Ci vuole dimestichezza con la Bibbia, cosa questa da insegnare, non il moralismo che non serve a nessuno.
Come dire: ragazzi, ve lo spiego io quello che vuole dire Dio.
Davanti a tale intimità, guardo sconsolato i miei titoli in Teologia e credo d'aver perduto il mio tempo. Ma in un barlume di tenace ortodossia, vorrei precisare che l'argomento in oggetto rientra nel campo della teologia morale: 'moralismo' è come confondere 'comunione' con 'comunismo' e via dicendo per tutti gli '...ismi' di questo mondo. Non mi turba, devo dire, il punto di vista poco allineato col Magistero: è comprensibile. Quello che mi turba è la mancanza di linearità con la personale conversione dell'autore della frase. Ho letto, sia pur non intervenendo, la sua storia personale, condivisa nella sua narrazione così sofferta. Ma, giunti al cruciale bivio nel quale ci si deve confrontare con la Chiesa Madre e Maestra, ecco che si riaccendono insospettati focolai autonomistici in nome della "coscienza" che poi, detto tra noi, altro non è che quel "foro interno" nel quale si deve decidere in un verso piuttosto che in un altro.
Insomma, Gesù è bravo, bello, biondo e buono solo se non mi chiede troppo... In questo caso, c'è la mia coscienza.
S. Tommaso Moro, quando parlava di coscienza, aggiungeva un piccolo aggettivo che la qualificava: retta. Altrimenti non serve a nulla.
E la rettitudine, la si confronta con chi detiene la verità: ci piaccia o meno (mi scuso con i fratelli evangelici) per i cattolici la verità di Cristo è quella che appartiene alla sua chiesa.
Cristo non ha mai nascosto che la fede in Lui sia esente da sofferenze, da imprevisti come quello di un matrimonio andato a male, da corna da portare con l'orgoglio d'un elmo vikingo, da infelici situazioni che coinvolgono figli innocenti.
Come la mettiamo? Accettiamo solo il cristianesimo alla panna?
Invito l'autore a leggersi con quanta delicatezza padre Bernard Haring, uno dei maggiori moralisti del secolo, trattava i casi dei divorziati risposati e si accorgerà di quanta dolcezza è capace la Chiesa nei suoi pastori e nei suoi "poveri laureati in teologia".
Potrebbe arrivare a capire anche che la Chiesa non è padrona dei sacramenti che gestisce e che non può cancellare un unione per il puro capriccio d'un atto arbitrario.
Eppoi, sempre co' 'sto "Matteo divorzista"! Se qualcuno vuole può cercare la vita di Elisabetta Canori Mora, comprendere come per lei "forte come la morte sia stato l'amore". Si può esser lasciati ed essere innocenti: se si vuole, si può creare una nuova famiglia. Si può crescere col dolore di sentirsi figli di secondo letto di questa chiesa così esigente. Si può ascoltare solo la propria coscienza e rifarsi una vita. Oppure si può soffrire, innocenti, in Cristo Gesù che, sulla croce non era né bello né biondo.
Cristo non ci ha mai nascosto il dolore. Solo che, se dovesse arrivare, per favore, prima di ricorrere alla libertà di coscienza, si guardi un attimo a quella croce, a quel costato dal quale, tra sangue e acqua, fluisce l'amore di Dio per noi.
Solo questo, prima di accusare Cristo d'esser duro, la Chiesa una dittatura e i vescovi una banda di sadici pervertiti e moralisti.
Saluti da uno che usa i suoi titoli in Teologia per coprire alcune crepe del muro della sua stanza. Mi costava troppo rifare la tappezzeria e cerco almeno di dare un senso a degli inutili (?) pezzi di carta.
Ciao,
Chisolm