Matteo 6:24
Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona.......... E Mammona....invece.... è divenuto il sovrano supremo, addirittura....al di sopra di Cesare, al di sopra dei più possenti Cesari del mondo.....E' LA LIBERTA' DI PENSIERO INTESA COME RELATIVISMO, INSUBBORDINAZIONE AL DARE A DIO CIO' CHE E' DI DIO.....DISOBBEDIENZA ALLE LEGGI DI DIO....
Il vero pericolo del sincretismo delle fedi sta anche in questo.....SERVIRE CONTRO IL MONITO DI CRISTO: DIO E MAMMONA....ACCONTENTARSI di accontentare TUTTI e chiunque...cristiani che difendono l'essere cristiani ma poi sono favorevoli ALL'EFFIGE DI CESARE E SERVONO MAMMONA.......con l'aborto, il divorzio, l'eutanasia, l'omosessualità....ecc.....ORA ANCHE A GIOCARE A FARE DIO CON GLI EMBRIONI.......contro il Samo 138....
Per concludere, per ora....c'è un altro passo del Vangelo che riguarda sempre una somma da pagare.....è un'altra occasione, meno citata, ma molto interessante, dove Gesù ebbe a che fare con una tassa....una imposta. E, questa volta, non si trattava di dare un tributo al vincitore.... ma d'una imposta stabilita dalla stessa nazione giudea per la manutenzione del tempio, perchè imposta dall'occupate romano che traeva contributi anche per il Tempio (Matteo 17, 24-36).
Gli esattori di questa tassa vennero da S. Pietro e gli domandarono: "Il vostro maestro Gesù non paga la tassa? Gesù disse a Pietro: "Vai in riva al lago, getta l'amo per pescare, e il primo pesce che abbocca tiralo fuori; aprigli la bocca e ci troverai una grossa moneta d'argento. Con questa moneta paga la tassa per me e per te". Pietro, pescatore di mestiere, ben fece tutto questo...OBBEDENDO ALLA RISOLUZIONE DELLA TASSA DA PAGARE.....
Qui osserviamo due cose:
1) Gesù pagherà solo PER LUI E PIETRO, ma non per gli altri eppure gli altri erano presenti....
2) secondo aspetto....Gesù NON FA OBIEZIONI.....quasi a riconoscere la giustizia di quella Tassa, altrimenti chi doveva pagare per IL TEMPIO DEL SIGNORE?
Qui non c'è solo il Tempio in mezzo, ma UN PO' TUTTO CIO' CHE RIGUARDA LA SOCIETA' CIVILE E LA SUA MANUTENZIONE.....ma questo è un altro discorso.......
Ritengo che per ora abbiamo tirato in ballo molti spunti su cui meditare.......pregandovi di non ridurre l'argomento ad una questione monetaria...
Segue la breve riflessione di un vescovo:
Dio e Cesare
Il progetto di Dio affidato alla sua Chiesa non è un progetto politico, non è un progetto di ordine materiale, per trasformare questo mondo, non è una filosofia, non deve scadere nella ideologia della Persona Cristo: la trasformazione di questo mondo verrà dall'accettazione del vero progetto di Dio, che è di ordine spirituale, e che ha, come conseguenza, un profondo effetto anche di ordine materiale e quindi morale. "Dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare": quella moneta recava certamente l'effigie dell'imperatore romano, che era l'oppressore; il popolo era sottomesso all'impero romano che imponeva con la forza delle armi il suo potere, oggi questo potere lo identifichiamo nelle leggi degli uomini che avanzano inesorabilmente contro la Legge universale di Dio e a queste i cattolici devono opporsi chiaramente, anche a costo della propria vita, devono lasciare a Cesare la sua effige con la quale i cattolici non devono assolutamente assoggettarsi.
"Dare a Dio quel che è di Dio e agli uomini quel che è degli uomini": e a Dio, quando gli diamo tutto, risponde mirabilmente nella sua bontà infinita, ci da il centuplo e ci ridà quello che gli stiamo dando, ci retribuisce, e come conseguenza della vittoria sul peccato, che è la causa di tutti i mali, compresi quelli materiali, etici e morali, avremo un mondo differente.
Fratelli miei, san Paolo, nella più antica lettera da lui scritta, ci ricorda che non basta proclamare la Parola di Dio, ma che dobbiamo mostrarne l'effetto nella nostra vita. Non è cattolico chi dice di esserlo, ma è cattolico soprattutto chi dice di esserlo e vive questa sua fede; non è cattolico chi dice di esserlo, ma poi si lascia assoggettare da Cesare. San Paolo, indirizzando questa lettera ai suoi figli, li elogia perché essi hanno le mani piene di buone opere, perché seguono gli insegnamenti del Signore, mettono in pratica il Magistero e testimoniano quello che è di Dio e che a Lui appartiene in assoluto.
+Eugenio De Araujo Sales
Il Dio «ignorato»
don Pierangelo Sequeri
L'antica testimonianza racconta. Alzatosi in mezzo all'Areòpago, Paolo disse: "Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi. Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve l'annunzio" (Atti 17, 22-23).
Il discorso di Paolo, filosoficamente istruito, conclude con l'annuncio di "un giorno nel quale Dio dovrà giudicare la terra per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti la prova sicura col risuscitarlo dai morti" (Atti 17, 31).
E' anche questo, in forma di essenziale folgorazione, annuncio dell'evangelo inaudito di Dio: proprio in Gesù si rivela il Signore della creazione e il fondamento del suo riscatto. Si ironizza talora - benevolmente - su questo testo, alludendo alla reazione di alcuni che, sentendo parlare di risurrezione di morti, ridevano dicendo "Ti sentiremo un'altra volta".
La morale, in verità un po' demagogica, che se ne vorrebbe trarre, è appunto che con la "filosofia" non si va molto lontano e non si raccoglie granché. Però si dimentica che alcuni altri "aderirono a lui e divennero credenti" (Atti 17, 32.34). Dunque, non sarei così drastico, e apprezzerei di più l'abilità dell'intreccio sapiente del linguaggio di Paolo che orchestra insieme la religiosità degli interlocutori, la filosofia dei classici e il nocciolo incandescente dell'assoluto cristiano di Dio, impiantato nel cuore del mondo in Gesù Signore: "per mezzo di un uomo" Dio compie la creazione e disvela la qualità della storia.
Agli inizi del millennio che è appena iniziato, abbiamo però in Occidente uno scenario relativamente nuovo. E persino inedito. E' la nuova evidenza culturale di un "Dio ignorato", più che di un "Dio ignoto", che ci sollecita e ci interpella. Comprendere il senso di questa inedita costellazione del pensiero e dell'epoca è un giusto motivo di leale confronto fra credenti e non credenti. Per i credenti, la nuova l ingua dell'annuncio deve transitare coraggiosamente di qui.
Il bel testo (anzi bellissimo) della Commissione Cei per la dottrina della fede, l'annuncio e la catechesi ("Questa è la nostra fede. Nota pastorale sul primo annuncio del Vangelo") non elude fumosamente il punto che fa la differenza. E dà l'esempio, parlando una lingua cristiana precisa, limpida ed essenziale, ma non un gergo intra-ecclesiastico. Si confronta direttamente con la complessità del nuovo Areopago, in cui convivono modi culturali, forme di costume, e persino epoche diverse della "nominazione" e dell'"ignoranza" di Dio.
E mette a fuoco, con efficacia non ancora così frequente, la dimensione esistenziale di un annuncio che deve lampeggiare nel quotidiano il senso di una dichiarazione dell'evangelo esplicita e vigorosamente raccolta sulla verità essenziale. Non c'è alternativa fra annuncio e dialogo, testimonianza e discorso, rigore e slancio. Molte belle espressioni però mirano a creare affezione e coinvolgimento per una felice scoperta che entusiasma e risana. Ché questo è prima di tutto, l'evangelo di Gesù Cristo che chiama la fede.
Ne raccolgo lo spirito, invitando caldamente alla lettura, dedicandovi un delizioso apologo chassidico raccolto da Martin Buber.
"Una storia va raccontata in modo che sia essa stessa un aiuto. Mio nonno era zoppo. Una volta gli chiesero di raccontare una storia del suo Maestro. Allora raccontò di come il santo Baal-Schem solesse saltellare e danzare mentre pregava. Mio nonno si alzò e raccontò, e il racconto lo trasportò tanto che ebbe bisogno di mostrare saltellando e danzando come facesse il Maestro. Da quel momento, guarì. Così vanno raccontate le storie".
Avvenire - 20 maggio 2005
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