DIFENDERE LA VERA FEDE

L'ordinazione alle Donne non è possibile ne oggi ne mai (Documentazione ufficiale)

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 11/09/2009 22:55
       

    CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

    DECRETO GENERALE
    circa il delitto di
    attentata ordinazione sacra di una donna

    La Congregazione per la Dottrina della Fede, per tutelare la natura e la validità del sacramento dell’ordine sacro, in virtù della speciale facoltà ad essa conferita dalla suprema autorità della Chiesa (cfr. can. 30, Codice di Diritto Canonico), nella Sessione Ordinaria del 19 dicembre 2007, ha decretato:

    Fermo restando il disposto del can. 1378 del Codice di Diritto Canonico, sia colui che avrà attentato il conferimento dell’ordine sacro ad una donna, sia la donna che avrà attentato di ricevere il sacro ordine, incorre nella scomunica latae sententiae, riservata alla Sede Apostolica.

    Se colui che avrà attentato il conferimento dell’ordine sacro ad una donna o se la donna che avrà attentato di ricevere l’ordine sacro, è un fedele soggetto al Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, fermo restando il disposto del can. 1443 del medesimo Codice, sia punito con la scomunica maggiore, la cui remissione resta riservata alla Sede Apostolica (cfr. can. 1423, Codice dei Canoni delle Chiese Orientali).

    Il presente decreto entra immediatamente in vigore dal momento della sua pubblicazione su L’Osservatore Romano.

    William Cardinale LEVADA
    Prefetto

    L. + S.

    + Angelo AMATO, S.D.B.
    Arcivescovo titolare di Sila
    Segretario

    In Congr. pro Doctrina Fidei tab., n. 337/02







          --------------------------------------------------------------------------------------------------




    da un articolo del 3 luglio 1993



    Wojtyla ripete il no alle donne sacerdote:
    la stessa fede cristiana che rischia di essere compromessa  "

    ribadito il no ad ogni ipotesi di aprire alle donne il sacerdozio. 




    A poco piu' di un mese dalla sua nuova visita negli Stati Uniti, dove presidiera' a Denver la Giornata mondiale della gioventu' , Giovanni Paolo II ha denunciato con molta fermezza il femminismo "aspro e ideologizzato" di non poche cattoliche americane, cosi' radicato in alcuni ambienti della Chiesa negli Stati Uniti da rappresentare spesso motivo di imbarazzo nella gerarchia episcopale. 

    Il Papa riceveva ieri in visita "ad limina" i vescovi americani delle province ecclesiastiche di Baltimora, Washington, Miami e Atlanta. Ancora una volta Giovanni Paolo II ha ripetuto il suo fermo no ad ogni ipotesi di aprire alle donne le porte del sacerdozio, come continuano a reclamare molte femministe degli Stati Uniti.

    Nello stesso tempo, e per la prima volta in modo cosi' esplicito, ha accusato certe religiose di alimentare un femminismo esasperato e dannoso, in un momento in cui in altri Paesi occidentali le donne cattoliche e le stesse suore impegnate vanno ricercando la via di "rivendicazioni" piu' realistiche.

    In un discorso, il pontefice ha affrontato due temi particolarmente delicati: il ruolo della donna nella Chiesa e la corretta concezione del rapporto fra sacerdozio ordinato e sacerdozio comune, quello cioe' dei fedeli.

    "La Chiesa . ha affermato . considera i diritti della donna un passo essenziale verso una piu' giusta e matura societa' ed essa non puo' non far proprio questo giusto obiettivo". Ma ha voluto puntualizzare che nella Chiesa vi sono dei "limiti". E per indicarli, ha preferito lamentarsi del "clima di insoddisfazione" che alcuni "circoli" cercano di rafforzare contro la posizione della Chiesa sul problema femminile ed in particolare sul sacerdozio delle donne, ormai accettato nel mondo anglicano e da altre Chiese cristiane negli Stati Uniti.

    Giovanni Paolo II ha invitato a ben distinguere "fra i diritti civili e umani di una persona e i diritti, i doveri, il ministero e le funzioni che gli individui hanno o godono all' interno della Chiesa". "Una ecclesiologia manchevole . ha affermato . puo' facilmente condurre a presentare false questioni o a sollevare false speranze".
    "Cio' che e' certo e' che la questione non puo' essere facilmente risolta attraverso un compromesso con un femminismo che si polarizza lungo linee aspre e ideologiche. Non e' solo il fatto che alcune persone reclamano un diritto per le donne di essere ammesse al sacerdozio nella sua forma estrema. E' la stessa fede cristiana che rischia di essere compromessa . ha sottolineato Papa Wojtyla .. Sfortunatamente questo tipo di femminismo e' incoraggiato da alcune persone nella Chiesa, comprese alcune religiose i cui atteggiamenti, convinzioni e comportamenti non corrispondono a cio' che il Vangelo e la Chiesa insegnano".
    "Spetta ai vescovi . ha concluso . affrontare la sfida che persone con queste convinzioni rappresentano ed invitarle ad un sincero e onesto dialogo sulle aspettative delle donne nella Chiesa".




    segue il testo ufficiale redatto dal Pontefice nel 1984

    [Modificato da Caterina63 11/09/2009 23:03]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 11/09/2009 23:01
     

    LETTERA APOSTOLICA DI GIOVANNI PAOLO II

    ORDINATIO SACERDOTALIS

    AI VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA
    SULL'ORDINAZIONE SACERDOTALE
    DA RISERVARSI SOLTANTO AGLI UOMINI

    Venerabili Fratelli nell'Episcopato!

    1. L'ordinazione sacerdotale, mediante la quale si trasmette l'ufficio che Cristo ha affidato ai suoi Apostoli di insegnare, santificare e governare i fedeli, è stata nella Chiesa cattolica sin dall'inizio sempre esclusivamente riservata agli uomini. Tale tradizione è stata fedelmente mantenuta anche dalle Chiese Orientali.

    Quando sorse la questione dell'ordinazione delle donne presso la Comunione Anglicana, il Sommo Pontefice Paolo VI, in nome della sua fedeltà all'ufficio di custodire la Tradizione apostolica, ed anche allo scopo di rimuovere un nuovo ostacolo posto sul cammino verso l'unità dei cristiani, ebbe cura di ricordare ai fratelli anglicani quale fosse la posizione della Chiesa cattolica: «Essa sostiene che non è ammissibile ordinare donne al sacerdozio, per ragioni veramente fondamentali.

    Queste ragioni comprendono:
    - l'esempio, registrato nelle Sacre Scritture, di Cristo che scelse i suoi Apostoli soltanto tra gli uomini;
    - la pratica costante della Chiesa, che ha imitato Cristo nello scegliere soltanto degli uomini;
    - e il suo vivente magistero, che ha coerentemente stabilito che l'esclusione delle donne dal sacerdozio è in armonia con il piano di Dio per la sua Chiesa» [
    1].

    Ma poiché anche tra teologi ed in taluni ambienti cattolici la questione era stata posta in discussione,
    Paolo VI diede mandato alla Congregazione per la Dottrina della Fede di esporre ed illustrare in proposito la dottrina della Chiesa. Ciò fu eseguito con la Dichiarazione Inter Insigniores, che il Sommo Pontefice approvò e ordinò di pubblicare [2].

    2. La Dichiarazione riprende e spiega le ragioni fondamentali di tale dottrina, esposte da Paolo VI, concludendo che la Chiesa «non si riconosce l'autorità di ammettere le donne all'ordinazione sacerdotale» [3]. A queste ragioni fondamentali il medesimo documento aggiunge altre ragioni teologiche che illustrano la convenienza di tale disposizione divina, e mostra chiaramente come il modo di agire di Cristo non fosse guidato da motivi sociologici o culturali propri del suo tempo. Come successivamente precisò il Papa Paolo VI, «la ragione vera è che Cristo, dando alla Chiesa la sua fondamentale costituzione, la sua antropologia teologica, seguita poi sempre dalla Tradizione della Chiesa stessa, ha stabilito così» [4]. Nella Lettera Apostolica Mulieris dignitatem, io stesso ho scritto a questo proposito: «Chiamando solo uomini come suoi apostoli, Cristo ha agito in un modo del tutto libero e sovrano. Ciò ha fatto con la stessa libertà con cui, in tutto il suo comportamento, ha messo in rilievo la dignità e la vocazione della donna, senza conformarsi al costume prevalente e alla tradizione sancita anche dalla legislazione del tempo» [5].

    Infatti i Vangeli e gli Atti degli Apostoli attestano che questa chiamata è stata fatta secondo l'eterno disegno di Dio: Cristo ha scelto quelli che egli ha voluto [6], e lo ha fatto in unione col Padre, «nello Spirito Santo» [7], dopo aver passato la notte in preghiera [8]. Pertanto, nell'ammissione al sacerdozio ministeriale [9], la Chiesa ha sempre riconosciuto come norma perenne il modo di agire del suo Signore nella scelta dei dodici uomini che Egli ha posto a fondamento della sua Chiesa [10]. Essi, in realtà, non hanno ricevuto solamente una funzione, che in seguito avrebbe potuto essere esercitata da qualunque membro della Chiesa, ma sono stati specialmente ed intimamente associati alla missione dello stesso Verbo incarnato [11]. Gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori [12] che sarebbero ad essi succeduti nel ministero [13]. In tale scelta erano inclusi anche coloro che, attraverso i tempi della Chiesa, avrebbero proseguito la missione degli Apostoli di rappresentare Cristo Signore e Redentore [14].

    3. D'altronde, il fatto che Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria degli Apostoli né il sacerdozio ministeriale mostra chiaramente che la non ammissione delle donne all'ordinazione sacerdotale non può significare una loro minore dignità né una discriminazione nei loro confronti, ma l'osservanza fedele di un disegno da attribuire alla sapienza del Signore dell'universo.

    La presenza e il ruolo della donna nella vita e nella missione della Chiesa, pur non essendo legati al sacerdozio ministeriale, restano comunque assolutamente necessari e insostituibili. Come è stato rilevato dalla stessa Dichiarazione Inter Insigniores, «la Santa Madre Chiesa auspica che le donne cristiane prendano pienamente coscienza della grandezza della loro missione: il loro ruolo sarà oggigiorno determinante sia per il rinnovamento e l'umanizzazione della società, sia per la riscoperta, tra i credenti, del vero volto della Chiesa» [15].

    Il Nuovo Testamento e tutta la storia della Chiesa mostrano ampiamente la presenza nella Chiesa di donne, vere discepole e testimoni di Cristo nella famiglia e nella professione civile, oltre che nella consacrazione totale al servizio di Dio e del Vangelo. «La Chiesa, infatti, difendendo la dignità della donna e la sua vocazione, ha espresso onore e gratitudine per quelle che, fedeli al Vangelo, in ogni tempo hanno partecipato alla missione apostolica di tutto il popolo di Dio. Si tratta di sante martiri, di vergini, di madri di famiglia, che coraggiosamente hanno testimoniato la loro fede ed educando i propri figli nello spirito del Vangelo hanno trasmesso la fede e la tradizione della Chiesa» [
    16].

    D'altra Parte è alla santità dei fedeli che è totalmente ordinata la struttura gerarchica della Chiesa. Perciò, ricorda la Dichiarazione Inter Insigniores, «il solo carisma superiore, che si può e si deve desiderare, è la carità [17]. I più grandi nel Regno dei cieli non sono i ministri, ma i santi» [18].

    4. Benché la dottrina circa l'ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti più recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.

    Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli [19], dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa.

    Invocando su di voi, venerabili Fratelli, e sull'intero popolo cristiano il costante aiuto divino, a tutti imparto l'Apostolica Benedizione.


    Dal Vaticano, il 22 maggio, Solennità di Pentecoste, dell'anno 1994, sedicesimo di Pontificato.


      IOANNES  PAULUS PP. II



    [1] cfr. Paolo VI, Rescritto alla lettera di Sua Grazia il Rev.mo Dott. F. D. Coggan, Arcivescovo di Canterbury, sul ministero sacerdotale delle donne, 30 novembre 1975: AAS 68 (1976), 599-600.

    [2] cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insignores circa la questione dell'ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale, 15 ottobre 1976: AAS 69 (1977), 98-116.

    [3] Ibid. 100

    [4] Paolo VI, Il ruolo della donna nel disegno della salvezza, 30 gennaio 1977: Insegnamenti di Paolo VI, vol. XV, 1977, 111; cfr. anche Giovanni Paolo II Christifideles Laici, 30 dicembre 1988, n. 51: AAS 81 (1989), 393-521; Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1577.

    [5] Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem, 15 agosto 1988, n. 26: AAS 80 (1988), 1715.

    [6] cfr. Mc 3,13-14; Gv 6,70.

    [7] At 1, 2.

    [8] cfr. Lc 6, 12.

    [9] cfr. Lumen Gentium, n. 28; Presbyterorum Ordinis, n. 2b.

    [10] cfr. Ap 21, 14.

    [11] cfr. Mt 10,1.7-8; 28,16-20; Mc 3, 13-16; 16, 14-15.

    [12] cfr. 1 Tm 3, 1-13; 2 Tm 1, 6; Tt 1, 5-9.

    [13] cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1577.

    [14] cfr.Lumen Gentium, n. 20 e n. 21.

    [15] Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insigniores, VI: AAS 69 (1977) 115-116.

     [16] Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem, n. 27: AAS 80 (1988), 1719.

    [17] cfr. 1 Cor 12-13.

    [18] Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insigniores, VI: AAS 69 (1977) 115.

    [19] cfr. Lc 22, 32.




    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 11/09/2009 23:07
    Donne prete? No grazie!

     di Mario Palmaro

    Periodicamente ritorna la richiesta di ordinare donne al sacerdozio. La Chiesa si è pronunciata definitivamente per il no. Spieghiamo perché. Ma qualcuno, anche tra i cattolici, finge di non saperlo.

    [Da "Il Timone" n. 21, Settembre/Ottobre 2002]

    "Ordinare sacerdoti delle donne? Sarebbe la stessa cosa che celebrare messa con la Coca Cola". Il Cardinale Giacomo Biffi - cui notoriamente non fa difetto la schiettezza - usò una volta questa immagine colorita per liquidare senza troppe disquisizioni teologiche un punto fermo del Magistero cattolico di sempre: il sacerdozio e riservato agli uomini per volontà stessa di Cristo. Ma nonostante la tradizione ininterrotta in questo senso, e nonostante i ripetuti e definitivi interventi della Chiesa di Roma, ogni tanto l’argomento torna d’attualità sulle pagine dei giornali e sugli schermi televisivi. Nelle scorse settimane, ad esempio, ha fatto rumore la pittoresca iniziativa di un vescovo scismatico, tale Romulo Antonio Braschi, che a giugno ha "ordinato" - si fa per dire - sacerdoti sette donne cattoliche: quattro tedesche, due austriache e un’americana. La strana cerimonia si è svolta a bordo di una motonave in viaggio sul Danubio. Il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinal Joseph Ratzinger, è subito intervenuto con un "monito" di poche righe che contempla la sanzione della scomunica per le sette battezzate - salvo pentimento e pubblica ammissione dell’errore - e che chiarisce le idee all’opinione pubblica intorno alla questione delle "donne-prete".

    L’avvenuta "ordinazione sacerdotale" - si legge nel documento di Ratzinger, che usa volutamente le virgolette nel definire il fatto contestato - è una vera e propria "simulazione di un sacramento e perciò invalida e nulla e costituisce un grave delitto contro la divina costituzione della Chiesa".

    Un dibattito che dura da anni

    Dunque, anche se si tratta di una carnevalata, essa è particolarmente grave non tanto per gli effetti che produce - che sono inesistenti - quanto per il danno arrecato alle anime di coloro che "giocano" con i sacramenti, disprezzandoli e suscitando scandalo presso i fedeli. Per intenderci: l’ordinazione di una donna è paragonabile al matrimonio fra due persone dello stesso sesso. Anche se la celebrazione si svolge secondo il rito previsto dalla Chiesa, non produce alcuna conseguenza per mancanza di un presupposto fondamentale.

    Nonostante le parole di Ratzinger, è prevedibile che i cattolici sentiranno ancora parlare di "sacerdozio femminile", perché oggi nel mondo sono molti, cattolici e non, a "battersi" affinché la Chiesa cambi ciò che in realtà non è in suo potere cambiare.

    Negli Stati Uniti opera da diversi anni una suora benedettina, Jhoan Chittister, che auspica l’introduzione del sacerdozio femminile da parte di Roma. La Catholic Theological Society of America il 6 giugno 1997 ha votato, con 216 sì, 10 astensioni e 22 no, un documento in cui si dice che "esistono seri dubbi sulla autorità della dottrina cattolica (che nega di avere il potere di ordinare donne sacerdote) sia sulle radici nella Tradizione".

    Nei mesi scorsi, un’associazione di donne cattoliche messicane ha proposto l’ordinazione di donne come forma di "democratizzazione della Chiesa". In alcuni sinodi locali, donne cattoliche impegnate a vario titolo nella Chiesa sostengono la possibilità che la Chiesa "cambi idea". Negli anni Novanta, un importante porporato, a un giornalista che gli chiedeva se fosse favorevole alle donne prete, rispose: "Credo che se ne riparlerà nel prossimo millennio". Come dire: chi vivrà, vedrà... Vi sono poi teologi cattolici - docenti anche in facoltà pontificie, come ad esempio la Gregoriana di Roma - che ritengono infondata la dottrina cattolica secondo cui le donne non potranno mai accedere al sacerdozio.

    La "capitolazione" degli anglicani

    I primi a cedere alle lusinghe del mondo in questa materia sono stati gli anglicani - rispetto ai quali esiste peraltro il problema della validità di tutte le loro ordinazioni - che già a partire dagli anni Settanta discutevano animatamente se ammettere le donne al sacerdozio. Il 30 novembre 1975 Paolo VI scrisse una lettera all’arcivescovo di Canterbury Coggan, esortandolo a non erigere un nuovo ostacolo - oltre ai molti già esistenti - sul cammino verso l’unità dei cristiani. Purtroppo, nel 1992 il sinodo anglicano - sempre più terrorizzato dalla fuga di fedeli che ha colpito i protestanti inglesi - è capitolato e ha votato a favore delle ordinazioni femminili. li primo effetto della decisione è stata un’immediata fuga di sacerdoti e laici anglicani, intere parrocchie con il relativo clero, che hanno chiesto e ottenuto di farsi cattolici. Ma se Londra piange, Roma non ride.

    Nel senso che anche fra i cattolici - come ammette esplicitamente Giovanni Paolo II nella sua Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis - "la questione è stata messa in discussione". Questo stato di cose indusse Paolo VI a incaricare la Congregazione per la Dottrina della Fede affinché si pronunciasse chiaramente in materia. Ne scaturì la Dichiarazione Inter Insignores, del 15 ottobre 1976, in cui veniva ribadita la dottrina tradizionale.

    Cosa dice il Magistero

    Secondo questa dichiarazione, la Chiesa ritiene di non avere il potere di ordinare donne al sacerdozio "per ragioni veramente fondamentali", che possiamo riassumere così:

    a. l’esempio di Cristo, che scelse i suoi apostoli soltanto fra gli uomini;
    b. la pratica costante della Chiesa, che ha imitato Cristo nello scegliere soltanto gli uomini;
    c. il magistero della Chiesa, che ha costantemente ricondotto alla volontà di Dio l’esclusione femminile al sacerdozio.

    La scelta di Gesù fu assolutamente libera e sovrana, così come scelse Pietro come primo Papa non certo per far contento il sindacato dei pescatori. Del resto, non fu ordinata sacerdote nemmeno Maria, Madre di Dio e della della Chiesa, a dimostrazione che l’esclusione delle donne non ne mortifica affatto la dignità e non dipende affatto da un livello di dignità inferiore. Semplicemente, dal fatto che uomini e donne sono diversi.

    Un’ulteriore parola definitiva, che avrebbe dovuto chiudere ogni inutile discussione almeno fra i cattolici, è venuta da Giovanni Paolo II con la breve Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis, del 22 maggio 1994, nella quale si legge testualmente: "In virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa". Tale affermazione - spiegava la Congregazione per la Dottrina della Fede in una nota del 1995 - trova fondamento nella parola di Dio, si deve considerare appartenente al deposito della fede, è proposta infallibilmente dal magistero ordinario ed esige un consenso definitivo, in quanto irreformabile. Ciò significa che nessun Papa e nessun collegio dei vescovi in futuro potrà modificare questa posizione. Foss’anche nel prossimo millennio.

    Ricorda

    "Chiamando solo uomini come suoi apostoli, Cristo ha agito in un modo del tutto libero e sovrano. Ciò ha fatto con la stessa libertà con cui, in tutto il suo comportamento, ha messo in rilievo la dignità e la vocazione della donna, senza conformarsi al costume prevalente e alla tradizione sancita anche dalla legislazione del tempo. Pertanto, l’ipotesi che egli abbia chiamato come apostoli degli uomini, seguendo la mentalità diffusa al suoi tempi, non corrisponde affatto al modo di agire dl Cristo". (Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, n. 26).

    Bibliografia

    Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis, 1994.
    Giovanni Paolo II, Lettera apostolica, Mulieris dignitatem, 1988.
    Paolo VI, Rescritto alla lettera di Sua Grazia il Rev.mo dott. F.D. Coggan, Arcivescovo di Canterbury, sul ministero sacerdotale delle donne, 1975.
    Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insignores circa la questione dell’ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale, 1976.

    Il Timone


    Ma leggiamo il Catechismo 

    I tre gradi del sacramento dell’Ordine

    1554 « Il ministero ecclesiastico di istituzione divina viene esercitato in diversi ordini da quelli che già anticamente sono chiamati Vescovi, presbiteri, diaconi ». 169 La dottrina cattolica, espressa nella liturgia, nel Magistero e nella pratica costante della Chiesa, riconosce che esistono due gradi di partecipazione ministeriale al sacerdozio di Cristo: l’Episcopato e il presbiterato. Il diaconato è finalizzato al loro aiuto e al loro servizio. Per questo il termine « sacerdos » – sacerdote – designa, nell’uso attuale, i Vescovi e i presbiteri, ma non i diaconi. Tuttavia, la dottrina cattolica insegna che i gradi di partecipazione sacerdotale (Episcopato e presbiterato) e il grado di servizio (diaconato) sono tutti e tre conferiti da un atto sacramentale chiamato « ordinazione », cioè dal sacramento dell’Ordine:

    « Tutti rispettino i diaconi come lo stesso Gesù Cristo, e il Vescovo come l’immagine del Padre, e i presbiteri come senato di Dio e come collegio apostolico: senza di loro non c’è Chiesa ». 170

    ….

    L’ordinazione dei diaconi – « per il servizio »

    1569 « In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani “non per il sacerdozio, ma per il servizio” ». 191 Per l’ordinazione al diaconato soltanto il Vescovo impone le mani, significando così che il diacono è legato in modo speciale al Vescovo nei compiti della sua « diaconia ». 192

    1570 I diaconi partecipano in una maniera particolare alla missione e alla grazia di Cristo. 193 Il sacramento dell’Ordine imprime in loro un sigillo (« carattere ») che nulla può cancellare e che li configura a Cristo, il quale si è fatto « diacono », cioè servo di tutti. 194 Compete ai diaconi, tra l’altro, assistere il Vescovo e i presbiteri nella celebrazione dei divini misteri, soprattutto dell’Eucaristia, distribuirla, assistere e benedire il Matrimonio, proclamare il Vangelo e predicare, presiedere ai funerali e dedicarsi ai vari servizi della carità. 195

    1571 Dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa latina ha ripristinato il diaconato « come un grado proprio e permanente della gerarchia », 196 mentre le Chiese d’Oriente lo avevano sempre conservato. Il diaconato permanente, che può essere conferito a uomini sposati, costituisce un importante arricchimento per la missione della Chiesa. In realtà, è conveniente e utile che gli uomini che nella Chiesa adempiono un ministero veramente diaconale, sia nella vita liturgica e pastorale, sia nelle opere sociali e caritative « siano fortificati per mezzo dell’imposizione delle mani, trasmessa dal tempo degli Apostoli, e siano più strettamente uniti all’altare, per poter esplicare più fruttuosamente il loro ministero con l’aiuto della grazia sacramentale del diaconato ». 197

    Chi può ricevere questo sacramento?

    1577 « Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile [“vir”] ». 206 Il Signore Gesù ha scelto uomini [“viri”] per formare il collegio dei dodici Apostoli,207 e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori 208 che sarebbero loro succeduti nel ministero. 209 Il collegio dei Vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino al ritorno di Cristo il collegio dei Dodici. La Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso. Per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile. 210






    [Modificato da Caterina63 02/08/2016 23:01]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 13/09/2009 11:48
    La Santa Sede rispetta la decisione che alcuni vescovi hanno adottato, ma allo stesso tempo, la medesima Santa Sede ricorda che sarà sempre molto opportuno seguire la nobile tradizione del servizio all'altare da parte dei ragazzi. Come è noto ciò ha permesso uno sviluppo consolante delle vocazioni sacerdotali [SM=g1740733]


    CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI
    Donne e servizio all’altare

    15 marzo 1994

    Lettera circolare Credo doveroso ai Reverendissimi Presidenti delle Conferenze Episcopali sul servizio liturgico dei laici, Prot. 2482/93, 15 marzo 1994: Notitiae, 30 (1994), 333-335. - La lettera è stata inviata alle conferenze episcopali nelle principali lingue. Si veda il testo del Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi in EV 13/1867 e lo studio Servizio delle donne all'altare in Notitiae, 30(1994), 351-355.


    Eminenza / Eccellenza Reverendissima,

    CREDO DOVEROSO comunicare all’E.za vostra reverendissima che prossimamente sarà pubblicata in Acta Apostolicae Sedis una interpretazione autentica del con. 230 § 2 del Codice di diritto canonico.

    Come è noto, con detto can. 230 § 2 si stabiliva che: "Laici ex temporanea deputatione in actionibus liturgicis munus lectoris implere possunt; item omnes laici muneribus commentatoris, cantoris aliisve ad normam iuris fungi possunt" ("I laici possono assolvere per incarico temporaneo la funzione di lettorenelle azioni liturgiche; cosi pure tutti i laici godono della facoltà di esercitare le funzioni di commentatore, cantore o altre ancora a norma del diritto".)

    Ultimamente era stato chiesto al Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi se le funzioni liturgiche che, a norma del suddetto canone, possono essere affidate ai laici, possano essere svolte egualmente da uomini e donne e se fra tali funzioni possa anche essere annoverata quella di servire all'altare, al pari delle altre funzioni indicate dallo stesso canone.

    Nella riunione del 30 giugno 1992 i padri del Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi, esaminarono il seguente dubbio a loro posto: "Utrum inter munera liturgica quibus laici, sive viri sive mulieres, iuxta CIC can. 230 § 2, fungi possunt, adnumerari etiam possit servitium ad altare" ("Tra le funzioni liturgiche che i laici, uomini o donne, possono esercitare, secondo il canone 230 § 2 del CIC si può includere anche il servizio all'altare?").

    La risposta fu la seguente: "Affirmative et iuxta instructiones a Sede Apostolica dandas" ("Si, e secondo le istruzioni che la sede apostolica darà".)


    Successivamente il sommo pontefice Giovanni Paolo II, nell'udienza concessa in data 11 luglio 1992 all'ecc.mo mons. Vincenzo Fagiolo, arcivescovo emerito di Chieti-Vasto e presidente del predetto Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi, confermò tale decisione e ordinò che essa fosse promulgata.

    Nel comunicare quanto precede a codesta conferenza episcopale, sento il dovere di precisare alcuni aspetti del can. 230 § 2 e della sua interpretazione autentica:

    1) II can. 230 § 2 ha carattere permissivo e non precettivo: "Laici... possunt". Pertanto il permesso dato a tale proposito da alcuni vescovi, non può minimamente essere invocato come obbligatorio per gli altri vescovi. Spetta, infatti, a ogni vescovo nella sua diocesi, sentito il parere della conferenza episcopale, di dare un giudizio prudenziale sul da farsi, per un ordinato sviluppo della vita liturgica nella propria diocesi.

    2) La Santa Sede rispetta la decisione che, per determinate ragioni locali, alcuni vescovi hanno adottato, in base a quanto previsto dal can. 230 § 2, ma allo stesso tempo, la medesima Santa Sede ricorda che sarà sempre molto opportuno di seguire la nobile tradizione del servizio all'altare da parte dei ragazzi. Come è noto ciò ha permesso uno sviluppo consolante delle vocazioni sacerdotali. Vi sarà, quindi, sempre l'obbligo di continuare a sostenere tali gruppi di chierichetti. [SM=g1740722]

    3) Se in qualche diocesi, in base al can. 230 § 2, il vescovo permetterà che, per ragioni particolari, il servizio all'altare sia svolto anche da donne, ciò dovrà essere ben spiegato ai fedeli, alla luce della norma citata, e facendo presente che essa trova già un'ampia applicazione nel fatto che le donne svolgono molte volte il servizio di lettore nella liturgia e possono essere chiamate a distribuire la santa comunione, come ministri straordinari dell'eucaristia e svolgere altre funzioni, come previsto dal medesimo can. 230 al § 3.

    4) Dev'essere poi chiaro che i predetti servizi liturgici dei laici sono compiuti "ex temporanea deputatione" a giudizio del vescovo, senza alcun diritto a svolgerli da parte dei laici, uomini o donne che siano.

    Nel comunicare quanto precede, questa Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha voluto adempiere il mandato ricevuto dal sommo pontefice di dare alcune istruzioni per illustrare quanto dispone il can. 230 § 2 del C1C e l'interpretazione autentica di tale canone, che prossimamente sarà pubblicata.

    In tale modo, i vescovi potranno meglio compiere la loro missione di essere, nella propria diocesi, moderatori e promotori della vita liturgica, nel quadro delle norme vigenti nella chiesa universale.

    In profonda comunione con tutti i membri di codesta conferenza, mi è grato di professarmi dell'e.za vostra reverendissima,


    Dev.mo nel Signore

    Antonio M. Card. JAVIERRE ORTAS, prefetto

    Geraldo M. AGNELO, segretario

    Roma, 15 marzo 1994


    [SM=g1740733]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 21/10/2009 19:11
    Vista la recente notizia:
    I TRADIZIONALISTI ANGLICANI FANNO PACE CON ROMA? SEMBRA DI SI


    attraverso la quale pare proprio che una delle cause di questo ritorno sia stata l'esagerata ordinazione al femminile con dei vescovi limitati perchè donne...
    approfondiamo ancora il tema leggendo cosa ebbe a dire anche Paolo VI il quale davvero ci rimase male quando nonostante le tante aperture, l'arcivescovo di Canterbury praticamente gli voltò le spalle ignorando i suoi appelli...





    SUL SACERDOZIO DELLE DONNE

    Seconda lettera di risposta al Rev.mo Dott. Frederich Donald Coggan, Arcivescovo di Canterbury.

    PAOLO PP. VI


    Nella ricorrenza del decimo anniversario della visita a Roma del vostro venerato predecessore, vi scriviamo per dirvi che condividiamo con tutto il cuore la gratitudine e la speranza che, nel ricordare quella storica occasione, voi esprimete nella lettera consegnataci recentemente dal Vescovo John Howe.

    È consolante sapere che le decisioni prese, il dialogo avviato dieci anni or sono, si sono sviluppati e diffusi in molti luoghi, e che un nuovo spirito di reciproca stima e fiducia pervade sempre più le nostre relazioni.
    In tale spirito di franchezza e di fiducia voi accennate nella vostra lettera di saluti a un problema che recentemente si è molto dilatato: la possibilità, che sembra molto fondata in diversi luoghi, che le Chiese Anglicane procedano all'ammissione delle donne all'ordinazione sacerdotale.

    Abbiamo avuto già uno scambio di lettere su questo argomento, ed abbiamo avuto modo di esprimere la convinzione Cattolica in modo ancor più esauriente al Vescovo John Howe quando egli è venuto a portarci i vostri saluti. Il nostro affetto per la Comunione Anglicana è stato grande per tanti anni, ed abbiamo sempre nutrito e spesso manifestato l'ardente speranza che lo Spirito Santo ci conducesse, nell'amore e nell'obbedienza alla volontà di Dio, lungo il cammino della riconciliazione. Questa deve essere la misura della tristezza che proviamo nell'imbatterci in questo nuovo ostacolo, in questa minaccia su quel cammino.

    Ma il venir meno della virtù della speranza significa non corrispondere all'opera dello Spirito Santo. Con tutta la forza dell'amore che ci muove, noi preghiamo che in questo tempo critico lo Spirito di Dio effonda abbondantemente la sua luce su tutti noi, e che la sua mano ci guidi sulla via della riconciliazione secondo la sua volontà.

    Inoltre, sinceramente apprezziamo il fatto che voi ci abbiate espresso il desiderio di incontrarvi con noi, e vi assicuriamo che da parte nostra desideriamo tale incontro come una grande benedizione e come un ulteriore modo per promuovere quella completa unità voluta da Cristo per la sua Chiesa.

    Dal Vaticano, 28 marzo 1976.
    PAOLO PP. VI


    va detto che da allora, dal 1976 non solo le cose NON sono migliorate da questo punto di vista, ma sono peggiorate avendo la comunità anglicana non soltanto aperto il sacerdozio alle donne ed ora anche alle donne vescovo, ma ha avviato  anche i primi matrimoni fra pastori omosessuali.....




    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 07/11/2009 12:02

    Chiesa e anglicani: perché il no al sacerdozio delle donne è dottrina definitiva e infallibile


    Pubblichiamo una nota di Massimo Introvigne sulla nullità del sacerdozio femminile. La nota è un utile approfondimento nella vicenda del rientro di alcune Comunità Anglicane nella Chiesa Cattolica (inter alia vedi qui).

    Il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede del 20 ottobre 2009 sugli anglicani ribadisce implicitamente che mentre il celibato sacerdotale è una disposizione amministrativa derogabile il "no" al sacerdozio femminile è una questione non solo disciplinare ma dogmatica su cui la Chiesa si è pronunciata in modo definitivo e infallibile. La questione è stata chiarita il 28 ottobre 1995 dalla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede, allora presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger, tramite una risposta - approvata "speciali modo" dal Papa Giovanni Paolo II - a un "dubbio" relativo alla lettera apostolica del 1994 "Ordinatio sacerdotalis" di Giovanni Paolo II che trascrivo da "L'Osservatore Romano" del 19 novembre 1995 insieme al commento illustrativo.

    CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI, Responsum ad dubium Utrum doctrina circa doctrinam in Epist. ap. “Ordinatio sacerdotalis” traditam, 28 octobris 1995: AAS 87( 1995), p. 1114; Notitiae, 31(1995), p. 61 Os. – Commento alla Risposta: L’Osservatore Romano, 19.11.1995, p. 2.28 ottobre 1995

    Dubbio: Se la dottrina, secondo la quale la chiesa non ha la facoltà di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne, proposta nella lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis come da tenersi in modo definitivo, sia da considerarsi appartenente al deposito della fede.

    Risposta: Affermativa.

    Questa dottrina esige un assenso definitivo poiché, fondata nella parola di Dio scritta e costantemente conservata e applicata nella tradizione della chiesa fin dall’inizio, è stata proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale (cf. Conc. Vaticano II, Cost. Dogm. Lumen gentium, n. 25,2). Pertanto, nelle presenti circostanze, il sommo pontefice, nell’esercizio del suo proprio ministero di confermare i fratelli (cf. Lc 22,32), ha proposto la medesima dottrina con una dichiarazione formale, affermando esplicitamente ciò che si deve tenere sempre, ovunque e da tutti i fedeli, in quanto appartenente al deposito della fede.

    Il sommo pontefice Giovanni Paolo Il, nel corso dell’udienza concessa al sottoscritto cardinale prefetto, ha approvato la presente risposta, decisa nella riunione ordinaria di questa congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.
    Roma, dalla sede della Congregazione per la dottrina della fede, il 28 ottobre 1995.

    + Joseph card. RATZINGER, prefetto
    + Tarcisio BERTONE, arciv. em. di Vercelli, segretario


    COMMENTO ALLA RISPOSTA

    In occasione della pubblicazione della Risposta della Congregazione per la Dottrina della fede a un dubbio riguardante il motivo per cui è da considerarsi definitive tenenda la dottrina esposta nella lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis, sembrano opportune alcune riflessioni. La rilevanza ecclesiologica di questa lettera apostolica veniva sottolineata anche dalla stessa data di pubblicazione: infatti ricorreva in quel giorno, 22 maggio 1994, la solennità della Pentecoste. Ma tale rilevanza si poteva scoprire soprattutto nelle parole conclusive della lettera: “al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa costituzione divina della chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli (cf. Lc 22,32), dichiaro che la chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della chiesa” (n. 4).

    L’intervento del Papa si era reso necessario non semplicemente per ribadire la validità di una disciplina osservata nella chiesa sin dall’inizio, ma per confermare una dottrina (n. 4) “conservata dalla costante e universale tradizione della chiesa” e “insegnata con fermezza dal magistero nei documenti più recenti”: dottrina che “attiene alla stessa divina costituzione della chiesa” (ivi).

    In questo modo il santo padre intendeva chiarire che l’insegnamento circa l’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini non poteva essere ritenuto come “discutibile”, né si poteva attribuire alla decisione della chiesa “un valore meramente disciplinare” (ivi).

    Nel tempo trascorso dalla pubblicazione della lettera si sono fatti vedere i suoi frutti. Molte coscienze che in buona fede si erano forse lasciate agitare più che dal dubbio dall’insicurezza, hanno ritrovato la serenità grazie all’insegnamento del santo padre. Tuttavia non sono venute meno le perplessità, non solo da parte di coloro che, lontani dalla fede cattolica, non accettano l’esistenza di un’autorità dottrinale nella chiesa, cioè del magistero sacramentalmente investito dell’autorità di Cristo (cf. Cost. dogm. Lumen gentium, 21), ma anche da parte di alcuni fedeli ai quali continua a sembrare che l’esclusione dal ministero sacerdotale rappresenti una violenza o una discriminazione nei confronti delle donne. Taluni obiettano che non risulta dalla rivelazione che una tale esclusione sia stata volontà di Cristo per la sua chiesa, e altri s’interrogano sull’assenso dovuto all’insegnamento della lettera.

    Sicuramente si possono approfondire ancora di più i motivi per cui la chiesa non ha la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale; motivi già esposti, ad esempio, nella dichiarazione Inter insigniores (15 ottobre 1976), della Congregazione per la dottrina della fede, approvata da Paolo VI, e in vari documenti di Giovanni Paolo Il (come l’esort. ap. Christi fideles laici, 51, e la lett. ap. Mulieris dignitatem, 26). nonché nel Catechismo della chiesa cattolica, n. 1577. Ma in ogni caso non si può dimenticare che la chiesa insegna, come verità assolutamente fondamentale dell’antropologia cristiana, la pari dignità personale tra uomo e donna, e la necessità di superare ed eliminare “ogni genere di discriminazione nei diritti fonda mentali” (Cost. past. Gaudium et spes, 29).

    Alla luce di questa verità si può cercare di capire meglio l’insegnamento secondo il quale la donna non può ricevere l’ordinazione sacerdotale. Una corretta teologia non può prescindere né dall’uno né dall’altro insegnamento, ma deve tenerli insieme; soltanto così potrà approfondire i disegni di Dio circa la donna e circa il sacerdozio – e quindi, circa la missione della donna nella chiesa. Se invece si dovesse asserire l’esistenza di una contraddizione tra le due verità, forse lasciandosi condizionare troppo dalle mode o dallo spirito del tempo, si sarebbe smarrito il cammino del progresso nell’intelligenza della fede.

    Nella lettera Ordinatio sacerdotalis il papa sofferma la sua considerazione in modo paradigmatico sulla persona della beata vergine Maria, madre di Dio e madre della chiesa: il fatto che ella “non abbia ricevuto la missione propria degli apostoli né il sacerdozio ministeriale mostra chiaramente che la non ammissione delle donne all’ordinazione sacerdotale non può significare una loro minore dignità né una discriminazione nei loro confronti” (n. 3). La diversità per quanto riguarda la missione non intacca l’uguaglianza nella dignità personale.Inoltre, per capire che non c’è violenza né discriminazione verso le donne, bisogna considerare anche la natura stessa del sacerdozio ministeriale, che è un servizio e non una posizione di umano potere o di privilegio sugli altri. Chi, uomo o donna che sia, concepisce il sacerdozio come affermazione personale, come termine o addirittura punto di partenza di una carriera di umano successo, sbaglia profondamente, perché il vero senso del sacerdozio cristiano, sia quello comune dei fedeli sia, in modo del tutto speciale, quello ministeriale, non si può trovare se non nel sacrificio della propria esistenza, in unione con Cristo, a servizio dei fratelli. Il ministero sacerdotale non può costituire né l’ideale generale né tantomeno il traguardo della vita cristiana. In questo senso, non è superfluo ricordare ancora una volta che “il solo carisma superiore, che si può e si deve desiderare, è la carità (cf. 1Cor 12,13)” (Inter insigniores, IV).

    Per quanto riguarda il fondamento nella sacra Scrittura e nella tradizione, Giovanni Paolo Il si sofferma sul fatto che il Signore Gesù, com’è testimoniato dal Nuovo Testamento, chiamò soltanto uomini, e non donne, al ministero ordinato, e che gli apostoli “hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori che sarebbero a essi succeduti nel ministero” (Ordinatio sacerdotalis, 2; cf. lTm 3,Iss; 2Tm 1,6, Tt 1,5). Vi sono argomenti validi per sostenere che il modo di agire di Cristo non fu determinato da motivi culturali (cf. n. 2), così come ci sono ragioni sufficienti per affermare che la tradizione ha interpretato la scelta fatta dal Signore come vincolante per la chiesa di tutti i tempi.

    Qui però siamo già di fronte all’essenziale interdipendenza tra sacra Scrittura e Tradizione; interdipendenza che fa di questi due modi di trasmissione del Vangelo un’unità inscindibile insieme al magistero, il quale è parte integrante della tradizione e istanza interpretativa autentica della parola di Dio scritta e trasmessa (cf. Cost. dogm. Dei verbum, 9 e 10).

    Nel caso specifico delle ordinazioni sacerdotali, i successori degli apostoli hanno sempre osservato la norma di conferire l’ordinazione sacerdotale soltanto a uomini, e il magistero, con l’assistenza dello Spirito Santo, ci insegna che questo è avvenuto non per caso, né per ripetizione abitudinaria, né per soggezione ai condizionamenti sociologici, né meno ancora per un’immaginarla inferiorità della donna, ma perché “la chiesa ha sempre riconosciuto come norma perenne il modo di agire del suo Signore nella scelta dei dodici uomini che egli ha posto a fondamento della sua chiesa” (Ordinatio sacerdotalis, IV).

    Com’è noto, ci sono dei motivi di convenienza mediante i quali la teologia ha cercato e cerca di capire la ragionevolezza del volere del Signore. Tali motivi, come si trovano esposti ad esempio nella dichiarazione Inter insigniores, hanno un loro indubbio valore, ma non sono concepiti né adoperati come se fossero dimostrazioni logiche e stringenti derivate da principi assoluti. Tuttavia, è importante tener presente che la volontà umana di Cristo non soltanto non è arbitraria come quei motivi di convenienza aiutano infatti a capire, ma è intimamente unita con la volontà divina del Figlio eterno, dalla quale dipende la verità ontologica e antropologica della creazione di ambedue i sessi.

    Davanti a questo preciso atto magisteriale del romano pontefice, esplicitamente indirizzato all’intera chiesa cattolica, tutti i fedeli sono tenuti a dare il loro assenso alla dottrina in esso enunciata. Ed è a questo proposito che la Congregazione per la dottrina della fede, con l’approvazione del papa, ha dato una risposta ufficiale sulla natura di questo assenso. Si tratta di un pieno assenso definitivo, vale a dire irrevocabile, a una dottrina proposta infallibilmente dalla chiesa. Infatti, come spiega la Risposta, questo carattere definitivo deriva dalla verità della stessa dottrina perché, fondata nella parola di Dio scritta e costantemente tenuta e applicata nella tradizione della chiesa, è stata proposta infallibilmente dal magistero ordinario universale (cf. LG 25). Perciò la Risposta precisa che questa dottrina appartiene al deposito della fede della chiesa. Va quindi sottolineato che il carattere definitivo e infallibile di questo insegnamento della chiesa non è nato dalla lettera Ordinatio sacerdotalis. In essa, come spiega anche la Risposta della Congregazione per la dottrina della fede, il romano pontefice, tenuto conto delle circostanze attuali, ha confermato la stessa dottrina mediante una formale dichiarazione, enunciando di nuovo quod semper, quod ubique et quod ab omnibus tenendum est, utpote ad fidei depositum pertinens. In questo caso, un atto del magistero ordinario pontificio, in se stesso per sé non infallibile, attesta il carattere infallibile dell’insegnamento di una dottrina già in possesso della Chiesa.

    Infine, non sono mancati alcuni commenti alla lettera Ordinatio sacerdotalis secondo cui quest’ultima costituirebbe un’ulteriore e non opportuna difficoltà nel già difficile cammino del movimento ecumenico. A questo riguardo bisogna non dimenticare che secondo la lettera e lo spirito del concilio Vaticano II (cf. Decr. Unitatis redintegratio, 11), l’autentico impegno ecumenico, al quale la chiesa cattolica non vuole né può venir meno, esige una piena sincerità e chiarezza nella presentazione dell’identità della propria fede.

    Inoltre occorre rilevare che la dottrina riaffermata dalla lettera Ordinatio sacerdotalis non può non giovare alla ricerca della piena comunione con le chiese ortodosse le quali, conformemente alla tradizione, hanno mantenuto e mantengono con fedeltà lo stesso insegnamento.

    La singolare originalità della chiesa e del sacerdozio ministeriale al suo interno, richiede una precisa chiarezza di criteri. Concretamente, non si deve perdere mai di vista che la chiesa non i trova la fonte della propria fede e della propria struttura costitutiva nei principi della vita sociale di ogni momento storico. Pur guardando con attenzione al mondo nel quale vive e per la cui salvezza opera, la chiesa ha la coscienza di essere portatrice di una fedeltà superiore alla quale è legata.

    Si tratta della radicale fedeltà alla parola di Dio ricevuta dalla stessa chiesa stabilita da Gesù Cristo fino alla fine dei tempi. Questa parola di Dio, nel proclamare il valore essenziale e il destino eterno di ogni persona, manifesta il fondamento ultimo della dignità di ogni essere umano: di ogni donna e di ogni uomo.


    ******************************************************************

    Breve riflessione:


    Ebbi già modo di esporre sulla questione in altri luoghi la questione del'argomento anche dal mio ruolo di Donna e che ben mi fa percepire invece l'intransigenza della Chiesa ad una normativa CHE NON PUO' MODIFICARE....

    E' pazzesco di come la Chiesa dicendo a chiare lettere che NON E' UNA SUA OPZIONE la scelta del sacerdozio maschile (spiegandone le ragioni), si continui altrove a fare orecchie da mercante e soprattutto si continui ad usare o strumentalizzare un ecumenismo che sembra concedere una opzione piuttosto che un altra o entrambe...

    Trovo infatti assurdo, ambiguo e confusionario e scandaloso... che il Pontefice nelle passate cerimonie ecumeniche ABBIA GUIDATO I VESPRI O LE PREGHIERE DELLA COMUNITA' INSIEME A FALSI VESCOVI DONNE....

    che la tal cosa venisse a lui imposta non m'importa, lo scandalo c'è stato...e grazie al cielo Benedetto XVI sembra fare attenzione alla forma....evitando quegli spettacoli ecumenici del passato in cui non si capiva più nulla chi fosse alla guida della comunità...

    Se dunque la Chiesa a ragione specifica con fior fiore di Documenti l'impossibilità di tale trasferimento sacramentale alle donne, è altrettanto ragionevole che la Chiesa e il Pontificio ecumenico cattolico la finisca di continuare nell'ambiguità DANDO SPAZIO VISIBILE a questi CIALTRONI....

    La Donna ha un suo ruolo specifico nella Chiesa che nessuno le toglierà (Gesù all'incontro con Marta e Maria lo spiega bene!), così come l'uomo non può pretendere di usurpare il ruolo della Donna nella Chiesa E NEL MONDO....nella Famiglia, NELLA MATERNITA'....
    La PATERNITA' ha il suo fondamento nel ruolo dell'UNICO sacerdote che è Cristo Signore, visibilità del PADRE....nella Chiesa con Maia ci è data la visibilità della maternità DI DIO ecco perchè san Paolo in Efesini spiega ed assimila la Chiesa in qualità di SPOSA e il Sacerdote (=Cristo) SUO SPOSO...
    è pertanto innaturale che la Donna pretenda il sacerdozio ministeriale, fra le donne VESCOVO E LA CHIESA NON VI E' ALCUNA UNIONE....è solo scimmiottatura che deriva dal Demonio....

    La smetta il card. Kasper di fare la corte a queste donne vescovo negli incontri ecumenici, è ora di prendere le distanze con tutta la carità NELLA VERITA'...

    eh!


    si legga anche qui:

    I TRADIZIONALISTI ANGLICANI FANNO PACE CON ROMA? SEMBRA DI SI


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 11/01/2010 13:23
    [SM=g1740722]

    Una donna non può essere sacerdote
    Dagli apostoli a Wojtyla, ecco perché

    di Vittorio Messori

    Caro Direttore, nei giorni scorsi se lo chiedeva in un articolo il collega Aldo Cazzullo, dispiaciuto dal rarefarsi dei candidati ai seminari, con l' abbandono di quei «presidi» anche sociali che sono le parrocchie. Scriveva, dunque: «Non capisco perché una donna non possa diventare sacerdote. Cosa le manca? Quale motivazione teologica lo impedisce?». Domande che, in questi mesi, si sono poste altri, davanti al rientro nella Chiesa cattolica, dopo quasi mezzo millennio di separazione, di una parte consistente della Comunità anglicana.

    Due le motivazioni principali del «ritorno all' ovile»: l' ordinazione sacerdotale di omosessuali praticanti e, prima ancora, l' ordinazione di donne.

    Possibile, ci si è chiesto, che toccare, qui, il monopolio maschile possa costituire un tale scandalo da provocare rivolta anche tra cristiani «non papisti»? Ebbene, sì: in una prospettiva di fede, il problema è radicalmente diverso da quello del matrimonio per i consacrati, problema di disciplina ecclesiale sul quale è possibile il dibattito, pur non dimenticando che non sono in gioco solo questioni di opportunità.

    Per l' ordinazione di donne, invece, siamo davanti a una sorta di intangibile «elemento costitutivo» della Chiesa non solo cattolica, ma anche ortodossa: in tutto l' Oriente greco e slavo la sola proposta di sacerdoti femmine provocherebbe prima stupore e poi, insistendo, sdegno o ilarità. Il tema è così basilare che, nel suo debordante insegnamento, solo in due occasioni Giovanni Paolo II è sembrato fare appello, almeno nei toni, al carisma della infallibilità: è avvenuto sul rifiuto, sempre e comunque, di ogni legittimità dell' aborto; e sul rifiuto, appunto, del sacerdozio femminile.

    In effetti, nella Pentecoste del 1994, papa Wojtyla indirizzava una Lettera apostolica ai vescovi di tutto il mondo con il titolo «Ordinatio Sacerdotalis». Un testo breve e secco che terminava con parole inequivocabili: «Al fine di togliere ogni dubbio su una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire a donne l' ordinazione sacerdotale e che questa nostra sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa».

    Potremmo dunque vedere, in un futuro indefinito, preti cattolici sposati (come nell' ortodossia i pope, ma non i vescovi) ma non vedremo mai, parola di Giovanni Paolo II, parroci donne. Ginofobia, tabù sessuali, maschilismo? Niente affatto, replicava il Papa: «Il fatto che Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria degli apostoli né il sacerdozio ministeriale, mostra chiaramente che la non ammissione delle donne all' ordinazione non può significare una loro minore dignità o una discriminazione... Il ruolo femminile nella vita e nella missione della Chiesa, pur non essendo legato al sacerdozio ministeriale, resta assolutamente necessario e insostituibile».

    Così - lo dicevamo - Oriente e Occidente cristiani hanno creduto e praticato sin dagli inizi, tanto che la Tradizione indivisa, qui, non ha subito alcuna eccezione in duemila anni. Ma perché questa intransigenza? Si possono trovare, certo, motivi di convenienza e di opportunità, si può fare appello a una ricca simbologia. Ma, alla fine, ricorda papa Wojtyla, il motivo di fronte al quale il credente deve inchinarsi, è quello enunciato da Paolo VI, che pure allineò molti e non irrilevanti argomenti umani: «La ragione vera è che Cristo, dando alla Chiesa la sua fondamentale costituzione, seguita poi sempre dalla Tradizione, ha stabilito così».

    E Giovanni Paolo II confermava: «Nell' ammissione al servizio sacerdotale, la Chiesa ha riconosciuto come norma il modo di agire del suo Signore nella scelta di dodici uomini che ha posto a fondamento della sua Chiesa». E solo uomini scelsero quegli apostoli per loro successori, in una catena maschile che giunge sino a noi. La Chiesa cattolica è, a livello istituzionale, la sola, vera «monarchia assoluta» sopravvissuta. Il Papa vi può tutto, vi è supremo legislatore, esecutore, giudice. Può tutto, tranne contraddire alla Scrittura e alla Tradizione, indiscussa e ininterrotta, che l' ha interpretata. Siamo davanti a uno dei casi in cui anche gli onnipotenti pontefici romani spalancano le braccia: «Anche se volessimo, non possumus. Così il Cristo ha stabilito e noi non siamo che suoi esecutori. Obbediamo a una rivelazione, non a una ideologia umana».

    Situazione, certo, comprensibile solo in una prospettiva di fede. Ma per dirla ancora con papa Wojtyla alla fine della sua Lettera apostolica: «I più grandi nel regno dei cieli non sono i preti, sono i santi». E di questi ultimi con nome femminile vi è abbondanza nel calendario cattolico. Come ricordò proprio quel Papa, tra i milioni di pellegrini di Lourdes pochi sanno il nome del parroco e forse nessuno quello del vescovo nel 1858. Ma tutti conoscono e venerano la piccola analfabeta che Maria scelse come sua portavoce e che la Chiesa, gestita da uomini, pose sugli altari, onorando questa «storia tra donne».



    [SM=g1740722] [SM=g1740721]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 27/05/2010 12:34
    Quanto segue ringrazio Vilucchio che ha dato una bella riflessione all'argomento sul forum Famiglia Cattolica dove si discuteva sullo stesso argomento:


    Vilucchio., 24/05/2010 17.52:

    Nn so se rende il paragone....
    parlano di uguaglianza tra donne e uomini....
    in tutti gli ambiti.
    Nn voglio entrare nel merito....ma una sacerdotessa cattolica che celebra Messa ha un che di stonato ( oltre che di oltraggioso)....
    e' come dire vogliamo anche l'uomo col pancione....
    e' come dire non e' giusto che solo la donna generi i figli e l'uomo dia solo il suo Dna genetico....
    e' un sovvertire l'ordine voluto da Dio.
    Il fatto che solo gli uomini possano essere ordinati sacerdoti e' la volonta' di Cristo Gesu'.Cosi' ha voluto e il Papa nn puo' e non deve andare contro la Sua volonta'.
    Ma non vedo ingiustizie...perche' alla donna e' dato il compito di generare i figli ,dono di Dio e agli uomini il sacerdozio...se sono vocati ad esso.
    Io ho una mia opinione...personalissima.....e cioe'....meglio pochi preti ma fedeli a Cristo Gesu' e alla sua dottrina e alla Sua Chiesa che non vedre una sacerdotessa all'altare ....lo vedo come una parodia della donna e del sacerdote.Non so se mi spiego....


    ******************************************************************


    ottime considerazioni!!!

    aggiungiamo la parte teologica completamente ignorata da chi difende le pretesse...

    Il Papa Giovanni Paolo II nel dire che non è in potere della Chiesa cambiare e dare il sacerdozio ordinato alle Donne, dice una cosa corretta che troviamo fin dalla Genesi...

    l'Uomo è colui che reca IL SEME DELLA VITA...è lui che DONA LA VITA(=Cristo) la quale poi ha bisogno della Donna(Maria=Chiesa) perchè quel SEME porti frutto...

    il sacerdozio è nell'Ordine costituito, infatti quanto al sacerdozio comune per via del Battesimo, anche noi donne lo abbiamo ricevuto, ma NON possiamo avere quello ORDINATO(=sacramento) perchè NOI RICEVIAMO E NON DETENIAMO IL SEME DELLA VITA..

    Il Sacerdozio Ordinato è parte integrante di quella PATERNITA' IL CUI SEME E' DONATO DALL'UOMO...
    PADRE=UOMO
    MADRE=DONNA
    SACERDOTE=UOMO
    FIGLI= UOMINI E DONNE

    il sacerdote infatti ha come compito di RIGENERARCI NELLA FIGLIOLANZA...attraverso LA MADRE CHIESA...infatti il Sacerdote effettua uno SPOSALIZIO con la Chiesa... mentre le suore per esempio non si sposano con la Chiesa, MA CON CRISTO...il sacerdote NON sposa Cristo MA DIVENTA L'ALTER CHRISTI, OSSIA COLUI CHE AGISCE(=GETTA IL SEME-DA I SACRAMENTI, FA LA CONSACRAZIONE, ASSOLVE DAI PECCATI) IN FUNZIONE DI CRISTO

    Il Sacerdozio E' SOLO MASCHILE in quanto Cristo ha come Sposa LA CHIESA lo dice san Paolo agli Efesini...

    Una donna-prete significherebbe UN MATRIMONIO CON LA CHIESA la quale la si vorrebbe assessuata proprio per evitare il CULTO MARIANO non a caso il sacerdozio femminile è preteso dai PROTESTANTI che hanno in orrore la devozione e il culto a Maria (tranne gli anglicani e luterani tradizionalisti)

    per questo il Papa disse che "NON E' NEL POTERE DELLA CHIESA CAMBIARE LA SITUAZIONE" perchè sarebbe innaturale...

    Queste donne pretesse non sono nulla, SI ILLUDONO ma non fanno neppure la Transustanziazione dell'Ostia, non consacrano nulla e i sacramenti che danno sono privi della grazia...ossia DEL SEME...SCIMMIOTTANO I MASCHI proprio come le femministe...

     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 22/09/2010 19:29
    ATTENZIONE......
    POICHè NON POCHI COMMENTATORI HANNO VISTO COME UNA SORTA DI APERTURA DA PARTE DI BENEDETTO XVI ALLE DONNE PRETE SOLO PERCHE', PER SPIRITO DI OSPITALITA' (nel recente viaggio in Inghilterra), HA STRETTO AD UNA DI LORO LA MANO.... RIBADIAMO CHE NON è IN POTERE DELLA CHIESA AVANZARE CON LE ORDINAZIONI FEMMINILI....


    ergo, il Pontefice ne oggi ne mai potra' fare compromessi per accettarne il fatto compiuto nella Comunità anglicana e luterana...

    non a caso, subito DOPO la sua elezione a Pontefice, Benedetto XVI fece passare  questo Documento:

    CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

    DECRETO GENERALE
    circa il delitto di attentata ordinazione sacra di una donna



    La Congregazione per la Dottrina della Fede, per tutelare la natura e la validità del sacramento dell’ordine sacro, in virtù della speciale facoltà ad essa conferita dalla suprema autorità della Chiesa (cfr. can. 30, Codice di Diritto Canonico), nella Sessione Ordinaria del 19 dicembre 2007, ha decretato:

    Fermo restando il disposto del can. 1378 del Codice di Diritto Canonico, sia colui che avrà attentato il conferimento dell’ordine sacro ad una donna, sia la donna che avrà attentato di ricevere il sacro ordine, incorre nella scomunica latae sententiae, riservata alla Sede Apostolica.

    Se colui che avrà attentato il conferimento dell’ordine sacro ad una donna o se la donna che avrà attentato di ricevere l’ordine sacro, è un fedele soggetto al Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, fermo restando il disposto del can. 1443 del medesimo Codice, sia punito con la scomunica maggiore, la cui remissione resta riservata alla Sede Apostolica (cfr. can. 1423, Codice dei Canoni delle Chiese Orientali).
     

    Il presente decreto entra immediatamente in vigore dal momento della sua pubblicazione su L’Osservatore Romano.

    William Cardinale LEVADA
    Prefetto

    L. + S.

    + Angelo AMATO, S.D.B.
    Arcivescovo titolare di Sila
    Segretario

    In Congr. pro Doctrina Fidei tab., n. 337/02





    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 08/02/2011 18:36

    Ordinazione diaconale delle donne: notificazione delle Congregazioni per la dottrina della fede, per il culto divino e per il clero (2001)

    Riceviamo (dal blog Raffaella) e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo questa notificazione a proposito del problema dell'ordinazione diaconale delle donne ("diaconesse"):

    NOTIFICAZIONE DELLE CONGREGAZIONI PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, PER IL CLERO, 17.09.2001

    1. Da taluni Paesi sono pervenute ai nostri Dicasteri alcune segnalazioni di programmazione e di svolgimento di corsi, direttamente o indirettamente finalizzati all'ordinazione diaconale delle donne. Si vengono così a determinare aspettative carenti di salda fondatezza dottrinale e che possono generare, pertanto, disorientamento pastorale.

    2. Poiché l'ordinamento ecclesiale non prevede la possibilità di una tale ordinazione, non è lecito porre in atto iniziative che, in qualche modo, mirino a preparare candidate all'Ordine diaconale.

    3. L'autentica promozione della donna nella Chiesa, in conformità al costante Magistero ecclesiastico, con speciale riferimento a quello di Sua Santità Giovanni Paolo II, apre altre ampie prospettive di servizio e di collaborazione.

    4. Le Congregazioni sottoscritte - nell'ambito delle proprie competenze - si rivolgono, pertanto, ai singoli Ordinari affinché vogliano spiegare ai propri fedeli ed applicare diligentemente la suindicata direttiva.

    Questa Notificazione è stata approvata dal Santo Padre, il 14 settembre 2001.
    Dal Vaticano, 17 settembre 2001

    Joseph Card. Ratzinger
    Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede

    Jorge Arturo Card. Medina Estévez
    Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti

    Darío Card. Castrillón Hoyos
    Prefetto della Congregazione per il Clero
     
    ******************************************************

    si legga anche:

    NO alle chierichette sull'altare con la Messa antica (Deo Gratias!!) ma sarebbero da scoraggiare anche in quella Ordinaria

    PRESBITERIO DIOCESANO E DIACONATO PERMANENTE (DUE ruoli distinti)


    ********************

     e da Donna, sposa e madre, laica Domenicana, supplico tutte le Donne a ritirarsi da queste fantasie... LASCIATE AGLI UOMINI IL LORO PROPRIO RUOLO... noi piuttosto cerchiamo di fare bene il NOSTRO... abbandonate ogni forma di femminismo e viviamo serenamente la nostra femminilità che non riveste il ruolo del Sacerdozio Ordinato...
    Noi siamo alla sequela di Maria, la Madre di Gesù... comportiamoci con i Sacerdoti COME MADRI...o sorelle... ma non come "colleghe"... a noi basta il nostro sacerdozio acquisito nel Battesimo insieme a tutti gli altri LAICI....


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 28/02/2011 11:46

    La Messa di Sempre converte la pretessa

    In America avvengono alcune cose che siamo soliti definire, per antonomasia, americanate. Una di queste è la costituzione di un'associazione di signore che si denomina Roman Catholic Women Priests, che tradotto fa: donne-prete cattoliche romane. Naturalmente, una contraddizione in adiecto: una donna non può, ontologicamente, diventar prete cattolico. Può fare il pastore protestante, o il guru, o la sacerdotessa di Iside... ma non un prete di Santa Romana Chiesa. La questione è stata definita con un documento di Giovanni Paolo II espressamente qualificato come infallibile ex cathedra, quindi non stiamo a ripeterlo. 

    Ma le sciure dell'associazione non se ne danno per intese e negli ultimi anni si sono avute sporadiche cerimonie di pseudo-ordinazione: si trova sempre il clerico liberal-progressista che vuole superare discriminazioni e ingiustizie e protestare contro l'oscurantismo vaticano, ed è quindi disposto a prestarsi alla pagliacciata di un sembiante di ordinazione.

    Fin qui, nulla di eclatante. Più interessante la notizia che ora una di queste pretesse (per vero, si era per il momento fermata al diaconato; quindi una diaconessa) ha fatto pubblica ammenda del suo errore e si è riconciliata con la Chiesa cattolica, da cui il delitto di attentata ordinazione l'aveva scissa per effetto di scomunica latae sententiae.

    Ma la cosa che ci ha davvero intrigato è che questa improvvisa resipiscenza (la prima che si conosca da parte di una sedicente clerichessa) è maturata perché la signora, che si chiama Norma Jean Coon, ha preso a frequentare la S. Messa tridentina presso una parrocchia della Fraternità S. Pietro a San Diego (California); naturalmente, in attesa della remissione della scomunica, non si accosta ancora ai sacramenti. Ne dà notizia Rorate Caeli. Sul sito della signora potete poi leggere la formale abiura dei suoi errori, accompagnata dalla preghiera leonina a S. Michele Arcangelo, che è una sorta di nota distintiva dei tradizionalisti,

    Curioso leggere nell'abiura della 'diaconessa' ch'ella dice di aver esercitato tale ruolo solo per due volte: per leggere il Vangelo e per distribuire la comunione. Per far quello, visto l'andazzo corrente, mestier non era incorrere nella scomunica: proclamar Parole e somministrar particole è pratica corrente nelle parrocchie novus ordo, dove le similpretesse esercitano quei ruoli con tanto di benedizione vescovile.  E' quindi quanto mai significativo che la conversione della madama sia avvenuta attraverso un rito che esprime pienamente il significato del sacerdozio, nel quale non ci son pericoli che un laico possa giocare a fare il prete.

    Enrico



    *********************************************

    Bellissima testimonianza Enrico!!  
    Ricordo che nel 1986 mi fu proposto di diventare "diaconessa".... all'epoca ero agli inizi del mio mandato catechetico e rimasi molto perplessa.... il mio affetto per santa Caterina da Siena e il suo insegnamento contro una certa "vanagloria" ( la vanagloria non è solo un problema di vanità personale e della propria immagine o dei propri talenti, ma anche di impugnar dottrine errate e sostenerle... ), mi impedirono di inoltrarmi su questa strada sbagliata....  
    Nel 2001 intrapresi una lunga corrispondenza email con una pastora che da Pentecostale voleva diventare luterana per poter "dire la Messa" ci impiegai molti mesi per farle comprendere che MAI avrebbe potuto soddisfare il SUO desiderio poichè non era quello il ruolo al quale Dio aveva ideato la Donna.... Non so se lo comprese e che fine abbia fatto, ma so di averla "messa in crisi"... e prego sempre per lei, per altro madre di 3 figli.... affinchè non sia finita in consigli sbagliati....  
    Quanta responsabilità che hanno avuto ed hanno certi sacerdoti cattolici !! Quante Anime sono state deviate....  
     
    Ripetiamolo a josa: il Diaconato al femminile di oggi NON è quello dei primi secoli della Chiesa e che non per nulla Concili e Sinodi decisero di restringere all'uomo SPOSATO....  
    Alle Donne, supplico davvero, di attenerci al ruolo che Dio ci ha dato e guardate che è fatico ed immane se svolto correttamente.... noi abbiamo IL DOLCE PESO DI SERVIRE I SACERDOTI, SERVIRE CRISTO del quale il Sacerdote è il proprio ALTER....


    **********************************************

    Propongo da Messainlatino una domanda che mi è stata rivolta e con relativa mia risposta, ringraziando l'interlocutore per questa preziosa domanda:

    Franco
    @ Caterina 63. la vedo come al solito animosa e appassionata. Approfitto del suo intervento per chiederle il suo parere sul sacerdozio femminile. Io come laico mi accontento di "stare al mio posto": non mi sento discriminato perchè non posso celebrare la Messa; al massimo, sentendo prediche strascicate, mi chiedo con un po' di superbia se non potrei fare un pochino meglio, impegnandomi a fondo. Secondo lei la richiesta del sacerdozio femminile portata avanti dai vari gruppi "Noi siamo Chiesa" nasce da un'esigenza reale, intimamente sentita dalle donne pie ( N.B. diverso da "pie donne!"), oppure si tratta di un inseguimento esteriore e "modaiolo" del femminismo laico?

    ***************

    Embarassed  ho espresso più volte la mia opinione sull'argomento e che ci tengo a dire di essere contenta che tale opinione si riscontri  perfettamente aderente al Magistero Bimillenario della Chiesa...  
    Questo gruppo, tanto per cominciare, ha postato malissimo il proprio titolo "noi siamo Chiesa" è sbagliato, è errato ed è stato anche più volte corretto, il senso, dai Pontefici recenti.... la Chiesa è UNA SOLA, noi semmai ne siamo LE MEMBRA; la Chiesa E' SANTA, noi grazie a Lei ci santifichiamo... ordunque, nelle varie interpretazioni che essi danno alla dottrina della Chiesa, partono con il piede sbagliato!  
    Nella Chiesa si esercitano vari Ministeri, il Sacerdozio è UNO SOLO, abbiamo UN SOLO SACERDOTE, Cristo Signore!  
    ergo nessuno può rivendicare tale Ministero e solo il Papa, con i Vescovi con lui, possono VERIFICARE chi è davvero MANDATO E ASSUNTO per esercitare questo UNICO sacerdozio...  
    Tale Sacerdozio è AL MASCHILE poichè Cristo è IL NUOVO ADAMO ed esercita quel mandato, dopo l'Incarnazione, a quell'unico sacerdozio NON levitico ma "AL MODO DI MELCHISEDEC" ordunque il ruolo della Donna, nella Chiesa NON è quel Ministero...  
    La Vergine Maria, infatti, che è riconosciuta dai Padri della Chiesa quale NUOVA EVA non ha mai rivendicato a se questo Sacerdozio ministeriale, al contrario ELLA E' SERVA DELL'UNICO SACERDOTE.... Wink  
    Ora, essendo il Sacerdote L'ALTER CHRISTUS ed agendo attraverso la Sua presenza invisibile MA REALE, è palese che l'Uomo continua questo Ministero, la Donna continua a SERVIRE IL SACERDOTE in altri modi....  
    La SUPERBIA e presunzione di tale EQUIPARAZIONE pur nascendo ai tempi di Lutero il quale rigettò il Sacerdozio come Sacramento ed inventò il ministero del pastore.... è ovvio che diede il via ad una sorta di RIVENDICAZIONE FEMMINILE soprattutto con l'emancipazione femminile, IL FEMMINISMO...L'UGUAGLIANZA DEI SESSI....  
    Senza alcun dubbio in passato, NON la Chiesa in quanto Maestra, ma ALCUNE SUE MEMBRA GERARCHICHE, la Donna ha sofferto molto per una vena misogina spesse volte accentuata e che penalizzava il ruolo femminile, tuttavia NOI dobbiamo guardare alle tante SANTE ED ANCHE DOTTORI DELLA CHIESA e Fondatrici, che ci dicono chiaramente quale è il ruolo della donna nella Chiesa... Wink  
    Infine, la rivendicazione delle Donne verso il Sacerdozio ministeriale, è il frutto DELLA DEVASTAZIONE FAMILIARE del nostro tempo...  
     
    Così, per rispondere alla sua domanda:  
    si, questa pretesa E' UNA MODA DEL FEMMINISMO LAICO.... è SUPERBIA, è un modo come un altro per rivendicare L'UGUAGLIANZA FRA I SESSI  e IMPONE la Donna CONTRO L'UOMO, al suo superamento.... NON E' UNA VOCAZIONE, la Vocazione della Donna E' ESSERE MADRE O FISICAMENTE O SPIRITUALMENTE.... Smile  
    spero di averle dato ulteriori approfondimenti!  
    Grazie per la domanda!  


    P.S.  
    Uno di questi modi per essere materne e servire è, per esempio, mettersi al servizio di Maria stessa attraverso la promozione del Santo Rosario  Wink dire il Rosario, usarlo PER I SACERDOTI, aiutare i Laici e i Sacerdoti stessi a fare bene ognuno il proprio RUOLO, senza alcuna rivendicazione poichè se c'è Uno che può rivendicare dei diritti nella Vigna, questi è il Padrone, Cristo Dio! Smile  





    [Modificato da Caterina63 13/03/2011 19:20]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 09/07/2011 12:10

    Card. Policarpo: FA MARCIA INDIETRO DOPO LE SUE RECENTI DICHIARAZIONI CHE HANNO DATO ADITO A DUBBI E FRAINTENDIMENTI:

    PERTANTO, SPIEGA, l'ordinazione di donne non è possibile


    Lamenta che dichiarazioni precedenti abbiano “generato confusione”


     

    di Inma Álvarez

    LISBONA, giovedì, 7 luglio 2011 (ZENIT.org).- http://muitobarulho.files.wordpress.com/2007/01/patriarca_foto.jpgIl Cardinale José Policarpo, Patriarca di Lisbona (Portogallo), ha diffuso una lettera in cui chiarisce che sull'ordinazione sacerdotale di donne è “in comunione con il Papa”.

    Il Patriarca ha voluto far fronte alla polemica suscitata da alcune sue dichiarazioni sul tema apparse in un'intervista pubblicata sull'ultimo numero della rivista portoghese “Ordem dos Advogados”.

    Nell'intervista, interpellato sulla questione, il porporato affermava che a suo avviso “non esiste alcun ostacolo teologico fondamentale” all'ordinazione di donne, anche se sottolineava che “non c'è alcun Papa che abbia potere a questo proposito. Ciò porterebbe a tensioni, e avverrà solo se Dio vorrà che accada e se rientrerà nei Suoi progetti”.

    Nella sua spiegazione, il Cardinal Policarpo riconosce che egli stesso non aveva mai “trattato sistematicamente la questione”.

    Le reazioni a questa intervista mi hanno costretto a considerare il tema con più attenzione, e ho verificato che, soprattutto per non aver tenuto in debito conto le ultime dichiarazioni del Magistero sul tema, ho dato luogo a queste reazioni”, lamenta.

    Per questo, ritiene suo “dovere” chiarire la propria posizione di fronte ai fedeli: “Sarebbe per me doloroso che le mie parole potessero creare confusione nella nostra adesione alla Chiesa e alla parola del Santo Padre. Credo di avervi mostrato che la comunione con il Santo Padre è assoluta nell'esercizio del mio ministero”, afferma.
     
    Il Patriarca sottolinea inoltre la “complementarietà dell'uomo e della donna nella storia della salvezza”, che “giunge alla sua pienezza nella rivelazione di Cristo e di Maria”.

    Radicato nel Nuovo Testamento, il ministero sacerdotale cristiano, fin dal principio, si conferiva solo agli uomini.

    “Il fatto che non ci siano donne tra questi successori e cooperatori non significa una minimizzazione della donna, ma la ricerca di quella complementarietà tra il maschile e il femminile pienamente realizzata nella relazione di Cristo con Maria”.

    Nei primi tempi della Chiesa, ha indicato il porporato, “è nota l'armonia tra il fatto del sacerdozio apostolico conferito agli uomini e l'importanza e la dignità delle donne nella Chiesa”.

    Per il Cardinal Policarpo, una delle cause della rivendicazione del sacerdozio femminile è “la perdita di consapevolezza della dignità sacerdotale di tutti i membri della Chiesa, riducendo l'espressione sacerdotale al sacerdozio ordinato”.

    Un'altra causa è “la comprensione del sacerdozio ministeriale come un diritto e un potere, senza percepire che nessuno, uomo o donna, può rivendicare questo diritto, trovandosi ad accettare la chiamata della Chiesa a questo servizio, che include il dono della propria vita”.

    All'inizio, quando è stato posto questo tema, “non si escludeva che si trattasse di una questione aperta, nell'attezione che si deve prestare all'azione dello Spirito Santo, alla ricerca dell'espressione del mistero della Chiesa nelle nuove realtà”.

    Ad ogni modo, il Magistero più recente dei Papi interpreta questa tradizione ininterrotta di ordinare solo uomini “non solo come un modo pratico di procedere, che può cambiare al ritmo dell'azione dello Spirito Santo, ma come espressione del mistero stesso della Chiesa, che dobbiamo accogliere nella fede”.

    Siamo quindi invitati a rispettare il magistero del Santo Padre, nell'umiltà della nostra fede, a continuare ad approfondire la relazione del sacerdozio ministeriale con la qualità sacerdotale di tutto il Popolo di Dio e a scoprire il modo femminile di costruire la Chiesa, nel ruolo decisivo della missione delle nostre sorelle, le donne”, conclude.

    [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

     

    ****************************************

     

    Cari Cardinali e cari Vescovi.... ma è mai possibile che non si preferisca la virtù DELLA PRUDENZA quando dovete rilasciare dichiarazioni ed interviste?

    Avete idea quanto pesano le vostre parole?

    Avete idea quanti danni possono recare alle anime?

    Cercate di evitare di esporre le vostre personali opinioni quando siete interpellati in qualità di VESCOVI DELLA CHI9ESA... ed esercitatevi a rispondere usando SOLO IL MAGISTERO DELLA CHIESA....

    Grazie!

     

     

     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 11/09/2011 16:46
    [SM=g1740733]dal sito unavox felicemente riportiamo :


    Toscana Oggi
    e
    il sacerdozio femminile

    Con Mons. Aranci:
    breve viaggio tra Magistero e opinioni di cardinali novatori


    Col consenso dell'Autore riprendiamo l'articolo dal sito
    Coordinamento Toscano Benedetto XVI

    i neretti sono dell'Autore


    di Dante Pastorelli

    La risposta di mons. Gilberto Aranci ad un lettore circa la posizione della Chiesa sul sacerdozio femminile [Toscana Oggi, n.26 del 10.07.2011, vedi nell'edizione on line: Perché non è possibile concedere il sacerdozio alle donne?] cade in un momento in cui questo problema, in realtà insopportabilmente stantìo perché da lunga pezza risolto, vien riaperto in modo del tutto sconveniente e con sconcertante superficialità dal Patriarca di Lisbona, cardinal Cruz Policarpo, il quale ritiene priva di fondamento teologico l'esclusione delle donne dal sacerdozio, in quanto derivata, così afferma, da una tradizione che ci proviene da Gesù ed a cui la Chiesa si è conformata [vedi: Vatican Insider]. Ond'evitar il rischio di fraintendimenti, riporto il nucleo del ragionamento dell'anziano Presule: “...teologicamente non c’è alcun ostacolo fondamentale [al sacerdozio femminile]; c’è questa tradizione, diciamo così: non si è mai fatto in altro modo... C'è un'uguaglianza fondamentale di tutti i membri della Chiesa. Il problema consiste in una forte tradizione che viene da Gesù e dalla facilità con cui le chiese riformate hanno concesso il sacerdozio alle donne”.

    Da semplice fedele, digiuno per giunta di regolari ed approfonditi studi teologici, non riesco proprio a capir a qual mai scuola di pensiero cattolico abbia attinto il Patriarca le nozioni di Sacra Scrittura, Tradizione, Magistero e Teologia sottese a tali argomentazioni od in esse esplicitate, che anche ad un orecchio poco provveduto suonano stupefacenti. Tal esternazione è subito stata colta ad ampio raggio, senza eccessiva fatica nella decifrazione, in tutta la sua plateale ed infelice devianza dalla retta dottrina, e le proteste sono state tanto numerose, vivaci e più che giustificate da costringer il  Porporato ad innescar una precipitosa e goffa retromarcia ed a professar la sua piena adesione al Magistero Pontificio, dopo aver incassato, però, la solidarietà dei vescovi portoghesi, pur essa stupefacente nel collettivo errore. Al momento in cui scrivo si parla d'una sua convocazione a Roma, presso la Congregazione per la Dottrina della Fede.   

    È mia impressione, e forse potrei dir tranquillamente convinzione, che per il Presule, notoriamente vicino al Cammino Neocatecumenale, la Tradizione risalente a Gesù ed agli Apostoli sia un dettaglio trascurabile nell'economia della nostra Fede e non una fonte imprescindibile della Rivelazione. Quanto al sacerdozio femminile, risulta chiaro dalle sue parole ch'egli non lo esclude affatto in via di principio, ma, anzi, non si perita di prospettarlo non per l'immediato ma per il futuro, per “quando Dio vorrà”, forse, cioè, per il tempo in cui cadrà l'ostacolo storico rappresentato dalla facilità con cui eretici e scismatici han concesso e concedon il sacerdozio alle donne: come se fin ad oggi l'essenza dell'Ordine Sacro fosse stata conservata integra non per totale fedeltà all'inviolabile mandato di Cristo quanto piuttosto per la lunga ma pur sempre temporanea riprovazione di quella facilità che, se controllata e temperata, potrebbe pacificamente indur la Chiesa ad arrogarsi il potere di render un Sacramento d'istituzione divina suscettibile d'evoluzione e mutazione nella sua sostanza, mentr'essa ne dev'esser mera ed insieme vigile ed incontaminata custode, non potendo disporre a suo piacimento di ciò che solo a Dio appartiene.

    Per il Patriarca portoghese non esiste, dunque, nessuna preclusione derivante dal sesso ch'è, invece, sino a prova contraria, appunto una connotazione di sostanza, vale a dir essenziale e pregiudiziale, non per decisione umana ma per sicuro e provato disegno soprannaturale, affinché il ministro possa agire, in perfetta “rassomiglianza”, in persona Christi, come l'alter Christus. Il tutto fra il giubilo delle sette e confessioni protestanti, di cui internet si fa amplificante eco, alle quali il Patriarca attribuisce un valore ecclesificante che non possiedono. E già questi applausi dovrebbero far rifletter sull'entità del deragliamento del sullodato Patriarca dalla diritta via segnata e perseguita dalla Santa Sede.

    La Lettera Apostolica Ordinatio sacerdotalis (1994), ch'espone molto lucidamente, procedendo nel solco tracciato dall'insegnamento ininterrotto della Chiesa e riproposto nell'ultimo cinquantennio soprattutto da Paolo VI, i motivi dell'impossibilità di conferir gli Ordini Sacri alle donne, par che non rivesta per l'arcivescovo di Lisbona alcuna nota di rilievo magisteriale in toto obbligante se da essa si può evincer che Giovanni Paolo II “è sembrato dirimere la questione”. È sembrato. È sembrato soltanto, niente di più! Si tratterebbe, insomma, al massimo, e forse neppure, di un testo esprimente un Magistero mere authenticum degno sì di reverente ossequio per la cattedra da cui proviene, ma discutibile e riformabile, e non, qual effettivamente è, di Magistero ordinario infallibile, irreformabile e pertanto assolutamente vincolante, ragion per cui gli si deve adesione dell'intelletto e della volontà, giacché esercitato dal Sommo Pontefice nella sua suprema funzione di Pastore e Maestro della Chiesa universale, il quale, pur non pronunciandosi solennemente, ex cathedra, conferma una dottrina che affonda le sue radici nella Sacra Scrittura e nella Tradizione. Il cardinal Policarpo pone in soffitta o in cantina, altresì, il venerando “quod semper. quod ab omnibus, quod ubique creditum”, irrinunciabile criterio di valutazione del livello di un atto magisteriale pontificio.

    Mons. Aranci, che dichiara di non esser un teologo, sibbene, più modestamente, un docente di religione ed un sacerdote impegnato nella catechesi, volutamente non sviluppa l'argomento con sue considerazioni e, assumendo una collocazione di oggettivo e quasi asettico tramite, si limita a segnalar le fonti da cui il lettore “catechizzando” saprà, a suo avviso, trarr'elementi per una personale conclusione. Metodo stimolante, senz'altro, ove una mano ferma e sapiente sappia alla fine comporre ad armonica unità le fila di un'indagine sì delicata, ma non scevro di gravi rischi qualora il “discente” venga lasciato a se stesso a tirar le somme d'una vasta massa di opinioni dalla quale può restar travolto per ritrovarsi ancor più frastornato ed assalito da interrogativi resi vieppiù intricati dalle divergenti ed opposte tesi a cui è stato indirizzato. Un conto, voglio dire, è utilizzar un metodo siffatto a livello scolastico, un altro servirsene per un intervento sulla stampa, sia pur su di un organo inter-diocesano. Questione di prudenza che non è mai troppa.

    Mons. Aranci, oltre ad alcuni scritti favorevoli al sacerdozio femminile ed a dissertazioni “antropologiche”, tese ad offrir un più consistente panorama di posizioni in cui inquadrar il dibattito del quale svelano e rimarcan l'indubbia complessità, richiama, e non poteva non richiamarli, i più recenti documenti della Chiesa su questo delicato tema, tra cui la citata Ordinatio sacerdotalis ed il Catechismo della Chiesa Cattolica, che così recita al n.1577: «Chi può ricevere questo sacramento [l’Ordine sacro]? Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile [«vir»]. Il Signore Gesù ha scelto uomini [«viri»] per formare il collegio dei dodici Apostoli, e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori che sarebbero loro succeduti nel ministero. Il collegio dei Vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino al ritorno di Cristo il collegio dei Dodici. La Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso. Per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile».

    Dalla lettura di questi documenti i fedeli, se sufficientemente informati e formati - ed oggi, ahimé, sulla scorta della mia esperienza di professore e preside negli istituti superiori, ed altresì di padre e nonno, posso affermar, senza tema d'esser smentito, che son una sparuta minoranza - agevolmente potran dedurre che il Magistero si è espresso in modo definitivo. Non è stato in materia promulgato alcun dogma, come spesso e pedantemente si sente obiettar da taluni, va bene, ma, come sopra ho precisato e ci tengo ancor qui a ribadire, un Magistero pontificio ordinario continuo, inconfutabilmente fondato sul Vangelo e sulla Sacra Tradizione, è infallibile, definitive tenendum, piaccia o non piaccia ai novatori ecumenisti su qualunque panca, seggiola, poltrona o cattedra della nostra Santa Chiesa appollaiati.

    Dispiace, tuttavia, che mons. Aranci non abbia segnalato – almeno io non lo vedo nell'edizione on line di Toscana Oggi - in questo suo “colloquio”, un altro documento, assai facilmente rintracciabile in internet, il cui contenuto è anticipato dal CCC, sebbene in tono meno perentorio, e che, tanto per seguir il suo metodo, dal web direttamente trascrivo qui sotto:

    CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
    RISPOSTA AL DUBBIO CIRCA LA DOTTRINA DELLA LETTERA APOSTOLICA «ORDINATIO SACERDOTALIS»


    Dub.: Se la dottrina, secondo la quale la Chiesa non ha la facoltà di conferire l'ordinazione sacerdotale alle donne, proposta nella Lettera Apostolica «Ordinatio Sacerdotalis», come da tenersi in modo definitivo, sia da considerarsi appartenente al deposito della fede.

    Risp.: Affermativa.

    Questa dottrina esige un assenso definitivo poiché, fondata nella Parola di Dio scritta e costantemente conservata e applicata nella Tradizione della Chiesa fin dall'inizio, è stata proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale (cfr. Conc. Vaticano II, cost. dogm. Lumen Gentium, 25, 2). Pertanto, nelle presenti circostanze, il Sommo Pontefice, nell'esercizio del suo proprio ministero di confermare i fratelli (cfr. Lc, 22, 32) ha proposto la medesima dottrina con una dichiarazione formale, affermando esplicitamente ciò che si deve tenere sempre, ovunque e da tutti i fedeli, in quanto appartenente al deposito della fede.

    Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell'Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha approvato la presente Risposta, decisa nella riunione ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.

    Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 28 ottobre 1995.

    + JOSEPH  Card. RATZINGER  - Prefetto

    + TARCISIO BERTONE Arcivescovo emerito di Vercelli  - Segretario.


    Questa “risposta” taglia la testa al toro. Il sipario è calato per non rialzarsi mai più. Roma locuta est, causa finita est.
    Si mettan l'anima in pace fedeli, preti, vescovi e cardinali sgangheratamente “femministi”. La Chiesa non può modificar il Deposito della Fede di cui il sacerdozio ministeriale riservato ai soli “viri” è un pilastro portante. E certi prelati, che aman vellicar misere smanie di falsa promozione ecclesiale (infantile e vanaglorioso carrierismo, non cosciente e produttivo servizio che si può prestar a diversi livelli e con diverse mansioni) farebbero bene a tacere. Se Gesù avesse voluto conferir il sacerdozio alle donne avrebbe ordinato per prima la Sua Santissima Madre, rispondevan i buoni parroci di campagna d'una volta, che nulla inventavan per prurito di profane novità, alle domande sull'argomento dei bambini come me degli anni '40-'50 del secolo scorso, quando s'andava a Catechismo” per prepararsi alla Prima Comunione. E vano è il consueto, e logoro sino all'evanescenza, ricorso alla “mentalità del tempo” a cui Gesù si sarebbe adeguato: Egli ha dimostrato molte volte di non aver remore a violar i costumi e le leggi dell'epoca anche a costo di suscitar scandalo, accogliendo, ad es., la peccatrice e l'adultera, soffermandosi a parlar con la Samaritana e guarendo l'emorroissa alla quale ridona dignità sociale abbattendo il tabù dell'impurità contagiosa della donna nel periodo del ciclo mestruale nella povera malata imprevedibile (Lev., 15,19 ss.). E non vo avanti.

    Potrei chiuder qui il mio discorso, che però mi parrebbe monco se non aggiungessi alcune osservazioni che mi urgon dentro. E prima di tutto mi auguro sinceramente che mons. Aranci non trascuri, nei prossimi interessanti “colloqui” coi suoi “corrispondenti”, di rinviar ai pronunciamenti del Magistero più esplicitamente vincolanti per i cattolici e più illuminanti per tutti e di sottolinearne adeguatamente il valore attestato dall'Autorità di competenza. Certe omissioni, per quanto involontarie, non posson che nuocer a chi cerchi sinceramente la Verità. E, con tutto il rispetto del caso, non posso sottacer il nocumento, appunto, che causa, ad es., la citazione, senza presa di distanza, reputo in omaggio all'iniziale assunto d'una breve trattazione non “teologica”, da osservatore affatto obbiettivo, e pertanto priva d'una conclusione assertiva formulata con la parola ufficiale e definitiva della Chiesa, di una fra le tante tesi eterodosse seminate a piene mani nel corso dei passati decenni dal card. Carlo M. Martini. Ché se le tesi delle femministe, consacrate o laiche, e dei loro caudatari delle comunità di base o dei loro mentori protestanti, o i tentativi di qualche professore di rimetter in circolo la superata disputa sulle diaconesse e sulle presbyterae ordinate (nella Chiesa o in qualche setta gnostica?) per svolger un vero ministero sacerdotale, posson anche non incider a fondo, effetto in ogni caso tutt'altro che da escluder a priori, ben più forieri d'insidiosi ed inaridenti dubbi fatalmente si rivelerann'i pareri, sovente autentiche sentenze, del famoso e fumoso ex arcivescovo di Milano. Costui, ben noto per il suo ripetuto ed impunito ergersi contro il Magistero Pontificio in campo di etica sessuale – tanto che da qualcuno vien definito l'antipapa -, e con forza richiamato all'ordine da grandi moralisti come i cardinali Trujllo e Sgreccia, i quali, senza mezzi termini, alcuni anni fa lo invitaron ad occuparsi di studi biblici e lasciar perder la teologia morale per mancanza di adeguata competenza, ad un fedele che gli pone una domanda proprio sul sacerdozio femminile, risponde: le ordinazioni femminili han creato disagio in molti fedeli della confessione anglicana e nell'agir della Chiesa Cattolica non esiste discriminazione come non esiste per nessuno il diritto al sacerdozio, ma aggiunge, in cauda venenum, che “ci sarebbe ancora il discorso delle pari opportunità, ma esso non è entrato bene nella prassi della gente” [clicca qui]. Tutti nella Chiesa son uguali e tutti hann'uguali diritti. Non v'è alcun diritto al sacerdozio ch'è una chiamata dall'alto. Sottinteso: a questa chiamata, però, tutti posson rispondere, anche le donne. Siamo nel 2009, e mons. Aranci lo ricorda.

    Chi nutrisse qualche perplessità sulla mia interpretazione delle frasi del cardinale gesuita, apra qualche link a Conversazioni notturne a Gerusalemme, senza sprecar danaro per acquistar un  libro che nulla vale (2008): si renderà immediatamente conto del favore con cui Martini guarda alla concessione del sacerdozio alle donne. Scrive infatti: “Per quanto riguarda il sacerdozio, dobbiamo tenere conto del dialogo ecumenico con gli ortodossi e delle mentalità in Oriente e in altri continenti. Negli anni Novanta sono andato a trovare a Canterbury l'allora primate della Chiesa d'Inghilterra, l'arcivescovo dottor George Léonard Carey. L'ordinazione di donne aveva provocato tensioni nella sua Chiesa. Ho tentato di infondergli coraggio in questa impresa: potrebbe aiutare anche noi a rendere più giustizia alle donne e a comprendere come andare avanti. Non dobbiamo essere scontenti perché la Chiesa evangelica e quella anglicana ordinano donne, introducendo così un elemento fondamentale nel contesto del grande ecumenismo. E tuttavia questo non è un motivo per uniformare le diverse tradizioni”.
    I dubbiosi son serviti: solo motivazioni d'ordine pratico, alla base dell'apertura al sacerdozio femminile, ch'è visto come la via del progresso per una Chiesa arretrata, motivazioni di falso dialogo ecumenico, di opportunità pastorale, ma neppur un tentativo di serio, benché fugace, approccio teologico: ché non può considerarsi un'argomentazione teologicamente seria l'individuazione nel sacerdozio femminile d'un elemento fondamentale del “grande ecumenismo”, e ciò dopo aver riconosciuto ch'esso creerebbe problemi con le Chiese Ortodosse, le quali, in tal modo, vengon con poche battute alla tastiera del PC degradate nella scala dei rapporti ecumenici al rango di oscurantiste Chiese più sorellastre che sorelle [vedi]. E, chi lo sa, fors'è proprio questa la disastrata scuola di pensiero, non cattolico, alla quale ha attinto le sue ereticali dichiarazioni l'Arcivescovo di Lisbona.

    2008-2009: molti anni dopo la pubblicazione del CCC e del chiarimento al dubium da parte della CDF, Martini dimostra, con parole che s'abbatton come picconate mal celate da una pennellata di melliflua cautela, di non aver voluto prender atto della definitività della dottrina esposta nell'uno e assai più categoricamente nell'altro, non potendoglisi certo attribuir l'ignoranza di pronunciamenti di tal portata.
    La porta sbarrata da Giovanni Paolo II viene rispalancata  dall'improntitudine dei ribelli da due Principi della Chiesa.

    È legittimo, allora chiedersi e chieder a mons. Aranci: guardando alle date, (recenti  pronunciamenti della Chiesa 1994-1995; esternazioni di Martini 2008-2009 e di Policarpo 2011), il lettore meno attrezzato di Toscana Oggi non correrà il pericolo di piombar in una dilaniante confusione? La Sede Apostolica, potrà domandarsi cotesto lettore, ha modificato la tradizionale posizione in merito se il conferimento del sacerdozio ministeriale istituito da Cristo gli vien presentato da un osannato cardinale di Santa Romana Chiesa, su segnalazione di un'assai seguita rubrica dello stesso settimanale, e da un noto Patriarca sulla stampa internazionale, come una prassi che, in quanto tale, non va accettata docilmente come Verità? Una prassi, per di più, di competenza della “gente”, neanche dei vertici della Chiesa docente, quasi a significar che dal gregge debba provenir l'imput per rivolgimenti che prima o poi fiaccheran la resistenza di chi questo gregge è stato chiamato a custodir e guidar al pascolo ubertoso con l'assistenza dello Spirito Santo.

    Il messaggio martiniano e della sua funesta scuola, agli occhi di chi voglia vedere, emerge come l'alta vetta d'un iceberg in sussultorio sommovimento: la gente si svegli, acquisti coscienza delle pari opportunità che non posson restar ghettizzate in ambito socio-politico-economico, spazzi via questa prassi perdurante a cagione dell'immaturità diffusa ch'è la linfa del maschilismo d'una sorda “casta” sacerdotale imperante da due millenni e crei, finalmente, una Chiesa che sia una federazione di autonome, autocefale “comunità di base”, in cui non ci sia più posto pel Sacro Ministero come sin ad oggi inteso alla sequela di Cristo.
    Mentre gli spinosi casi Policarpo e Martini vann'affidati necessariamente alla CDF ed a Nostro Signore, a Mons. Aranci mi permetto di rivolger una pressante, filiale preghiera: Padre, chiami sempre, e nel modo più comprensibile possibile, luce la tenebra e tenebra la luce: non soltanto il Sacramento dell'Ordine conferito alle donne, ma pure la riproposizione della facoltà del suo conferimento, da qualunque parte venga avanzata, è un vulnus alla divina costituzione della Chiesa e, di conseguenza, un delitto da sanzionar con le pene previste dal Codice di Diritto Canonico. Se la teologia è ancella della Verità, anche l'insegnamento nelle scuole d'ogni ordine e grado e l'attività catechetica dalla Verità devon partire ed alla Verità devon tornare. E chi ha il dovere di guidare guidi, prendendo a modello il Buon Pastore, il quale ha promesso che le forze del male non prevarranno.

    8 agosto 2011

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 17/05/2012 17:08

    CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

     

    RECURSUS QUARUNDAM
    EXCOMMUNICATARUM MULIERUM REICITUR
     *

     

    DECRETO

     

    Il 29 giugno 2002 il fondatore di una comunità scismatica di nome Romulo Antonio Braschi ha « attentato » di conferire l'ordinazione sacerdotale alle Signore cattoliche Christine Mayr-Lumetzberger, Adelinde Theresia Roitinger, Gisela Forster, Iris Müller, Ida Raming, Pia Brunner e Dagmar Braun Celeste, presentatasi nell'occasione sotto il nome di Angela White.

    Richiamandosi ai precedenti interventi del Vescovo di Linz e della Conferenza Episcopale Austriaca, il 10 luglio 2002 la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicò una Dichiarazione,1 con la quale si ammonivano le suddette persone che sarebbero state punite con la scomunica, se — entro il 22 luglio 2002 — non avessero riconosciuto la nullità dell'« ordinazione » ricevuta e chiesto perdono per lo scandalo causato tra i fedeli. Poiché esse non manifestavano alcun segno di ravvedimento, con Decreto del 5 agosto 20022 questa Congregazione — oltre a confermare che il vescovo « ordinante », in quanto scismatico, era già scomunicato — inflisse la scomunica, riservata alla Sede Apostolica, alle persone summenzionate, esprimendo nel contempo la speranza che esse potessero ritrovare il cammino della conversione.

    Successivamente le medesime hanno pubblicato lettere ed interviste, nelle quali si dichiaravano convinte della validità dell'« ordinazione » ricevuta, chiedevano di cambiare la dottrina definitiva secondo la quale l'ordinazione sacerdotale è riservata esclusivamente agli uomini, e ribadivano di celebrare la « messa » ed altri « sacramenti » per piccoli gruppi. Con lettera del 14 agosto 2002 esse hanno chiesto la revoca del Decreto di scomunica, e con lettera del 27 settembre 2002 hanno fatto ricorso contro il medesimo Decreto, facendo riferimento ai cann. 1732-1739 del CIC. Il 21 ottobre 2002 sono state informate che le loro richieste sarebbero state sottoposte alle istanze competenti.

    Nei giorni 4 e 18 dicembre 2002 la richiesta di revoca ed il ricorso sono stati esaminati dalla Sessione Ordinaria della Congregazione, con la partecipazione dei Membri della medesima residenti a Roma, cioè degli Em.mi Cardinali Joseph Ratzinger, Alfonso López Trujillo, Ignace Moussa I Daoud, Giovanni Battista Re, Francis Arinze, Jozef Tomko, Achille Silvestrini, Jorge Medina Estévez, James Francis Stafford, Zenon Grocholewski, Walter Kasper, Crescenzio Sepe, Mario Francesco Pompedda e gli Ecc.mi Presuli Tarcisio Bertone S.D.B e Rino Fisichella. In queste riunioni è stato deciso collegialmente di rigettare detto ricorso. Nel caso in parola, infatti, non è ammissibile un ricorso gerarchico, trattandosi di un Decreto di scomunica emanato da un Dicastero della Santa Sede, che agisce a nome del Sommo Pontefice (cf. can. 360 del CIC). Pertanto allo scopo di dissipare ogni dubbio in materia, i Membri hanno ritenuto necessario ribadire alcuni punti fondamentali.

    1. Occorre precisare anzitutto che nel caso in parola non si tratta di una pena latae sententiae, nella quale s'incorre per il fatto stesso d'aver commesso un delitto espressamente stabilito dalla legge, ma di una pena ferendae sententiae, irrogata dopo la doverosa comminazione ai rei (cf. cann. 1314; 1347, § 1 del CIC). In forza del can. 1319, § 1 del CIC, questa Congregazione ha di fatto la potestà di comminare, con un precetto, pene determinate.

    2. È evidente la particolare gravità degli atti compiuti, che si articola sotto diversi aspetti.

    a) Il primo aspetto è quello scismatico: le donne summenzionate si sono fatte « ordinare » da un vescovo scismatico e — pur non aderendo formalmente al suo scisma — sono entrate in una complicità con lo scisma.

    b) Il secondo aspetto è di natura dottrinale: esse rifiutano formalmente e con pertinacia la dottrina, da sempre insegnata e vissuta dalla Chiesa e in modo definitivo proposta da Giovanni Paolo II, cioè che « la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale » (Lett. apost. Ordinatio sacerdotalis, n. 4). La negazione di questa dottrina merita la qualifica di rifiuto di una verità appartenente alla fede cattolica, e richiede pertanto una giusta pena (cf. cann. 750 § 2; 1371, n. 1 del CIC; Giovanni Paolo II, Lett. apost. data Motu Proprio Ad tuendam fidem, n. 4A).

    Inoltre, negando la suddetta dottrina, le persone in questione sostengono che il Magistero del Romano Pontefice sarebbe vincolante soltanto se fosse basato su una decisione del Collegio Episcopale, sostenuto dal sensus fidelium e accolto dai maggiori teologi. In tal modo contrastano la dottrina sul Magistero del Successore di Pietro, proposta dai Concili Vaticani I e II, e di fatto non riconoscono l'irreformabilità dell'insegnamento del Sommo Pontefice su dottrine da tenersi in modo definitivo da tutti i fedeli.

    3. Il rifiuto di ottemperare al precetto penale comminato da questa Congregazione viene ulteriormente aggravato dal fatto che alcune di esse stanno creando circoli di fedeli, in aperta e di fatto settaria disobbedienza al Romano Pontefice e ai Vescovi diocesani. Data la gravità di questa contumacia (cf. can. 1347 del CIC), la pena inflitta non soltanto è giusta, ma anche necessaria, allo scopo di tutelare la retta dottrina, di salvaguardare la comunione e l'unità della Chiesa e di orientare la coscienza dei fedeli.

    4. I summenzionati Membri della Congregazione per la Dottrina della Fede confermano pertanto il Decreto di scomunica emanato il 5 agosto 2002, precisando ancora una volta che l'attentata ordinazione sacerdotale delle suddette donne è nulla ed invalida (cf. can. 1024 del CIC) e che perciò tutti gli atti propri dell'Ordine sacerdotale da loro compiuti sono anche essi nulli ed invalidi (cf. cann. 124; 841 del CIC). Come conseguenza della scomunica, è fatto pertanto loro divieto di celebrare sacramenti o sacramentali, di ricevere i sacramenti e di esercitare qualsiasi funzione in uffici, ministeri o incarichi ecclesiastici (cf. can. 1331, § 1 del CIC).

    5. Nel contempo si ribadisce la speranza che, sorrette dalla grazia dello Spirito Santo, esse possano ritrovare il cammino della conversione per il ritorno all'unità della fede e alla comunione con la Chiesa infrante con il loro gesto.

    Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II nell'Udienza concessa il giorno 20 dicembre 2002 al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha dato la sua approvazione al presente Decreto, deciso nella Sessione Ordinaria di questa Congregazione, approvandone in forma specifica il n. 4, e ne ha ordinato la pubblicazione.

    Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, 21 dicembre 2002.

     

    + Ioseph Card. Ratzinger,
    Prefetto

    + Tarcisio Bertone, S.D.B.,
    Arcivescovo eletto di Genova,
    Segretario

     

     

     

    * AAS 95 (2003), 271-273.

    1 AAS 94 (2002), 584.

    2 Ibid., 585.


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 18/12/2012 21:17

    Insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna (2Tim.4,2)



     

    Ci sono Vescovi e vescovi  (il maiuscolo ed il minuscolo non sono casuali nel titolo, come nell'articolo)

    Quanto segue trova radice in un articolo del Blog "Senza peli sulla lingua", e da noi ulteriormente approfondito.

    Se c’è una questione chiara, definitivamente risolta, questa è l’esclusione delle donne dal Sacramento dell’Ordine.
    Eppure esiste un folto gruppo  di cattolici "radical chic", spesso guidato in sordina da alcuni vescovi ( o veceversa, vescovi che si lasciano guidare da questi laici), che sovente torna all'attacco cercando di obbligare la Chiesa a piegarsi alle loro imposizioni di potere.
    Sì, perchè l'imposizione del sacerdozio femminile è una matrice di potere, potere protestante contro la legge della Chiesa, poteri forti che sotto il pretesto di una falsa uguaglianza, pretendono di dominare il culto della Chiesa il quale, a questo punto, non sarebbe più "dato, donato, sceso dall'Alto", ma un culto proveniente dal basso, soggettivo, divenendo un diritto-possessivo, sotto il controllo del potere dominante e della moda (femminista in questo caso) dominate.

    In un articolo del settembre 2012, dopo la morte del cardinale Martini, si riporta come elogio il fatto che egli, in modo garbato e non aggressivo, volesse far comprendere alla Santa Sede e al Papa in primis, che fosse giunta l'ora di cedere su questo argomento. Naturalmente questa posizione è stata accolta da tutti gli ambienti catto-progressisti, facendo del medesimo cardinale l'icona dell'ennesimo "santo" incompreso, e della Chiesa una "cattiva matrigna", antica e non al passo con i tempi.
    Tutti gli elementi per risolvere la questione erano già contenuti nella dichiarazione della Sacra Congregazione per la dottrina della fede Inter insigniores del 15 ottobre 1976. L’unico limite di quella dichiarazione era la sua “nota dottrinale”: essa veniva presentata come un documento “disciplinare, autorevole e ufficiale”, ma non “infallibile né irreformabile” (cf Enchiridion Vaticanum, vol. 5, pp. 1392-3, in nota). Forse proprio per tale motivo quella dichiarazione non pose fine alle discussioni in materia. Fu cosí che Giovanni Paolo II si sentí costretto a intervenire di nuovo, in maniera piú autorevole, con la lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis del 22 maggio 1994. Non venivano portate nuove motivazioni a sostegno della non-ammissione delle donne al sacerdozio.

    Si trattava semplicemente di porre fine alle interminabili discussioni in materia:
    «Benché la dottrina circa l’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti piú recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.
    «Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa» (n. 4).

     Le espressioni usate non lasciano dubbi. Eppure anche in questo caso ci fu bisogno di un ulteriore intervento della Santa Sede per precisare il valore del pronunciamento pontificio. Ciò avvenne con la risposta a un dubbio da parte della Congregazione per la dottrina della fede in data 28 ottobre 1995:
    «Dubbio: Se la dottrina, secondo la quale la Chiesa non ha la facoltà di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne, proposta nella Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis, come da tenersi in modo definitivo, sia da considerarsi appartenente al deposito della fede. Risposta: Affermativa.
    «Questa dottrina esige un assenso definitivo poiché, fondata nella Parola di Dio scritta e costantemente conservata e applicata nella Tradizione della Chiesa fin dall’inizio, è stata proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale (cf Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, 25, 2). Pertanto, nelle presenti circostanze, il Sommo Pontefice, nell’esercizio del suo proprio ministero di confermare i fratelli (cf Lc 22:32) ha proposto la medesima dottrina con una dichiarazione formale, affermando esplicitamente ciò che si deve tenere sempre, ovunque e da tutti i fedeli, in quanto appartenente al deposito della fede».

    Tale intervento della CDF, a firma dell'allora Cardinale Ratzinger, precisa che la dottrina contenuta nella lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis è definitiva e infallibile (praticamente si tratta del secondo caso in cui è stata esercitata l’infallibilità pontificia dopo la sua definizione nel Concilio Vaticano I; la prima volta era stata con il dogma dell’Assunzione). A questi interventi specifici vanno aggiunti il can. 1024 «Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile» e, se questo non dovesse apparire sufficiente per il suo carattere giuridico, il n. 1577 del Catechismo della Chiesa cattolica dice:
    «“Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile [“vir”]”. Il Signore Gesù ha scelto uomini [“viri”] per formare il collegio dei dodici Apostoli, e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori che sarebbero loro succeduti nel ministero. Il collegio dei Vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino al ritorno di Cristo il collegio dei Dodici. La Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso. Per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile».

    Che altro ci si dovrebbe aspettare dalla suprema autorità della Chiesa per porre fine alle discussioni su una determinata questione?
    Appare evidente che "poteri occulti e forti" vorrebbero imporre alla Chiesa ciò che non è possibile modificare. Probabilmente la Chiesa (intesa nella sua legittima autorevolezza ) questo lo sa bene e forse proprio per questo non pretende più il silenziatore nei confronti di chi, come il cardinale Martini, o il vergognoso brindisi del cardinale Tettamanzi con una pretessa (vedi foto), in modo subdolo e perverso, pretendevano (o pretenderebbero ancora) radicali cambiamenti in talune dottrine.
    La Chiesa, in qualità di Madre, forse pensa e spera che il Magistero ufficiale proclamato sia sufficiente per mettere in guardia i fedeli dai cattivi pastori, dai falsi maestri, dagli imbonitori tuttavia, guardando la foto stessa, non era forse compito di quel cardinale mettere in guardia la pretessa di trovarsi di fronte ad un grave peccato e ad una usurpazione di ruolo, anzichè brindare insieme per la sua promozione al ministero che non le compete?
    Certo, trattandosi di una comunità eretica, il cardinale poteva non intromettersi nella discussione, ma qui l'ospite è proprio il cardinale, e come si sarebbe comportato un san Carlo Borromeo? Avrebbe davvero brindato con una pretessa, per giunta di una comunità eretica che rifiuta di riconoscere il Primato Petrino nello svolgimento del suo legittimo ministero; che usa la liturgia per benedire situazioni che nella dottrina cattolica sono gravi forme di peccato e di adulteri?
    Le pecorelle già smarrite dallo stordimento mondano, come potrebbero ritornare all'ovile davanti a queste situazioni ambigue?
    Chi mette in pratica la Parola di Dio se certo Clero gerarchico brinda con le pretesse o va dicendo che è giunta l'ora di cambiare dottrina e restano ai loro posti di comando e di potere? Non è forse anche questo parte dello scandalo denunciato dal Cristo?
    "praedica verbum, insta opportune, importune, argue, increpa, obsecra in omni longanimitate et doctrina.
    * annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina".
    (2Tim.4,2)


    Dal «Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo (XXV settimana del Tempo Ordinario, Uff. delle Letture )
    (Disc. 46, 14-15; CCL 41, 541-542)

    Insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna
    «E non avete riportato le disperse, non siete andati in cerca delle smarrite» (Ez 34, 4). Da questo momento ci troviamo come tra le mani di ladri e le zanne di lupi furiosi e per questi pericoli vi domandiamo preghiere. Per di più anche le pecore non sono docili. Se noi andiamo in cerca di loro quando si smarriscono, dicono, per loro errore e per loro rovina, che non ci appartengono. Perché ci desiderate, esse dicono, perché venite in cerca di noi? Come se il motivo per cui le desideriamo e le cerchiamo non sia proprio questo, proprio il fatto cioè che sono smarrite e si perdono. Se sono nell'errore, dicono, se sono vicino a morte, perché mi desideri? Perché mi cerchi?

    Rispondo: Perché sei nell`errore, voglio richiamarti; perché ti sei smarrito, voglio ritrovarti. Replicano: Voglio smarrirmi così, voglio perdermi così.
    Così vuoi smarrirti, così vuoi perderti? Ma io con tanta maggior forza non voglio questo. Te lo dico chiaramente: Voglio essere importuno. Poiché mi risuonano alla mente le parole dell'Apostolo che dice: «Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna» (2 Tm 4, 2). Per chi a tempo opportuno e per chi a tempo non opportuno? Certamente a tempo opportuno, per chi vuole; a tempo inopportuno, per chi non vuole. Sono proprio importuno e oso dirtelo: Tu vuoi smarrirti, tu vuoi perderti, io invece non lo voglio.
    Alla fin fine non lo vuole colui che mi incute timore. Qualora io lo volessi, ecco che cosa mi direbbe, ecco quale rimprovero mi rivolgerebbe: «Non avete riportato le disperse, non siete andati in cerca delle smarrite». Devo forse avere più timore di te che di lui? «Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo» (2 Cor 5, 10).
    Riporterò quindi la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita; che tu voglia o no, lo farò. Anche se nella mia ricerca sarò lacerato dai rovi della selva, mi caccerò nei luoghi più stretti, cercherò per tutte le siepi, percorrerò ogni luogo, finché mi sosteranno quelle forze che il timore di Dio mi infonde. Riporterò la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita. Se non vuoi il fastidio di dovermi sopportare, non sperderti, non smarrirti: E' troppo poco se io mi contento di affliggermi nel vederti smarrita o sperduta. Temo che, trascurando te, abbia ad uccidere anche chi è forte. Senti infatti che cosa viene dopo: E le pecore grasse le avete ammazzate (cfr. Ez 34, 3).
    Se trascurerò la pecora smarrita, la pecora che si perde, anche quella che è forte si sentirà trascinata ad andar vagando e a perdersi.



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 04/08/2013 21:58

    [SM=g1740758] Un sacerdote risponde

    Se il pronunciamento di Giovanni Paolo II sull'impossibilità di conferire il sacerdozio alle donne sia una parola defintiva

    Quesito

    Caro padre Angelo:
    prima di tutto un caro saluto e un grazie per il tuo prezioso servizio.
    Ho avuto occasione di scriverti altre volte e colgo l'occasione di ringraziarti nuovamente per le tue risposte.
    Vado al dunque.
    Dialogando coi miei confratelli sul sacerdozio femminile, è sorto tale dubbio: la lettera apostolica "Ordinatio Sacerdotalis" di Giovanni Paolo II, ha valore dogmatico (così come quello dell'Immacolata, per capirci)? Si può considerarla come parola definitiva sulla questione? Si può affermare che il Papa si sia pronunciato "ex cathedra?" Insomma: questo documento preclude ad un eventuale prossimo Papa la possibilità di ripensare la questione?
    Grazie.
    Un saluto molto cordiale:
    fr. Ignazio


    Risposta del sacerdote

    Caro fr. Ignazio,
    1. riporto a favore dei nostri visitatori quanto Giovanni Paolo II ha scritto nella lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis del 22.5.1994: “Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa”.
    Come vedi, il Papa ha detto che tutti i fedeli devono ritenere in modo definitivo questo dottrina della Chiesa.

    2. Le grandi affermazioni del Magistero della Chiesa possono essere espresse in due maniere: in modo definitorio oppure in modo definitivo.

    3. Il modo definitorio si esprime attraverso il dogma ed è infallibile.
    E chi nega il dogma è eretico e come tale, da se stesso, si mette fuori dalla comunione della Chiesa.
    Il modo definitorio viene espresso nelle dichiarazioni ex cathedra, come avvenne per la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria in corpo e anima al cielo.
    Oppure anche con le asserzioni dei Concili che si concludono con questa espressione: anatema sit (sia anatema, scomunicato).

    4. Il modo definitivo si ha quando il Papa esprime da solo impegnando direttamente il suo compito di confermare nella fede o in comunione con l’episcopato diffuso su tutta la terra la dottrina della Chiesa.
    Il Magistero definitivo è infallibile quanto il magistero definitorio, come si evince dalla costituzione dogmatica Lumen gentium n. 25 e dalla “Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della professione di fede” (18.5.1998) nella quale si legge: “Per quanto riguarda la natura dell’assenso dovuto alle verità proposte dalla chiesa come divinamente rivelate (magistero definitorio) o da ritenersi in modo definitivo è importante sottolineare che non vi è differenza circa il carattere pieno e irrevocabile dell’assenso, dovuto ai rispettivi insegnamenti.
    La differenza si riferisce alla virtù soprannaturale della fede: nel caso delle verità espresse in maniera definitoria l’assenso è fondato direttamente sulla fede nell’autorità della parola di Dio; nel caso delle verità espresse in maniera definitiva, esso è fondato sulla fede nell’assistenza dello Spirito Santo al magistero e sulla dottrina cattolica dell’infallibilità del magistero” (n. 8).

    5. Giovanni Paolo II ha voluto esprimere sul tema dell’ordinazione sacerdotale delle donne l’insegnamento definitivo, circa il quale dunque non vi possono essere discussioni.
    Circa la mancata adesione ad una verità espressa in maniera definitoria o definitiva vi è questa differenza: mentre chi nega il magistero definitorio dice un’eresia e ipso facto si esclude dalla Chiesa (è scomunicato), chi nega il magistero definitivo non è eretico e non è scomunicato. Tuttavia è in grave errore.

    6. Desidero sottolineare il peso delle parole usate da Giovanni Paolo II nella sua dichiarazione:
    - “al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza”. Dunque di tratta di dottrina certa nella quale non sono ammesse discussioni o dubbi.
    - “grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa”: si fa riferimento al volere stesso di Nostro Signore, che è Dio fatto carne. La Chiesa non ha alcun potere su quanto ha definito Nostro Signore e pertanto questa verità non può essere mutata.
    - “dichiaro”: qui il papa pronuncia la dottrina della Chiesa, che è vincolante in coscienza.
    - “che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale”: non sono previste eccezioni. L’esclusione è netta.
    - “questa sentenza”: con queste parole il papa richiama il valore delle sentenze dogmatiche.
    - “deve essere tenuta in modo definitivo”: non si tratta dunque di materia riformabile. È impossibile pertanto che la materia venga ripensata dal Magistero. Qualsiasi evoluzione in tale materia sarà un’evoluzione omogenea, nel senso che approfondirà ulteriormente la definizione, ma non la ribalterà.
    Usando l’espressione “in modo definitivo” il Papa stesso dice che non si tratta di un’espressione ex cathedra. Non è un dogma. Ma è ugualmente infallibile e non discutibile.

    Ti auguro un proficuo cammino quaresimale, ti ricordo al Signore e ti benedico.
    Padre Angelo


    Pubblicato 04.08.2013



    [SM=g1740733]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 10/01/2014 12:15

      La Parola:
    «Il celibato sacerdotale, che la Chiesa custodisce da secoli come fulgida gemma, conserva tutto il suo valore anche nel nostro tempo»
    (Paolo VI).
      

    IDENTITÀ SACERDOTALE E CELIBATO TRA ORIENTE E OCCIDENTE
      

    Philip Goyret, professore straordinario di ecclesiologia alla Pontificia Università della Santa Croce e vicedecano della stessa, ha tenuto recentemente nell’Ateneo romano una lezione-conferenza sul tema: Identità sacerdotale e celibato tra Oriente e Occidente nell’ambito degli incontri del terzo corso di aggiornamento per giornalisti.

    Ha esordito dicendo che in Oriente c’è il presbiterato uxorato, mentre in Occidente, nella Chiesa latina, non esiste questa possibilità. Fino al Concilio di Trento non vi era l’obbligo ad essere celibi, anche se c’era una relazione di convenienza tra il celibato e il sacerdozio e i ministri venivano "reclutati" tra le persone mature e di provata fede anche tra gli sposati. Non esistevano i seminari, che vennero istituiti proprio con il Concilio di Trento per rendere più preparati coloro che si apprestavano a svolgere un ruolo così delicato per la salvezza delle anime. Nello stesso tempo il medesimo Concilio stabiliva definitivamente l’obbligo del celibato per i sacerdoti.

    Treviso, 15.9.2007: ordinazione sacerdotale, da parte dell'ordinario locale mons. Andrea Bruno Mazzocato, ora arcivescovo di Udine, del religioso paolino don Stefano Stimamiglio.
    Treviso, 15.9.2007: ordinazione sacerdotale, da parte dell’ordinario locale mons. Andrea Bruno Mazzocato,
    ora arcivescovo di Udine, del religioso paolino don Stefano Stimamiglio (foto G. Giuliani).

    Tale posizione venne ribadita dal Vaticano II nel decreto Presbyterorum ordinis (n. 16). E nel Codice di diritto canonico (n. 277) viene sottolineato che «i chierici sono tenuti all’obbligo di osservare la continenza perfetta e perpetua per il regno dei cieli, perciò sono vincolati al celibato che è un dono particolare di Dio mediante il quale i ministri sacri possono aderire più facilmente a Cristo con cuore indiviso e sono messi in grado di dedicarsi più liberamente al servizio di Dio e degli uomini».

    Ciò che Goyret ha messo in evidenza è che l’origine di questo celibato sta nell’identità sacerdotale che si richiama direttamente a Cristo e in particolare a Cristo sacerdote e vittima. Concetti, questi, che coincidono in quanto, nel Sacramento dell’ordine, è insito il sacrificio di Cristo che si autodona in modo totale, esclusivo e per sempre. La stessa dignità ha il Sacramento del matrimonio cristiano dove esistono le stesse caratteristiche di autodonazione esclusiva e totale dei coniugi l’uno per l’altro.

    «Il celibato sacerdotale – ha detto il prof. Goyret – si richiama al rapporto sponsale di Cristo con la Chiesa. Vi è presente quindi quell’elemento escatologico che il presbitero deve testimoniare con la sua vita di come saranno le cose dopo, perché nell’al di là non ci saranno più uomini e donne che si sposano».

    L'abside della chiesa di santa Maria assunta (sec. XVII) di Civita (Cosenza), Eparchia di rito greco-cattolico di Lungro.
    L’abside della chiesa di santa Maria assunta (sec. XVII) di Civita (Cosenza), 
    Eparchia di rito greco-cattolico di Lungro (foto A. Giuliani).

    Il relatore ha messo in evidenza che le origini teologiche del celibato risalgono direttamente alla Scrittura e al Vangelo (Mt 19, 11-12): «Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

    Nelle ultime battute Goyret ha sottolineato l’importanza e la sacralità del celibato anche per la Chiesa d’Oriente, dove il vescovo deve essere necessariamente celibe e dove, una volta ordinato, il sacerdote non può più sposarsi. D’altra parte, pur potendosi sposare prima di essere ordinati, «il celibato dei presbiteri – recita così il Catechismo della Chiesa cattolica – è in grande onore presso le Chiese orientali e numerosi sono i presbiteri che l’hanno scelto liberamente per il regno di Dio».

    Ma chi potrà mai proteggere il dono meraviglioso del celibato nel sacerdozio? Ritengo, più che mai, l’affidamento alla Vergine Maria.

    Carlo Mafera,
    Roma
      

    In merito alla problematica sollevata dal lettore, si consiglia la lettura, oltre che della Sacerdotalis caelibatus (1967) di Paolo VI, di: N. Pederzini, Solo Tu, Esd 2009, pp.190, € 10,00 





      

    ORDINAZIONE DELLE DONNE? «NO, NON È TRA LE QUESTIONI RIFORMABILI»

    28/01/2015  Lo spiega con chiarezza Stella Morra, vice-presidente delle teologhe italiane a FC : "È sbagliato dire che le donne nella Chiesa per contare di più devono essere come gli uomini, cioè avere il sacerdozio. Non è una questione di potere né di quote rosa".

    Nella Chiesa cattolica l’ordinazione delle donne e tantomeno la consacrazione delle donne vescovo non è possibile. Lo dice con chiarezza Stella Morra, vice-presidente delle teologhe italiane e docente alla Pontificia università Gregoriana e al Pontificio ateneo Sant’Anselmo: “Non è tra le questioni riformabili”. 

    Perché?
    “Lo esclude la Lettera apostolica di Giovanni Paolo II, Ordinatio sacerdotalis, del 22 maggio 1994 sull'ordinazione sacerdotale riservata soltanto agli uomini. Qui troviamo esposte in maniera precisa ed esauriente le ragioni teologiche sulle quali il Magistero pontificio basa l'esclusione delle donne dal sacerdozio ministeriale. Per ora vale questo testo”.

    E in futuro?
    “Può darsi che si possa tornare sulla questione. Ma per ora la questione è chiusa dal punto di vista formale. Inoltre c’è il n. 1577 del catechismo della Chiesa cattolica che risponde così alla domanda su chi può ricevere l’ordine sacro: “Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile. Il Signore Gesù ha scelto uomini per formare il collegio dei dodici Apostoli, e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori che sarebbero loro succeduti nel ministero. Il collegio dei Vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino al ritorno di Cristo il collegio dei Dodici. La Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso. Per questo motivo l'ordinazione delle donne non è possibile”.

    Quindi non è una questione di pari opportunità?
    “Assolutamente no. Anzi è sbagliato dire che le donne nella Chiesa per contare di più devono essere come gli uomini, cioè avere il sacerdozio. Non è una questione di potere né di quote rosa, almeno se il ministero sacerdotale è inteso, come dovrebbe essere, come un servizio”.

    Ma le donne devono contare di più nella Chiesa?
    “Ripeto che non è una questione di spazi di potere. Va ripensato il ruolo della donna e va attuato il Concilio. Ma voglio ricordare che le donne hanno già una presenza molto fattiva nella vita della Chiesa. Il problema è che spesso il loro lavoro non appare nel volto pubblico della Chiesa. Tuttavia limitarsi al dibattito sul sacerdozio femminile rischierebbe solo di fornire un alibi e poi di non risolvere niente”.



    Concordiamo con quanto espresso dalla teologa tuttavia... tuttavia cerchiamo di chiarire una frase espressa nell'intervista e che potrebbe generare FALSE PROSPETTIVE    dice la teologa: 
    E in futuro?
    “Può darsi che si possa tornare sulla questione. Ma per ora la questione è chiusa dal punto di vista formale."

    RISPONDIAMO: NO! assolutamente NO! non esiste un punto di vista formale ed uno informale senza compromettere l'intera dottrina....  è un punto NON riformabile! non c'è alcun "può darsi che...." il fatto che si possa tornare sulla questione sarebbe solo per riaffermare la posizione irriformabile della Chiesa. che non è affatto solo una questione FORMALE ma piuttosto altamente TEOLOGICA e DOTTRINALE, insomma è un dogma definitivo e non riformabile, punto! 
    Insomma, famo a capisse....   si tratta di Famiglia S-Cristiana....... Se non lasciano aperta una porta... tradiscono il loro progressismo   





    DIACONESSE, QUANDO RATZINGER E WOJTYLA SBARRARONO LA STRADA ALLE INIZIATIVE AMBIGUE

    Diaconesse, quando Ratzinger e Wojtyla sbarrarono la strada alle iniziative ambigue
     
     
    1. Da taluni Paesi sono pervenute ai nostri Dicasteri alcune segnalazioni di programmazione e di svolgimento di corsi, direttamente o indirettamente finalizzati all'ordinazione diaconale delle donne. Si vengono così a determinare aspettative carenti di salda fondatezza dottrinale e che possono generare, pertanto, disorientamento pastorale.


    2. Poiché l'ordinamento ecclesiale non prevede la possibilità di una tale ordinazione, non è lecito porre in atto iniziative che, in qualche modo, mirino a preparare candidate all'Ordine diaconale.


    3. L'autentica promozione della donna nella Chiesa, in conformità al costante Magistero ecclesiastico, con speciale riferimento a quello di Sua Santità Giovanni Paolo II, apre altre ampie prospettive di servizio e di collaborazione.


    4. Le Congregazioni sottoscritte - nell'ambito delle proprie competenze - si rivolgono, pertanto, ai singoli Ordinari affinché vogliano spiegare ai propri fedeli ed applicare diligentemente la suindicata direttiva.


    Questa Notificazione è stata approvata dal Santo Padre, il 14 settembre 2001.


    Dal Vaticano, 17 settembre 2001


    Joseph Card. Ratzinger
    Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede


    Jorge Arturo Card. Medina Estévez
    Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti


    Darío Card. Castrillón Hoyos
    Prefetto della Congregazione per il Clero
     


    Ecco chi erano le "diaconesse" nella Chiesa primitiva

    La Commissione teologica internazionale ha studiato di recente la questione delle cosiddette “diaconesse” presenti nei primi secoli della Chiesa e ha appurato che non si trattava di donne che avessero ricevuto l’ordine sacro attraverso l’imposizione delle mani, ma di alcune incaricate in modo permanente a compiere determinati servizi, come ad esempio di istruire le donne catecumene (che avevano chiesto di ricevere il battesimo), di sorvegliare la porta durante la liturgia o servizi di carità.
    In particolare avevano l’incarico di aiutare le donne a svestirsi e rivestirsi nella celebrazione del battesimo che a quei tempi si faceva per immersione.
    Non va dimenticato che il termine “diacono” significa “servitore”.
    Sant’Epifanio dice: “Quantunque ci siano nella Chiesa delle diaconesse, tuttavia non sono incaricate di servizi sacerdotali o per servizi simili, ma per sorvegliare sui buoni costumi delle donne”.
    Di diaconesse parla anche San Paolo: “Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cencre: ricevetela nel Signore, come si conviene ai credenti, e assistetela in qualunque cosa abbia bisogno; anch'essa infatti ha protetto molti, e anche me stesso” (Rm 16,1-2). Qui San Paolo parla di una donna che svolgeva funzioni di servizio all’interno della Chiesa.
    Va ricordato che in antico c’erano anche delle sacerdotesse ed episcopesse, ma questi titoli designavano le mogli o le madri dei sacerdoti e dei vescovi, e non avevano alcun titolo di consacrazione. Per questo è insensata la pretesa di alcuni progressisti moderni che vorrebbero dare alle donne l'ordinazione diaconale e far compiere loro gesti liturgici.


     

    ANCHE PAPA FRANCESCO DICE UN CHIARO "NO" AL SACERDOZIO ALLE DONNE   (alleluia!!)

    dall'intervista sull'aereo che lo riportava dalla Svezia, qui la fonte ufficiale:

    Adesso una domanda della televisione svedese: Anna Cristina Kappelin, di Sveriges TV.

    Anna Cristina Kappelin:

    Buongiorno. La Svezia, che ha ospitato questo importante incontro ecumenico, ha una donna a capo della propria Chiesa. Che cosa ne pensa? E’ realistico pensare a donne-preti anche nella Chiesa Cattolica, nei prossimi decenni? E se no, perché? I preti cattolici hanno paura della competizione?

    Papa Francesco:

    Leggendo un po’ la storia di questa zona, dove siamo stati, ho visto che c’è stata una regina che è rimasta vedova tre volte; e ho detto: “Questa donna è forte!”. E mi hanno detto: “Le donne svedesi sono molto forti, molto brave, e per questo qualche uomo svedese cerca una donna di un’altra nazionalità”. Non so se sia vero!... Sull’ordinazione di donne nella Chiesa Cattolica, l’ultima parola chiara è stata data da San Giovanni Paolo II, e questa rimane. Questo rimane. Sulla competizione, non so…

    [domanda della stessa giornalista, fuori campo]

    Papa Francesco:

    Se leggiamo bene la dichiarazione fatta da San Giovanni Paolo II, va in quella linea. Sì. Ma le donne possono fare tante cose, meglio degli uomini. E anche nel campo dogmatico – per chiarire, forse per dare una chiarezza, non soltanto fare riferimento a un documento –, nella ecclesiologia cattolica ci sono due dimensioni: la dimensione petrina, che è quella degli apostoli – Pietro e il collegio apostolico, che è la pastorale dei vescovi – e la dimensione mariana, che è la dimensione femminile della Chiesa. E questo l’ho detto più di una volta. Io mi domando, chi è più importante nella teologia e nella mistica della Chiesa: gli apostoli o Maria, nel giorno di Pentecoste? E’ Maria! Di più: la Chiesa è donna. E’ “la” Chiesa, non è “il” Chiesa. E’ la Chiesa. E la Chiesa sposa Gesù Cristo. E’ un mistero sponsale. E alla luce di questo mistero si capisce il perché di queste due dimensioni: la dimensione petrina, cioè episcopale, e la dimensione mariana, con tutto quello che è la maternità della Chiesa, ma in senso più profondo. Non esiste la Chiesa senza questa dimensione femminile, perché lei stessa è femminile.



     

    [Modificato da Caterina63 02/11/2016 16:57]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 13/01/2017 14:48

    <header>

    Diaconato, informazioni utili. Chi sono i diaconi? Quali i loro compiti? Sette cose da sapere

    </header>

    Informazioni utili sul diaconato: che cos’è? Quando è stato istituito? Come si diventa diaconi? Quali sono i compiti del diacono? Il diacono deve essere celibe? Al diaconato possono accedere le donne? Nella Chiesa antica c’erano le diaconesse?

    Sette domande con altrettante risposte per chiarire uno dei temi tornati di recente al centro dell’opinione pubblica: il diaconato. E il numero scelto – sette – non è casuale in quanto rimanda ai primi sette “diaconi” di cui si parla nel libro degli Atti degli apostoli al capitolo 6. Sia ben chiaro: è una semplice scelta evocativa, in quanto – come si suol dire teologicamente – non c’è catena di successione tra i diaconi attuali e il gruppo dei sette. Ma chi sono oggi i diaconi? E quali i loro compiti? Ecco alcune informazioni utili, proprio nella settimana in cui viene celebrato il Giubileo dei diaconi (27-29 maggio), inserito tra i grandi eventi dell’Anno Santo della misericordia.

    Che cosa è il diaconato?
    Il diaconato è un grado del sacramento dell’Ordine; gli altri due sono il presbiterato e l’episcopato. Può costituire una tappa intermedia verso il sacerdozio (diaconato transeunte, cioè di passaggio) o rimanere un ruolo di “servizio” nella vita liturgica e pastorale e nelle opere sociali e caritative (diaconato permanente). 

    A scanso di equivoci circa i gradi dell’Ordine sacro, vale la pena ricordare quanto viene precisato nel Catechismo della Chiesa cattolica al n. 1554: “Il termine sacerdos – sacerdote – designa, nell’uso attuale, i vescovi e i presbiteri, ma non i diaconi. Tuttavia, la dottrina cattolica insegna che i gradi di partecipazione sacerdotale (episcopato e presbiterato) e il grado di servizio (diaconato) sono tutti e tre conferiti da un atto sacramentale chiamato ‘ordinazione’, cioè dal sacramento dell’Ordine”.

    Ai diaconi, viene chiarito ancora nella Lumen Gentium 29, “sono imposte le mani non per il sacerdozio ma per il servizio”.

    Quando è stato istituito il diaconato?
    Il servizio dei diaconi nella Chiesa è documentato fin dai tempi degli apostoli. Ne parlano anche i padri della Chiesa. Per sant’Ignazio di Antiochia, ad esempio, una Chiesa particolare senza vescovo, presbitero e diacono sembra impensabile. Testimonianze sono pure presenti nei diversi Concili e nella prassi ecclesiastica. Dal V secolo, però, per diversi motivi, il diaconato conobbe un lento declino, finendo con il rimanere solo come tappa intermedia per i candidati all’ordinazione sacerdotale. Il Concilio di Trento (1545-1563) dispose che il diaconato permanente venisse ripristinato, ma tale prescrizione non trovò concreta attuazione.

    Fu il Concilio Vaticano II a ristabilire il diaconato (Lumen Gentium 29).

    Come si diventa diaconi?
    Gli aspiranti al diaconato devono ricevere un’accurata preparazione, a norma del diritto. In molte diocesi il percorso formativo – umano, spirituale, dottrinale e pastorale – dura almeno cinque anni e prevede lo studio teologico, un tirocinio nelle comunità parrocchiali, oltre a incontri di approfondimento. Questo iter non finisce con l’ordinazione. Chi riceve il diaconato, infatti, è chiamato a una formazione permanente, “considerata – sia da parte della Chiesa, che la impartisce, sia da parte dei diaconi, che la ricevono – come un mutuo diritto-dovere fondato sulla verità dell’impegno vocazionale assunto” (Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, n.63).

    Quali sono i compiti del diacono?
    Il ministero del diacono è sintetizzato dal Concilio Vaticano II con la triade “diaconía della liturgia, della predicazione e della carità”, con cui serve “il popolo di Dio, in comunione col vescovo e con il suo presbiterio”.

    Pertanto, il diacono, “secondo le disposizioni della competente autorità”, può “amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, assistere e benedire il matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la Sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali (le benedizioni, ad esempio, ndr), presiedere al rito funebre e alla sepoltura. Essendo dedicati agli uffici di carità e di assistenza, i diaconi si ricordino del monito di S. Policarpo: ‘Essere misericordiosi, attivi, camminare secondo la verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti’” (Lumen Gentium 29).

    Il diacono deve essere celibe?
    Il candidato al diaconato transeunte deve essere celibe e può essere ammesso all’ordinazione solo dopo aver compiuto i 23 anni di età. diaconi permanenti, invece, possono essere ordinati sia tra i battezzati celibi, sia tra coloro che sono già sposati; se però sono celibi, dopo l’ordinazione non possono più sposarsi. Similmente non si può più risposare il diacono rimasto vedovo. Per diventare diacono l’età minima è di 25 anni per i celibi e di 35 per le persone sposate, previo consenso della moglie, in ottemperanza alle disposizioni determinate dalle Conferenze episcopali.

    Al diaconato possono accedere le donne?
    Nella Chiesa cattolica non è previsto un accesso delle donne a questo ministero.

    Papa Francesco riceve in udienza l'Unione internazionale superiori generali. Nella foto con suor Carmen Sammut (Vaticano, 12 maggio 2016)

    Papa Francesco, ricevendo in Vaticano il 12 maggio 2016 l’Unione internazionale delle superiore generali, in risposta alla domanda di una religiosa, ha annunciato di voler “costituire una commissione ufficiale che possa studiare la questione” delle diaconesse, “soprattutto riguardo ai primi tempi della Chiesa”.

    Nella Chiesa antica c’erano le diaconesse?
    Notizie certe circa un diaconato femminile organizzato si hanno per le Chiese d’Oriente. Nel Trattato “Didascalia apostolorum” (“Didascalia degli Apostoli”) si parla delle diaconesse, assegnando loro un ruolo subordinato ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi stessi. Le loro competenze rientravano in servizi di tipo ausiliario, a supporto assistenziale e organizzativo delle comunità cristiane. In ogni caso non si trattava del corrispondente femminile del diaconato maschile (e non si occupavano del servizio all'altare, né dei sacramenti, nota nostra)


    fonte Agenzia SIR

    Ricordiamo anche che: Concluso il viaggio apostolico in Svezia,  durante il volo, nel corso di una conversazione con i giornalisti Papa Francesco ha ribadito che non intende rivedere il “no” della Chiesa Cattolica al sacerdozio femminile, sancito da Giovanni Paolo II con una dichiarazione dogmatica del 1994. “L’ultima parola è chiara: e’ stata data da San Giovanni Paolo II e questa rimane. Questo rimane".





     

    «Io ho le chiavi»

    - Padre Giovanni Scalese

    In un articolo pubblicato ieri su OnePeterFive, Maike Hickson (foto) si chiede: “Potrebbe l’aneddoto raccontato sulla rivista dei Cappuccini essere la chiave per svelare i piani del Papa sull’ordinazione delle donne?”.

    Di che si tratta? Si tratta di un aneddoto narrato tre anni fa (2014) nell’editoriale del numero di aprile della rivista dei Cappuccini svizzeri Ite dal Direttore Fra Adrian Müller. L’originale è in tedesco; non conoscendo il tedesco, vi traduco in italiano la versione inglese della Hickson:Papa Francesco non risiede nell’appartamento pontificio, ma piuttosto nell’albergo del Vaticano [l’Ospizio Santa Marta]. Lí le Guardie [Svizzere] hanno il compito di proteggere il Papa o, talvolta, quando mette la testa fuori dalla porta, andare a prendergli un caffè. 

    Al nuovo Vescovo di Roma non piace fare colazione da solo. Perciò, di solito, si siede ogni volta accanto a qualcuno e incomincia a parlare con lui. In una di tali occasioni, pare che sia avvenuto il seguente incontro:Si dice che Papa Francesco si sia seduto una mattina di fronte a un Arcivescovo e abbia portato il discorso sulla questione del sacerdozio femminile. Poi avrebbe chiesto al suo compagno di tavola che cosa ne pensasse. Quello taceva, non sapendo come rispondere a questa domanda. Dopo un momento di silenzio, si dice che Francesco abbia replicato: “Sí, sí, entrambi i miei predecessori ci hanno chiuso la porta”. 
    Quindi, ridendo, avrebbe detto: “Per fortuna, io ho le chiavi”.

    L’autore dell’editoriale si chiede “quali chiavi il Successore di Pietro effettivamente ha?”. Beh, direi che la risposta sia abbastanza semplice: il Papa ha le “chiavi del regno”, che Cristo ha consegnato a Pietro e ai suoi successori: «A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16:19). Penso che quella del Papa sia stata nulla piú che una battuta sulle proprie prerogative. Anche se, personalmente, non la trovo di buon gusto (sono stato educato all’adagio “scherza coi fanti e lascia stare i santi”). Ma sappiamo che a Papa Bergoglio piace scherzare, e quindi siamo pronti a perdonargli anche una battuta forse un po’ sopra le righe.

    Quel che invece desta qualche preoccupazione è il contesto in cui è stata fatta la battuta: una conversazione, per quanto inter pocula, sul sacerdozio alle donne. Perché scegliere proprio un argomento cosí delicato per fare una battuta che potrebbe essere facilmente fraintesa? In altre occasioni, lo stesso Pontefice ha confermato che su tale questione non c’è spazio per ripensamenti:Sull’ordinazione di donne nella Chiesa Cattolica, l’ultima parola chiara è stata data da San Giovanni Paolo II, e questa rimane. Questo rimane(Conferenza stampa durante il volo di ritorno dalla Svezia, 1° novembre 2016).Allora, perché scherzarci sopra?

    In ogni caso — senza con questo voler fare i musoni che non riescono neppure a capire una battuta, ma solo per mettere i puntini sulle “i” — forse val la pena di chiarire (non certo al Papa, che lo sa bene, ma ai miei lettori) che il “potere delle chiavi” dato da Gesú a Pietro (e solo a lui, a differenza del “potere di legare e sciogliere”, dato anche agli altri apostoli) non è un potere assoluto: è un potere supremo (nel senso che è superiore a qualsiasi altro potere umano), ma non è assoluto (nel senso che non è sciolto da qualsiasi altro potere, avendo sopra di sé l’autorità di Cristo, Capo della Chiesa).

    Ci siamo occupati del “potere delle chiavi” in un recente post, a cui rimandiamo. Qui ci limiteremo a ricordare quanto afferma in proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica:Il “potere delle chiavi” designa l’autorità per governare la casa di Dio, che è la Chiesa. Gesú, il “Buon Pastore” (Gv 10:11), ha confermato tale incarico dopo la risurrezione: “Pasci le mie pecorelle” (Gv 21:15-17). 

    Il potere di “legare e sciogliere” indica l’autorità di assolvere dai peccati, di pronunciare giudizi in materia di dottrina e prendere decisioni disciplinari nella Chiesa. Gesú ha conferito tale autorità alla Chiesa attraverso il ministero degli Apostoli [cf Mt 18:18] e particolarmente di Pietro, il solo cui ha esplicitamente affidato le chiavi del Regno (n. 553).Dunque, il “potere delle chiavi” consiste nell’autorità per governare la Chiesa. Piú avanti il Catechismo aggiunge:Del solo Simone, al quale diede il nome di Pietro, il Signore ha fatto la pietra della sua Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi [cf Mt 16:18-19]; l’ha costituito pastore di tutto il gregge [cf Gv 21:15-17] (n. 881).
    Il Papa, Vescovo di Roma e successore di San Pietro, “è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli” [LG 23]. “Infatti il Romano Pontefice, in virtú del suo ufficio di Vicario di Cristo e di Pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente” [LG 22; cf CD 2 e 9] (n. 882).Dunque, il potere del Papa è “pieno, supremo e universale”, ma non assoluto.

    Il Concilio Vaticano I, che ha definito il dogma del primato del Romano Pontefice (di solito si insiste di piú sull’infallibilità, senza rendersi conto che si tratta solo di un necessario corollario del primato), ha solennemente dichiarato:Se uno dice che il Romano Pontefice ha solo un ufficio di ispezione o direzione, ma non la piena e suprema potestà di giurisdizione su tutta la Chiesa, non solo nelle cose che riguardano la fede e i costumi, ma anche in quelle che riguardano la disciplina e il governo della Chiesa diffusa su tutta la terra; o [se uno dice] che egli avrebbe solo la parte piú importante, ma non tutta la pienezza di questa suprema potestà; o [se uno dice] che la sua potestà non è ordinaria e immediata su tutte e singole le chiese [particolari] e su tutti e singoli i pastori e fedeli: anathema sit (Denzinger-Schönmetzer, n. 3064).

    Siccome però ci furono, soprattutto in Germania, delle interpretazioni errate della suddetta definizione, l’Episcopato tedesco emanò una dichiarazione (gennaio-febbraio 1875), successivamente ratificata dal Papa Pio IX, in cui si precisava la vera natura del primato pontificio:I decreti del Concilio Vaticano non forniscono neppure un’ombra di fondamento all’asserzione, secondo cui il Papa con essi sarebbe diventato un principe assoluto, e anzi, in forza dell’infallibilità, assolutissimo, “piú di qualsiasi altro monarca assoluto nel mondo”. Innanzi tutto, il dominio della potestà ecclesiastica del Pontefice è essenzialmente diverso dal principato civile del monarca; né in alcun modo i cattolici negano la piena e somma potestà del signore di un territorio per quanto riguarda le questioni civili

    Ma inoltre neppure rispetto alle questioni ecclesiastiche il Papa può chiamarsi un monarca assoluto, essendo lui subordinato al diritto divino e obbligato a ciò che Cristo ha disposto per la sua Chiesa. Egli non può mutare la costituzione data alla Chiesa dal divin fondatore, analogamente a quanto fa il legislatore civile che può mutare la costituzione dello Stato. La costituzione della Chiesa in tutti gli aspetti essenziali si fonda sull’ordinamento divino e perciò è immune da ogni arbitraria disposizione umana (Denzinger-Schönmetzer, n. 3114).

    Piú chiaro di cosí! Tornando alla nostra questione (il sacerdozio femminile), essa è appunto uno degli “aspetti essenziali” della costituzione della Chiesa, che nessuno — neppure il Papa — può modificare. Nella malaugurata ipotesi che un giorno un Papa decidesse di cambiare l’attuale disciplina, la sua decisione sarebbe semplicemente nulla; e i Vescovi che imponessero le mani a una donna, non le farebbero altro che una carezza sulla chioma e incorrerebbero nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica (Normae de gravioribus delictis, 21 maggio 2010, art. 5). Per cui, direi di starsene tranquilli, nessuno potrà mai attentare alla costituzione divina della Chiesa.



     


    [Modificato da Caterina63 22/10/2017 16:26]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)