiasta.

    Questo pessimista convinto, fratello-amico di Cioran, oggi si proibisce di disperare solo, per obbedienza allo Spirito Santo:" E' soltanto in modo soprannaturale che ho fiducia". Come potrebbe dimenticare la preghiera di sua madre che si gettò davanti ad una statua della Madonna quando egli era ad un passo dal suicidio? E gridò: "Che io lo perda! Che io lo perda! Ma che lui sia salvato!"

    La supplica adorante, ecco l'antidoto di Marie-Dominique Moliniè, il disperato che spera, che cammina verso la Riva sulle acque fluttuanti della Fede e non attende altro che di "nascondersi nell'Amore per sempre".

    Festeggiamo i duemila anni della nostra Salvezza. Da che cosa abbiamo bisogno di essere salvati?

    "Dall'orgoglio!! Non c'è che una lotta nella vita di un uomo: quella tra l'orgoglio e l'umiltà. L'orgoglio, è il rifiuto dell'amore, con l'abbassamento incredibile ed indicibile che l'amore implica".

    Lei ha sempre avuto la Fede?

    "No. A 12 anni, ho ascoltato una predica sull'Eternità. Il prete predicava così bene che ho visto davvero l'inferno. Ciò mi ha sconvolto: come può un Dio infinitamente buono permettere degli abomini simili? Alla fine ho concluso: è troppo orribile, non posso crederci. A 16 anni, mi sono ribellato garbatamente."

    Oggi, ha capito?

    "Non comprendo di più, ma accetto di non capire. L'inferno, le tenebre, il peccato originale? Come mai tanto orgoglio? Perchè uno strumento di supplizio che si chiama la Croce, quando Gesù poteva salvarci con un semplice sorriso? Perchè questa sovrabbondanza di sofferenza? Perchè i bambini martiri, gli innocenti assassinati? Non posso rispondere. Davanti a queste domande insolubili, cerco di raggiungere i gemiti inesprimibili dello Spirito Santo. Mi rifugio là, e taccio. E la pace che mi ricopre non viene dalla mia rassegnazione, non mi sono mai rassegnato, infatti mi sono fidato a Colui che solo può dare risposte."

    Lei dice che: Innanzitutto bisogna "essere schiacciati" prima di cercare di comprendere, cosa vuol dire?

    "E' Dio che si è "schiacciato". Egli si è messo in ginocchio davanti a noi e ci supplica: "Fidati di me". Il solo atto infinito che noi possiamo porre, è accettare di fidarci. Diversamente non è certo Lui a schiacciarci, ma lo farà il nostro orgoglio."

    Che cosè che l'aiuta a credere?

    "I santi! Sarei condannato all'agnosticismo e alla disperazione senza Teresa di Lisieux, Padre Kolbe, Marthe Robin, Padre Pio, tanto per farle degli sempi. Mi attirano verso il Cielo. Essi hanno retto l'urto senza accusare Dio? Allora, non L'accuserò nemmeno io. Grazie a loro, sopravvivo, maldestramente, a forza di preghiera e di adorazione. Il grande Loyola da giovane disse " se ce l'hanno fatta san Francesco e san Domenico, anch'io posso farcela, voglio diventare come loro", e divenne un grande santo! Gesù ci ha regalato oltre a sè stesso anche la Comunione dei Santi attraverso i quali possiamo consolarci per i nostri limiti e difetti e continuare a sperare di diventare come loro."

    Come ha imparato l'orazione?

    "Ero studente a Parigi quando una notte, durante una crisi di disperazione, mi sono ubriacato in un locale notturno. Una donna, che non era li per caso, ma compassionevole ha cercato di tirarmi su il morale. Abbiamo chiacchierato. Nell'ombra ha mormorato: "Per me, l'amore, consiste nel mettere la mia testa sulle ginocchia dell'uomo che amo, e rimanere così senza dire niente!" Di colpo mi venne alla mente Maria che cura con i capelli i piedi di Gesù. Era il segreto dell'orazione! Fu una rivelazione. E pensai: davvero il Vangelo dice il vero, le prostitute oltrepasseranno davanti a noi la porta del Regno dei Cieli, perchè almeno esse avranno lasciato parlare il loro cuore mentre noi chiudiamo il nostro: per evitare i pericoli dell'amore, noi ce ne proteggiamo. Il che ci preserva dalle impurità ma preservandoci dall'amore stesso! E' come dire: se non osi, se non rischi, allora non potai neppure rivendicare dei meriti, non potrai sperare più nulla."

    Uno dei suoi libri si intitola Il Coraggio di aver paura. Paura di che cosa, dal momento che credere è non aver paura?

    " Intanto avere fede non ci libera dalla paura, Gesù ci ha dimostrato nel Getzemani che la paura e l'angoscia possono farci sudare sangue. Chiediamoci cosa vuol dire avere coraggio? Il coraggio è quell'azione di guardare in faccia ciò che, secondo il Vangelo, deve farci paura: "Temete colui che può far perire la vostra anima", dice Gesù. Il coraggio di credere all'inferno allora e non di esorcizzare questa paura fuggendo dalla verità. I cristiani non sopportano più questo dogma perchè rifiutano di aver fiducia in Cristo, rifiutano di guardare in faccia la realtà e finiscono per costruirsi immagini comode di un Gesù che tutto perdona e magari alla fine cancellerà l'inferno, cioè, arrivano a credere che Gesù possa modificare le Scritture pur di soddisfare il loro orgoglio nelle immagini ingannevoli delle nuove dottrine legate alle mode di oggi. I cristiani di oggi esigono delle garanzie e delle sicurezze, non si fidano più neppure della Parola, vogliono sentire sempre più teologi ed esegeti pronti a dare ragione a ciò che vogliono sentirsi dire. Non bisogna confondere la fiducia teologica con l'ottimismo. La condizione necessaria per la vera fiducia, è di aver paura, timore per tutto ciò che può toglierci la beatitudine eterna.

    Lei non ha una fissazione malsana sull'inferno?

    " La Madonna a Fatima, la Madonna del Rosario non credo avesse una idea malsana dell'inferno tanto da far vedere questo luogo orribile a dei bambini! Lucia raccontò che se la Madonna non fosse stata li con loro, sarebbero morti di paura. Quale fu la risposta dei fanciulli? Affidarsi a Lei, fare contento Gesù che desiderava quei cuori puri per lenire le ferite inflitte al suo cuore dai peccatori. Che io sia un pò fissato dell'inferno si, forse si! Tuttavia, il modo con cui si elimina questo problema nella Chiesa mi lascia stupefatto: il Vangelo è rude. Lo apra: vi si tratta dell'inferno una sessantina di volte. "Ci saranno pianti e stridori di denti" non è un'immagine, diamine! Dio sarebbe cattivo se queste parole le avesse dette per metterci paura, ingannandoci perchè dietro non ci sarebbe nulla di vero, ma proprio perchè Dio non mente, l'inferno è una realtà di fronte al quale dovremo tremare e fare di tutto per non andarci, ed è qui che la bontà del Signore è immensa, qui allora possiamo parlare di misericordia: quando accogliendo la verità ci affidiamo a Lui e non affidarsi a Lui nascondendo la realtà di ciò che ci attenderà per l'eternità!"
    Leggere il Vangelo senza mai scontrarsi con l'inferno, è un tour de force di cui non ammiro la virtuosità. Non abbiamo il diritto di attenuare questo rigore, anche se dobbiamo immergerlo nella grazia di Dio che ha previsto tutto affinchè noi lo sopportiamo."

    Che cosè che può salvarci dalla paura?

    "L'umiltà! Guardare il Cristo, e Lui solo. Egli ci ha detto: "Non temere, piccolo gregge, io ho vinto il mondo. Se la vostra umiltà accetta di temere, io vi dico "Non temete" - ma se il vostro orgoglio rifiuta di temere, allora temete!" Come sconfisse Gesù il Getzemani e poi la Croce? accogliendola, consegnandosi spontaneamente, Gesù avrebbe potuto rivelare la sua divinità in tutta la sua potenza, ma era venuto per dimostrarci l'umiltà senza la quale la superbia, il primo atto dell'Uomo che diede origine al Peccato Originale, non può essere sconfitta. Se è nell'umiltà della Croce che abbiamo ricevuto la salvezza, sarà sempre nell'umiltà del nostro cedere al Cristo ogni nostra paura crollerà".

    Qual'è il segreto della Salvezza?

    "Chiedere aiuto. L'orgoglio rifiuta di chiedere aiuto - è il vero combattimento nella vita di un uomo. Non appena siete umili, siete salvi. Anche se non lo sapete. Il povero è colui che chiede aiuto, che non cerca di avere delle garanzie, nè delle certezze in tasca. Entrai nell'Ordine Domenicano anche per l'umiltà del Rosario, è una preghiera che fa chiedere aiuto in continuazione, è una preghiera umile perchè umile era Maria".

    Ma l'orgoglio si mescola a tutto, anche all'umiltà?

    "L'umiltà si misura dalla fiducia: per avere fiducia, non bisogna guardarsi, ma guardare unicamente Dio, e ciò che Egli vuol fare".

    Si parla della "gioia della Salvezza". Quale gioia c'è nella Croce e nelle sue spiegazioni?

    "Ancora un mistero! La Chiesa canta il Magnificat la sera del Venerdì Santo, la Madonna pure. Insegnare la Madonna Addolorata ai piedi della Croce è giustissimo, ma senza mai dimenticare che Ella ha ricevuto ai piedi della Croce un tornado di pace che le ha permesso di stare in piedi. Come ha fatto? Non lo so. Mi fido. Mi invita a seguirla: "Entra in questa gioia che non comprendi" - non rifiutare questa pace" la grazia delle grazie, il dono di Dio, un ciclone più forte di ogni tempesta. Mi chiede quale gioia possa esserci in queste spiegazioni, mi dica lei: come ha fatto la Chiesa in questi duemila anni a restare sempre in piedi nel trasmettere queste spiegazioni ad ogni generazione? Non si aggrovigli la testa di pensieri di filosofi atei o illuministi, come vede sono morti senza speranza, forse, e la Chiesa è ancora qui anche se ultimamente sembra sbandata dalle tante dottrine di facile felicità, ma si riprenderà, ho fiducia anche in questo".
    Si è parlato della "dolcezza insopportabile" di Cristo e della Madonna ai piedi della Croce e Cristo non si è "dominato", non ha stretto i denti, si è lasciato disarmare, completamente. Quando si volgono gli occhi sull'abisso di questa dolcezza, è ben più vertiginoso che la Croce stessa! E' una vertigine che attrae. E si può solo accoglierla o rifiutarla".


    Essere contemplativo, è lasciarsi attirare da questa vertigine?

    "In un certo qual modo, si. Si crede troppo spesso che la contemplazione cristiana sia una sorta di dialettica ascendente che si eleva dal mondo e sale verso Dio, alla maniera di Platone. No. E' la contemplazione vissuta da Dio Stesso, sconvolto nel suo cuore davanti allo spettacolo della nostra miseria, e che si abbassa verso di noi nel movimento inaudito dell'Incarnazione.
    Non c'è mai stato che un solo contemplativo: Gesù Cristo. Egli ha contemplato le nostre tenebre nella luce della gloria di Dio, la nostra durezza nella luce della dolcezza di Dio, la nostra miseria in quella della misericordia... e ne è morto.
    La vittoria sulle tenebre, Egli l'ha ottenuta rifiutando fino in fondo di difendersi, contemplando i suoi carnefici con quello sguardo di dolcezza insopportabile che Padre Kolbe offriva ancora ai suoi carnefici e che li costringeva a supplicarlo di non guardarli così, di non contemplarli con questa contemplazione che è già la vittoria di Dio."

    Chi sono per lei i "contemplativi incoscienti"?

    "I "poveri di Yahvè" - sono innumerevoli - , schiacciati senza capirci nulla dalla crudeltà dei potenti e dal peso di un mondo indurito. Conducono una vita da galera facendo incoscientemente ciò che tutti i contemplativi "ufficiali" dovrebbero fare coscientemente: volgersi verso la Croce di Cristo. Essa sola dà un senso alla vita inabissandoci progressivamente nel mistero pasquale, attraverso la pratica quotidiana - a volte dolce e spesso dura - della carità fraterna. E grazie a Dio c'è un esercito di queste persone che non conosciamo, ma ci sono e mandano avanti la quotidianità"

    Se le rimanesse un'ora sola da vivere, che cosa farebbe?

    "Supplicherei, come al solito. La mia vita è accettare di perdere piede, e lasciarmi aspirare nella voragine (gouffre) della supplica fiduciosa. Dire con la convinzione di sant'Agostino: "T'ardi t'amai!" e perchè no, consapevolmente dire come santa Caterina da Siena: "Ho dato la mia vita per la Chiesa" eccomi Signore, vienimi in soccorso, ora ho bisogno di Te! Sapere di avere la Madonna al proprio fianco è una grande consolazione, è una Madre fedele, non abbandona nessun figlio che a Lei si è affidato con fiducia".



    Non le sembra di essere troppo radicale ?

    "Credo che Dio lo sia più di me. La fiamma della vita divina - "Sono venuto ad accendere un fuoco sulla Terra" Accettate di andare fino ad essa, fino al fuoco? -, se i cristiani le aprissero il loro cuore, sarebbe abbastanza violenta per travolgere tutto. Noi, noi vogliamo ben amare Dio, ma a condizione che non si vada troppo in fretta, non troppo intensamente, che non sia troppo sconcertante, magari che illuda un pochino...
    Resistendo così, ci rendiamo la vita più difficile e più aspra: facciamo delle prodezze estenuanti per evitare di diventare dei santi! Fatichiamo per non raccogliere nulla".

    Ma allora, che fare?

    "Chiedere instancabilmente la Luce, affinchè lo Spirito Santo ci mostri in qual modo fino a che punto ci ripugna lasciarci fare. Mi piace molto la storia di Alphonse Ratisbonne, questo figlio di un banchiere ebreo che fu convertito da un'apparizione della Santa Vergine : egli ha accettato di vedere spazzata via, dall'oggi al domani, tutta la sua filosofia. Ma storie come queste sembra che oggi non si possano più raccontare per il pollitacly correct, e così addio radicalità, perdendo tutto. Gesù fu radicale nella scelta della Croce, sta a noi scegliere se seguirlo o meno, ma questo chiede radicalità, delle mezze misure si accontenta Satana.
    In fondo, il nostro dramma è questo: accettiamo che la nostra idea della vita sia sbattuta a terra? E di ripartire da zero dicendo : "Dio mio! Non avevo capito niente"? Come vede ritorniamo all'orgolgio e all'umiltà, pensi che grado di umiltà deve aver maturato Ratisbonne per mollare tutti i suoi agi materiali e filosofici, oggi abbiamo la cultura del relativismo e le proprie idee sono diventate la verità assoluta intoccabile, basta guardarsi attorno per vedere i frutti di questa follia!"

    Non ci piace essere disorientati. . .?

    "Ci aggrappiamo ad un ideale di noi stessi, un'immagine di valore. Non è sui punti in cui crediamo di essere colpevoli che siamo più colpevoli, ma su quelli in cui crediamo di non esserlo.
    Ciò che san Giovanni scrive all'angelo di Laodicea nell'Apocalisse, è a noi che lo scrive: "Tu non hai voluto vedere che sei povero, spogliato, nudo, e non hai voluto presentarti a me così; hai voluto fare come se tu fossi vestito". Ebbene! è un'indelicatezza. Noi siamo miserabili ad una tale profondità che c'è bisogno di un intervento speciale di Dio per farcelo vedere. Se non vogliamo saperne, Dio non può farci niente: Egli è "timido" di fronte alla stessa libertà che ci ha donato, ma al tempo stesso non vuole perderci! Ma "Alla sera di questa vita, saremo giudicati sull'amore" dice san Giovanni della Croce - ma saremo giudicati sulla delicatezza dell'amore più che sulla sua intensità, poichè l'intensità è affare di Dio, ma la delicatezza è compito nostro."

    Come convertirsi?

    "Lasciandosi andare fino in fondo. Siamo dei naufraghi che affondano e che cercano disperatamente di risalire in superficie. Può accadere che sia necessario lasciarsi trascinare sul fondo; solamente allora potremo risalire. Non siamo mai abbastanza a fondo. Una preghiera che sgorga dalle profondità della miseria è sempre esaudita immediatamente. E' per questo che Dio mette alle strette talvolta, perchè ha voglia di esaudirci.
    Come Giacobbe, abbiamo tutti la nostra ferita interiore: è il mezzo provvisorio di cui Dio vuole servirsi per esaudirci. Ma noi non sappiamo servircene. "Se chiedete nel mio Nome, otterrete ciò che vorrete. Ma non avete ancora chiesto niente nel mio Nome!"
    La preghiera scava in noi un vero grido che non riesce ad uscire, ma che finirà per sgorgare un giorno. Quel giorno, otterremo tutto."

    In realtà, allora, abbiamo paura di essere esauditi?

    "Si!! Esatto! C'è nel profondo di noi stessi una resistenza sorniona. Credo che l'orgoglio più profondo e più incurabile, quello degli angeli decaduti forse, consista proprio nel rifiutare di accogliere l'infinito per "accontentarsi" di ciò che è a nostra portata. Un tale orgoglio si adorna delle apparenze dell'umiltà: "Non chiedo tanto, non miro così in alto! E' troppo bello, questa felicità infinita, ma è troppo per me" e segretamente pensiamo: "Ciò mi supera, perchè non viene da me, e in ultima analisi perchè rischiare quel che ho in questo momento?".
    Se posso permettermi, Satana ci ispira spesso quest'atteggiamento di modestia, che è la peggiore delle presunzioni, e il rifiuto di perdere piede. Noi speriamo di non essere divorati, nè dal Bene, nè dal Male. Satana ci spinge ad essere uomini ragionevoli, che non sono trascinati da niente - nè dalla follia delle tenebre, nè da quella dell'Amore.
    L'uomo virtuoso non deve essere pazzo di nulla, nemmeno di gioia ma nemmeno di Dio. E' a questo peccato che si applica la maledizione dell'Apocalisse: "Se tu fossi caldo o freddo" E' meglio sbagliare, tentare, combattere, che rinunciarvi! "

    La tattica del Diavolo è di proporre il "ragionevole", in che senso?

    Si! Satana è il principe della tiepidezza, il re del compromesso. Il suo scopo non è di farci cadere in errori precisi, ma al contrario di lasciarci nel vago, di immergere la Verità nel vago, oscurarla. Perchè è impossibile giocare la propria vita su delle idee vaghe, e di conseguenza diventare un santo in queste condizioni.
    Per esempio, getta un dubbio sulla Presenza reale attenuando, diluendo, insipidendo il sale della terra. Così colui che deve spiegare il perchè sarebbe falsa la Presenza reale nell'Eucarestia, userà il "suo" ragionevole vago usando fin anche le Scritture per dimostrare di avere a tutti i costi di avere ragione, ma guai a parlare a lui di orgoglio e di umiltà, guai a parlargli di fede, egli ti dimostrerà di essere appunto "ragionevole" finendo così per ingannare altre anime incapaci e dubbiose di rischiare e di affidarsi alle semplici parole del Cristo:" Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue! Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue", al contrario chi dovrebbe difendere con la fede questa realtà si ammutolisce per troppo rispetto e ci si accontenta. Di che cosa poi è tutto da capire vista l'attuale depressione generale che c'è anche nella Chiesa!"

    Lei utilizza spesso delle immagini di fuoco, di guerra, di alta tensione. Eppure Cristo ci dice che viene a portare la pace!

    "Sì! ma la sua pace non è la nostra! Io paragono la nostra situazione a quella di un paese infestato dai briganti: sono i nostri peccati, i nostri vizi, il nostro orgoglio che ci avvelenano l'esistenza, disturbano le comunicazioni all'interno del paese, ci impediscono di vivere in pace.
    Ora, questo paese viene a sapere che il suo vicino è un re meraviglioso, generoso, dotato di un'armata potente. Nella sua disperazione, lancia un appello verso questo re, il quale varca il confine con il suo esercito. I briganti hanno paura e si disperdono nel folto delle foreste; il paese respira, i suoi abitanti ritrovano la concordia e la gioia di vivere insieme.
    Questo sarebbe il frutto della nostra conversione a Gesù Cristo! In realtà, i conti non tornano: ciò che noi chiamiamo la pace è in verità un compromesso mediocre, un dosaggio tra il Bene ed il Male denominato "equilibrio", una "coesistenza pacifica" tra l'uomo vecchio ed il nuovo, tra il nostro cuore di carne ed il nostro cuore di pietra. Non è splendente, diciamo, ma in fondo, non bisogna chiedere troppo.
    Cristo è venuto per darci la sua pace, e non quella del mondo, che ci persuade ad accettare il compromesso. Cristo vuole darci la sua pace estinguendo tutto ciò che minaccia la circolazione dell'Amore.
    Così, un giorno il re dice: " Dove sono andati a finire i briganti? - Signore, si sono nascosti, sono neutralizzati" - Sì, ma bisogna farla finita! Li perseguiterò e li sterminerò. - Oh!, ma li risveglierete, sarà di nuovo la guerra" - Io non sono venuto a portare la pace ma la divisione: una guerra di sterminio contro tutto ci" che minaccia la mia Pace".
    Dunque il re stesso scatena i briganti che la sua presenza aveva addormentato. Da qui le tentazioni strane che possono nascere in noi dopo lunghi anni passati al servizio di Cristo: il risveglio delle febbri addormentate o anche di febbri sconosciute. E' buon segno, è lo Spirito Santo che fa le pulizie!"

    Qual'è il brano del Vangelo che preferisce?

    "Maria Maddalena, la donna dai sette demoni, che crolla in lacrime ai piedi di Cristo. Per me, questo riassume tutto il Vangelo.
    Ho una profonda venerazione per la Madonna e per Maria Maddalena. Entrambe hanno versato le stesse lacrime: la contrizione di Maria Maddalena non contemplava le sue colpe, ma il Cuore di Cristo ferito dalle sue colpe: e la compassione di Maria guardava questo stesso Cuore - perchè l'Amore non è amato.
    Credo che la carità fraterna debba essere uno sforzo per prolungare tra noi il dialogo silenzioso della Madonna e di Maria Maddalena - quelli che hanno meno peccato, diventino in definitiva, più umili e più schiacciati dal peso della Misericordia di quelli che hanno molto peccato."

    La solidarietà nel peccato, non la trova un pò opprimente?

    " Non solidarietà nel peccare, intendiamoci, ma nel peccato commesso e che offende Dio, ferisce il suo Cuore! Non è dunque opprimente, al contrario è magnifico! E' quel genere di solidarietà che Cristo assunse prendendo su di sè il nostro peccato. Ma Gesù appunto ci dice: come ho fatto io così voglio facciate anche voi! Solidarietà allora nell'espiare il proprio peccato ma anche quello altrui, in fondo cosa chiede la Santa Vergine a Fatima? Volete voi soffrire per la conversione dei peccatori? se tutti comprendessero ciò, saremmo liberati dai nostri complessi e dai nostri scrupoli grazie alla gioia dell'amore che assume il peccato degli altri. Ed è proprio vero che se ciascuno di noi fosse migliore, il mondo intero sarebbe migliore.
    Il peggiore dei peccati è voler chiamarsi fuori dal peccato: è la definizione stessa del fariseismo quando entrando nel Tempio vede il pubblicano, poi si rivolge a Dio e dice: "Signore, ti ringrazio perchè non sono come quel pubblicano!".
    "Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori", dice Gesù. Quando si accetta ciò, si entra nell'ordine dell'amore, ci si abbandona alla misericordia, si molla la presa finalmente. E la gioia esplode in noi! E se noi saremo salvi, altri si salveranno con noi, come noi siamo salvati anche per mezzo delle preghiere di chi ci ha già preceduto!


    *************


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 27/11/2008 12:15


    recensione:

    [IMG]Il segreto della felicità è terribilmente semplice. Molti lo rifiutano appunto per questa sua semplicità, e preferiscono le angosce dell'uomo moderno chiuso in una prigione senza via di uscita. Eppure la salvezza è là, accanto a noi, incredibilmente semplice, dolce e umile. Il suo volto non è quello di una teoria o di una ricetta, ma del Salvatore. Egli offre la sua pace a tutti coloro che non barano più con la situazione e hanno il coraggio di avere paura. Solo chi accetta di vedere che siamo perduti può capire quanto siamo salvati e sperimentare la misericordia di Cristo.
    Padre Marie-Dominique Molinié è un predicatore insolito con un linguaggio concreto, saporito, pieno di immagini, capace di toccare il cuore per risvegliare l'intelligenza della fede. Bruciato dal fuoco di Dio, egli fa parte di coloro che ci fanno prendere coscienza che non abbiamo altra scelta che l'adorazione o la disperazione. Il che richiede di avere il coraggio di aver paura![/IMG]


    per il libro:
    Ed. Parva, euro 13,00
    autore: Molinié Marie-Dominique
    data di pubblicazione 2006
    248 pagine.

    [SM=g27985]

    Ogni tanto segnaliamo nel Notiziario qualche libro non scritto dal Padre.
    Si tratta di testi che pensiamo possano avere una attinenza e una utilità di carattere spirituale riconducibile al nostro cammino di consacrati. Questo che presentiamo è un testo che alcuni di noi in Comunità hanno letto, con grande profitto. Il libro però risultava introvabile, e si passava tramite fotocopie.
    Ora è stato ristampato e si può trovare nelle librerie o presso le Edizioni Parva.

    È il testo principale, si può dire, del famoso domenicano francese Marie Dominique Moliniè, morto da qualche anno, che ha scritto soprattutto sulla misericordia di Dio. Questo testo è il compendio di tutto il suo pensiero. Il linguaggio è concreto, saporito, pieno di immagini, capace di toccare il cuore per risvegliare l'intelligenza della fede. Tutti coloro che lo hanno letto ne sono rimasti entusiasti. È adatto sia a chi ha già un cammino spirituale convinto e sostenuto, e anche, paradossalmente, per chi è lontano o alla ricerca. Si può quindi leggere come approfondimento per il nostro cammino, o anche regalare a persone che riteniamo lontane dalla fede ma desiderose di conoscere la Verità, non come concetto, ma come vita. Certamente è un testo che non delude.



    Padre Marie-Dominique Molinié è un predicatore insolito con un linguaggio concreto, saporito, pieno di immagini, capace di toccare il cuore per risvegliare l’intelligenza della fede. Bruciato dal fuoco di Dio, egli fa parte di coloro che ci fanno prendere coscienza che non abbiamo altra scelta che l'adorazione o la disperazione. Il che richiede di avere il coraggio di aver paura!

    Il libro si presenta come una serie di variazioni sul tema: Lasciatevi fare, cioè dall’iniziativa dell’amore divino, - dell’agape della quale ci parla l’enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est. Il tema stesso è articolato con chiarezza: si tratta della vita divina in sé, di questa vita vissuta dalla creatura, prima nell’oscurità della fede e sottoposta a prove. Ma, la prova essendo andata male, la vita divina si scontra con il peccato. La sapienza della Croce e della Redenzione ci fa scoprire il senso della lotta spirituale. La nostra epoca conosce, come reazione alla secolarizzazione, una sete di spiritualità, generalmente vaga e ambigua.
    Il libro di Padre Molinié ci ricorda la specificità della spiritualità cristiana, che è quella dell’agape divina e della grazia redentrice.
    Oltre ad un pensiero organicamente articolato, ci colpiscono più frasi che suonano come delle sentenze, per esempio: “Dobbiamo aver paura di ciò che non ci fa paura e che ci impedisce veramente di trovarlo [Dio]”.
    Il coraggio della paura, per le persone che desiderano approfondire il cammino spirituale, si presenta come un compagno illuminante, che ci ricorda il mistero della nostra identità di figli di Dio.

    (Dalla Prefazione del Card. Cottier o.p.)

    Padre Marie-Dominique Molinié, domenicano e tomista nato nel 1918 e morto nel 2002, convertito da Santa Teresa e folgorato dalle sue intuizioni, è stato posseduto per tutta la vita dal desiderio di abbozzare, per i suoi contemporanei, la “dottrina nascosta dal Padre ai sapienti e agli intelligenti”, secondo quanto dice Gesù: - Ti rendo lode, Padre, perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli (Lc 10, 21-22). Padre Molinié pensa, infatti, che la filosofia e la teologia sono cose troppo serie per essere abbandonate agli intellettuali che, sopratutto in Francia, le hanno confiscate a loro profitto: solo un cuore di bambino ha il diritto ed il dovere di consacrarsi a queste discipline.
    Per questi cuori di bambino Padre Molinié ha dunque elaborato numerose riflessioni teologiche. Egli è sempre pronto a modificarle o anche a sacrificarle se non aiutano la Chiesa ad entrare nella Luce eterna che Cristo vuole farci pregustare fin d’ora, quaggiù, sulla terra.

    M. D. Molinié, “Il coraggio di avere paura”, Edizioni Parva. Pagg. 242. Prezzo di copertina € 13.00.
    Edizioni Parva, via Paradello 18, 45037 Melara (RO), tel 0425.89103;
    sito internet www.parva.it - e-mail: edizioniparva@cheapnet.it

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 10/09/2010 18:14
    Padre Vincent McNabb e la scena culturale inglese del primo Novecento

    Un domenicano
    a Babylondon


    Pubblichiamo stralci del primo capitolo del libro Babylondon. Padre McNabb, maestro di Chesterton, nel caos di Babylon-London (Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 2010, pagine 176, euro 15).
     

    di Paolo Gulisano

    Durante l'Ottocento, nel momento del trionfo del positivismo, dello scientismo, nonché della politica imperiale britannica, le leggi penali che per trecento anni avevano tenuto nella clandestinità la Chiesa cattolica in Gran Bretagna vennero progressivamente abolite, allo scopo di avvalersi totalmente dell'apporto dei cittadini cattolici all'edificazione delle glorie dell'Impero, e perché la cultura dominante riteneva che, ormai, i cattolici non facessero più paura a nessuno, essendo ormai niente più che una patetica sopravvivenza di un'antica "superstizione" destinata a essere spazzata via dalla modernità.

    Quello che avvenne invece fu un nuovo inizio, una seconda primavera della Chiesa, come ebbe a dire uno dei protagonisti di quella eccezionale stagione, John Henry Newman. La Chiesa cattolica rivelò tutta la sua vitalità, tutta la sua forza di verità, forgiata dalle lunghe, crudeli persecuzioni.

    Fu così che tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento non solo l'Inghilterra, ma il mondo intero venne a essere illuminato da figure come il cardinale Newman, padre Robert Hugh Benson, monsignor Ronald Knox, apologeti e profeti, e da scrittori geniali che intingevano le loro penne nell'inchiostro di una fede intensa e appassionata:  Gilbert Keith Chesterton, Hilaire Belloc, John Ronald Reuel Tolkien e altri ancora.

    Tra questi grandi personaggi della cultura cattolica ci fu anche un domenicano irlandese, che spese tutta la sua vita da religioso in Inghilterra. Il suo nome era Vincent Joseph McNabb. Insieme a Chesterton e Belloc fu protagonista della scena culturale inglese della prima metà del secolo. Con loro fondò perfino un movimento, il Distributismo, che cercò di realizzare in Gran Bretagna i principi della dottrina sociale cattolica.
     
    L'uomo - che divenne noto come "il santo di Hyde Park", il celebre parco londinese dove egli si recò per tanti anni a predicare all'aperto per i passanti - fu una straordinaria figura di frate domenicano; nativo dell'Irlanda del Nord, decimo di undici figli, in seguito al trasferimento della sua famiglia in Inghilterra mentre era ancora un ragazzo ebbe occasione di maturare qui la sua vocazione religiosa. A Newcastle, la città in cui era emigrato, aveva avuto modo di incontrare la locale comunità di frati domenicani, e ancora giovane non aveva avuto alcun dubbio nella decisione di entrare nell'ordine fondato da san Domenico e che in Inghilterra aveva avuto una storia gloriosa, troncata dalla distruzione e dal martirio.

    Dopo la restaurazione dei diritti dei cattolici, l'ordine dei predicatori aveva fatto anch'esso il suo ritorno in Inghilterra, iniziando una lenta e faticosa ricostruzione della propria presenza. Il giovane Joseph McNabb - questo infatti era il suo nome di battesimo, mentre Vincent fu il nome che assunse da religioso - entrò nell'ordine portandovi tutto il suo entusiasmo, la sua fede ardente, la sua carità instancabile, la sua speranza di riportare l'Inghilterra a Cristo. Dopo il noviziato e l'ordinazione fu inviato a proseguire gli studi nella prestigiosa sede belga di Lovanio, e quindi ritornò a svolgere la sua missione in Inghilterra. Benché irlandese - e padre McNabb fu sempre fieramente consapevole della sua identità - l'Inghilterra diventò per lui una seconda patria. Diceva che il suo amore per l'Irlanda era paragonabile a quello che si prova per la propria madre, mentre quello per l'Inghilterra era come quello che si prova per la propria sposa.

    Prendendo alla lettera l'antica missione dei domenicani, cominciò a stupire Londra per le sue prediche, i dibattiti e i contraddittori che teneva ad Hyde Park, il celebre parco londinese dove chiunque può salire su uno sgabello e sermoneggiare ai passanti. Dibatteva e dialogava con chiunque, protestanti di ogni denominazione, atei, liberi pensatori. La sua fama si sparse al punto che ogni domenica centinaia di persone andavano a sentirlo nel parco. Fu invitato in breve tempo a tenere dibattiti anche nei teatri, sfidato da personaggi del calibro di George Bernard Shaw.

    Possedeva una cultura e un'intelligenza straordinarie:  leggeva l'Antico Testamento in ebraico, il Nuovo in greco e san Tommaso d'Aquino in latino. Aveva un'eloquenza straordinaria, perfino per un irlandese, e un fuoco di desiderio di annunciare Cristo ardeva in lui. Era un monaco del tredicesimo secolo finito chissà come nel ventesimo. Predicava con la parola e con l'esempio, e aveva deciso di non insegnare solo dal pulpito, ma di allontanarsene e di andare incontro alla gente, con il suo abito bianco e nero e la povertà che in tutta la vita e le migliaia di volumi letti gli fece possedere solo tre libri:  la Bibbia, il breviario e la Summa di san Tommaso.

    Spese la vita a difendere la verità cristiana da ogni attacco ideologico. Fu un grande pensatore, provvisto di una vastissima cultura teologica, docente, studioso, scrittore, anche se i testi che ci ha lasciato sono soprattutto le raccolte dei suoi discorsi, delle sue omelie, dal momento che il suo primario ambito di apostolato non fu quello intellettuale, ma il servizio alla verità da annunciare tra tutte le persone, a partire da quelle più povere. Un personaggio di tale fatta non poteva non incrociare la propria strada, in quegli anni, con quella di Chesterton e Belloc.

    Il celebre "gkc", com'era popolarmente conosciuto, Gilbert K. Chesterton, è tuttora uno dei più popolari scrittori di lingua inglese, tradotto e letto in tutto il mondo. Divenne cattolico perché - spiegò - aveva trovato una religione capace di scendere nella profondità dell'animo umano, capace di perdonare i peccati, capace di rigenerare alla vita vera.

    La conversione di Chesterton fu dovuta all'incontro e all'amicizia con tre persone:  padre John O'Connor, un sacerdote irlandese che viveva nello Yorkshire, un prete arguto e simpatico che gli ispirò il personaggio di padre Brown; il grande amico e collega Hilaire Belloc e infine padre McNabb.
    Il domenicano irlandese divenne la loro guida spirituale, a cominciare da Belloc, una figura straordinaria ancora purtroppo poco nota in Italia.

    Nato nel 1870 da padre francese e madre inglese convertita al cattolicesimo, Belloc crebbe in Inghilterra, e studiò presso gli oratoriani, l'ordine di san Filippo Neri, introdotti in Inghilterra da John Henry Newman. In seguito si laureò brillantemente a Oxford, ma il perdurante sentimento anticattolico gli impedì di intraprendere la carriera accademica. Divenne così giornalista, una delle più famose penne d'Inghilterra, saggista, polemista, autore di numerosissimi libri prevalentemente di saggistica.

    Grandissimo prosatore, maneggiava la lingua inglese da grande artista. Scrisse di storia e in particolare di storia militare, della quale era cultore competentissimo, e compose molte narrazioni di viaggi. Viaggiare fu una delle più grandi passioni della sua vita, una passione vissuta con spirito antico:  non fu mai un semplice turista curioso o un esploratore avido di emozioni o un girovago in cerca di esperienze, ma fu un vero e proprio pellegrino, che affrontò le strade del mondo cercando di incontrarsi e confrontarsi con l'umano e con il divino.

    Percorse i Paesi che descrive nei suoi libri in gran parte a piedi, viaggiando come facevano i pellegrini del medioevo, fermandosi alle locande, parlando con le persone in cui si imbatteva per strada, senza aver fretta, osservando a fondo la realtà che poi descriveva nei libri con la precisione che può avere solo chi di un Paese ha assaporato ogni colore, ogni ora del giorno, godendone la bellezza e assaporandone la polvere.

    Fu un apologeta del cristianesimo coraggioso e preparatissimo. Una delle più brillanti menti dell'Inghilterra del tempo, e con Chesterton costituì uno straordinario sodalizio umano e culturale, che George Bernard Shaw definì "Il Chesterbelloc".

    Il duo Chesterbelloc trovò in padre McNabb un amico e una guida. Belloc in particolare fu colpito dalla cultura del domenicano, dal suo carattere, dal suo giudizio, e soprattutto dalla sua santità di vita, che Hilaire affermava di non avere mai incontrato in nessun'altra persona. Ciò nonostante padre Vincent fu a volte guardato da molti suoi confratelli con poca simpatia, soprattutto per ciò che veniva ritenuto un atteggiamento poco prudente o eccentrico.

    Indubbiamente, il domenicano che aveva portato la sua sfida evangelica in quella metropoli che, con un gioco di parole, definiva "Babylondon", ovvero Babilonia-Londra, era qualcosa di più che un semplice "anticonformista", capace di rifiutare prodotti della modernità come la macchina da scrivere, continuando tutta la vita a scrivere a penna i suoi articoli e libri. La sua era la determinazione di andare controcorrente rispetto all'ingiustizia e agli errori del mondo. Per questo sfidò la legge inglese che aveva mantenuto - tra i retaggi della lunga stagione dell'anti-cattolicesimo - il divieto ai religiosi di indossare il proprio abito in pubblico. Padre McNabb invece portava fieramente la sua "divisa" da domenicano per le vie di Londra, esempio e memoria vivente di quei "Blackfriars", i "frati neri", come erano chiamati nell'uso comune inglese i domenicani, che un tempo lontano avevano colmato l'Inghilterra della loro fede e del loro sapere.

    Chesterton ebbe a definirlo come "uno dei pochi grandi uomini che io abbia mai incontrato, e il più grande in assoluto in Inghilterra nel nostro tempo". Sia per Hilaire che per Gilbert, padre McNabb era la conferma vivente delle loro tesi sul medioevo:  la carità ardente, la passione apostolica, l'amore per la cultura e l'attenzione per i poveri convalidavano le tesi espresse da Belloc a proposito del medioevo delle gilde e delle libertà concrete; per Chesterton padre McNabb era la testimonianza vivente di quella civiltà dei monasteri che un tempo era felicemente fiorita in Inghilterra, che era stata spazzata via dalla Riforma e seppellita sotto un cumulo di menzogne storiche.


    (©L'Osservatore Romano - 11 settembre 2010)



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 22/01/2011 11:14

    Moliniè: il Vaticano II, la Tradizione e l’analogia della Fede

    Nancy, Festa della Compassione 1981

    Cari Amici,

    Questa lettera sarà ricevuta da molti come quella di un fantasma. Effettivamente, quando ho proposto di sottoscrivere alla pubblicazione delle Conferenze ai Giovani, ho avuto il grave torto di non precisare che ero incapace di dire a chiunque, fosse pure un bambino di sette anni, qualcosa di diverso da ciò che predico alle Carmelitane… e nelle Lettere agli Amici. La maggior parte di voi ha dunque potuto credere che quelle Conferenze non li riguardassero. Siccome esse mi hanno richiesto un grande lavoro, non potevo far fronte alla redazione delle une e delle altre: di qui un silenzio apparente di parecchi anni.

    Questo malinteso è reso più spiacevole dal fatto che il tentativo piuttosto folle di fare arrivare a dei giovani lo stesso messaggio indirizzato a dei contemplativi mi ha costretto a presentarlo in un modo più semplice, ma non meno profondo e in definitiva più felice, forse, di quello adottato nei ritiri alle comunità, nelle Lettere agli Amici e, peggio ancora, nei ciclostilati.

    Per fortuna questa lacuna sta oggi per essere colmata dalla pubblicazione del libro Adoration ou Désespoir presso le edizioni CLD, che riprende proprio il testo delle Conferenze ai Giovani (tranne quattro conferenze, che mi potete sempre chiedere).

    Devo segnalare che parecchie librerie hanno poca simpatia per le edizioni CLD a causa della loro impostazione tradizionale, perciò è probabile che la maggior parte di voi non abbia sentito parlare di questo libro, l’ho constatato io stesso da più parti. Mi permetto di invitarvi ad acquistarlo, insistendo se è il caso presso il vostro libraio di fiducia. Come ho appena spiegato, potete considerare questo libro come l’insieme delle Lettere agli Amici che non avete ricevuto gli scorsi anni.

    Adesso che il lavoro è terminato, non ho intenzione di fermarmi e spero di proporre presto nuove Lettere, la prima delle quali parlerà di Madre Teresa, a partire da un ritiro che ho predicato su di lei. Fin d’ora aggiungo a queste poche parole:

    1) Una breve professione di fede a proposito del Concilio Vaticano II°, per collocarmi senza clamore di fronte alle questioni scottanti che agitano la Chiesa di Francia.

    2) Il catalogo degli Scritti e delle Registrazioni preparati in questi ultimi quattro anni: questo per riprendere largamente i contatti con tutti coloro che, un giorno o l’altro, hanno potuto interessarsi a ciò che facevo.

    Devo dire che la decisione di mandarvi questa lettera deve molto alla testimonianza di una di voi, perché ho piuttosto tendenza a minimizzare l’importanza dei miei sforzi. Ecco quello che mi dice:

    “Le sue lettere mi mancano molto, dopo l’ultima del Natale del 1977. Non penso di essere la sola perché, qualche mese fa, E. S. mi diceva di trovarsi nella mia stessa situazione.

    Se è perché ha delle ragioni per interrompere, non posso che inchinarmi, anche se forse le gioverà sapere quale vuoto crea il suo silenzio. Sarà perché ho appena ascoltato nella Messa una lettura che mi ha molto colpito. Era Ezechiele 33, 7-9: “O Figlio d’uomo, io ti ho costituito sentinella per gli Israeliti; ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia. Se io dico all’empio: Empio tu morirai, e tu non parli per distoglier l’empio dalla sua condotta, egli, l’empio, morirà per la sua iniquità (si allude alla morte dell’anima: vedi a questo riguardo ciò che dico più avanti sull’analogia della fede); ma della sua morte chiederò conto a te. Ma se tu avrai ammonito l’empio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte, egli morirà per la sua iniquità, tu invece sarai salvo.”

    Il nostro tempo – non so se più o meno degli altri – ha terribilmente bisogno di sentinelle, perché il “mondo” è malvagio. E tuttavia lo Spirito, lo testimoniano parecchi segni, è sempre all’opera e molte volontà non aspettano che questo segno per rispondere.

    Con profonda fedeltà.”

    ***

    BREVE PROFESSIONE DI FEDE A PROPOSITO DEL CONCILIO

    La parola di Dio ci è trasmessa dalla Scrittura e dalla Tradizione. La Tradizione è essenzialmente orale, anche se si esprime attraverso numerosi testi. Essa ingloba e supera la Scrittura, perché è essa che ci consegna la Scrittura e ci dà per esempio la lista dei libri ispirati o, come si dice, canonici (non troverete questa lista nella Bibbia).

    È sempre la Tradizione che spiega e interpreta infallibilmente, non solo la Bibbia ma la stessa Tradizione, la cui natura, ripeto, è essenzialmente orale: “Ma come potranno invocarlo senza aver prima creduto in Lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?” (Rm 10, 14). La Tradizione si trasmette così da uomo a uomo, e non da libro ad uomo, fosse pure, questo libro, la Bibbia: “Capisci quello che stai leggendo?” chiede Filippo all’eunuco etiope. “E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?” (At 8, 31).

    Per trasmettere e interpretare la Rivelazione, la Tradizione utilizza costantemente ciò che si chiama l’analogia della fede. Questo vuol dire che essa interpreta i testi della Bibbia alla luce dei testi della Bibbia, i testi del Magistero alla luce dei testi del Magistero: più profondamente, essa interpreta i testi alla luce della Tradizione orale che ingloba e supera tutti i testi.

    Per far questo, il Magistero è dotato di un carisma infallibile, che esercita costantemente in modo ordinario, e talora in modo straordinario, per attirare l’attenzione dei fedeli su certe verità, alcune delle quali diventano allora dei dogmi solennemente definiti.

    La pienezza del Magistero è concentrata nella persona del Papa, ma si estende all’insieme dei Vescovi riuniti attorno al Papa, specialmente in occasione dei concili ecumenici.

    Ora il Concilio Vaticano II è ecumenico perché è stato voluto come tale dal Papa e dai Vescovi del mondo intero, che è come dire il Magistero in funzione in quel periodo. Come i testi di questo Concilio ricordano espressamente, li si deve intendere alla luce degli altri Concili, della Bibbia e più profondamente, come ho appena detto, della Tradizione tutta intera. Non ci può dunque essere a priori nessuna contraddizione tra questo Concilio e gli altri, in particolare il Concilio di Trento e il Vaticano I: dubitare di questo è dubitare della Rivelazione.

    È capitato, nella storia della Chiesa, che le stesse parole, la stessa proposizione, la stessa tesi, sia considerata come eretica in un contesto eretico, e ortodossa e cattolica in un contesto cattolico.

    Non ho da sapere, e nessun fedele ha bisogno di sapere, ciò che è successo prima e durante il Concilio nel corso della preparazione degli schemi: lo Spirito Santo può disertare gli uomini di Chiesa e le loro discussioni, non può disertare un Concilio ecumenico come tale.

    Ciò che ha tradito il Concilio è stata la “tradizione” (e la traduzione) dei suoi testi da parte dei pastori e dei cristiani (la tradizione con la t minuscola è sempre più o meno una traduzione, e cioè un tradimento: traduttore, traditore!).

    Molti hanno rifiutato di praticare a loro riguardo l’analogia della Fede: hanno opposto allora questo Concilio agli altri, sia per attenuare la portata dei dogmi del passato, sia per denunciare il Vaticano II come infedele agli insegnamenti del passato.

    Procedere così è già porsi al di fuori della Rivelazione, è rifiutare la sottomissione dell’intelligenza umana alla semplicità trascendente della Parola di Dio: lo affermo a priori, e ancor prima di prendere in considerazione il contenuto dei testi conciliari, perché mi basta sapere che il concilio è ecumenico per sapere che un tale atteggiamento è in realtà il naufragio della Fede.

    Certe proposizioni del Vaticano II possono sembrare nuove: non si vede come conciliarle con gli insegnamenti del passato. In questo caso affermo a priori che è l’intelligenza umana che è in difetto: essa non riesce a innalzarsi al livello della Tradizione orale e alla sua divina armonia. Il lavoro dei teologi dovrà allora consistere nel cercare umilmente questa armonia che sfugge.

    S. Tommaso d’Aquino non vedeva come conciliare l’Immacolata Concezione con la necessità universale della Salvezza: si sarebbe inchinato davanti all’affermazione di un Concilio ecumenico, anche in assenza di una definizione solenne: gli sarebbe bastato il Magistero ordinario di un concilio per sottomettere il proprio giudizio.

    Notiamo bene, a questo proposito. che non tutti i testi di Concilio hanno la stessa portata, come il Concilio stesso indica con chiarezza. Le costituzioni dogmatiche del Vaticano II appartengono al Magistero straordinario, benché non definiscano nessun nuovo dogma e non pronuncino anatemi.
    Gli altri testi appartengono al Magistero ordinario, ma dovete sapere che anche il Magistero ordinario è sostenuto dal carisma dell’infallibilità: richiede solo, per essere interpretato, più flessibilità nella pratica dell’analogia della Fede, allo scopo di conciliare le sue parole con l’insieme della Tradizione. Misconoscere queste molteplici sfumature è rendersi inadatti ad ascoltare correttamente la Parola di Dio.

    Molti hanno voluto sradicare i testi del Vaticano II dalla Tradizione, trascinando così molti fedeli nel naufragio della Fede.

    Ma anche coloro che, a causa di questo, rifiutano il Concilio, fanno naufragio nella Fede. È la mia convinzione molto semplice (ma non semplicistica), e lo dico semplicemente. Mi si può dire quello che si vuole: tutto si urterà nella mia mente contro la nozione di Concilio ecumenico e più in generale contro quella di Magistero. Non è una questione d’obbedienza, se non è l’obbedienza della Fede, che non si distingue dalla fede stessa: la fede nella Rivelazione infallibilmente trasmessa dalla Tradizione.

    Che ciascuno si metta dunque umilmente in ascolto della Tradizione alla luce della Tradizione, e lo Spirito Santo lo assisterà con il carisma dell’infallibilità in credendo, l’infallibilità nell’accogliere la Parola di Dio.

    Ma non posso che incoraggiare i credenti a disertare le discussioni verosimilmente disertate anche dallo Spirito Santo, e che rischiano fortemente di attirarsi il rimprovero di Gesù Cristo a Pietro “Via da me, Satana, perché tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini”.

    Fr. M.D. Molinié, o.p.

    Fraternamente CaterinaLD

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    00 19/05/2011 18:09
    In un nuovo "Dictionnaire de philosophie et de théologie thomistes"

    La modernità del Dottore angelico


     

    Esce domani, 20 maggio, per i tipi di Parole et Silence - l'editrice franco-svizzera che ha in catalogo diversi titoli di Benedetto XVI, tra cui la seconda parte del Jésus de Nazareth - un semplice e innovativo Dictionnaire de philosophie et de théologie thomistes (pagine XXIV + 591, euro 39). Scritto a due mani dal teologo domenicano Philippe-Marie Margelidon e dal filosofo Yves Floucat, il repertorio comprende un migliaio di voci, generalmente piuttosto brevi e presentate in un linguaggio limpido e sintetico, comprendenti "una definizione dei termini di cui l'Angelo della Scuola fa un uso frequente".
    I lemmi, in genere corredati dal termine corrispondente nel latino di Tommaso, vanno da Abaliété - da ab alio, è la caratteristica di "ciò che è o esiste da un altro, ciò che si dice di tutto ciò che è finito e dunque creato", mentre Dio soltanto è a se (da cui l'aséité) - a Zizanie (susurratio), peccato che il grande pensatore giudica moralmente molto grave, peggiore della diffamazione (detractio) e dell'oltraggio (contumelia).

    Strumento pratico e aggiornato che intende aiutare la scoperta e la comprensione del doctor angelicus e del suo linguaggio, il dizionario tiene conto del pensiero tomistico classico e contemporaneo, da Maritain a Gilson, e s'inserisce nella "Bibliothèque de la Revue thomiste". La collezione, nata nel 2005 e diretta dai domenicani Serge-Thomas Bonino e Thierry-Dominique Humbrecht, comprende già una decina di titoli che si riallacciano alla tradizione dottrinale della classica rivista fondata nel 1893 e che è espressione dei domenicani di Tolosa e di Friburgo, in Svizzera. Con un duplice scopo: comprendere il pensiero di san Tommaso d'Aquino nel suo contesto originale e al tempo stesso manifestarne "la fecondità nel dibattito intellettuale contemporaneo". (g.m.v.)



    (©L'Osservatore Romano 20 maggio 2011)

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    00 09/06/2012 15:45

    Invito alla lettura

    Padre CalmelEsiste un testo molto prezioso, che oggi dovrebbe essere ricuperato per la sua straordinaria attualità. Si tratta della Breve apologia della Chiesa di sempre di Padre Roger Thomas Calmel (1914-1975) dell’ordine dei Predicatori: è la raccolta di alcune meditazioni sull’attuale crisi della Chiesa, causate dalle idee moderniste infiltratesi con il Concilio Vaticano II.

    Padre Calmel illustra, con dottrina e pietà, il dovere dei figli della Chiesa (vescovi, sacerdoti e laici), quale sia l’atteggiamento che un buon fedele deve avere nei confronti del Vicario di Cristo. Gli illuminanti insegnamenti di Padre Calmel sono uno strumento efficace per comprendere quale sia veramente la strada del sincero e devoto cattolico, che vuole realmente e sinceramente appartenere alla Chiesa, senza sentimenti di ira o di amaro zelo, che non appartengono, e non hanno mai appartenuto, al sentire cattolico.
    Padre Calmel conduce per mano, passo passo, a comprendere che cosa sia la Chiesa e quale ruolo abbia il Papa.

    «Come i poteri della Chiesa derivano dai poteri di Cristo, come la santità della Chiesa è la santità di Cristo “diffuso e comunicato” (Bossuet), così il messianismo: quello di Gesù Cristo, Nostro Signore e Re» e il Suo Regno non appartiene a questo mondo. Il Vangelo in tre precisi punti, dice il padre domenicano,  esprime il grande disegno messianico della Chiesa: «Cercate innanzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in sovrappiù» (Mt 6,33); «Una sola cosa è necessaria; Maria ha scelto la parte migliore, che non le è stata tolta» (Lc 10,42); «Io sono re, ma il mio regno non è di quaggiù» (Gv 18, 36-37).
    Cristo è Re nel Regno di Dio ed è Re della Chiesa. La Chiesa gli appartiene e su di essa imprime la sua regia autorità. Il Papa è il suo vice in terra. A causa della crisi della Chiesa e delle tempeste che si sono abbattute su di Lei, accade che molti fedeli siano talmente sofferenti, talmente angosciati, talmente delusi da essere tentati di affermare «ma questa non è la mia Chiesa!».
    Ebbene è una tentazione, una satanica tentazione, dalla quale occorre resistere con tutte le proprie forze.

    Padre Calmel afferma che, in effetti, «quando accettiamo di guardare in faccia la realtà, siamo obbligati a dire: «Ah! Roma mi ha fatto male» a causa dei novatori e dei negatori dei mezzi di santificazione che sono penetrati nelle mura vaticane… e si è permesso che esse entrassero, senza opporvi debita resistenza. Ma un giorno Roma guarirà dalla sua malattia: «la Chiesa apparente ben presto sarà smascherata. Tosto cadrà in polvere, perché la sua forza principale nasce dal fatto che la sua intrinseca menzogna passa per la verità, non venendo mai efficacemente sconfessata dall’alto».

    Gesù governa la sua Chiesa e, d’altro canto non «c’è Chiesa senza Vicario di Cristo, infallibile ed investito del primato». Nessuno può confutare che c’è «un Capo della Chiesa che è sempre infallibile, sempre senza peccato, sempre santo, che ignora intermittenze o arresti nella sua opera di santificazione. È Lui il solo Capo, perché tutti gli altri, compreso il più alto [il Pontefice], non hanno autorità se non da Lui e per Lui».
    Da quando Gesù Cristo è asceso al Cielo si è procurato, fino ad oggi, 265 Papi. Spiega padre Calmel: «Alcuni, un piccolo numero soltanto, sono stati dei Vicari così fedeli che noi li invochiamo quali amici di Dio e Santi intercessori; un numero ancora più ridotto è caduto in mancanze gravissime; il maggior numero dei Vicari di Cristo, invece, furono più o meno convenienti; nessuno di loro, essendo ancora Papa, ha tradito e potrà tradire fino ad insegnare esplicitamente l’eresia nella pienezza della sua autorità. Tale essendo il rapporto di ogni Papa e della serie dei Papi col Sommo Sacerdote Gesù Cristo, le debolezze di un Papa nBreve apologia della Chiesa di sempreon debbono farci dimenticare, sia pure per poco, la saldezza e la santità della signoria del nostro Salvatore, impedendoci di vedere la potenza e la sapienza di Gesù, che tiene in mano anche i Papi insufficienti e contiene la loro insufficienza nei limiti invalicabili».

    Pensiero lucidissimo, spiegazioni nette e inequivocabili: si tratta davvero di un magnifico libro da leggersi quando lo sconforto assale nel constatare le ferite inferte alla Chiesa. Si comprenderà, allora, che la Chiesa, amatissima Sposa di Cristo, proprio perché malata deve essere ancora più seguita, soccorsa, difesa, protetta. Quando c’è un ammalato, egli va ancor più amato di quando il suo stato era sano. L’amore di Cristo per la Sua Chiesa non muta mai, è costante, è perseverante, è perfetto. E quando è piagata Egli è dolorante per quelle piaghe. I fedeli, chiamati ad imitarLo in tutto, come il Vangelo insegna, possono sì soffrire per Lei, ma non per questo smettere di amarla, ripudiandola.
     
    R.T. Calmel, Breve Apologia della Chiesa di sempre, Editrice Ichthys 2007. Disponibile nei Priorati e centri di Messa della Fraternità San Pio X (€ 5,00+spese di spedizione).
     
    Fonte:
    http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=654:breve-apologia-della-chiesa-di-sempre&catid=52:libri&Itemid=120


    [SM=g1740738]

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    00 08/08/2013 20:41
    [SM=g1740758] STORIE E LEGGENDE MEDIEVALI tratte dalla Tradizione domenicana...... cliccando qui su google libri potrete leggerlo....

    qui vi ho salvato due pagine....ottima lettura per l'estate.....


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    [SM=g1740771]


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)