Problemi attuali di mariologia
di GIUSEPPE DAMINELLI
Le virtù teologali nella preghiera del Rosario
Le tre virtù teologali della fede, speranza e carità esprimono l’atteggiamento fondamentale della preghiera del Rosario.
La corona di cinque poste è ogni volta idealmente preceduta da un esordio attraverso il quale il credente si dispone alla recita del Santo Rosario, esprimendo la preghiera di ottenere quelle forze fondamentali dell’esistenza cristiana che la Chiesa chiama ‘virtù teologali’. Di queste San Paolo parla nella prima lettera ai Corinti dove le contrappone, come ciò che è propriamente importante, alle manifestazioni straordinarie dello Spirito Santo: "Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza, la carità, ma la più grande di esse è la carità" (1Cor 13, 13). In esse si esplica la più grande forza dello Spirito e del cuore umano, ma la loro più profonda radice è in Dio. Sono maniere in cui si esprime nell’uomo la ‘virtù’, ossia la perfezione vivente di Dio: la sua santa veracità si fa fede, la sua volontà realizzante speranza; quanto alla carità, a cui Paolo dà il primato, essa è il modo con cui il cuore umano risponde a Colui "che ci ha amati per primo" (1Gv 4, 19).
Il Santo Rosario accresca in noi la fede
Quando Maria attraversò i monti per andare dalla cugina Elisabetta in cerca di una persona a cui poter parlare, questa, ripiena di Spirito Santo, ricevette la giovane parente con parole di amore e dì venerazione: "Beata te che hai creduto, perché si compiranno le cose dette dal Signore" (Lc 1, 45).
Il fatto unico avvenuto in Maria potrebbe farci credere che tutta la sua vita sia intessuta di eventi straordinari; ma con ciò sottovaluteremmo il vero significato profondo della sua esperienza.
La parola di Elisabetta ci chiarisce questa situazione con l’elogio alla sua fede; poiché tale fu la sua grandezza: l’aver creduto e l’essere rimasta fedele alla Parola del Signore fino al termine della sua vita.
La fede è veramente un’esperienza straordinaria. Infatti, non senza una precisa intenzione, il Vangelo racconta come l’Angelo stesso che portò l’annunzio a Maria, andò anche da Zaccaria, il quale, dopo averlo riconosciuto come il messaggero di Dio, pur tuttavia non ha accolto il suo messaggio, così che lo ha reso muto, "perché non aveva creduto alle sue parole" (Lc 1, 20).
Maria invece "ha creduto": si è inchinata davanti a Dio, Signore della storia, sicura che avrebbe mantenuto la sua parola, superando ogni possibilità della natura; ha percorso la via ignota per la quale Dio la chiamava.
Questa via l’ha condotta sempre più attraverso il mistero; perciò Maria di Nazareth ha potuto percorrerla solo con la fede. La fede è dunque il fondamento della nostra esistenza cristiana e si manifesta davanti alla Rivelazione di Dio; deriva anzi dalla stessa origine, poiché la forza nella quale Dio si manifesta a noi ci rende anche capaci di ascoltare la sua Parola e di restargli fedeli.
Non appena la fede vacilla, accade a noi ciò che accadde a Pietro sulle acque: affondiamo. Della fede abbiamo sempre più bisogno, poiché quanto più si avanza nella vita, tanto più occorre un fondamento solido e certo, perché ci rendiamo conto dei nostri limiti e delle nostre debolezze: perciò chiediamo al Signore che "accresca in noi la fede".
Il Santo Rosario fortifichi in noi la speranza
Elisabetta chiama beata la Vergine perché ha creduto, in quanto si sarebbero compiute le promesse annunciate dal Signore: sarebbe diventata Madre del Salvatore per la forza dello Spirito Santo, e in ciò avrebbe trovato il compimento della sua salvezza.
Non le è stato sempre facile sentirsene sicura: quando la Scrittura parla di Maria e di suo Figlio si sente sempre un grande amore, ma anche una certa distanza. La risposta del fanciullo dodicenne nel tempio (cfr. Lc 2, 49), le parole rivolte da Gesú alla Madre alle nozze di Cana (cfr. Gv 2, 4) e quelle con le quali lui risponde a coloro che gli riferiscono che la Madre è alla porta a cercarlo (cfr. Mc 3, 33), quello che dice alla donna che proclama beata sua Madre (cfr. Lc 2, 28) e la sua ultima volontà con la quale la affida al discepolo (cfr. Gv 19, 26): tutto questo lascia intendere qualcosa che, per così dire, allontana Gesù dalla madre, e ogni volta si intravede la possibilità che Maria si senta disorientata dalla condotta di Dio.
Al contrario, la fiducia della Vergine cresce sempre più: ella si lascia guidare dal Signore. Maria ha vissuto fidando interamente nella potenza di Dio, che è capace di portare tutto a buon fine attraverso ogni oscurità e contraddizione.
La speranza è fiducia nella potenza di Dio, poiché egli ci ha promesso che diventeremo uomini nuovi e che la creazione diverrà "un nuovo cielo ed una nuova terra" (Ap 21, 1).
A ciò sembra contraddire l’apparenza delle cose di questo mondo, le circostanze della vita, le opinioni della gente che ci sta intorno, le quotidiane esperienze della nostra limitatezza e del nostro peccato, tutto.
La speranza è il perseverare della fede contro l’evidenza; nonostante tutte le contraddizioni la nuova vita è in noi e Dio la porterà a compimento per quante difficoltà le si oppongano, purché noi fidiamo in Lui. Questo però è difficile, talvolta quasi impossibile. E perciò dobbiamo continuare a pregare che Dio ‘fortifichi in noi la speranza’.
Il Santo Rosario ravvivi in noi la carità
Quando la Sacra Scrittura parla della carità, non dobbiamo mai dimenticare che le sue parole sono di rivelazione. Non solamente essa ci ammaestra su ciò che è già familiare alla nostra natura, ma ci dà notizia di quanto non potremmo sapere da noi: la carità di cui parla ha origine in Dio.
L’Apostolo lo dice chiaramente: "In ciò sta la carità: non nel nostro amore per Dio, ma nell’amore che Egli ha avuto per noi, fino a mandarci il suo Figlio come propiziazione per i nostri peccati" (Gv 4, 10).
Queste parole ci sono così familiari, che non ci rendiamo più conto della loro grandezza. È facile capire che Dio desideri il nostro bene, ma che ci ami fino a darci suo Figlio, dunque se stesso, questo è pura rivelazione.
L’amore di Dio lo porta a sacrificarsi; e non per una oscura necessità, ma nell’assoluta libertà della sua eterna sovranità: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3, 16).
Il messaggio dell’Angelo a Maria era l’ordine di accogliere questo amore nel suo cuore e vivere di esso. In quell’ora è incominciato sulla terra l’Amore cristiano. La risposta che Maria ha dato al messaggio è un trascendimento di se stessa, in virtù della disposizione all’obbedienza: di qui è scaturita la sua felicità – vedi il gaudioso canto di lode che le sale alle labbra al saluto di Elisabetta (cfr. Lc 1, 46-55) – ; ma di qui è sorto anche il suo sacrificio permanente.
Sempre di nuovo la Vergine Maria doveva perfezionare, in Colui che per lei era l’uno e il tutto, la dedizione spontanea di Dio. Il Figlio, secondo la volontà del Padre, le è stato di continuo strappato in quella lontananza di cui abbiamo già parlato, fino all’ultima ora in cui non le è stato più concesso nemmeno d’essere sua madre, allorché Egli le disse: "Ecco tuo figlio" (Gv 19, 26-27).
Il senso della sua vita si è manifestato in questa accettazione, nel continuo persistere, nel crescere sempre più nell’amore. Quando si parla dell’amore per Dio, noi tendiamo inconsciamente a comprenderlo a modo nostro, come compimento e santificazione del nostro amore; in realtà è il compimento dell’amore di Dio, quando noi osserviamo i suoi comandamenti>> (cfr. 1Gv 5, 3).
L’amore rimane poi sempre obbedienza; solo che quest’obbedienza, che da principio era forzata, si fa sempre più libera e lieta.
Di qui sorge il vero significato della nostra esistenza: che in essa la volontà di Dio conti più della nostra propria. Le parole della lettera ai Romani ci fanno intravedere come ciò sia da intendere: "Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né virtù, né cose attuali né future, né potestà, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà separarci dall’Amore di Dio in Cristo Gesù Signore Nostro" (Rm 8, 38-38).
È su questi parametri che nella preghiera del Santo Rosario, meditando i misteri di Cristo e l’intima partecipazione ad essi della Vergine Maria, è come se noi chiedessimo al Signore di accrescere in noi fede, fortificare la speranza e ravvivare la carità.
Giuseppe Daminelli