DIFENDERE LA VERA FEDE

BASTA CON LE BUGIE!!!!

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    Caterina63
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    00 19/12/2009 02:15
    BASTABUGIE Nr.119 del 18-12-09

    www.facebook.com/note.php?note_id=249787295672&id=181249433...

    Indice:

    1. COPENHAGEN 1: LA CHIESA SOSTIENE CHE IL PRIMO NEMICO DELL’AMBIENTE E' L'ATEISMO
    di Riccardo Cascioli

    2. COPENHAGEN 2: IL PAPA E' D'ACCORDO CON GLI ECOLOGISTI? CERTO CHE NO (CHE CHE SE NE DICA...)
    di Mimmo Muolo

    3. INNALZAMENTO DEGLI OCEANI CAUSATO DALLO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCI POLARI? FORSE NEI FILM, LA SCIENZA DICE DI NO
    di Lamberto Paggi

    4. TRE ARGUTE RIFLESSIONI SUL REFERENDUM SVIZZERO CONTRO I MINARETI
    da I Tre Sentieri

    5. EVOLUZIONISMO, IL TRAMONTO DI UN'IPOTESI: VIETATO CRITICARE DARWIN ORMAI DIVENTATO UN DOGMA (ANTISCIENTIFICO)
    di Roberto de Mattei

    6. IN CHE ANNO E' NATO GESU' DI NAZARETH? FRA IL 7 E IL 4 A.C.
    di Vitaliano Mattioli

    7. IL FILM DEL 2009 CHE DIFFICILMENTE VEDRETE IN ITALIA: POPIELUSZKO, IL CAPPELLANO DI SOLIDARNOSC
    di Gianluca Arnone

    8. MAGDI ALLAM: ECCO IL SIMBOLO DEL MOVIMENTO POLITICO "IO AMO L'ITALIA"
    da Avvenire

    9. OMELIA PER LA IV DOMENICA TEMPO DI AVVENTO - ANNO C - (Lc 1,39-45)
    di Padre di Mariano Pellegrini

    [SM=g1740730]

    1- COPENHAGEN 1: LA CHIESA SOSTIENE CHE IL PRIMO NEMICO DELL’AMBIENTE E' L'ATEISMO

    di Riccardo Cascioli

    Davanti alle sfide poste dai problemi ambientali la strada da seguire è quella dello sviluppo solidale. È l’affermazione cruciale ribadita domenica da Benedetto XVI al termine dell’Angelus, con riferimento al vertice di Copenhagen sul clima che si è aperto ieri. Essa sottolinea con forza la centralità dell’uomo – come soggetto e come fine – in ogni questione sociale, compresa quella dell’ambiente. La Chiesa preferisce parlare di sviluppo solidale, anziché sostenibile, perché quest’ultimo è un concetto che si presta ad alcune ambiguità, mentre l’interesse prioritario e non negoziabile dei cattolici è promuovere la dignità di ogni persona umana, incluse quelle che devono ancora nascere.

    La solidarietà, legata al tema dello sviluppo, implica il riconoscimento dell’appartenenza di tutti all’unica famiglia umana e la pari dignità di ogni essere umano. Non si può dunque sacrificare lo sviluppo di alcuni per salvarne altri, né a maggior ragione si può sacrificare alcuni nel nome di priorità «ambientali».

    Anche perché, oltre che essere immorale, questa visione ha già dimostrato nella storia la sua logica perversa, in quanto generatrice di conflitti.

    Il tema della solidarietà fra gli uomini e fra questi e la natura conduce a una seconda parola non casualmente usata dal Papa: il creato. Rispetto al termine ambiente – che può essere interpretato in contrapposizione all’uomo o almeno come "altro" dall’uomo –, creato implica una visione positiva della realtà e dell’uomo, che affonda le radici nell’esistenza di un Creatore da cui tutto dipende.
    La terra non è un organismo autonomo che reagisce alle aggressioni come il corpo umano fa con i virus, ovvero con la febbre (non si parla forse spesso di «febbre del pianeta» per descrivere il riscaldamento globale?), ma è dono di Dio all’uomo. L’uomo non solo è parte del Creato, ma è la prima tra le creature.

    Esiste cioè una gerarchia ontologica tra l’uomo e gli altri esseri viventi. D’altro canto, proprio perché è creatura l’uomo deve rendere conto al Creatore: la superiorità sulle altre creature non è disponibilità assoluta, ma è una responsabilità davanti ai propri simili e a Dio.

    La dottrina sociale della Chiesa usa una formula semplice per esprimere questo concetto: la natura è per l’uomo, ma l’uomo è per Dio.
    L’insistenza del Papa su questi punti non è casuale perché spesso, quando si parla di ambiente, da alcune frange del movimento ecologista viene un rimprovero al cristianesimo che, col suo antropocentrismo, sarebbe addirittura una concausa dei disastri ambientali. Il problema del corretto rapporto con la natura è invece di natura morale, ovvero di come l’uomo gioca la sua libertà nel collaborare alla Creazione (cfr. Laborem Exercens, n.25): se segue il progetto di Dio rende la Creazione più bella e più umana; se invece persegue il proprio progetto, «sfigura» la Creazione.

    È proprio per questo che, parlando al clero di Bressanone il 6 agosto 2008, Benedetto XVI sosteneva che il primo nemico dell’ambiente è l’ateismo: «Il consumo brutale della Creazione inizia dove non c’è Dio, dove la materia è ormai soltanto materiale per noi (…). E lo spreco della Creazione inizia dove (…) non esiste più alcuna dimensione della vita al di là della morte». E ancora, nella Caritas in Veritate spiega che «l’uomo può responsabilmente utilizzare [la natura] per soddisfare i suoi legittimi bisogni –- materiali e immateriali – nel rispetto degli intrinseci equilibri del creato stesso. Se tale visione viene meno, l’uomo finisce o per considerare la natura un tabù intoccabile o, al contrario, per abusarne».
    In questa prospettiva si inserisce anche il richiamo a stili di vita sobri. La sobrietà non consiste nell’usare poco, ma nell’usare secondo le giuste finalità. O, come esortava il Papa domenica, «a rispettare le leggi poste da Dio nella natura».

    Riccardo Cascioli
    Fonte: Svipop, 9-12-2009

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    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 19/12/2009 02:16
    2- COPENHAGEN 2: IL PAPA E' D'ACCORDO CON GLI ECOLOGISTI? CERTO CHE NO (CHE CHE SE NE DICA...)

    di Mimmo Muolo


    È una sorta di compendio del magistero del Papa sui temi ambientali, quello che Benedetto XVI ha detto domenica dopo l’Angelus. Un compendio, sottolinea monsignor Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, che «in poche righe spiega la specificità della posizione del Santo Padre e della Chiesa sulle questioni che verranno trattate a Copenhagen». Monsignor Migliore sarà nella capitale danese a partire da lunedì prossimo, per guidare la delegazione vaticana alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Ma intanto, al telefono da New York, commenta per Avvenire le parole del Pontefice.
    IN CHE COSA CONSISTE LA SPECIFICITÀ ALLA QUALE LEI SI RIFERISCE?
    Soprattutto il vocabolario usato dal Papa. Benedetto XVI non parla di ambiente, ma di creato, non usa il verbo difendere, ma salvaguardare. E mette l’accento sulla «dimensione morale della vita umana». Le differenze sono sostanziali rispetto a certi movimenti ecologisti.
    IN CHE SENSO?

    Parlare di creazione pone la questione nella giusta prospettiva, poiché ricorda a tutti che l’ambiente è un dono di Dio. Dunque non si tratta di difenderlo da un nemico, in molti casi identificato con l’uomo, ma di salvaguardarlo così come Dio stesso ha voluto quando ha affidato proprio all’uomo questo compito. E qui, infatti, il Santo Padre richiama la dimensione morale dell’agire umano nei confronti del creato.

    BENEDETTO XVI PARLA ANCHE DI UN POSSIBILE COLLEGAMENTO TRA SVILUPPO E RISPETTO DELLA CREAZIONE. DUNQUE QUESTE DUE ESIGENZE NON SONO DI PER SÉ ANTITETICHE.

    Direi proprio di no. Anzi è lo sviluppo che ci aiuta a contenere i fenomeni climatici. Pianificare investimenti ecologici sottraendo fondi allo sviluppo significa probabilmente non favorire né la salvaguardia del creato, né lo sviluppo stesso. A tutto svantaggio dei poveri e delle generazioni future che sono invece centrali nel discorso del Papa.

    E QUESTO, CONCRETAMENTE, IN RELAZIONE AI CAMBIAMENTI CLIMATICI, COME SI CONIUGA?

    Il clima sulla terra cambia da millenni. E da sempre gli uomini, gli animali e le piante hanno dovuto adattarsi. Lo sviluppo serve proprio a questo. Ad esempio a far sì che nelle zone di siccità possano essere realizzate opere di canalizzazione dell’acqua. O che in quelle che subiscono frequenti inondazioni, la forza degli elementi non provochi danni eccessivi. Anche la tecnica di costruzione delle case può aiutare a creare ambienti isolati dal freddo o dal caldo, in modo da non dover consumare grandi quantità di energia per questi fini. Sviluppo e salvaguardia del creato non sono nemici, ma anzi grandi alleati.

    DA COPENAGHEN CHE COSA È LECITO ATTENDERSI?

    Probabilmente si arriverà a un accordo politico di base per il futuro. Personalmente sarei contento se dai lavori emergesse la convinzione che queste non sono solo questioni tecniche. Riduciamo di un tot per cento l’emissione di gas serra, stabiliamo gli investimenti e chi li paga e va bene così. Occorre invece puntare di più sulla dimensione morale, coinvolgendo non solo i tecnici, ma gli stili di vita di tutti. Prendersi cura delle foreste, della qualità dell’aria e dell’acqua, costruire abitazioni compatibili e non solo speculare sull’edilizia. Insomma creare una cultura dell’ambiente.
    IL MAGISTERO «VERDE» DI BENEDETTO XVI AIUTERÀ IN QUESTO SENSO?
    Me lo auguro. In effetti molti sostengono che egli sia un «Papa verde». Una definizione che trovo un po’ riduttiva. Ciò che sta a cuore al Santo Padre e alla Chiesa è fornire motivazioni alla politica, perché le decisioni tecniche siano ispirate proprio ad una accresciuta cultura del rispetto e della promozione del creato.

    Mimmo Muolo
    Fonte: Svipop, 9-12-2009

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    3- INNALZAMENTO DEGLI OCEANI CAUSATO DALLO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCI POLARI? FORSE NEI FILM, LA SCIENZA DICE DI NO

    di Lamberto Paggi

    La valutazione di un possibile prossimo e catastrofico innalzamento del livello degli oceani conseguente al graduale scioglimento dei ghiacci dovuto ad una supposta futura fase di riscaldamento della Terra, richiede l’analisi dei principali elementi che potrebbero giocare un ruolo nel fenomeno.

    GLI ICEBERG

    Come noto, essi consistono in grandi piattaforme di ghiaccio e neve, vaganti come isole galleggianti per i mari polari, talvolta ancorate fra loro o anche a terre vicine più fredde. Mentre la porzione sommersa di esse è, in genere, formata da ghiaccio compatto, quella sporgente dall’acqua può essere costituita da ghiaccio più leggero, ancora in formazione, di neve in assestamento sino a quella appena caduta.
    Queste masse galleggianti, nel loro peregrinare, obbediscono come noto al Principio generale di equilibrio dei corpi immersi in un liquido (di Archimede) che assicura loro una forza di sostentamento pari al peso del liquido spostato.

    Assumendo per il ghiaccio, che pesa meno dell’acqua, un peso specifico medio di circa 0,9 chilogrammi per decimetro cubo, un iceberg di 100 metri di altezza, galleggerà nel mare posizionandosi con una porzione di 90 metri sommersa e con il resto di 10 sporgente dall’acqua. La sua posizione verticale sarà infatti stabilita dall’equilibrio tra la spinta in su dei 90 m. dell’acqua spostata e il peso dell’iceberg, i 100 m. x 0,9 = 90 m. equivalente.
    All’aumentare dello spessore degli iceberg che è maggiore in prossimità dei poli, arrivando sino a due chilometri e oltre, il rapporto tra l’altezza sommersa e quella emergente non muta, 90 % sotto e 10% fuori dal livello del mare, per cui si comprende la grande difficoltà incontrata, prima dell’avvento del radar e specialmente di notte, dalle navi maggiori nell’individuare ed evitare questi enormi ostacoli, ovviamente non indicati sulle carte nautiche.

    La loro visibilità è maggiore, se la loro parte emergente è formata anche da neve che pesando meno (sino ad un decimo dell’acqua) arriva a quote più elevate, per l’iceberg precedente, di 30/50 m.
    Quando un iceberg, nel suo peregrinare, perviene in acque meno fredde, la prima parte a soffrirne, ovviamente, è quella sottostante a diretto contatto con l’acqua. Cominciano così a liquefarsi gli strati più esterni del ghiaccio sommerso che, non sostenendo oltre gli strati superiori, li lascia crollare fragorosamente, per murate successive. Le immagini di questi crolli, evocando nell’animo umano il timore di distruzioni apocalittiche, sono utilizzate con successo dagli allarmisti. Per fortuna, le cose nella realtà vanno meglio: lo scioglimento della parte sommersa dell’iceberg, in base alle considerazioni fatte in precedenza, restituisce al mare soltanto la propria quantità di acqua (pari al 90 % del suo volume) e a quel punto, se il livello marino potesse essere misurato senza consentire apporti di liquido dall’esterno e se la porzione emergente del ghiaccio potesse esser momentaneamente sostenuta al di sopra del livello del mare, esso risulterebbe inferiore a quello preesistente e, per l’iceberg alto 100 m.,indicato prima, il livello sarebbe più basso di ben 9 metri, recuperabili solo sciogliendo il ghiaccio del cappello (10m x 0,9 = 9 m.).

    Più in generale, quando nell’ambito dell’equilibrio tra corpi sommersi e liquidi circostanti (principio di Archimede), sia il corpo sommerso che il liquido sono composti solo d’acqua, né il formarsi del ghiaccio né il suo scioglimento influenzano il livello circostante. La verifica ( v. raccolta esperimenti curiosi di Fisica) si ottiene inserendo un cubetto di ghiaccio in un bicchiere che si riempie quindi d’acqua sino all’orlo: dopo qualche minuto, il bicchiere sarà pieno d’acqua senza che una sola goccia sia riuscita a tracimarne le pareti!

    L’ANTARTIDE

    Il polo sud del nostro pianeta è occupato da un grande continente disabitato. A causa della inclinazione dell’asse terrestre rispetto al sole, esso non vede mai il sole e, per questo, è molto più freddo del polo nord che almeno usufruisce quasi sempre di una fioca illuminazione solare. In entrambi i casi, si tratta comunque di raggi solari radenti di inclinazione prossima all’orizzontale, di scarsissimo impatto termico e che, per quanto riguarda l’Antartide, arrivano a lambirla al massimo per 10 – 20 giorni ogni anno. La sua superficie, quasi quattro volte più grande dell’Artide e prevalentemente rocciosa, nei secoli ha accumulato una coltre di ghiaccio, alta spesso due km e più, caratterizzata da temperature ben al di sotto al punto di congelamento, variabili tra i 40 e i 90 °C sotto zero! Tutto attorno all’Antartide, una superficie di pari grandezza è occupata da una fitta rete di iceberg a temperature gradatamente meno rigide allontanandosi dal polo.

    Il timore di una possibile sopraelevazione del livello degli oceani conseguente, nel volger del secolo, al liquefarsi di una consistente quantità di ghiacci del deposito antartico, dovuto al riscaldamento globale originato da eccessiva quantità di CO2 prodotta dall’uomo, non appare fondato.

    Prima di tutto, per portare il ghiaccio al punto in cui il suo processo di fusione può iniziare, esso va riscaldato per liberarlo dal freddo che lo imprigiona; per far ciò, ogni chilogrammo di esso richiederebbe 40/90 calorie a seconda del suo stato. Un calore di dimensioni inimmaginabili che non si vede né dove prendere né come trasmettere.

    Come visto sopra infatti, i fattori di possibile effetto termico sui poli ed in particolare sul polo sud sono tutti di natura rigidamente astronomica e pertanto del tutto indipendenti da ogni influenza umana o terrestre.

    Anche gli iceberg sembrano disposti a difesa dei ghiacci del sud e solo quando si staccano, andando alla deriva attraverso gli oceani, offrono alle correnti calde in olocausto i loro corpi sommersi mentre, i ghiacci dell’Antartide, ben ancorati alla terra ferma, attendono l’attacco del caldo a domicilio.
    Sulla base delle considerazioni su esposte, non appare fondato il timore diffuso fra tante popolazioni rivierasche di pericolosi innalzamenti dei mari e perfino della scomparsa di intere isole e città; quanto qui esposto dunque può servire a rasserenare un po’ tante persone ingiustamente preoccupate.

    Lamberto Paggi
    Fonte: Svipop, 11-12-2009

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    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 19/12/2009 02:18
    4- TRE ARGUTE RIFLESSIONI SUL REFERENDUM SVIZZERO CONTRO I MINARETI

    da I Tre Sentieri

    Il recente referendum riguardante la costruzione dei minareti sul territorio svizzero ci spinge a fare qualche riflessione. Lo facciamo perché siamo convinti che l’esito di questo voto non solo non sia preoccupante (come è stato invece affermato da più parti), ma addirittura interessante e pieno di speranza. Le riflessioni che faremo sono tre.

    PRIMA RIFLESSIONE

    Si è detto – ed è vero - che ciò che ha spinto la maggioranza degli svizzeri a votare contro la costruzione di nuovi minareti sia stata la preoccupazione che venisse intaccato il “volto” del tipico paesaggio svizzero: paesini di montagna con campanili e non certo con le torrette delle moschee. Ora, andando ad analizzare una motivazione di questo tipo, ci sembra che essa ci fornisca degli elementi molto interessanti che smentiscono tante impostazioni sociologiche dominanti. La Svizzera è uno Stato con una ricchezza procapite più che buona, così come il tasso di alfabetizzazione è al 99%. Solitamente si crede che la ricchezza porti alla secolarizzazione e un alto tasso culturale ad una prospettiva laicista e relativista. Ebbene, un simile risultato smentisce totalmente queste convinzioni. Il popolo svizzero – ricco e istruito - ha votato affinché l’identità culturale del territorio non andasse perduta. Un’identità indiscutibilmente legata alle radici cristiane. Insomma, tale voto ha fatto capire che l’affezione identitaria è tutt’altro che rimuovibile dalla natura umana e che questa non si riduce solo alla promozione e salvaguardia di qualche uso e costume (o addirittura di qualche semplice ricetta gastronomica locale), ma a qualcosa di più: ad un sistema valoriale e di giudizio che va ben oltre il vivere nel momento presente ma che invece riconduce al destino eterno.

    Dire no ai minareti ha significato implicitamente dire di sì ai campanili, nella convinzione cioè che non è possibile conservare un’affezione alla propria terra che non sia anche affezione alla storia della propria terra e alle scelte culturali e religiose dei propri padri. Riguardo a questa motivazione c’è stato chi da parte cattolica ha storto il naso, obiettando: si è trattato di una difesa di tipo formale a cui non corrispondono scelte concrete nella propria vita, infatti il popolo svizzero è anch’esso molto secolarizzato. E’vero: si tratta di una scelta formale, che non certo risolve il problema dell’evangelizzazione. Ma – attenzione - si tratta di una scelta che fornisce una speranza.

    Sapere che chi non è più praticante (o lo è a fasi alterne) decida comunque di difendere le radici cristiane del proprio territorio non risolve certo il problema più importante (che è quello della Vita di Grazia), ma fa capire ancora meglio quanto la missione evangelizzatrice (in questo caso dovremmo dire ri-evangelizzatrice) sia non solo urgente ma anche capace di avere successo. Nell’uomo di buon senso – anche se pieno di cose e tutto concentrato in una sorta di ateismo pratico- rimane sempre il desiderio di rispondere seriamente alla propria vita e di trovare questa risposta non in una dimensione astratta ma dentro la sua vita, in mezzo ai suoi luoghi cari, nelle sue abitudini, in quello che incontra ogni giorno, nella sua storia quotidiana.


    SECONDA RIFLESSIONE

    La motivazione della salvaguardia del paesaggio è stata importante ma non determinante. Dagli studi effettuati sul voto si è visto che sono state soprattutto le donne a dire no alla costruzione di nuovi minareti (cfr.Libero del 2 dicembre scorso). Seguiteci in questo ragionamento. Nel 1948 a salvare l’Italia dalla sovietizzazione fu soprattutto il voto femminile, ciò perché le donne furono più sensibili alle indicazione dei parroci. Infatti, il Partito Comunista Italiano era prima favorevole alla concessione del voto alle donne poi fece marcia indietro, ben sapendo che questo voto sarebbe stato più “cattolico”. Ciò, tutto sommato, è ancora adesso. Basta prendere in considerazione il fatto che le messe festive (e ancor più quelle feriali) sono soprattutto seguite dalle donne. Ebbene, in questo caso in Svizzera si è verificato un fatto in contro-tendenza. Sappiamo che la Chiesa svizzera aveva auspicato un altro tipo di risultato. Qualche vescovo aveva anche insistito sul voto a favore della costruzione dei minareti, per cui ci sarebbe aspettato che il voto femminile fosse stato più su questo versante.

    E invece no: le donne hanno votato in modo contrario. Ciò ci fa capire che alla base del recente referendum abbia giocato non poco il fattore anti-islamico. Le donne sono le più preoccupate dell’islamizzazione dell’Occidente, proprio perché sanno bene quanto il genere femminile paghi prezzi inauditi a quella cultura religiosa. Ora, non solo ciò non deve preoccupare, piuttosto dovrebbe muovere ad un senso di umiltà. Si sa che tra l’uomo e la donna esiste una profonda differenza psicologica, ed è proprio questa differenza a far sì che uomo e donna si completino a vicenda.

    Ora, se l’uomo è certamente più portato ai grandi ragionamenti analogici e concettuali, la donna è certamente più portata ad una conoscenza simbolica ed intuitiva. La prima conoscenza è, sì, più incontrovertibile ma più lenta; la seconda è più vulnerabile ma più rapida. Ecco perché, quando si tratta di pericoli incombenti, la donna, a differenza dell’uomo, riesce con più facilità a mettere in guardia. E’ un dono della Provvidenza per il fatto che ella è chiamata ad essere madre e quindi a immediatamente proteggere il frutto del suo grembo.

    TERZA E ULTIMA RIFLESSIONE

    Molti hanno detto che il recente voto del referendum svizzero può mettere a serio rischio la speranza che i Paesi islamici si aprano alla prospettiva di costruzione di nuove chiese cristiane. Ci sembra che tale obiezione sia un po’ debole e diciamo subito il perché. Prima di tutto non ci risulta che l’enorme disponibilità alla costruzione di nuove moschee nei Paesi occidentali abbia dato frutti positivi per quanto riguarda la cosiddetta “reciprocità”. Secondo, un tale risultato potrebbe alla distanza comportare effetti positivi e non negativi. Chi studia le religioni sa che esse hanno specifiche “psicologie”. La “psicologia” islamica ha caratteristiche particolari fra cui il fascino nei confronti della difesa della propria identità. Ora, se al fedele musulmano ci si mostra disposti a svendere la propria identità cristiana, questi, invece di avvicinarsi amichevolmente, può iniziare a nutrire profonda disistima nei confronti dell’interlocutore (anche se non lo dà a vedere per ovvie ragioni strategiche), convincendosi ancora di più nelle sue scelte. Egli pensa: se i cristiani sono disposti a questo, vuol dire che non ci credono proprio! Altra cosa, invece, se il dialogo lo si fa con decisione, fermezza e affezione per le proprie ragioni... allora sì che il musulmano potrebbe iniziare a mettersi in discussione.

    Articolo non firmato
    Fonte: I Tre Sentieri, 5 dicembre 2009


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    5- EVOLUZIONISMO, IL TRAMONTO DI UN'IPOTESI: VIETATO CRITICARE DARWIN ORMAI DIVENTATO UN DOGMA (ANTISCIENTIFICO)

    di Roberto de Mattei

    Non mi sembra che l’anno darwiniano si stia concludendo nel clima di trionfalismo che certi superevoluzionisti avevano auspicato. In questi giorni i principali quotidiani italiani danno atto, infatti, dell’esistenza, all’interno della comunità scientifica, di un forte dibattito che va ben al di là delle mura del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

    Tutto ha preso inizio da un Workshop internazionale sull’evoluzionismo da me promosso lo scorso 23 febbraio presso l’ente di cui sono attualmente vicepresidente. Mi sia permesso di ricordare i nomi dei partecipanti a quell’incontro, tutti studiosi di diverse nazioni e discipline: Guy Berthault, membro dell’associazione Internazionale dei sedimentologi; Jean de Pontcharra, ricercatore in nano-elettronica all’Università di Grenoble; Maciej Giertych, membro dell’Accademia polacca delle scienze; Josef Holzschuh, ricercatore di Geofisica alla University of Western Australia; Hugh Miller, chimico, dottore alla Ohio State University; Hugh Owen, presidente del Kolbe Center negli Stati Uniti; Pierre Rabischong, professore emerito dell’Università di Montpellier; Josef Seifert, rettore dell’International Academy for Philosophy del Liechtenstein; Thomas Seiler, dottore in fisico-chimica all’Università di Monaco; Dominique Tassot, Direttore del Centre d’Etudes et de Prospectives sur la Science; Alma von Stockhausen, presidente della Gustav-Siewerth-Akademie.

    Gli atti di quel convegno sono stati pubblicati a novembre dall’Editore Cantagalli, con il titolo “Evoluzionismo. Il tramonto di un’ipotesi” (pp. 192, euro 17,00). Quanto è bastato per suscitare le ire di Marco Cattaneo, direttore della rivista “Le Scienze”, di Marco Ferraguti, presidente della Società dei biologi evoluzionisti, e del filosofo della scienza Telmo Pievani.

    Quest’ultimo, ha dedicato ben nove pagine sulla rivista “MicroMega”, per irridere e insolentire un libro che, per sua ammissione, non aveva letto. Nel suo articolo Pievani si è spinto a chiedere la mia rimozione dal CNR affermando che “chi nega una realtà comprovata non dovrebbe ricoprire cariche che implicano un’influenza sull’opinione pubblica o sulla gestione di enti pubblici” (p. 115). Ma qual è la “realtà comprovata”? Forse è quella che dà il titolo al più recente pamphlet dello stesso Pievani: “Creazione senza Dio”? Un libro in cui egli auspica che al reato di “vilipendio della religione” si sostituisca quello di “diffamazione della scienza” (p. 102)? Pievani accusa il “creazionismo” di spacciare per scienza un contenuto di fede. Ma cosa fa lui, se non spacciare per scienza, la sua negazione non della fede, ma dei principi evidenti della ragione. E’ più “evidente” per l’intelletto umano affermare che Dio esiste, piuttosto che ritenere che l’uomo discenda dalla scimmia, come si ripete acriticamente da Darwin in poi.

    Però la prima affermazione è declassata a opinione “fideistica”, la seconda elevata a verità assoluta. L’attacco di Pievani si inserisce non a caso in un virulento numero monografico contro Benedetto XVI, “Il Papa inquisitore”, come lo definisce il direttore della rivista Paolo Flores d’Arcais nel titolo del suo articolo di apertura (pp. 5-22). In quest’articolo si critica la “volontà di anatema” (p. 6) e l’“intransigenza dogmatica di questo inquisitore postmoderno” (p. 18) che “vuole imporre al mondo la verità della sua Chiesa, cattolica apostolica romana, nell’intero orizzonte etico-politico” (p. 13).

    Dal fascicolo di “MicroMega” emerge però l’esistenza di un’altra chiesa, quella evoluzionista, ben più censoria e inquisitoria di quella di cui oggi è capo Papa Ratzinger. Benedetto XVI dialoga infatti con gli evoluzionisti, tollerando perfino che ricoprano alte cariche nei dicasteri pontifici, mentre i fanatici dell’evoluzionismo, non riservano che sprezzo e irrisione a chi non condivide il loro “Verbo”. Non è questo l’atteggiamento tipico di chi ha paura di misurarsi sul terreno delle idee, perché è consapevole della inconsistenza delle proprie ragioni? Gli anni passano, le prove non arrivano e l’evoluzionismo appare sempre di più, non una teoria scientifica, ma una mera opzione filosofica anticreazionista.

    La teoria dell’evoluzione rappresenta infatti la radicale negazione di ogni verità metafisica, a cominciare dall’esistenza di un Dio creatore dell’universo, in nome di una scienza che rinuncia ad esercitare il metodo scientifico per farsi filosofia. C’è la cristofobia di chi vuole svellere le radici cristiane d’Europa e cancellare ogni traccia di identità cristiana dei luoghi pubblici, ma c’è anche la teofobia di chi vuole sradicare, se mai fosse possibile, ogni traccia del divino dalla natura e dalla vita dell’uomo. Era una caratteristica dell’evoluzionismo marxista, lo è oggi dell’evoluzionismo “post moderno”.

    Gli evoluzionisti credono di essere “anticreazionisti”, ma di fatto, essi trasferiscono l’azione creatrice da Dio alle creature, senza uscire dal vituperato “creazionismo”. Cos’è infatti la cosiddetta trasformazione delle specie se non un’“auto trasformazione” che implica la capacità della materia di “auto-crearsi”? Il materialismo evoluzionista attribuisce di fatto un potere creatore alle creature, espropriate del loro primo principio e del loro ultimo fine.
    Chi ha la capacità di auto-trasformarsi ha una capacità creatrice: le proprietà che vengono negate a Dio vengono attribuite alla materia, eterna, infinita, “pensante” e assolutamente “libera”, perché non determinata da altri che da se stessa: in una parola divina.

    In realtà nessun esperimento né argomento razionale è in grado di provare che una creatura possa autodeterminare la propria natura. Né una molecola di materia inerte, né una cellula vivente è in grado di “pensarsi”, di “crearsi” e di “superarsi”. La creazione, che è produzione di una realtà secondo tutta la sua sostanza, senza alcun presupposto, creato da altri, o increato che sia, si impone a chi voglia esercitare la ragione, come una “realtà scientifica”, o, se si preferisce, come una verità razionale radicalmente incompatibile con la fantasia evoluzionista.

    Un’ultima considerazione. L’articolista del Corriere della Sera tenta di isolarmi all’interno del CNR. Ma il presidente dell’Ente, prof. Luciano Maiani, che è uno scienziato serio, che crede nella libertà della ricerca, lo ha ripreso in questi termini: “Il carattere aperto della ricerca intellettuale” e la “personale contrarietà a ogni forma di censura delle idee” per me e per il Consiglio nazionale delle ricerche non sono un “contentino”, come afferma l’articolo (del Corriere della Sera), ma valori fondanti, coerenti con la civiltà del nostro Paese. Con l’occasione intendo ribadire con forza – al di là delle diverse posizioni culturali – i rapporti di stima, amicizia e proficua collaborazione che mi legano al Vice Presidente, Prof. Roberto de Mattei” (Dichiarazione del 1 dicembre 2009).

    Roberto de Mattei
    Fonte: Il Foglio del 2/12/2009

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    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 19/12/2009 02:21
    6- IN CHE ANNO E' NATO GESU' DI NAZARETH? FRA IL 7 E IL 4 A.C. [SM=g1740733]

    di Vitaliano Mattioli

    Il 25 dicembre è ormai il giorno consacrato alla nascita di Cristo.
    Secondo Ippolito Romano Gesù nacque proprio il 25 dicembre. (...)
    Per quanto riguarda l'anno il problema è più complesso.
    Come si fa a determinarlo con esattezza?
    Abbiamo due avvenimenti come punti di riferimento: la morte di Erode il Grande ed il censimento di Quirinio.
    All'inizio la datazione storica si faceva partire dalla presunta data della fondazione di Roma. Si chiamava 'anno zero'. Per questo si usava sempre aggiungere: Ab Urbe Condida (a. U. c., dalla fondazione di Roma).

    Il monaco scita Dionigi il Piccolo (chiamato così per la sua umiltà, morto nel 526 d.C.) pensò invece di rapportare il computo della datazione sulla nascita di Cristo, distinguendo così la cronologia in due grandi periodi: Ante Christum Natum (a. C. n., prima della nascita di Cristo - a.C.) e Post Christum Natum (p. C. n., dopo la nascita di Cristo - d.C.).
    Con questa nuova numerazione la fondazione di Roma sarebbe avvenuta nel 754 a C., mentre Cristo sarebbe nato nell'anno zero, cioè 754 anni dopo la fondazione di Roma. Però questo dotto monaco sbagliò i suoi calcoli di alcuni anni.

    Punto di partenza è la certezza della data della morte di Erode l'anno 750 dalla fondazione di Roma, corrispondente al 4 a.C., ed esattamente tra il 13 marzo e l'11 aprile.
    La nascita di Gesù avvenne certamente prima di questa morte, dato che Erode voleva uccidere il Bambino. Per cui è impossibile che Gesù sia nato nell'anno zero ma qualche anno prima. Quando precisamente? Nel 6, 5, 4 a. C. n.?

    L'altro elemento che ci viene in aiuto è il censimento di Quirinio.
    Prima leggiamo il testo evangelico che ne parla: "Avvenne poi in quei giorni che uscì un editto da parte di Cesare Augusto che ordinava il censimento di tutto l'impero. Questo primo censimento fu fatto mentre Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dunque, dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì verso la Giudea, alla città di Davide che si chiamava Bethlemme, perché egli apparteneva alla casa e famiglia di Davide, per farsi registrare con Maria, sua sposa, la quale era incinta. Ora accade che. Mentr'essi erano là, si compì il tempo in cui Maria doveva partorire; e diede alla luce il suo figlio primogenito" (Luca, 2, 1-7).

    Nel 63 a.C. con la presa di Gerusalemme da parte di Pompeo, la Palestina divenne provincia romana. Per questo vi si riscontra la presenza di autorità romane. Il senatore Publio Sulpicio Quirinio (morto nel 21 d.C.) fu governatore della Siria una prima volta dal 12-8 a.C. ed una seconda nel 6-7 d.C. In questo secondo mandato fece un nuovo censimento che certamente non è quello a cui Luca accenna in quanto Gesù a quel tempo aveva circa 11 anni. Del resto a questo censimento lo stesso Luca si riferisce in una diversa situazione storica nell'altra sua opera: Atti degli Apostoli (5, 37).
    Scartato questo secondo, si deve vedere la datazione del primo, quello che ha motivato il viaggio di Maria e Giuseppe a Bethlemme dove è nato Gesù.

    Il primo mandato di Quirinio terminò nell' 8 a.C. Gli successe Senzio Saturnino.

    L'evangelista Luca era un medico, scrupoloso e preciso nelle notizie che riferisce. Lo si riscontra dalle sue stesse parole all'inizio del Vangelo che invia a Teofilo: "Poiché molti han posto mano a comporre un racconto degli avvenimenti che si sono compiuti tra noi, come ce li hanno trasmessi coloro che furono fin dall'inizio testimoni oculari e ministri della Parola; è parso anche a me, che fin dall'inizio ho accuratamente investigato ogni cosa, di scriverne con ordine, illustre Teofilo" (Luca, 1, 1-3).

    Luca attribuisce il primo censimento a Quirinio. La sua scrupolosità invoglia alla attendibilità.

    Tuttavia uno scrittore cristiano romano, Tertulliano, giurista e molto preciso, questo stesso censimento in Giudea lo attribuisce a Saturnino. Tertulliano non dipende da Luca ma attinge la notizia da documenti dell'Impero.
    Due menti storiche degne di fede, che ci portano sullo stesso argomento notizie diverse.

    Se a prima vista emergono contrasti, probabilmente la differenza è solo apparente. Così il Ricciotti tenta di armonizzare tra loro le due opinioni: Quirinio sul finire del suo mandato, 8 a.C., "indisse il censimento, il quale appunto perché primo incontrò difficoltà in Giudea, e si protrasse così a lungo da essere condotto a termine dal successore Senzio Saturnino. Presso i Giudei, ch'erano rimasti fortemente impressionati da questo primo censimento, esso passò alla storia sotto il nome di Quirinio che l'aveva iniziato, e Luca segue questa denominazione giudaica; presso i Romani lo stesso censimento passò sotto il nome di Saturnino che l'aveva terminato, e Tertulliano segue questa denominazione romana. Può darsi anche che Saturnino da principio fosse il subordinato cooperatore di Quirinio nell'esecuzione del censimento".

    In tal modo verrebbe a coincidere la nascita di Gesù nel periodo del primo censimento di cui Luca parla nel suo Vangelo, quindi anticipata sull' anno Zero, nel 747 di Roma (= 7 a. C. n.) o nel 748 di Roma (= 6 a. C. n.).

    Per cui abbiamo due date per stabilire la nascita di Gesù: il censimento di Quirinio e la morte di Erode. La nascita non poté avvenire dopo il 750 di Roma, ma almeno un anno e mezzo prima, quindi verso il 748, intervallo tra la nascita di Gesù e la morte di Erode; l'altra data è la missione di Quirinio in Siria: la nascita non dové avvenire prima del 746 di Roma (= 8 a.C.). Quindi le due date sono: tra il 746 ed il 750 a.C. (cioè tra l'8 ed il 4 a.C.; presumibilmente come abbiamo detto tra il 7 od il 6 a.C.).

    Questo però non significa che tra gli studiosi ci sia accordo completo.

    Per concludere sulla datazione dell'anno: "Oggi tuttavia, considerando tutte le fonti a disposizione, si è propensi a fissare la nascita di Gesù fra il 7 e il 4 a.C.".
    Mi sono un po' dilungato sulla datazione perché è importante considerare Cristo anche nella sua dimensione umana, e collocare nel tempo la sua esistenza terrena.

    Tuttavia non è fondamentale sapere se Gesù è nato un anno prima o dopo, o in quel determinato giorno piuttosto che un altro. L'importante è che Lui sia nato.
    E' anche affascinante il tentativo di Dionigi il Piccolo, seppur non del tutto esatto, di porre il Cristo al centro della storia cosmica, da classificare lo stesso tempo in due grandi epoche: prima della nascita di Cristo e dopo. Lui è veramente lo spartiacque della storia umana, il punto di riferimento, l'Alfa e l'Omega.

    Vitaliano Mattioli
    Fonte: CulturaCattolica.it

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    7- IL FILM DEL 2009 CHE DIFFICILMENTE VEDRETE IN ITALIA: POPIELUSZKO, IL CAPPELLANO DI SOLIDARNOSC

    di Gianluca Arnone

    Il corpo di Padre Jerzy Popieluszko venne ritrovato il 30 ottobre 1984 nelle acque della Vistola. Aveva 37 anni ed era considerato da tutti il cappellano di Solidarnosc. Dimenticata per anni, la sua storia - che testimonia ad un tempo il sacrificio individuale per la verità, la dignitosa fermezza di un popolo vessato da anni di totalitarismo e il volto criminale del regime comunista polacco - riemerge precisa e tragica in Popieluszko, il film che sarà presentato come Evento Speciale al festival di Roma il prossimo 19 ottobre, esattamente 25 anni dopo il suo rapimento a Torun e la barbara uccisione per mano di tre funzionari dei servizi segreti (più un complice).

    E' allora che la vita di Padre Jerzy entra di diritto nella rosa delle biografie straordinarie del novecento, piccole onde che si allungano nelle paludi della storia come maremoti, travolgendo argini e regimi. La sua vicenda ricorda da vicino quella del nostro Padre Puglisi, l'uno e l'altro martiri della libertà contro la sopraffazione organizzata. Il film di Rafal Wieczynski - che sul "Servo di Dio" (titolo che la Chiesa cattolica assegna dopo la morte a persone che si sono distinte per «santità di vita» o «eroicità delle virtù») aveva già realizzato il documentario I vincitori non muoiono. Documento su padre Popieluszko, inedito in Italia - ripercorre passo dopo passo la vita del cappellano, dall'infanzia nelle campagne di Okopy (dove Popieluszko, figlio di contadini, era nato nel 1947) al servizio militare obbligatorio presso l'unità di Bartoszyce, riservata ai seminaristi, dal trasferimento a Varsavia sotto le cure spirituali di Padre Teofil Bocucki all'attività pastorale in seno al neonato sindacato libero degli operai polacchi (Solidarnosc), con cui condivise speranze e scoramento, aneliti e lotte, divenendone alla fine simbolo di libertà e rettitudine.

    Troppo scomodo per il regime, che già nel 1981 aveva introdotto nel Paese la legge marziale e finito per praticare l'eliminazione sistematica di tutti gli avversari: padre Jerzy non fu né il primo né l'ultimo, ma era considerato tra i più pericolosi. "Senza per questo aver mai oltrepassato le sue competenze di sacerdote - sottolinea Padre Kazimierz Nycz, Arcivescovo di Varsavia - o aver ridotto la Chiesa e il suo messaggio a strumento di lotta politica. Il suo era davvero il vangelo dell'amore, incentrato sulla salvaguardia della dignità umana.

    Infondeva coraggio ai fedeli, non sobillava rivoluzioni". Quasi mezzo milione di persone parteciparono al funerale di padre Jerzy il 3 novembre 1984, presso la chiesa di San Stanislao Kostka di Varsavia, dove il cappellano aveva operato dal 1980. Tra questi c'era anche il regista del film, allora sedicenne: "A dispetto dei divieti - ricorda Rafal Wieczynski - mi assentai da scuola per partecipare alle esequie. Fu un'esperienza nuova, di libertà e comunione. Tornando a casa, attraversando le strade di Varsavia, ricordo che pensai molto a Padre Jerzy. Mi chiedevo se sarei stato capace come lui di sacrificare la mia vita per la Verità. Mi appariva come un grande eroe, un extraterrestre.

    Oggi invece, che ho quasi la stessa età che aveva lui quando venne ucciso, vedo in Padre Jerzy un uomo come noi che, messo alla prova, fece le sue scelte con grande fatica". Il corpo di Popieluszko venne seppellito nel giardino della chiesa di San Stanislao. La sua tomba da allora è stata luogo di pellegrinaggio per 18 milioni di persone, ma qui a Varsavia ricordano soprattutto la visita di Giovanni Paolo II del 14 giugno 1987, e la commossa preghiera sulla sua lapide. Accanto alla Chiesa è nato una decina d'anni fa anche un museo dedicato a Padre Jerzy, messo su da una delle più strette collaboratrici, Caterina Sobora.

    Il percorso del Museo è una sorta di Via Crucis nella vita del sacerdote e della Nazione, uno scrigno aperto di foto, filmati e oggetti personali a restituirci la tragica normalità degli eroi dinnanzi alle sciagure della storia. "Eppure le generazioni più giovani - sottolinea Wieczynski - non conoscono quelle lotte, non immaginano nemmeno cosa hanno significato per noi polacchi quei mutamenti radicali. Perciò desideravo che l'avventura di questo testimone di Cristo, che combatteva senza violenza contro la falsità, diventasse anche per loro memoria condivisa: volevo che Popieluszko fosse la storia vera, e insieme romantica, delle radici di libertà di cui oggi gode tutta l'Europa Centrale".

    Diversamente dal cinema politico di Wajda - che ha raccontato il regime e le lotte di Solidarnosc con L'uomo di marmo (1977) e L'uomo di ferro (Palma d'oro a Cannes nel 1981) - e di Agnieszka Holland (che aveva già affrontato la vicenda del cappellano di Solidarnosc nel malriuscito Un prete da uccidere, con Christopher Lambert), Popieluszko di Wieczynski privilegia un approccio intimista nel tentativo di svelare "come un cammino spirituale diventi anche un percorso di liberazione politico e civile". La controparte comunista nel film non ha tentennamenti né dubbi, umanamente non esiste: "Nel mio Paese troppi film hanno speculato sui comunisti buoni e pentiti, elevandoli al rango di eroi. Io volevo fornire invece una rappresentazione astratta del regime, svelarne il meccanismo implacabile e oppressivo. Gli eroi erano altri.

    Erano i preti che sostenevano, sfamavano e curavano le sofferenze dei perseguitati, fino a morire per loro". "La figura di Popieluszko - racconta Adam Woronowicz, l'attore che interpreta il cappellano nel film e che vanta con lui una somiglianza fisica impressionante - continua a interrogarmi e a mettere in discussione le mie qualità di padre, marito, amico. Spero che le domande che ancora oggi mi tormentano, nonostante abbia interpretato nel frattempo diversi altri ruoli, scuotano anche il pubblico in sala". Un auspicio che ha trovato finora riscontri positivi in Polonia, dove più di un milione di persone ha già visto il film.

    Il battesimo internazionale, come detto, sarà invece in Italia, al Festiva di Roma, dove la pellicola sarà accompagnata da Lech Walesa, leader di Solidarnosc, e Jozef Glemp, Primate di Varsavia, amico di Padre Jerzy e interprete del film nel ruolo di se stesso. Sempre in Italia Popieluszko sarà distribuito a fine ottobre da Rainieri Made srl, mentre la RAI ha già acquistato i diritti dei futuri passaggi televisivi. L'attenzione del cinema e della cultura verso la figura di Padre Jerzy va di pari passo con il processo di beatificazione (per martirio) del presbitero, iniziato l'8 febbraio 1997 e non ancora concluso.

    Nonostante la comunità internazionale abbia riconosciuto a Popieluszko un ruolo decisivo nei cambiamenti politici che interessarono la Polonia nella seconda metà degli anni '80, il suo sacrificio non ha ancora ottenuto la giustizia dei tribunali: Grzegor Piotrowski, Adam Pietruszka, Leszek Pekala e Waldemar Chmielewski, esecutori materiali del delitto, non si sono mai pentiti e hanno già lasciato il carcere.

    Hanno cambiato nome, residenza e aspetto fisico. I mandanti invece - tra i quali figurerebbero gli alti apparati dello Stato (Jaruzelski nega però ogni coinvolgimento) e alcune spie russe di stanza in Polonia - restano ancora nell'ombra.

    Gianluca Arnone
    Fonte: Libero News, 12 ottobre 2009

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    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 19/12/2009 02:23
    8- MAGDI ALLAM: ECCO IL SIMBOLO DEL MOVIMENTO POLITICO "IO AMO L'ITALIA"

    da Avvenire

    Magdi Cristiano Allam, presidente del movimento politico “Io amo l’Italia” e europarlamentare eletto nelle liste dell’Udc, ha presentato ieri il logo, realizzato da Giorgio Forattini del suo nuovo partito: una bandiera italiana con all’interno una croce di colore giallo. «Il Movimento Io amo l’Italia – ha spiegato l’europarlamentare – si augura che il proprio logo possa diventare la nuova bandiera nazionale italiana in cui il tricolore e la croce corrispondano al recupero dell’amore per la patria e dell’identità cristiana che rappresenta il fondamento della nostra civiltà». Magdi Cristiano Allam ha ricordato di aver deciso il logo dopo la sentenza della corte europea sul crocifisso. «Non voglio ricordare – ha detto ancora Allam – ciò che Umberto Bossi ha detto della bandiera italiana. Io condivido la proposta di Castelli affinché nella nostra bandiera ci sia la croce. Giudico miracolosa questa posizione della Lega».

    Allam ha anche commentato il recente referendum svizzero sui minareti: «Il referendum in Svizzera ha indicato in modo chiaro che la maggioranza si riconosce nella croce cristiana. Il 70% degli italiani è contrario alla presenza di una moschea con minareto nella propria città».

    Fonte: Avvenire, 5 dicembre 2009


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    9- OMELIA PER LA IV DOMENICA TEMPO DI AVVENTO - ANNO C - (Lc 1,39-45)
    di Padre di Mariano Pellegrini


    La quarta domenica d’Avvento ci fa pregustare già il clima natalizio. Iniziamo dal Salmo che riporta una accorata preghiera rivolta a Dio, affinché Egli salvi il suo popolo. Il pio Israelita avvertiva che solo il Signore poteva liberare il suo popolo, liberarlo non solo dal nemico, ma soprattutto dal peccato che è la vera rovina della nostra anima e della nostra società. Il Salmista così implora: «Tu, pastore d’Israele, ascolta [...]. Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci. [...] guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato. [...] ci farai rivivere e noi invocheremo il tuo nome (Sal 79).

    Solo Dio poteva salvare l’umanità. Per questo motivo Dio mandò il suo unico Figlio a riscattarci dal dominio del peccato. Gesù nella sua umanità, che ha preso venendo in questo mondo, ha pienamente obbedito alla Volontà dal Padre. Di questa pronta obbedienza parla la seconda lettura di oggi: «Entrando nel mondo, Cristo dice: ecco io vengo per fare la tua volontà» (Eb 10,9).

    Per venire in questo mondo, il Figlio di Dio poteva scegliere tanti modi diversi. Fra tutti, Egli scelse di venire nel silenzio e nel nascondimento di una piccola borgata quasi dimenticata dalla maggior parte degli Israeliti. Egli nacque a Betlemme. Di questa scelta parla la prima lettura di oggi. Questo fatto ci ricorda ancora una volta quelle che sono le preferenze di Dio: Egli sceglie ciò che è umile per confondere i potenti. Michea così dice: «E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele» (5,1).

    La profezia poi continua con una frase misteriosa: «Le sue origini – ossia le origini del Messia – sono dall’antichità, dai giorni più remoti» (ivi). Cosa si deve intendere con queste parole? Con ciò si vede un riferimento alle origini eterne del Figlio di Dio, ovvero alla sua Divinità: Egli, eterno con il Padre e lo Spirito Santo, nella pienezza dei tempi, ha voluto assumere la nostra natura umana, è diventato uomo, pur continuando – ovviamente – a rimanere vero Dio.
    La profezia di Michea parla anche della Madre da cui sarebbe nato il Messia. Egli, infatti, dice: «Perciò Dio li metterà in potere altrui, fino a quando partorirà colei che deve partorire» (Mic 5,2).

    In tutte le profezie riguardanti il Messia, e quindi anche in questa, non si parla mai del padre del Messia, ma solo della Madre. Questo particolare ci fa comprendere la nascita straordinaria, verginale, del Redentore. Egli è stato concepito per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Maria.

    Infine, la profezia parla della salvezza operata dal Messia. Già la frase di prima ci fa capire che la nascita di Gesù segna come l’inizio della nuova Era, quella della salvezza. Grazie a Gesù, noi non siamo più sotto il potere del maligno, ma abbiamo ricevuto la libertà dei figli di Dio. Egli, il Messia, salverà il suo popolo, lo «pascerà con la forza del Signore» (Mic 5,3) ed «Egli stesso sarà la pace» (Mic 5,4).

    Al “Sì” di Gesù che ha obbedito prontamente alla Volontà del Padre, fa eco il “Sì” di Maria che si è definita la serva del Signore, sempre disponibile a compiere la Volontà di Dio.
    Il brano del Vangelo di oggi riporta la commovente scena della Visitazione. La Vergine Maria aveva da poco ricevuto l’annuncio dell’angelo Gabriele e aveva concepito per opera dello Spirito Santo il Figlio di Dio nel suo grembo verginale. Subito dopo «si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39) da Elisabetta. Per quale motivo? Certamente per aiutare l’anziana parente che stava attendendo un bambino, ma soprattutto per portare il Signore in quella casa. È molto bello sottolineare che la Madonna si recò in fretta da Elisabetta: la carità non ammette lentezza e pigrizia.

    Appena Maria varcò la porta di quella casa, il Signore compì delle meraviglie di grazia: nel grembo di Elisabetta, il bambino, ovvero Giovanni Battista, sussultò di gioia (cf Lc 1,41) e fu santificato, come interpretano i Santi Padri; ed Elisabetta «fu colmata di Spirito Santo» (ivi) e iniziò a profetizzare.

    Questa è la grande missione della Madonna: portare Gesù alle anime. E, con Gesù, Ella vi porta la grazia di Dio. Se nel nostro cuore ci sarà sempre la devozione alla Madonna, se sulle nostre labbra fiorirà sempre la preghiera dell’“Ave Maria”, allora il Signore compirà delle meraviglie di grazia anche nella nostra vita.
    Volendo ora terminare con un proposito pratico di miglioramento, nell’immediata preparazione al Natale, propongo due cose: la prima di essere solleciti anche noi, come la Madonna, nel compiere il bene, senza pigrizia; la seconda di recitare assiduamente il Rosario, per far entrare la Vergine anche nella nostra casa.

    Padre Mariano Pellegrini
    Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 20 dicembre 2009)

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    BASTABUGIE
    Selezione di articoli per difendersi dalle bugie della cultura dominante: televisioni, giornali, internet, scuola, ecc. Non dipendiamo da partiti politici, né da lobby di potere. Soltanto vogliamo pensare con la nostra testa, senza paraocchi e senza pregiudizi!

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    00 16/01/2010 10:18
    Il Timone Mensile Cattolico 15 gennaio


    1. TRANSESSUALE FA RIMA CON NORMALE? ECCO LA BATTAGLIA CULTURALE IN ITALIA (PRIMA DI NON FINIRE COME L'INGHILTERRA...)
    di Gianfranco Amato

    2. UNA STRATEGIA EFFICACE: ECCO COME L'ISLAM CANCELLA LA PRESENZA DEI CRISTIANI
    di Andrea Morigi

    3. UNA LESBICA SARA' VESCOVO A LOS ANGELES: PROTESTANTI ANGLICANI SEMPRE PIU' NEL CAOS
    da CorSera

    4. SENTE E CAPISCE DOPO 23 ANNI DI INCOSCIENZA: "URLAVO SENZA CHE NESSUNO POTESSE SENTIRE"
    da Corrispondenza Romana

    5. NO ALL'ECOCENTRISMO E AL BIOCENTRISMO: L'UOMO È IL CENTRO DEL CREATO
    di Sua Santità Benedetto XVI

    6. CHI STA DIETRO AL BUSINESS DEI PRESERVATIVI E PERCHE' SONO ORMAI UN DOGMA INTOCCABILE?
    di Rino Cammilleri

    7. MORTO UN VESCOVO CATTOLICO IN CINA: IN PRIGIONE 30 ANNI PERCHE' FEDELE AL PAPA
    di Zhen Yuan

    8. DOVE STA ANDANDO L'ECONOMIA? ECCO PERCHE' NON E' DA ESCLUDERE LO SPETTRO DELL’IPERINFLAZIONE...
    di Maurizio d'Orlando

    9. OMELIA PER LA SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA DEL SIGNORE
    di Sua Santità Benedetto XVI

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    00 20/01/2010 18:08
    Eluana è morta e i Giudici HANNO DECISO che si è trattato di....MORTE NATURALE il caso è stato archiviato dunque....TUTTO NORMALE...


    L'AGONIA DI ELUANA ENGLARO

    IL RACCONTO CONTENUTO NELLA CONSULENZA MEDICO-LEGALE

     
     

    19 gennaio 2010
    San Bassiano

     
    «Una tale pratica comporta [...] la malizia propria [...] dell'omicidio.»
    Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 65


     
    Cari amici e sostenitori di Due minuti per la vita,
    ci addolora riprendere l'invio degli aggiornamenti nel nuovo anno con questa notizia così drammatica, ma ciò, riteniamo, esige l'amore per la verità, alla quale sempre vogliamo rendere testimonianza.

    Per parafrasare l'espressione rivolta a Diocleziano dai cristiani di Abitene,  poi martirizzati,  vogliamo affermare con chiarezza e senza compromessi: Sine veritate non possumus!



    ***
     
    Nelle carte il gelo di un'agonia procurata e nude verità

    Eluana non era «devastata» ma è stata straziata

    di Lucia Bellispiga

     

    © Avvenire - 14 gennaio 2010 - pagina 2

     

    «In data 9 feb­braio il cadavere del­la signorina E­luana Englaro veniva trasferi­to all'obitorio della 'Quiete' su barella in ac­ciaio. Trattasi di cadavere fem­minile, della lunghezza di circa 171 centimetri, del peso di 53.5 chili, cute liscia ed elastica, ca­pelli neri... Entrambi i lobi pre­sentano un foro per orecchini. Indossa una camicia da notte in cotone rosa». Il resto ve lo rispar­miamo. Dura 133 pagine la 'Re­lazione di consulenza tecnica medico-legale', letta la quale il gip di Udine l'altro giorno ha de­finitivamente stabilito che il tut­to è avvenuto 'regolarmente'.


    Un testo che si regge a fatica e che toglie il sonno, e non tanto nelle pagine dell'autopsia, quan­do ormai Eluana è morta, ma in quelle tragiche, disumane dell'agonia, quando era viva e nelle stanze udinesi della 'Quiete' la si faceva morire.

    Ora lo sappiamo: nei giorni e nelle notti in cui alla giovane donna venivano sottratti l'acqua e il nutrimento (il sostegno vita­le, lo chiama il documento), l'é­quipe del dottor De Monte sede­va accanto a lei e la osservava, prendeva appunti, diligentemente compilava di ora in ora la 'Scheda di rilevazione degli ele­menti indicativi di sofferenza'.


    Una crocetta alla voce 'respiro affaticato e affannoso' ne indica frequenza e durata, un'altra rile­va 'l'emissione di suoni sponta­nei', un'altra ancora i singoli la­menti sfuggiti a Eluana 'durante il nursing', ovvero mentre le ma­ni di medici e infermieri nulla 'potevano' per salvarle la vita e dissetarla (il Protocollo parlava chiaro, e loro erano lì per appli­carlo, volontari), ma sul suo cor­po continuavano a operare quel­le piccole attenzioni richieste dallo stesso Protocollo: 'Si pro­cederà all'igiene giornaliera di routine al fine di garantire il de­coro...'. Il decoro.


    Sono pagine meticolose, capilla­ri. Gelide. Il 3 febbraio, primo giorno di ricovero alla 'Quiete' di Udine (nel cuore della notte la giovane era stata prelevata da un'ambulanza e strappata alla clinica di Lecco dove viveva da quindici anni), la voce di Eluana si è sentita sette volte, e l'équipe solerte le ha annotate tutte. I suoni si moltiplicano il 4, e poi il 5, finché il 6 (all'alba di quel giorno si è smesso definitiva­mente di nutrire e dissetare la giovane) la mano di un'infermie­ra scrive per la prima volta: 'Sembrano sospiri'. E forse lo sono, se il giorno 7 cessano an­che quelli. Eluana morirà im­provvisamente già il 9 febbraio alle 19 e 35, senza più la forza di gemere: 'nessun suono', ma ore e ore di 'respiro affaticato e af­fannoso'. Nei palmi delle mani, strette, i segni delle sue stesse unghie.


    Ancora più esplicite le pagine del diario clinico di quei sette giorni udinesi, racconto di un'a­gonia che inizia sull'ambulanza, quando il dottor De Monte an­nota la terribile tosse che scosse Eluana, e prosegue con asettico cinismo: Eluana si lamenta, E­luana non ha quasi più saliva, non suda nemmeno più, le mu­cose si asciugano, 'iniziata umi­dificazione', 'idratata la bocca', 'frizionata su tutto il corpo con salviette rinfrescanti'. Il decoro.


    L'igiene. C'è anche lo spasmo con cui la prima notte arrivò a e­spellere il sondino: allora lo scri­vemmo e ci diedero dei bugiar­di... 'Non eseguito cambio pan­nolone perché non urina più': è il giorno della morte. Tutto rego­lare, dicono i magistrati, tutto perfettamente annotato. A parte quella mezzoretta tra il decesso e la registrazione dell'elettrocar­diogramma, un 'ritardo dovuto alla difficoltà di reperimento del­lo strumento', scrive il capo dell'équipe... A parte, ancora, quelle tre ore che l'8 febbraio, il giorno prima della morte, in pie­na agonia, una giornalista di Rai 3 Friuli e un fotografo trascorro­no nella stanza di Eluana ripren­dendone gli affanni.


    Ci avevano detto che Eluana non avrebbe sofferto, e veniamo a sa­pere che morì tra gli spasmi, con 42 di febbre. Che da molti anni pesava 65 chili. Che risultava «obiettivamente in buone condi­zioni generali e di nutrizione, con respiro spontaneo e valido, vigile durante buona parte della giornata». Che da due anni ave­va di nuovo «il mestruo». Che l'alimentazione col sondino «non aveva mai dato complican­ze » e i «parametri vitali si erano sempre mantenuti stabili, la pa­ziente non ha presentato mai patologie ad eccezione di spora­diche bronchiti-influenzali, prontamente risolte con antipi­retici ». Ce l'avevano descritta co­me un corpo 'inguardabile', u­na vista 'devastante, piagata dal decubito, magra come uscita da un campo di concentramento'.


    È pure calva, aggiunse Roberto Saviano... 'Ha capelli neri, cute liscia ed elastica, corpo normale, nessun decubito', recita ora l'autopsia. Ma lo attesta il perito: «Le disposizioni sono state mi­nuziosamente seguite».
     
     
    Associazione Due minuti per la vita
    Casella postale 299 - 10121 Torino
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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 15/03/2010 12:34

    Almeno 100 milioni di bambine eliminate nel mondo


    E' un “genericidio”, denuncia la rivista “The Economist”


    di Nieves San Martín

    LONDRA, lunedì, 15 marzo 2010 (ZENIT.org).- La rivista britannica “The Economist”, nel suo numero del 4 marzo, pubblica un articolo in cui si denuncia il massacro di bambine nel mondo, che arriva almeno a cento milioni e viene definito “genericidio”.

    L'articolo è intitolato “The war on baby girls. Gendercide. Killed, aborted or neglected, at least 100m girls have disappeared - and the number is rising” (“La guerra contro le bambine. ‘Genericidio’. Assassinate, abortite o abbandonate, almeno cento milioni di bambine sono scomparse – e il numero sta aumentado”).

    Il testo evoca la situazione di una giovane coppia che aspetta il primo figlio in una regione povera del mondo ma in forte sviluppo. I costumi tradizionali hanno insegnato loro a preferire i figli maschi rispetto alle femmine. La giovane coppia può accedere a un'ecografia che rivela che aspettano una bambina. Che cosa fa?

    Per milioni di coppie, afferma “The Economist”, “la risposta è: aborto per le bambine, vita per i maschi. In Cina e nel nord dell'India, nascono 120 maschi per ogni 100 femmine. La natura dimostra che i maschi, anche se di poco, sono più esposti alle malattie infantili, ma sul piatto della bilancia questo non conta”.

    “Per quanti si oppongono all'aborto, è un vero genocidio”, afferma “The Economist”. Per la rivista, anche quando ci si pronuncia per un aborto “sicuro, legale ed eccezionale”, “la somma delle azioni individuali ha un effetto catastrofico per la società”.

    Solo la Cina, indica, ha un numero di uomini non sposati - i cosiddetti “rami spogli” - equivalente al numero dei giovani maschi di tutta l'America. In alcune zone questo provoca anche seri problemi: nelle società asiatiche, in cui sposarsi e avere figli è l'unica via riconosciuta a livello sociale, gli uomini celibi sono come criminali. La delinquenza, il traffico di donne, le violenze sessuali, al di là dei suicidi femminili, sono in continua crescita e aumenteranno man mano che le generazioni squilibrate giungeranno alla maturità.

    The Economist” osserva che “non è un'esagerazione parlare di 'genericidio'. Le donne stanno scomparendo – abortite, assassinate, spinte alla morte. Nel 1990, l'economista indiano Amartya Sen ha calcolato la cifra di 100 milioni, che oggi è molto più alta.

    La rivista dà per scontato che molte persone sappiano che in Cina e nel nord dell'India “c'è un numero innaturale di maschi”, ma aggiunge che “pochi si rendono conto della profondità di questo problema e di quanto stia aumentando”.

    In Cina, il rapporto tra i sessi è di 108 maschi contro 100 femmine nella generazione nata nel 1980. Per le generazioni del 2000 è di 124 a 100. In alcune province cinesi arriva a 130 contro 100. La

    situazione è ai massimi livelli in Cina, ma è diffusa anche in altri luoghi. In altre regioni dell'Asia orientale, come Taiwan e Singapore, in alcuni Stati ex comunisti nei Balcani occidentali e nel Caucaso e in alcuni gruppi della popolazione americana (i sinoamericani o i giapponesi, ad esempio), c'è una ratio distorta di selezione sessuale.

    “Il ‘genericidio’ esiste in quasi tutti i continenti. Interessa allo stesso modo poveri e ricchi, ignoranti e istruiti, indù, musulmani e confuciani”, sostiene la rivista.

    Neanche la ricchezza frena il fenomeno: Taiwan o Singapore hanno economie floride; in Cina e in India, le zone con i più gravi casi di “genericidio” sono quelle più ricche e con livelli di istruzione più elevati. La politica del figlio unico in Cina può essere solo una parte del problema, visto che la questione interessa altri Paesi che non hanno questa ideologia.

    L'eliminazione dei feti femminili, ricorda “The Economist”, è una conseguenza di tre fattori: la radicata e antica preferenza per i figli maschi, la moderna propensione a creare famiglie piccole e l'uso di tecnologie a ultrasuoni che permettono di identificare con certezza il sesso del bambino con una diagnosi prenatale.

    Solo un Paese ha deciso di invertire la tendenza. Nel 1990 la Corea del Sud aveva un rapporto tra maschi e femmine uguale o superiore a quello cinese, mentre oggi sta tornando ai livelli normali.

    Ciò non si è verificato per scelta, ma perché è cambiata la cultura della popolazione. Istruzione femminile, atteggiamenti antidiscriminatori e leggi a favore della parità dei diritti hanno fatto sì che la preferenza per i figli maschi sia diventata anacronistica.

    Questo, avverte la rivista, è tuttavia accaduto quando la Corea del Sud era un Paese ricco. Perché la Cina e l'India – con entrate di un quarto e un decimo rispetto a quelle della Corea – raggiungano lo stesso livello economico, dovranno passare molte generazioni.

    Per favorire il cambiamento, osserva “The Economist”, si devono compiere alcune azioni: “La Cina dovrebbe ritirare la politica del figlio unico, ma le autorità si opporranno in quanto temono l'aumento della popolazione, così come hanno respinto la preoccupazione dell'Occidente per i diritti umani”.

    Ad ogni modo, la pubblicazione prevede che “la limitazione del figlio unico non sarà utilizzata per molto tempo per ridurre la fertilità (altri Paesi dell'Asia hanno ridotto la pressione della popolazione tanto quanto la Cina)”. Il Presidente cinese Hu Jintao, ricorda, ha dichiarato che una delle sue principali intenzioni è quella di “creare una società armonica”, “e questo non si potrà ottenere se permarrà una politica così profondamente ostile alla famiglia”.

    The Economist” conclude proponendo che tutti i Paesi promuovano “il valore del sesso femminile”. “Bisogna incoraggiare l'istruzione delle donne; abolire le leggi e gli usi che impediscono alle donne di ereditare; abolire i limiti relativi al sesso negli ospedali e nelle cliniche; inserire le donne nella vita pubblica in qualsiasi funzione – dalle annunciatrici televisive alle poliziotte”.

    “Mao Zedong affermava: ‘Le donne sostengono la metà del cielo'. Il mondo deve far di più che prevenire un ‘genericidio’, deve evitare che il cielo ci cada sulla testa!”.

    Per leggere l'articolo completo, http://www.economist.com/opinion/displaystory.cfm?story_id=15606229.



    [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

    Fraternamente CaterinaLD

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    00 12/04/2010 12:36
    Clamoroso!
    Facebook cancella BASTABUGIE!!!


    ECCO UN CHIARO ESEMPIO DI COME LA DITTATURA DEL RELATIVISMO VIETA OGNI PENSIERO DIFFORME DALLA CULTURA DOMINANTE!

    la redazione di BASTABUGIE

     

    Purtroppo è accaduto quello che temevamo: BASTABUGIE è stato chiuso senza preavviso da parte di Facebook. In nome della democrazia si vieta la libertà di pensiero! Per continuare a ricevere BASTABUGIE coloro che erano iscritti a Facebook dovranno ora iscriversi alla newsletter tramite il nostro blog www.nobugie.splinder.com (purtroppo lo ha fatto per adesso solo il 10% degli iscritti al gruppo BASTABUGIE su Facebook).

    Come sapete, BASTABUGIE è il servizio di informazione nato all'inizio del 2007 dall'iniziativa di alcuni giovani che si scambiavano delle email con gli articoli più interessanti trovati in internet. All'inizio l'invio raggiungeva poche persone, ma rapidamente il numero è cresciuto. Dopo qualche mese, BASTABUGIE è stato pubblicato nel blog già citato.

    Nove articoli alla settimana che, grazie al lavoro volontario di alcune persone, riesce a fornire il servizio gratuitamente e senza conoscere pause durante l'anno, nemmeno d'estate.

    Ad oggi 4.328 persone ricevono BASTABUGIE di cui 1.272 tramite Facebook. Ma queste quasi milletrecento persone (pari a quasi il 30% degli iscritti totali) il 15 marzo 2010 hanno avuto una brutta sorpresa. Facebook ha deciso all'improvviso e senza motivo di cancellare l'account di BASTABUGIE tanto che il gruppo è rimasto senza amministratori e quindi non è più possibile né aggiornare quella pagina, né inviare settimanalmente BASTABUGIE agli iscritti che lo avevano richiesto. In pratica è stato reso inutilizzabile!

    Dal 30 gennaio 2009 eravamo su Facebook ed in più di un anno avevamo catalogato circa ottanta numeri di BASTABUGIE con un notevole dispendio di ore-lavoro. Tutto l'archivio è stato cancellato di colpo e non è più consultabile né recuperabile in nessun modo!

    Del resto, già qualche settimana prima Facebook aveva cancellato altri account di persone a noi amiche che diffondevano le stesse idee che sono alla base di BASTABUGIE. Noi abbiamo sempre cercato di fare contro-informazione per rompere la monotonia della cultura dominante che inonda televisioni e giornali dei soliti dogmi che ci ripetono da quando andiamo a scuola. Abbiamo sempre creduto nella verità e nella possibilità di esprimere liberamente la nostra opinione.

    Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che Facebook ci abbia cancellato perché, secondo le loro regole, gli account devono avere come riferimento persone fisiche e non associazioni. Ma questa motivazione non regge per due motivi: primo perché ci sono moltissimi account che chiaramente non sono persone. Secondo motivo è che i nostri amici cancellati improvvisamente dall'oggi al domani erano tutti con il loro nome e cognome. Quindi evidentemente non è questo il motivo. Molto più plausibile è l'ipotesi (per ora non verificata e probabilmente non verificabile) che un agguerrito gruppo organizzato appartenente al mondo gay abbia segnalato a Facebook i contenuti "politicamente scorretti" di BASTABUGIE. Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che i nostri amici cancellati avevano tutti espresso opinioni chiare e controcorrente sull'omosessualità e cioè, pur senza offendere nessuno, hanno dichiarato di credere che l'omosessualità è un comportamento contro natura (del resto molto semplice da riscontrare in quanto la natura umana prevede la procreazione solo dall'unione tra un uomo e una donna).

    Ovviamente l'articolo di BASTABUGIE n. 129 sul (finto) uomo che partorisce era un facile bersaglio per chi voleva far chiudere il nostro gruppo.

    Così, mentre in televisione e sui giornali, Facebook appare per il gruppo chiuso perché inneggiava a un tiro al bersaglio contro i bambini down, la realtà è che proliferano i gruppi osceni o che calunniano il pensiero della Chiesa o offendono pesantemente il Papa o il comune sentire dei cristiani, mentre vengono chiusi gruppi come il nostro che non ha offeso nessuno e non ha inneggiato a nessun tiro al bersaglio.

    E' molto interessante vedere che coloro i quali ci accusano di essere dogmatici e che dovremmo rispettare le opinioni di chi la pensa diversamente da noi, sono poi gli stessi che non tollerano chi prova a dire qualcosa di diverso da loro.

    Del resto qui siamo al nocciolo del problema: il relativismo è contraddittorio.

    Noi che affermiamo che una verità esiste, siamo contrastati in nome del libero pensiero. Libero pensiero che però non tollera chi la pensa diversamente. Ecco la contraddizione del relativismo, il quale afferma che non esiste nessuna verità. Eppure proprio in quel momento sta affermando una verità mostrando la propria contraddittorietà! Afferma che non devono esistere dogmi e mentre dice così afferma proprio un dogma! Dice che bisogna rispettare il pensiero di tutti e proprio mentre fa questa affermazione non rispetta, anzi combatte, chi ha un pensiero diverso (cioè chi afferma che esistono pensieri giusti e pensieri sbagliati, cioè valutabili con oggettività).

    Insomma Facebook ha dimostrato che esiste davvero la "dittatura del relativismo", come già denunciato dal cardinale Ratzinger il 18 aprile 2005. Così si esprimeva colui che di lì a poco sarebbe stato eletto Papa: "Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie".

    Alla persona superficiale la definizione "dittatura del relativismo" appare perlomeno strana. Una dittatura opprime la libertà di pensiero, mentre il relativismo è visto come sinonimo di libertà: io la penso come voglio, tu la pensi come vuoi, quindi ognuno ha la sua verità e può esprimerla liberamente. Mentre abbiamo visto che il relativismo si comporta come i peggiori dittatori. Nessuno deve esprimere idee diverse dal dittatore, altrimenti deve essere cancellato.

    Fecebook ha cancellato BASTABUGIE, ma noi non ci fermiamo!

    Lo sapevamo in anticipo di essere scomodi, ma la gloria di questo mondo non ci interessa. Ci interessa fare un servizio alla verità e siamo pronti al sacrificio. Siamo pronti ogni volta che tenteranno di cancellarci, a ripartire dall'inizio se necessario. Noi non vogliamo più essere costretti ad ascoltare solo le bugie della cultura dominante. Vogliamo pensare con la nostra testa senza i paraocchi che ci impongono.

    Cari amici, non perdiamoci d'animo e facciamo di tutto per diffondere un po' di luce in questo mondo. Il vostro sostegno ci è prezioso per andare avanti. Consigliate a tutti i vostri amici di iscriversi a BASTABUGIE dicendo loro quanto è importante questo servizio, sottolineando che è gratuito.

    A tutti coloro di cui avete l'email inviate il seguente link per l'iscrizione:

    http://debe.emailsp.net/frontend/forms/Form1.aspx?idList=6

    W la libertà! W la verità! Basta bugie!

     

    la redazione di BASTABUGIE

    Fonte: BASTABUGIE Nr.132 del 16 marzo 2010

    Per vedere i messaggi dei nostri lettori che ci incoraggiano ad andare avanti, clicca qui!

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    00 27/04/2010 12:42
    Sopravvive ore dopo l'aborto
    La Curia di Cosenza: eugenetica


    È morto nella notte tra domenica e lunedì il neonato sopravvissuto a un intervento per l'interruzione volontaria di gravidanza compiuto sabato scorso nell'ospedale di Rossano. Dopo la scoperta che il corpicino respirava ancora, a quanto sembra effettuata dal cappellano dell'ospedale qualche tempo dopo l'intervento, il piccolo era stato trasferito nell'ospedale di Cosenza dove i sanitari, secondo quanto si è appreso, hanno tentato di tenerlo in vita con una serie di cure e interventi medici. Ma non c'è stato nulla da fare: il quadro clinico del neonato era assai grave sia per via delle 22 settimane di gestazione che per la presenza di una malformazione.

    Ed è stato proprio per via della malformazione che la madre si era sottoposta all'aborto volontario. Gli agenti del commissariato di Rossano hanno già acquisito la cartella clinica e nelle prossime ore saranno sentiti i medici che hanno effettuato l'intervento di interruzione di gravidanza. In particolare gli inquirenti stanno cercando di accertare se ci sono state negligenze, da parte del personale medico, che avrebbe dovuto accertarsi del decesso subito dopo l'interruzione di gravidanza.

    Il comunicato della Curia.

    «È da registrare, in maniera sempre più grave, il diffondersi di una cultura della morte totalmente non rispettosa dell'essere umano tradotta in una prassi che, come in questo caso, assume connotazioni barbariche, sovvertendo i fondamentali principi di cura e soccorso della vita umana, naturalmente presenti nell'uomo e, in misura maggiore, proprie della professione medica».

    È quanto si afferma in un comunicato della Curia di Rossano sulla vicenda del feto sopravvissuto a un aborto volontario praticato in ospedale e poi morto dopo essere stato trasferito in un altro nosocomio. «Il caso - sottolinea l'arcivescovo di Rossano-Cariati, mons. Santo Marcianò - deve portare la comunità civile a riflettere sulla drammaticità rappresentata dall'aborto in quanto soppressione di un essere umano e, nello specifico, sulla illiceità del definirlo "terapeutico". In quanto tale, infatti, questo non rappresenta una cura ma, semmai, rafforza quella mentalità eugenetica dilagante che, non solo aumenta il ricorso all'aborto stesso, ma pone seri interrogativi sul presunto beneficio che esso abbia sulla salute della donna e sul significato naturale della maternità, nonché ci invita a considerare con quanta facilità sia trattata in modo "non umano" una persona gravemente malformata o anche semplicemente non voluta. Ci auguriamo che questa vicenda apra un serio e fecondo dibattito e che porti tutti a collaborare affinché il valore della vita e di ogni persona umana sia riconosciuto come il fondamento di una società civile e giusta». 

    Avvenire online


    **********************************

    breve riflessione:

     

    E' questa ottusità e questa cecità che non si vuol combattere:

    se i medici devono accertarsi del DECESSO DEL FETO è ovvio che stiamo dunque parlando di una vita soppressa, UCCISA....
    e il fatto che il feto in questione a sole 22 settimane si è dimostrato VIVO E CHE RESPIRAVA, ci rammenta ancora una volta, per chi volesse ancora le prove, che quel feto E' ED ERA UNA VITA UMANA...E CHE QUALCUNO GLI HA IMPEDITO DI ANDARE AVANTI, FORMARSI E NASCERE....
    il fatto che fosse malformato NON può giustificare un omicidio....se prendesse piede questa diabolica teoria, un domani si potrebbero uccidere per legge TUTTI I MALATI...

    La mamma sotto shock? io spero di si, perchè certi traumi si combattono con altri traumi, la consapevolezza di aver ucciso il proprio figlio! Pentirsi...e combattere da oggi la logica abortista..solo così potrà riscattare la morte del proprio figlio...



                  


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    00 02/07/2010 12:17


    L'ottimo sito Bastabugie riporta questo contributo di due amici, uscito sulla stampa locale senese, a proposito del Palio dipinto da un maomettano:

    UN VERSETTO DEL CORANO NELL'IMMAGINE DEL PALIO DI SIENA DEDICATO ALLA MADONNA DI PROVENZANO: affidata a un artista musulmano la rappresentazione della Madre di Dio venerata dai senesi

    di Alessandra Pepi e Giampaolo Bianchi
     

    Lettera aperta a S.E. Mons. Antonio Buoncristiani (Arcivescovo di Siena)

    Eccellenza, che strane coincidenze ci vengono incontro alcune volte.

    750 anni fa, alla vigilia della battaglia di Montaperti, le autorità civili di Siena, cioè i rappresentanti politici dell’epoca, decidevano di mettere ufficialmente la città e i suoi abitanti sotto il manto protettivo di Maria, la Madre di Cristo.

    Per la prima volta nella nostra storia cittadina le autorità civili riconoscevano ufficialmente la sovranità della Madonna e a Lei affidavano le sorti e il futuro di ciascuno di loro.

    Certo nel Medioevo era talmente radicato nell’uomo il senso del divino, la trascendenza, la consapevolezza della propria finitezza e piccolezza, che era normale per ogni uomo occidentale affidarsi a Dio o chiedere la protezione di Maria; ma la straordinarietà fu proprio nel fatto che a “piegarsi” alla Donna più umile della Terra fossero  le autorità civili, i governanti di Siena.

    Anche il palio di Luglio, dedicato alla Madonna di Provenzano, ricorda un altro momento di forte presenza e protezione di Maria nei confronti dei senesi, che a Lei, la Madre di Cristo, avevano scelto di affidare le sorti proprie e della loro città.

    Unione fra uomo e Dio che si è ripercossa sul Palio, tanto che molti aspetti della Festa ancora oggi si svolgono secondo un rituale il cui senso rimanda ad un profondo legame con Dio e con il cattolicesimo.

    Sono moltissimi i momenti fortemente “liturgici” in cui si legge chiaramente questo legame indissolubile fra il Palio e la fede cattolica (la processione dei Ceri e dei Censi, la festa dei tabernacoli, la benedizione del cavallo, le feste patronali delle contrade...).

    Chiunque  legga con occhio sereno la storia di Siena e con essa la storia d’Europa non può prescindere da questo elemento fondante che caratterizzava l’uomo: la fede e la trascendenza.

    Strane coincidenze dicevamo. Sì perché dopo 750 anni, il simbolo popolare per eccellenza del Palio, nella ricorrenza di quel gesto di sottomissione, di fede, di speranza cristiana, è affidato ad un musulmano che ha raffigurato nel drappellone Maria (venerata anche dai musulmani) insieme a un guerriero saraceno con tanto di turbante / kefiha che ha appena ucciso Satana o un suo seguace: l’infedele, direbbe un musulmano credente e praticante (che ne avrebbero pensato, a Lepanto? E a proposito, dove sono finite le insegne, e le armi, conquistate ai Turchi in quella occasione, che si trovavano come “ex voto” alla Madonna, proprio in Provenzano?).

    Ed ecco che oggi il popolo di Siena, tramite i suoi attuali rappresentanti politici, presenta alla Vergine un “cencio” dove, a corona di Maria, le scritte arabe (a volte ci si infastidisce per un po’ di latino!) della “sura” coranica che la riguardano, la celebrano come madre di un profeta, non certo come Theotòkos,  Madre di Cristo, vero Dio e vero Uomo!  Ma noi ci crediamo o no, che Maria sia la Madre di Dio? O è diventato un modo di dire, del quale non siamo più molto convinti, e che infatti non difendiamo più? Come cristiani, molto prima ancora che come senesi e contradaioli, questo palio ci offende e ci pare una vera bestemmia. Non dal punto di vista artistico (non entriamo nel merito), né storico (anche se troviamo pretestuosa e forzata la vicenda degli arcieri musulmani a Montaperti: a qui tempi i mercenari erano di tutte le razze, si poteva celebrare ben altro, in Montaperti,  che un elemento tanto marginale), ma dal punto di vista teologico, quello si.

    Eccellenza, Lei ha il compito di guidare questo popolo che il Signore le ha affidato. Un compito difficile come difficile è il compito di ogni cristiano di stare nel mondo senza compiacerlo, perché sappiamo bene chi ne detiene il potere, chi ne è il Principe.

    Se lei fosse Clemente V e noi Santa Caterina le scriveremmo: "sia uomo virile e non timoroso", ma con parole molto più semplici la supplichiamo di non permettere che questo dipinto entri nella Casa del Signore. Lei solo ha l’autorità e la responsabilità della Chiesa di Santa Maria in Provenzano. Lei solo ha la responsabilità dei gesti liturgici che compie a nome di tutti i Suoi fedeli. Guarda e Lei, al suo esempio, la comunità cristiana di Siena. La preghiamo: non benedica un'immagine che non è cristiana, una Madonna solo madre di un profeta!

    Con rispetto ed ossequio.
     
    Alessandra Pepi e Giampaolo Bianchi

    Fonte: La Nazione, 30 giugno 2010
    Fonte digitale:
    http://www.bastabugie2.splinder.com/tag/147-5
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    00 12/07/2010 15:28
    BELLISSIMA RISPOSTA DEL VESCOVO!!! GRAZIE Eccellenza, è così che si fa!!!!

    Il Vescovo di San Marino-Montefeltro Mons. Luigi Negri interviene sul caso del drappellone del Palio di Siena

    Il Vescovo di San Marino-Montefeltro, Mons. Luigi Negri, ha inviato alla Diocesi il seguente messaggio che abbiamo, poi, trasmesso alla stampa:


    “In comunione di obbedienza al Santo Padre Benedetto XVI ho la responsabilità diretta, immediata e totale della Diocesi di San Marino-Montefeltro cui dedico la totalità delle mie energie intellettuali, morali e fisiche.

    Ma proprio per questa totalità di dedizione alla mia Chiesa particolare, posso accettare di corrispondere al grande invito che il Magistero fa ad ogni suo Vescovo di avere un “singolare affetto” per la Chiesa universale.

    E’ questo affetto e per questo affetto che sento l’inderogabile dovere di coscienza di intervenire su un avvenimento che la stampa nazionale ha tratto dalla sua particolarità e ha posto di fronte all’opinione pubblica dell’intera nazione.

    La stampa ci ha documentato in modo inoppugnabile che il drappellone del Palio di Siena, segno religioso ed artistico del grande evento mariano e civile che si compie nel Palio, contiene quest’anno elementi ideologici che mio sembrano inaccettabili per una autentica coscienza cristiana, ed anche sanamente civile.

    Dipinto da un artista mussulmano campeggia, in esso, una figura di S. Giorgio perfettamente islamizzato, la stessa immagine di Maria Santissima, che è la grande patrona del Palio, è caratterizzata da segni di sincretismo religioso (nella sua corona sono giustapposti segni cristiani ed islamici) e la sua stessa immagine è situata all’interno dell’insegnamento coranico che la presenta come madre del profeta Gesù che ha anticipato la venuta di Maometto.

    Non tocca a me dare giudizi su nessuno: né istituzioni né persone, metto solo in comune con tutti la mia coscienza di cristiano e di Vescovo interloquita da questa triste vicenda.

    Chiedo alla Madonna Santissima di aiutarci a superare quella che il Santo Padre Benedetto XVI ha chiamato l’inquinamento interno della nostra fede, che ci rende tutti così vulnerabili e manipolabili dalle potenze mondane.

    Che almeno non chiamiamo il nostro silenzio una virtù evangelica e non contrabbandiamo la soggezione alla mentalità mondana come dialogo ecumenico ed interreligioso.

    Celebrando domenica la S. Eucarestia nell’antica e veneranda collegiata di S.Agata Feltria conferirò a questa celebrazione anche il carattere di un gesto riparatorio.

    Con la mia benedizione.

    Pennabilli, 2 Luglio 2010

    +Luigi Negri

    Vescovo di San Marino-Montefeltro





    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 25/08/2010 12:00

    Organismi internazionali promuovono l'aborto nell'Anno dei giovani


    Avverte il quotdiano della Santa Sede


    ROMA, lunedì, 23 agosto 2010 (ZENIT.org).- Nell'Anno internazionale dei giovani, inaugurato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) lo scorso 12 agosto, alcuni organismi internazionali stanno provando a promuovere l'aborto come un diritto umano, avverte il quotidiano vaticano.

    L'edizione italiana de “L'Osservatore Romano” ( 23-24 agosto 2010) sottolinea che fra questi organismi spicca il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa).

    “Dal sito in rete dell'Unfpa si evince che diverse iniziative dell'Onu per i giovani sono intese a promuovere 'l'accesso universale ai servizi di salute sessuale e riproduttiva', linguaggio che notoriamente sottintende la contraccezione e l'aborto, oltre che la promozione di un'educazione sessuale spregiudicata”, spiega il quotidiano della Santa Sede.

    “È anche spiacevole che nei documenti provvisori pubblicati in vista della conferenza preparatoria che si tiene a León, in Messico, dal 23 al 27 agosto, non si faccia menzione della Convenzione per i diritti del fanciullo”, aggiunge “L'Osservatore Romano”.

    “Questo documento non è certo perfetto, ma mette in luce i diritti e i doveri basilari dei genitori di educare e crescere i loro figli”.

    Nella bozza di dichiarazione della conferenza preparatoria, invece, non si citano i termini “figlio” e “genitore”.

    In questa omissione il quotidiano vede “una concezione radicale di autonomia giovanile, che mira a tagliare i legami tra genitori e figli e di conseguenza a colpire il cuore della famiglia, non aiuta veramente i giovani”.

    “L'Osservatore Romano” invita a prendere in considerazione la Magna Carta dei Valori per una Nuova Civililtà, presentata nel mese di agosto alle Nazioni Unite dal Parlamento universale della Gioventù (World Youth Parliament, www.wyparliament.org).

    Fraternamente CaterinaLD

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    00 03/11/2010 22:14

    Perché giornali e TV non ne parlano mai?


    di padre Piero Gheddo* 

    ROMA, mercoledì, 3 novembre 2010 (ZENIT.org).- Nel gennaio 2010 l’Onu ha lanciato un grido d’allarme nel suo “World Population Ageing 2009” (la popolazione del mondo invecchia): per la prima volta nella storia, entro il 2045 le persone sopra i 60 anni supereranno i bambini, perchè crescono del 2,6% all’anno, tre volte più velocemente rispetto alla crescita normale della popolazione.

    Tale invecchiamento accomuna sia i Paesi ricchi che quelli in via di sviluppo. Nella maggioranza degli Stati al mondo gli abitanti diminuiscono, cioè ci sono più anziani che bambini. La Cina - che per legge ha sposato la politica del figlio unico - sperimenta le tremende ripercussioni sociali che tale scelta suicida provoca: oggi mancano in Cina milioni di donne in età di matrimonio, poiché tutte le coppie volevano il figlio maschio e le bambine venivano e vengono eliminate alla nascita! Il documento del Palazzo di Vetro segnala come il drammatico crollo demografico dell’umanità avrà conseguenze molto gravi in campo sociale ed economico. Cioè ci saranno meno soldi per il welfare, meno per le pensioni, meno per la sanità e per curare gli anziani.  

    Benedetto XVI segnala al n.28 della “Caritas in veritate” come la questione demografica influisce sullo sviluppo: “L'apertura alla vita è al centro del vero sviluppo. Quando una società s'avvia verso la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell'uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l'accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono. L'accoglienza della vita tempra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco”.

    L’ideologia anti-natalista degli organismi dell’Onu sta dando i suoi frutti di morte. Tutti ricordiamo come 30-40 anni fa si parlava di “boom demografico” e di un’Italia che “soffocava” per i troppi bambini. Fare meno figli era considerato benefico per la società e circolava lo slogan: “Meno figli più sviluppo”. Oggi l’Onu dice esattamente il contrario: più figli e più sviluppo, più produzione di ricchezza! Ma allora, aveva ragione Paolo VI con la sua “Humanae Vitae” (nel 1968), enciclica attaccata da una canea di voci abbaianti e offensive, provenienti anche dall’interno del mondo cattolico. Pare proprio di sì. Insomma, dobbiamo augurarci di avere lunga vita, per vedere che i Papi avevano ragione. Meglio crederci subito, fin dall’inizio.   

    La nostra Italia è uno dei Paesi che più soffrono per la scarsa natalità. Secondo i dati Istat del 2008 il nostro Paese ha un tasso di fertilità di 1,37 figli per donna, mentre il livello minimo per assicurare almeno la parità fra nati e morti è di 2-2,1 figli. Nessun Paese europeo ha queste nascite, solo la Francia registra 2 figli per donna, grazie alle molte politiche di sostegno della maternità fatte dai vari governi fin dagli anni Settanta. I Paesi scandinavi e l’Irlanda sono ad un livello leggermente inferiore. Proprio per le scarse nascite, gli abitanti del nostro Paese aumentano solo perché abbiamo circa tre milioni di “terzomondiali” tra noi che hanno un alto tasso di fertilità. Nel 2009, sempre secondo l’Istat sono nati in Italia 80.000 bambini di immigrati su 560.000. Anche se fra loro si nota una progressiva diminuzione delle nascite, man mano che si integrano nella nostra società e cultura dominante.

    Il demografo Gian Carlo Blangiardo, ordinario di demografia all’Università di Milano Bicocca, afferma che  (“Avvenire”, 1 ottobre 2010) ci vogliono sostanziose politiche a sostegno della famiglia e della natalità, per cambiare questa tendenza suicida: occorrono 16 miliardi di Euro, anche investiti gradualmente, e il governo deve trovarli, spiegando agli italiani perché deve limitare altre spese. Infatti c’è “il rischio per l’Italia di un punto di non ritorno”. E spiega: “Quando in Italia nascevano un milione di bambini l’anno, 25 anni dopo c’erano mezzo milioni di madri potenziali. Tra 25 anni le madri potenziali saranno 250.000. O faranno quattro figli ciascuna, ma non credo, oppure, anche con le migliori politiche produrremo numeri inconsistenti”.

    Mi chiedo: perché questo tema non viene mai o quasi mai discusso, studiato, commentato in giornali e televisioni? Ogni sera siamo sommersi dalle chiacchiere dei talk-show televisivi, i giornali portano ogni giorno editoriali e commenti su problemi di attualità. Le “culle vuote”, che nel 2004 il Presidente Ciampi aveva definito “la più grande disgrazia dell’Italia oggi”, è semplicemente ignorato. Forse perché è un tema scomodo. Bisognerebbe infatti anche parlare di quanti bambini italiani in meno nascono in Italia a causa dell’aborto e del divorzio, le due nefaste leggi suicide del nostro popolo e della nostra Italia. Ma anche questo è un argomento tabù.

    ----------

    *Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l'Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.

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    00 21/12/2010 18:08
    Sugli esami in gravidanza

    Privacy genetica


    di Carlo Bellieni


    Cambiano in Italia le linee-guida per l'esecuzione degli esami genetici in gravidanza:  l'amniocentesi - un esame che analizza i cromosomi del feto prelevando liquido dall'utero materno - sarà gratuita solo nelle donne che presenteranno la positività di un esame, meno pericoloso, che mostri un rischio per il bambino di avere una sindrome Down. È un buon passo avanti, visto il pericolo non indifferente che in seguito all'amniocentesi avvenga la morte del feto.

    Ma la diagnosi prenatale genetica, anche quando venga fatta sul sangue materno e senza rischio per il feto, non è eticamente neutra. Se servisse per curare sarebbe altra cosa, ma le possibilità di terapia dei malati di sindrome Down sono praticamente zero; dunque si entra nel segreto più nascosto di una persona, nel suo dna, senza il suo permesso, e verosimilmente non nel suo interesse. Non vorremmo perciò che il parere dell'Istituto Superiore di Sanità facesse sembrare moralmente neutri gli esami genetici fetali non pericolosi, che invece - per chi rispetta la vita e la privacy - solo in pochi casi hanno una giustificazione morale e che rischiano di diventare una routine, cioè uno screening.

    La ricerca della sindrome Down del feto non deve essere uno screening, cioè una ricerca a tappeto, perché non è interesse dello Stato andare a individuare i bambini affetti prima della nascita; altri screening sono ottimi e desiderabili:  per esempio, quelli che si fanno per ricercare delle malattie curabili come l'ipotiroidismo. E non è neanche nell'interesse del bimbo.

    Di recente, i giornali si sono infervorati per la scoperta cinese di un sistema volto a individuare nel sangue materno il dna fetale, con lo stesso livello di accuratezza dell'amniocentesi, ma senza rischi; ma questo a chi giova? Certamente non al paziente analizzato, cioè al feto, cui la diagnosi potrebbe agevolmente essere fatta dopo la nascita. Oltretutto i programmi di screening fatti per individuare a tappeto i soggetti con una certa malattia incurabile - il cui esito porta quasi sempre alla terminazione della vita dei soggetti stessi - bollano come "indesiderati" quei soggetti, e ovviamente anche quelli già nati con la stessa malattia; e questo non è certo un regalo gradito ai malati - ad esempio i talassemici - e alle loro famiglie, che si sentono come dei fuorilegge genetici.

    Ma lo screening della sindrome Down fatto col sangue materno va almeno nell'interesse della donna? La ricerca scientifica sembra propendere per il no, perché l'idea stessa di screening va troppo a braccetto con l'obbligatorietà. Catherine Vassy, dell'Inserm di Parigi, spiega come fu introdotto lo screening genetico in Francia:  "L'espansione dei servizi genetici fu stimolata per iniziativa del Governo, di settori medici e dell'industria. Nelle audizioni del 1996 furono ascoltati i rappresentanti di famiglie di disabili. I loro rappresentanti approvarono limitatamente lo screening per sindrome Down. Entrambe le associazioni si espressero contro la sistematizzazione dello screening biochimico e chiesero di prevedere lo screening su base individuale, a richiesta della donna" ("Social Science and Medicine", ottobre 2006).

    Ancora, su "Fetal Diagnosis and Therapy" (marzo 2008) una ricerca conclude dicendo:  "È difficile per le donne nel primo trimestre esercitare la loro autonomia nel riguardo dello screening per sindrome Down. Molte lo credono obbligatorio". Clare Williams, su "Social Science and Medicine" (novembre 2005), spiega che dalla richiesta individuale "si è passati all'effetto screening che a sua volta favorisce l'effetto "retata"". E una recente review mostra come "seppur molte donne ne conoscano gli aspetti tecnici, più raramente conoscono le finalità degli esami genetici. Molte (dal 29 al 65 per cento) non conoscono l'esistenza di falsi negativi e il 30-43 per cento quella di falsi positivi. Solo poche pensano alle scelte riproduttive [cioè alla possibilità di abortire], al momento di partecipare allo screening" ("Acta Obstetrica and Gynecologica" marzo 2006).

    Insomma:  far diventare screening la diagnosi genetica prenatale surclassa la scelta individuale della donna; tanto che quando si spiegano bene le finalità e i limiti dei test genetici, come avvenne in Olanda, il numero di quelle che la scelgono crolla dal 90 al 46 per cento ("Prenatal Diagnosis", gennaio 2005). Detto in altre parole, la società occidentale che non offre terapie genetiche alla sindrome Down e neanche fa molto per cercarle, si lava le mani e scarica sulle spalle delle donne la responsabilità di chiudere le porte della nascita ai bambini Down, mentre molte donne, come mostra sempre Vassy, vorrebbero mille modi per abbracciare il loro bimbo anche malato ("Trends in Biotechnology", maggio 2005).

    Ci attendiamo allora che con le nuove linee-guida si affermi che l'analisi dei cromosomi del figlio non è un obbligo, ma un'intromissione, a lui non utile, nella sua privacy genetica:  pertanto né da vietare, ma neanche da far diventare routine. E che le stesse linee-guida, dopo avere spiegato come aiutare a evitare le nascite, non omettano la spiegazione di come aiutare le donne a far nascere. Mostrando un percorso clinico virtuoso, in caso di anomalia genetica, che comprenda anche lo specialista della malattia riscontrata, in modo da prospettare in termini approfonditi il quadro clinico e sociale che aspetta il bambino. E indicando le strade per una migliore assistenza economica alle donne e alle famiglie dei bambini malati. Perché nessuna donna debba dire, di fronte a una diagnosi di malattia genetica, di essere stata lasciata sola.


    (©L'Osservatore Romano - 22 dicembre 2010)
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    00 13/01/2011 16:15
    Aborto e contraccezione

    Di Giovanni Corbelli - 11/01/2011 - Bioetica - 430 visite - 

    Studio clinico: raddoppio degli aborti in Spagna nonostante l'aumentata diffusione dei metodi contraccettivi*

    La rivista medica "Contraception" ha pubblicato i risultati di un nuovo studio che pare confutare il ritornello per cui l'impiego di metodi contraccettivi abbasserebbe il numero di aborti. Lo studio, che ha seguito donne spagnole in età fertile dal 1997, è stato effettuato rilevando ogni due anni l'utilizzo di metodi contraccettivi e se le donne fossero rimaste incinte o avessero abortito.

    Lo studio ha rilevato che l'utilizzo complessivo di metodi contraccettivi è aumentato dal 49,1% al 79,9% nel decennio 1997-2007. L'utilizzo di condom è salito dal 21% al 38,8% mentre le donne utilizzano maggiormente la pillola (utilizzo salito dal 14,2% al 20,3%).

    Nonostante la fiducia riposta nella contraccezione, il tasso di aborto volontario è salito da 5,52 a 11,49 aborti ogni 1000 donne [ovvero è *raddoppiato in soli dieci anni!*] Gli autori hanno scritto che «i fattori responsabili dell'aumentato tasso di aborto volontario richiedono ulteriori ricerche».

    Jill Stanek, infermiera e blogger pro-life [qui c'è una sua testimonianza in italiano: ow.ly/3AO0N ], ha notato lo studio e ha commentato: «I risultati erano prevedibili. Ciò che è ridicolo sono le conclusioni dei ricercatori. Chiunque sia dotato di buon senso potrebbe suggerire ai ricercatori che più rapporti sessuali casuali si hanno, maggiore è la probabilità che ne risulti una gravidanza, nonostante l'impiego di contraccettivi. L'utilizzo di contraccettivi fornisce solamente un falso senso di sicurezza. Come è stato recentemente evidenziato da uno speciale di MTV sull'aborto, le minorenni e le giovani donne sono troppo immature o irresponsabili per utilizzare adeguatamente i metodi contraccettivi, tanto per cominciare. E anche gli uomini non sono poi così bravi, visto che persino l'istituto Guttmacher, che è pro-aborto, rileva che la percentuale di fallimento del condom è ben del 17,4%».

    Come rileva lo studio, tutto questo rende chiaro che l'aborto è usato dalle donne spagnole, e verosimilmente anche dalle donne di altri paesi, come un metodo di controllo delle nascite quando l'utilizzo dei metodi contraccettivi e della pillola fallisce.

    La pillola del giorno dopo è stata acclamata dai sostenitori dell'aborto come un metodo per ridurre gli aborti, ma le statistiche degli Stati Uniti e di altri paesi dimostrano il contrario. Secondo il London Daily Mail, i tassi di gravidanza delle adolescenti sono ora più alti di quanto fossero nel 1995 e il numero di gravidanze tra le ragazze sotto i 16 anni è anch'esso al massimo valore rilevato dal 1998.

    Tutto questo nonostante il governo britannico spenda 300 milioni di sterline (360 milioni di euro) nel tentativo di dimezzare il numero di gravidanze fra le adolescenti facendosi promotore di una vasta campagna di educazione sessuale. Il tasso di aborto tra le adolescenti britanniche, secondo il giornale, ha avuto un aumento stabile dal 1999, anno in cui il governo ha messo in atto il suo programma Teenage Pregnancy Strategy [strategia (per il controllo) della gravidanza nell'adolescenza].

    Nel 2008, funzionari svedesi hanno riportato che il numero di aborti in Svezia era aumentato del 17% dal 2000 al 2007 nonostante nello stesso periodo le vendite della pillola del giorno dopo fossero aumentate. La pillola del giorno dopo nel 2001 è diventata in Svezia un farmaco che può essere acquistato senza ricetta medica. Le vendite sono triplicate nella capitale e raddoppiate in tutto il paese.

    Ciononostante, le nuove cifre nazionali indicano 37'205 aborti in Svezia nel 2007, circa il 17% in più rispetto ai 30'980 effettuati nel 2000. A Stoccolma sono stati effettuati 10'259 aborti, con un aumento del 6,9% in un solo anno, rispetto alle cifre del 2006. Nel frattempo, lo scorso anno il numero di aborti in Scozia è aumentato per il terzo anno consecutivo, nonostante una forte propaganda affinché le donne usino la pillola del giorno dopo. Gli aborti in Scozia sono aumentati del 4% secondo un rapporto del British National Health Service [Servizio Sanitario Britannico] ed ora ammontano a 13'703.

    Questo aumento giunge dopo che lo stesso NHS aveva riportato 13'081 aborti nel 2006 e 12'603 nell'anno precedente: un aumento di circa il 3,8%. *

    L'aver maggiormente promosso la pillola del giorno dopo non solo ha avuto come risultato un maggiore, e non minore, numero di aborti, ma anche l'aumento del numero di donne che abortiscono più volte.* Il NHS riferisce che un quarto delle donne, il 26,3%, che hanno abortito in Scozia nel 2008 avevano abortito almeno un'altra volta in precedenza.

    Il che significa che 3'600 donne avevano abortito una o più volte in precedenza, secondo le statistiche governative.

    Infine, una relazione di Planned Parenthood [la più ricca e potente multinazionale degli aborti, grande sponsor di Barack Obama] del West Washington mostra che gli aborti sono in aumento nello stato del Washington nonostante Planned Parenthood abbia partecipato al programma pilota "Take Charge" nello stato del Washington. Take Charge è un programma di Medicaid [un programma statunitense di assistenza per persone a basso reddito] cominciato nel 2001 per fornire gratuitamente contraccettivi a donne con basso reddito non ancora sotto copertura Medicaid. È stato finanziato inizialmente per cinque anni nel 2001, poi esteso per altri tre anni, e nel 2009 ne è stato chiesto il rinnovo.

     Tuttavia il rapporto annuale di Planned Parenthood West Washington mostra che gli aborti sono saliti del 16%, dai 7'790 del 2006 ai 9'059 del 2007. *Il fallimento del controllo delle nascite, della pillola del giorno dopo e della contraccezione come strumenti per diminuire il numero di a**borti non sorprende il dott. Joseph Stanford*, professore associato di Famiglia e Medicina Preventiva presso la Facoltà di Medicina dell'Università dello Utah. Egli dice che gli studi effettuati da lui e dai suoi colleghi mostrano un tasso di efficacia minore rispetto all'89% dichiarato dai Barr Laboratories che producono il "Plan B" [letteralmente "piano B", "uscita d'emergenza", significativo nome commerciale di una pillola del giorno dopo venduta negli USA]: «Abbiamo compiuto una precisa meta- analisi che mostra che è efficace solo nel 72% dei casi, ed anche questa è una valutazione ottimistica» Egli dice che studi svolti in Europa, Cina ed USA mostrano che la pillola del giorno dopo non riduce gli aborti.

    Fonte: articolo di Steven Ertelt comparso il 3 gennaio 2011 su LifeNews.com www.lifenews.com/2011/01/03/study- abortions-double-in-spain-despite-increased-contrapcetion/

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    00 19/07/2011 23:42

    Il Card. Arinze critica i giochi di parole nel dibattito sull'aborto


     

    FRONT ROYAL (Virginia, Stati Uniti), giovedì, 14 luglio 2011 (ZENIT.org).- Il Presidente emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti sostiene che nel dibattito sull'aborto bisognerebbe parlare chiaro.

    Il Cardinale Francis Arinze lo ha affermato sabato scorso durante una conferenza sulla bioetica ospitata dal Christendom College di Front Royal alla quale hanno partecipato, oltre al porporato, anche il Vescovo Robert Morlino di Madison (Wisconsin), l'autrice Janet Smith e padre Tadeusz Pacholczyk.

    Il Cardinal Arinze ha osservato quanto i diritti umani fondamentali siano inviolabili perché sono dati da Dio e sono inerenti alla persona umana.

    “Se una persona viene uccisa, a che le servono tutti gli altri diritti?”, ha chiesto. “Alcuni dicono 'Personalmente sono contro l'aborto, ma non imporrò la mia visione agli altri'. E' come dire 'Alcuni vogliono sparare a tutti voi al Senato e alla Camera dei Rappresentanti, ma io non imporrò loro i miei punti di vista'”.

    “Non è altamente illogico per alcune persone parlare di balene, scimpanzè e alberi come 'specie in pericolo' che devono essere preservate – e se si tortura un cane in certi Paesi si viene portati in tribunale per crudeltà verso gli animali – mentre l'assassinio di bambini non nati viene definito 'pro-choice' anziché ciò che è, ovvero un omicidio? Bisogna dire pane al pane e vino al vino”.

    L'autrice Janet Smith ha affrontato invece la questione della contraccezione. Usando la filosofia del personalismo contenuta nella teologia del corpo del beato Giovanni Paolo II, ha spiegato gli effetti dannosi della contraccezione sulla relazione sponsale.

    “Avere relazioni sponsali con una persona e non essere aperti ad avere un figlio con quella persona negherebbe la realtà per cui il rapporto sessuale porta a relazioni che durano una vita”, ha detto. “Dovrebbe essere qualcosa per cui si gioisce, non una cosa vista come una punizione per il fatto di avere rapporti sponsali”.

    Padre Tadeusz Pacholczyk, del National Catholic Bioethics Center, ha invece parlato della ricerca sulle cellule staminali embrionali.

    La pubblicità di Hollywood, la curiosità scientifica e la ricerca di lucro sono gli elementi che fanno sì che la distruzione di embrioni per ottenere cellule staminali sia finanziata e attiva, ha affermato.

    Il sacerdote ha sottolineato l'ironia di una legge statunitense del 1940 che difende non solo l'aquila di mare dalla testa bianca, ma anche il suo uovo.

    “Se riteniamo che distruggere un uovo d'aquila sia un male come distruggere un'aquila, perché non riusciamo a pensare lo stesso quando si tratta di vita umana?”, ha chiesto.

    Il Vescovo Morlino ha poi proseguito la discussione con una presentazione sul diritto naturale e le discussioni sul fine vita.

    “Ogni caso di malattia terminale o di una persona moribonda è unico”, ha dichiarato.

    “Le valutazioni non sono difficili da fare, è la comunicazione pastorale ad essere difficile. Se la persona non si sente un peso per gli altri e non lo è, l'approccio pastorale alla comunicazione della verità è molto più semplice”.

    Lorna Cvetkovich, del Tepeyac Family Center, ha quindi discusso le sfide che devono affrontare i cattolici che praticano la medicina.

    “Nella nostra società, l'80% delle donne ha usato pillole anticoncezionali. Se si hanno più di 35 anni  e si ha un figlio, c'è una possibilità del 50%-60% che si sia stati sterilizzati, e la percentuale di gravidanze con la fecondazione in vitro aumenta ogni anno”, ha sottolineato. “Dobbiamo affrontare molte cose”.

    I professionisti medici cattolici, ha indicato, devono preoccuparsi non solo delle questioni relative alla salute riproduttiva, ma anche delle pratiche della ricerca. Una sfida per la professione medica è capire e riconoscere quando l'ideologia ha battuto l'ideale scientifico.

    “Molti dati e varie ricerche hanno mostrato che l'aborto aumenta il rischio di cancro al seno”, ha commentato. “Perché lo si nasconde? In passato potevammo confidare nel fatto che la gente avesse la volontà di compiere ricerche positive”.

    Concludendo, la Cvetkovich ha confessato di temere per il futuro della medicina cattolica:  “Dovremo scegliere tra praticare una medicina anti-ippocratica e pro-choice e praticarne una ippocratica, cattolica, pro-vita e perdere il nostro lavoro”.

     

     

     

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    00 03/08/2011 14:20

    RADIO RADICALE ATTACCA LA CHIESA E I CRISTIANI, MA POI RICEVE AIUTO DAI RAPPRESENTANTI DEL MONDO CATTOLICO



    di Francesco Agnoli

    E' bene, ogni tanto, dire le cose come stanno. Perché ci sono momenti in cui, a mio avviso, la misura è colma. In questi giorni radio radicale torna all'attacco, per incassare i suoi soliti 10 milioni di euro. Crisi economica o meno, chissenefrega, 10 milioni di euro (all'anno, per 3 anni) sono e i radicali, quelli che si battono contro il finanziamento pubblico ai partiti (degli altri), li vogliono tutti: certo non saranno loro a preoccuparsi per i tagli che colpiscono, per esempio, le famiglie. Nessuno di loro ne ha una, e il loro unico impegno, si sa, è per distruggerne il più possibile.

    Ebbene, si diceva, 10 milioni di euro! Per averli Pannella e Bonino sono andati a bussare a tutte le porte. E come sempre, le hanno trovate tutte aperte, a destra come a sinistra. E' sempre successo così. Alla fine i radicali hanno pochissimi voti, ma uomini dovunque: radicali veri; ex radicali ancora affezionati alla casa madre; radicali sotto mentite spoglie, come Della Vedova; radicali in prestito, come Daniele Capezzone... L'elenco di queste personaggi sarebbe troppo lungo, poco meno dell'elenco incredibile di quelli che hanno prontamente firmato, come sempre, l'appello in favore della radio stessa.

    Tra i firmatari, come ha denunciato Danilo Quinto sulla sempre più bella e coraggiosa Bussolaquotidiana, molti "cattolici".

    Cattolici dei miei stivali, verrebbe da dire, al cattolico rozzo e reazionario che scrive. Cattolici che ritengono essenziale che lo Stato versi milioni di euro all'uomo, Marco Pannella, che ha rovinato il paese con i suoi referendum nichilisti; alla radio che da anni e anni di batte per: aborto; divorzio; divorzio breve; "rientro dolce" dell'umanità da 6 a 2 miliardi; droga libera; eutanasia; tentativi di incriminare Benedetto XVI per pedofilia; manipolazione genetica; eliminazione seriale degli embrioni per scopi curativi; clonazione...

    Li volete, questi nomi?

    Da Pierluigi Castagnetti a Giuseppe Fioroni, da Gianfranco Rotondi a Savino Pezzotta...(http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-i-soldi-di-pannella-2508.htm).
    E oltre a costoro: la focolarina Maria Letizia De Torre, Dario Franceschini, la prodiana Marina Magistrelli, Eugenia Roccella, Bruno Tabacci...
    Se avete letto bene i nomi, forse ne avrete notati in particolare due: Eugenia Roccella e Savino Pezzotta. Qualcuno ricorderà bene: i portavoce del Family Day del 2007!

    Coloro che accettarono senza indugi di rappresentare oltre un milione di cattolici che manifestavano per la famiglia, contro le politiche radicali della sinistra.

    Queste stesse persone, che ora sostengono Pannella, Bonino e radio radicale, hanno costruito la loro carriera politica anche sul Family Day (grazie al quale sono stati in tv per lunghi mesi e dopo il quale sono entrati in Parlamento). Due parole, in particolare, sull'ex radicale Eugenia Roccella, visto che delle piroette dei democristiani non si stupisce più nessuno. Roccella, dicevo: persona squisita, intelligente, simpatica, lo dico davvero, che però ha il vizietto, per me, di essere ancora pro divorzio e pro aborto. Di essere una fan della legge 194, quella in nome di cui il Tar del Piemonte esclude i volontari pro vita persino dai consultori.

    Si può, con questo vizietto, rappresentare il mondo cattolico? Eppure Roccella, causa la sua nobile battaglia contro la Ru 486, è diventata improvvisamente editorialista di Avvenire, opinionista dell'Osservatore Romano, portavoce del Family Day, e, quando si volle fare una nomina "cattolica" al ministero strategico della Salute, sottosegretario! Una enfant prodige dietro cui si è mosso, a quanto sembra, l'astuto cardinal Ruini. Ma sono troppo astute, certe tattiche: si scelgono persone a modino, che non urtino la sensibilità laicista, che abbiano ancora gli "amici giusti" e un pedigree presentabile (Roccella è stata una delle principali artefici della legge 194 negli anni Settanta)... peccato che poi ci si debba accorgere di aver portato al governo chi delle idee cattoliche non si fa difensore, né a parole, né coi fatti.

    Ma così è. Che ci tocchi sentire, un giorno, che una parte dell'8 per mille va data ai radicali e alla loro radio, perché si battono contro la fame nel mondo (incentivando l'eliminazione dei bambini)? Se questi sono i cattolici, può anche succedere...

    Fonte: Libertà e Persona, 19/07/2011
    Pubblicato su BASTABUGIE n.203


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 22/08/2011 22:39

    Crisi economica, e tassazione degli immobili ecclesiastici: una risposta a tante bugie!

    Come ogni estate, ecco pronto anche quest'anno la polemica ecclesiastica.
    Si son lette, anche su facebook (IL VATICANO NON PAGA ICI, IRPEF, IRES, IMU, TASSE IMMOBILIARI E DOGANALI, MA NEANCHE GAS, ACQUA E FOGNE. E' TUTTO A CARICO DEI CONTRIBUENTI ITALIANI. Possiede il 30% del patrimonio immobiliare Italiano e con l'8 per mille toglie quasi 1 Miliardo di Euro all'anno all'Italia. Tassare la Chiesa e i suoi possedimenti in Italia é giusto per gli Italiani. SE CONDIVIDI COPIA E INCOLLA SULLA TUA BACHECA), tante bugie, tante polemiche, tante strumentalizzazioni dovute ad ignoranza (o a malafede). E, sempre per ignoranza i Cattolici sono frastornati e non sanno cosa rispondere, per confutare le illazioni infondate contro la Chiesa, riguardo alla pretesa evasione (legittimata -dicono- da leggi servili) da parte della Chiesa Cattolica in Italia, assurta quale concausa della crisi economica del Paese.
    Da più parti si innalzano assurde proposte di "tassazione" degli oratori e di tutti gli immobili di proprietà della Chiesa-Ente Giuridico (con Ici, Imu, ecc.) e di abolizione / modifica del sistema dell' 8xMille.
    Pur esulando il tema dal nostro principale "carisma", proponiamo ai lettori (tratta da La Bussola Quotidiana) una risposta precisa e competente a queste bugie, affinché, se del caso, siano meglio informati su come stanno le cose, e soprattutto abbiano materiale e documentazione per controbattere e replicare alle "chiacchere da bar" sull'argomento e smaschere il palese intento diffamatorio delle accuse e delle proposte a svantaggio della Chiesa.
    E poi qualcuno dica a questi facinorosi "fiscalisti" che ormai, nel 2011, bisogna essere precisi, visto che i mezzi per apprendere e informarsi ci sono e sono diffusi: il Vaticano, inteso come Stato -sovrano, tra l'altro, al pari di San Marino- è una cosa, mentre la Chiesa Cattolica e la C.E.I., sono un'altra!

    Roberto


    E' l'ora del Bar Economia: «Crisi colpa della Chiesa»
    di Luca Negri, La Bussola Quotidiana del 18-08-2011

    In Italia, come è noto, vivono milioni di esperti di calcio. Loquaci commissari tecnici spuntano soprattutto nelle fasi calde dei mondiali di football, tutti con la loro invincibile formazione, i loro bravi schemi.
    In questi giorni di grave crisi economica invece si stanno moltiplicando gli economisti improvvisati. Ognuno ha la sua ricetta per sanare i conti pubblici: taglia di qua, privatizza di là, tassa su e giù.
    In questo concerto un poco stonato non poteva mancare la voce del razionalismo italico. O almeno di quelli che pretendono di rappresentarlo.

    L’Unione Atei e Agnostici Razionalisti, la setta laicista onorevolmente presieduta, fra gli altri, da Margherita Hack e Piergiorgio Odifreddi, ha detto la sua per mezzo di un comunicato stampa.
    Dato che “nessuno parla di intervenire sugli enormi contributi che lo Stato eroga ogni anno per fini religiosi”, l’audace Uaar ”ricorda che, anche solo lasciando allo Stato la quota delle scelte inespresse dell’Otto per Mille, si recupererebbero ogni anno oltre seicento milioni di euro”. E casualmente, neanche fosse un ordine di scuderia scattano i media italiani nell'attacco alla Chiesa: solo ieri hanno fatto da eco alle argomentazioni dell'Uaar Il Fatto Quotidiano e Filippo Facci nella sua rubrica su Libero.
    Ovviamente non solo 8xmille: “Introducendo l’ICI sui beni ecclesiastici ad uso commerciale, azzerando l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione destinati all’edilizia di culto ed eliminando, come Costituzione comanda, ogni onere statale per la scuola privata, la cifra aumenterebbe in modo ancora più sostanzioso”. Non ci dicono quanto sostanzioso, né ci spiegano come distinguere infallibilmente un ”uso commerciale” da quello caritatevole, assistenziale o pastorale.

    È invece sicuro che limiterebbero la libertà di insegnare altre verità rispetto alle loro così in sintonia con il pensiero unico secolarizzato. Molte scuole cattoliche chiudono, altre sarebbero costrette a chiudere senza i finanziamenti pubblici. Non sarebbe solo un danno per chi ci lavora e per gli ordini religiosi che le gestiscono; avremmo nel corso di poche generazioni compatrioti del tutto incapaci di comprendere Dante, Manzoni o Michelangelo, cadrebbe nell’oblio un patrimonio culturale che ha reso grande l’Italia e che la scuola pubblica non è più tanto orgogliosa di tramandare. Certo, non sarebbe un problema per l’Uaar. Probabilmente Odifreddi è pronto a colmare tutte quelle lacune con robuste dosi di matematica; lui è convinto che insegnando fin dall’asilo che 2 più 2 fa 4 si liberino i piccini dalla nefasta superstizione di Gesù bambino.
    Il problema, secondo i razionalisti di casa nostra, è un altro: “L’entità della somma che finisce nelle tasche delle organizzazioni ecclesiastiche è sconosciuta persino al governo”. Strano. Se così stanno le cose, ci permettiamo di consigliare al Ministro Tremonti e a tutti gli agnostici una breve visita al sito www.8xmille.it/. Con pochi clic sono disponibili i bilanci che chiariscono come la Conferenza Episcopale Italiana faccia uso del prelievo Irpef, anno per anno, regione per regione.

    Con i ricavi dell’Otto per mille la Chiesa cattolica costruisce nuove chiese su tutto il globo, compie la sua missione di annuncio del Vangelo, restaura e tiene in vita beni culturali di valore inestimabile, fa la carità, ovvero crea ospedali, orfanotrofi, mense per poveri in Italia e nei paesi del Terzo Mondo (che esiste ancora, nel caso qualcuno se ne sia dimenticato). E paga anche gli stipendi ai sacerdoti, persone che veramente non “staccano mai” dal lavoro, e proprio perché sacerdoti cattolici non possono limitarsi alla celebrazione della liturgia ma svolgono un’insostituibile funzione sociale.

    Eppure l’Uaar considera le istituzioni cattoliche dei veri e propri parassiti dell’economia nazionale, non vuole comprendere quanto intervengano dove lo Stato non riesce ad arrivare, forse ignora il principio di sussidiarietà. È convinta che siano “privilegi” quelli della Caritas, ad esempio: assistere minori, lenire i dolori delle infermità fisiche e mentali, aiutare famiglie ed individui in difficoltà economica, contribuire ad un dignitosa integrazione di immigrati spesso dimenticati dallo Stato. Probabilmente non mancano preti, frati, suore e laici che chiamano privilegio fare tutto ciò; certo non nel senso inteso da atei e agnostici uniti nella lotta anticlericale. [e poi, eliminando questi pretesi "privilegi" agli enti ecclesiastici -il cui mantenimento spesso ha origine caritivo e non pesa sugli Italiani-, molti dei servizi e delle funzoni di rilievo sociale, assistenziali, di cura, di istruzione ecc, svolte da quegli enti verrebbero a mancare, o, per sopravvivere, andrebbero a "pesare" sulle finanzie del Paese che sarebbe costretto a occuparsene; n.d.r.]
    Si facciano un giro questi liberi pensatori nella Piccola casa della Divina Provvidenza fondata dal Beato Cottolengo a Torino. Fra quelle mura possono interrogare disabili, anziani, tossicodipendenti, alcolizzati, malati di ogni possibile male. Chiedano a loro cosa ne pensano dell’ICI.

    Oppure si leggano le pagine del “Viaggio in Italia” scritte nel 1983 da Guido Ceronetti (artista e pensatore non certo cattolico e che sui temi bioetici la pensa bene o male come loro) dopo aver visitato “l’isola Cottolengo” che “resiste coi suoi vecchi statuti nel frenetico mare di denaro della città nevrotica, custode di un tesoro che ha nome: il Denaro non come fine” .
    Ecco, per tutta la Chiesa il denaro non è un fine ma un mezzo. Mezzo ben più nobile dei mezzucci dell’Unione Atei e Agnostici Razionalisti.

    SI VEDA ANCHE QUESTO ARTICOLO DI V. FELTRI SU "Il Giornale" del 20 agosto 2011 "Ma quali privilegi? La Chiesa paga le tasse!" che leggiamo su UnaFides.
    ps. Inizino a far pagare le tasse ai centri sociali, che quando organizzano manifestazioni e cortei distruggono negozi e auto di mezza città!


    fonte: LaBussolaQuotidiana.it



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 25/11/2011 00:10
    La provetta distratta miete vittime... BASTA CON LE BUGIE [SM=g1740730]


    di Tommaso Scandroglio
    21-11-2011
    fonte: LaBussolaQuotidiana.it


    La fecondazione artificiale è una roulette russa. Il più delle volte ci va di mezzo il figlio, altre volte anche la madre. Per il bambino concepito tramite Fivet gli ostacoli compaiono sin da subito: solo il 6% dei concepiti vedrà la luce. Ad esempio il Dipartimento della Salute inglese informa che per un bambino in braccio nato tramite Fivet vengono sacrificati 30 suoi fratellini. Dal 1991 ad oggi sono stati utilizzati 3milioni di embrioni per avere solo 100.000 nascite. Di quei tre milioni quasi la metà non è arrivato al traguardo del parto a causa delle procedure tecniche assai fallaci, l’altra metà è stata volutamente distrutta perché eccedente e circa 100.000 piccoli esseri umani sono stati invece usati per la ricerca come cavie (ovviamente anche questi non ce l’hanno fatta).

    Ma anche una volta che l’embrione è uscito dalla provetta ed è stato impiantato in utero i guai per lui non sono finiti. Un articolo di “Human Reproduction Up Date” del 2002 ci informa infatti che un bambino su cinque muore o poco prima o poco dopo la nascita. Una cifra che è quattro volte superiore alle gravidanze naturali.

    Scampato al rischio di morte perinatale, però la Fivet lascia in eredità ai suoi figli non pochi problemi. Uno studio belga condotto su quasi 3.000 casi rivela che il 30% dei bambini nati da provetta è prematuro e nel 25% dei casi necessita di cure intensive. I difetti genetici poi si presentano nel 21-37% dei casi: una frequenza fin a quattro volte superiore per certe patologie rispetto ai nati in modo naturale.

    Se sommiamo tutti questi rischi ed altri che per brevità qui non possiamo indicare, il 56% dei bambini nati da fecondazione artificiale presenta o potrà presentare in futuro delle patologie anche molto serie (Hansen “Il rischio di maggiori difetti congeniti dopo ICSI e FIVET”, “New England Journal of Medicine” 2003).

    Anche per le donne la Fivet non è una passeggiata. La stimolazione ovarica può provocare distensione addominale, ciste ovariche, ingrossamento abnorme delle ovaie, nausea, vomito e diarrea, accumulo di trasudato nel peritoneo e nella zona della pleura, alterazione della respirazione, ipercoagulazione (che può causare trombi), patologie neurotiche, cancro al seno e all’utero e persino la morte (Nygren in “Human Reproduction” 2001; Schenker-Ezra in “Fertility and Sterility” 1994). Se si scampa a tutto ciò c’è la forte frustrazione psicologica di aver affrontato un calvario fisico assai stressante e come contropartita non riuscire nemmeno a stringere a sé il bambino così tanto desiderato. Infatti, secondo l’Istituto Superiore della Sanità, solo il 15-20% delle coppie riesce ad avere un figlio tramite Fivet.

    Forse è anche per questo che ad esempio in Inghilterra sono cresciuti i compensi per le “donatrici” di ovuli (che ora sarebbe meglio chiamare “venditrici di ovuli”): da 250 a 750 sterline (da 290 a 870 euro). Ovuli che serviranno a quelle coppie in cui la donna per sue patologie o perché troppo in là negli anni non riesce a concepire. L’incremento della diaria alle “donatrici” è proprio motivato dal fatto che la stimolazione ovarica è assai dannosa e quindi l’incentivo economico dovrebbe invogliare le giovani donne a farsi mungere a favore di coppie sterili o infertili.

    Dunque le tecniche di Fivet sono assai fallaci perché poco efficaci, spesso letali per il nascituro o comunque dannose per la sua salute e per quella della madre. Un farmaco qualsiasi che presentasse tutti questi inconvenienti non solo sarebbe stato ritirato dal mercato da tempo, ma non sarebbe mai riuscito ad arrivare in farmacia. Ma laddove non riesce ad arrivare la scienza, arriva l’ideologia.

    A tutto ciò si aggiunge quello che di recente ha comunicato la Human Fertilisation Embryology Authority (HFEA), massima autorità inglese in fatto di fecondazione artificiale. Nelle cliniche inglesi nel 2010 si sono compiuti 564 errori nelle procedure. Un numero triplo rispetto al 2007. E non errori di poco conto: inoculazione dello sperma sbagliato negli ovociti, distruzione accidentale degli embrioni e impianto di questi in uteri sbagliati.

    I sostenitori della Fivet diranno che la validità delle tecniche di riproduzione in laboratorio non possono essere messe in discussione, perché in questi casi si tratta con piena evidenza del famigerato errore umano. Ma l’obiezione è infondata. Questi errori sono figli legittimi della provetta almeno per due ragioni. La prima: Dio Padre, o per gli aficionados del pensiero laico Madre Natura, ha stabilito che si nasca dall’abbraccio amoroso tra un uomo e una donna. Ora togliere il concepimento dal talamo è snaturarlo perché si affida questo momento delicatissimo e tutti gli altri momenti successivi alle rozze mani di noi uomini. Mani che al confronto delle leggi sapientissime che regolano la fertilità non possono che rimanere maldestre anche nel caso in cui fossero protette da guanti in lattice come quelle dei tecnici di laboratorio plurilaureati e iperpsecializzati.

    Gli errori grossolani di cui sopra sono poi l’esito necessario ed inevitabile delle tecniche di fecondazione artificiale anche perché tali procedure reificano il concepito, trattandolo come un prodotto, come una merce. Ciò che nasce in una provetta di vetro e poi viene messo in un freezer e che è tanto piccolo che per vederlo lo devo mettere sotto un microscopio, come può essere uno di noi, un uomo? Chi opera nel settore allora è pervasivamente impregnato da questo approccio verso il bimbo in provetta. E dunque, nella testa del personale tecnico che manipola l’embrione, questi è solo materiale organico non una persona di statura minutissima. E’ chiaro allora che l’attenzione scema.

    Infine a ciò si aggiunge la mole impressionante di embrioni “stoccati”, numero così rilevante che comporta una squalificazione del valore di ogni singolo nascituro. Ciò a voler dire che tra tanti embrioni manipolati e tra tanti che non ce la fanno, uno che viene distrutto per errore o che viene concepito con il seme non del suo genitore naturale ma di un terzo, non fa poi più di tanto problema.

    Semmai l’inconveniente provocherà imbarazzo per una questione di forma. Cioè si condannerà la distrazione per mancanza di serietà professionale del tecnico di laboratorio, e non perchè a causa di quella distrazione una persona è stata uccisa o crescerà non con i suoi genitori biologici. Insomma varrà più la deontologia medica che l’etica umana.


    [SM=g1740720]

    ***********************************

     «Mio padre si chiama donatore»


    di Raffaella Frullone


    «Ho passato anni della mia infanzia a fantasticare su di lui. Costruivo castelli sulle poche cose che sapevo: capelli biondi, occhi azzurri, laureato. Giorni frenetici e notti insonni passate a immaginare il suo carattere, le sue passioni. “Forse era un musicista, come me”, mi dicevo, “forse era un’artista squattrinato, per questo l’ha fatto,  aveva bisogno di soldi”. Poi ho scoperto che il donatore numero 81 era un professionista affermato, un medico che si definisce credente. Il mio padre biologico».

    24 anni, newyorkese, Alana Stewart è quello che in gergo tecnico si chiama a donor-conceived adult, ossia un adulto concepito da donatore. La sua è una delle vicende raccontate nel documentario Anonymous father’s day (giornata del padre anonimo) che per la prima volta dà voce a un popolo che ogni anno nei soli Stati Uniti conta dai 30mila ai 60mila nuovi nati. Tanti sono infatti i bimbi che vengono al mondo grazie alla donazione di sperma da parte di padri rigidamente protetti dal più totale anonimato.

    Prodotto da Jennifer Lahl, già direttrice di Eggsploitation (sul tema della donazione di ovuli), e presidente del Center for Bioethics and Culture Network di San Francisco, il documentario, disponibile on line in lingua inglese, offre una panoramica inquietante su un’industria globale senza traccia che sta timidamente venendo allo scoperto grazie ad internet. Mai come in questi anni infatti, proliferano blog, siti e social network attraverso i quali i figli di padre donatore cercano tracce delle proprie origini, si incontrano tra “fratelli”(un donatore può arrivare ad aver generato anche 150 volte), tentano di dare un volto e un nome ad un padre del quale conoscono soltanto il codice identificativo, l’area in cui il seme è stato “distribuito”, il lasso di tempo in cui l’attività di donazione è proseguita.

    I 60 minuti del film ospitano il contributo di Elizabeth Marquardt, direttore del Center for Marriage and Families at the Institute for American Values, curatrice del rapporto FamilyScholars.org e coautrice, insieme a Norval D. Guenn e Karen Clark, dello studio My Daddy’s Name is Donor, ovvero “Mio papà si chiama donatore”, condotto su un campione di 485 adulti di età compresa tra 18 e 45 anni con lo scopo di effettuare un primo monitoraggio su una generazione di persone concepite in risposta ad un irrefrenabile desiderio di maternità e poi abbandonate al loro destino.

    «Il 67% degli intervistati ha affermato di sentirsi perso dal momento in cui ha appreso di essere figlio di donatore – afferma la Marquardt – e di voler conoscere il proprio padre biologico. Il 70% ha ammesso di trascorrere molto tempo fantasticando sulla vita e le abitudini del donatore e di non riuscire a darsi pace. Tra i dati registriamo poi una stretta correlazione tra il ricorso al padre donatore e il fallimento delle unioni matrimoniali».

    «Quello a cui siamo abituati a pensare quando si parla di donazione di sperma, o anche di ovuli, è come aiutare le persone ad avere un bambino, – spiega Jennifer Lahl, che da anni studia gli effetti delle tecniche di procreazione assistita – mai riflettiamo sulle prospettive di determinate scelte, dei diritti, dei desideri delle aspettative del nascituro. Cosa succede ad un ragazzo quando scopre che il papà che l’ha cresciuto non è il suo padre biologico? Cosa succede ad una donna quando l’anziana madre scoperchia il baule del passato e scombina le carte che sono sempre state in tavola? Come si rapporta ad un bambino un "padre acquisito"? Quale è “l’impatto etico” dei donatori di sperma sui loro figli? ».

    Per rispondere a domande come queste il documentario ha scelto di raccontare la storia di Alana Stewart, che gestisce il sito anonymousus.org attraverso il quale raccoglie e riporta le storie di chi, come lei, ad un certo punto, ha scoperto di non avere più radici.

    «Avevo 5 anni, era un giorno come un altro, mi stavo preparando per andare a scuola, quando mia mamma mi ha detto che ero figlia di un donatore. Così, semplicemente. Ero confusa, ma sicuramente ho subito dato un nome a quello strano senso di estraneità che da sempre percepivo nei confronti di papà. Ho una sorella di 2 anni più grande e mia madre quel giorno mi ha spiegato che lei invece era stata adottata. Qualche anno dopo i miei genitori si sono separati e mia madre ha concepito naturalmente il suo terzo figlio con un nuovo compagno. Ho visto mia madre crescere tre “tipologie biologiche di figli” e le differenze, certamente involontarie, nel suo rapporto con noi. Ho visto l’unico padre che conoscevo chiedere, dopo il divorzio, la paternità della mia sorella maggiore e non la mia. Sentiva più sua la figlia adottata, rispetto a me».

    Nonostante gli occhi, a tratti velati di lacrime, Alana racconta la sua storia con distacco, come se quello che dice le appartenesse fino ad un certo punto, come se per mettersi al riparo da uno smarrimento ancora maggiore si fosse rifugiata nelle sue poche certezze. Il senso di estraneità e smarrimento  accomuna la sua vicenda a quella di tanti altri, tra i quali  Barry Stevens che nel documentario racconta di aver saputo soltanto alla morte del padre, la verità “biologica” sul suo concepimento. «Suona strano ma è come se io avessi sempre sentito una forma di distacco nei suoi confronti e mia sorella provava la stessa identica cosa. Come se in famiglia ci fosse sempre stato un segreto e noi due ne fossimo tenuti all’oscuro. Era alienante, mi sentivo perennemente incerto».

    La crisi di identità e il senso di confusione percepiti dai figli di donatori rientra in quello che viene chiamato genealogical bewilderment, ovvero “smarrimento geneologico”. Spiega la regista: «Il bambino sente insieme curiosità e confusione rispetto a chi appartiene, alla sua identità, alle sue radici, al suo posto nella famiglia. Lo si vede nei bambini adottati, che chiedono di sapere dei loro genitori biologici, e ancor più succede nei bimbi nati da donatore, per i quali la ricerca del padre è resa ancor più difficile dalla protezione della privacy di chi dona, da parte delle cliniche».

    «Mi sembra assurdo che gli ospedali trattengano così tante informazioni sui donatori e non si preoccupino dei diritti di chi nasce – osserva Barry Stevens. – Ci vogliono convincere che un padre donatore non sia altro che una persona disposta ad aiutare chi non riesce ad avere figli, una prassi ordinaria. Non considerano che abbiamo tutti una grande domanda di senso nel cuore che ci porta a domandare: chi sono? Da dove vengo? Ci ripetono è una cosa normale, che non c’è nulla di male. Eppure qualcosa non torna...».

     

    [SM=g1740771] 

     


    [Modificato da Caterina63 09/12/2011 15:52]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 17/08/2012 23:48

    [SM=g1740733] Tasse: bisogna pagarle sempre?

    "Ci sono almeno due casi in cui non solo è lecito non versare i contributi richiesti dallo Stato ma è addirittura doveroso non pagare le imposte"

    di Tommaso Scandroglio

     

     

    Pagare le tasse è un dovere oltre che giuridico anche morale? Sì, ma dal punto di vista morale è un dovere affermativo contingente, cioè da non rispettare sempre. Questa affermazione non è un incitamento alla disobbedienza civile, ma semmai un invito all’obbedienza di alcuni principi etici.

    Vi sono almeno due casi in cui non solo è lecito non versare i contributi richiesti dallo Stato ma è addirittura doveroso non pagare le imposte.

    Il primo caso nasce dalla risposta che diamo alla seguente domanda: perché paghiamo le tasse? In sintesi potremmo dire che noi versiamo i tributi al fine di permettere allo Stato di erogare alcuni servizi pubblici. Servizi di cui in parte godiamo sicuramente noi tutti nessuno escluso – pensiamo alle infrastrutture o alla difesa del territorio locale – ed in parte utilizzano solo alcuni: poniamo mente ai soldi che lo Stato versa per alcune ricerche cliniche di cui beneficeranno solo alcuni cittadini, o alle risorse destinate alla produzione di film che non saranno visti di certo da tutta la popolazione italiana, etc.

    Ora tutti questi servizi, anche quelli di cui costantemente trae beneficio l’intera collettività, sono gerarchicamente dal punto di vista valoriale meno importanti della propria sussistenza in vita e di quella dei propri cari. Se dunque per pagare le tasse sottraggo risorse indispensabili per permettere di condurre una vita dignitosa a me e alla mia famiglia allora non solo è lecito, ma anche doveroso non pagare le tasse o almeno non tutte (cioè pagare solo una quota di esse che mi permetta di soddisfare anzitutto le esigenze primarie del vivere). Prima ci sono i doveri morali verso se stessi e poi i doveri morali verso gli altri, cioè Stato e altri cittadini. Non è egoismo ma logica etica e quasi pragmatica: prima di poter aiutare i lontani devo essere in grado di aiutare me stesso e in modo concentrico chi sta vicino a me e verso cui ho doveri morali prioritari rispetto alla generica collettività. Chi versa in uno stato di indigenza come fa a contribuire al bene pubblico quando è incapace di contribuire prima al proprio bene privato e personale?

    C’è un passaggio della Somma Teologica di Tommaso D’Aquino che pur trattando dell’elemosina può fare al caso nostro per analogia delle argomentazioni addotte: “Il necessario può essere di due specie. Primo, può trattarsi di un bene, senza il quale un dato essere non può sussistere. Ebbene, dare l'elemosina con tale necessario è assolutamente proibito: e cioè, nel caso che uno, trovandosi in necessità, avesse appena di che sostentare se stesso e i propri figli, o altre persone a lui affidate. Infatti dare l'elemosina con questo necessario equivale a togliere la vita a se stesso e alla propria gente” (Tommaso D’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 32, a. 6). Se pagassi le tasse e così mi togliessi il pane di bocca, allora sarebbe vietato pagare le tasse.

    L’obiezione potrebbe essere la seguente: il Dottore Angelico parla di elemosina e non di tasse e quindi il paragone non regge dato che l’elemosina è un gesto non doveroso dal punto di vista morale, un gesto gratuito (trattasi di consiglio supererogatorio); le tasse invece rientrano nell’alveo dei doveri morali. Ma, ed ecco la risposta all’obiezione, anche tra i doveri morali esistono delle gerarchie da rispettare, delle priorità. Ad esempio: è dovere morale restituire le cose avute in deposito. Facciamo il caso che io abbia in deposito una pistola ricevuta da Tizio. Questi mi chiede di restituirgli l’arma perché vuole sterminare la famiglia. Il dovere morale di tutelare la vita delle persone mi obbligherà a non consegnare l’arma. Cioè prevale l’obbligo morale della tutela della vita rispetto a quello di restituzione delle cose avute in deposito. Nel nostro caso, in stato di necessità, prevale il dovere morale di garantire una vita dignitosa a me e ai miei cari rispetto al dovere morale di pagare le tasse, se il pagamento di queste pregiudica il primo dovere morale che è assai più importante.

    Il criterio per non pagare le tasse quindi va ricercato nell’espressione “vita dignitosa”.  Non solo non devo versare le tasse se pagando queste rischio di morire perché non ho di che vivere (ed è il caso appena illustrato da Tommaso), ma non devo pagarle anche nel caso in cui non vivessi un’esistenza decorosa secondo il mio stato, cioè se versando i tributi fossi costretto a vivere di stenti. Per spiegare questo passaggio rifacciamoci sempre all’Aquinate il quale ci viene in soccorso quando, continuando il discorso appena citato, specifica cosa significhi l’espressione “bene necessario”: “Secondo, un bene può essere necessario nel senso che senza di esso non è possibile vivere secondo la condizione o lo stato della propria persona, o delle persone affidate alle proprie cure. Però i limiti di questo necessario non sono qualche cosa di rigidamente definito: ché con l'aggiunta di molti beni non si può giudicare senz'altro di essere al di là di tale necessario; e con la sottrazione di molte cose rimane ancora possibile vivere secondo il proprio stato. Ebbene, fare elemosina con codesti beni è cosa buona: ma non è di precetto [non è un obbligo morale], bensì di consiglio. Sarebbe un disordine invece se uno elargisse tanto dei suoi beni, da non poter vivere con ciò che rimane secondo il proprio stato, o da non poter compiere i propri doveri: infatti nessuno deve vivere in maniera indecorosa” (ibidem).

    Quindi non devo pagare le tasse non solo se pagandole metto a repentaglio l’esistenza mia e dei miei cari, ma anche nel caso in cui pagandole non posso godere di quei beni essenziali che mi competono in quanto persona: una casa arredata e con servizi igienici funzionanti, degli abiti non rattoppati, del cibo non guasto, etc. Se invece, al fine di pagare le imposte, sono costretto a rinunciare alle vacanze estive, a cambiare il televisore o a comprare la mia prima auto, queste rinunce sono doverose perché tali beni o divertimenti esorbitano dall’insieme “vita dignitosa”. E dunque dovrei versare al fisco il dovuto anche se questo mi impedisse l’acquisto di un solo di questi beni. Il mio decoro di vita è intaccato se vado in giro vestito come un clochard, non dal fatto che non sono potuto andare al mare in Sardegna o che non ho un’auto. Dunque l’espressione “vita dignitosa” – e lo vogliamo sottolineare soprattutto a beneficio di quel zelante ufficiale delle fiamme gialle che eventualmente stesse leggendo con profitto il presente articolo – non è un salvacondotto per non pagare mai le tasse, un escamotage per fare la bella vita in barba a tutti.

    Da appuntare poi il fatto che una vita dignitosa si costruisce grazie soprattutto ai proventi del proprio lavoro. Ora se le tasse che gravano sulla professione impediscono di fatto sia di avviare un’impresa sia di continuare a percepire un reddito che permetta al lavoratore di vivere dignitosamente sorge il dubbio anche in questo caso se sia doveroso moralmente pagare le imposte. Per i motivi prima illustrati i ricavi del proprio sudore prima di tutto devono beneficiare se stessi e la propria famiglia e solo dopo, tramite le imposte, la collettività. Non si deve dare agli altri – Stato e società – il necessario, ma – solo qualora esista – una quota dell’eccedenza del necessario.

    Ma vi è un altro caso in cui è doveroso non versare i tributi pubblici. Si tratta dell’ipotesi di una tassa pensata unicamente al fine di sovvenzionare una pratica intrinsecamente malvagia dal punto di vista morale. Se ad esempio esistesse un balzello i cui proventi fossero destinati esclusivamente nell’aiutare le donne che vogliono abortire, correrebbe l’obbligo morale di astenersi dal versare simile tributo. Infatti si tratterebbe di una collaborazione formale al male, perché il cittadino aiuterebbe direttamente con i suoi soldi a compiere un atto malvagio. E’ l’esempio fatto poc’anzi: non devo restituire una pistola al legittimo proprietario se questi è intenzionato ad uccidere una persona innocente. Farlo sarebbe collaborare direttamente ad un atto malvagio. E analogamente pagare una tassa pro-aborto aiuterebbe a mettere nelle mani del medico quegli strumenti utili per uccidere il nascituro: sarebbe come consegnare una pistola al medico.

    Da qui l’obiezione: ma anche le nostre tasse foraggiano, tra gli altri moltissimi “servizi”, gli aborti, dunque è giusto non pagarle. L’obiezione non è fondata perché una cosa è pagare un’imposta che sovvenziona esclusivamente gli aborti, un’altra è pagare le tasse che tra gli altri “servizi” sovvenzionano anche gli aborti. In quest’ultimo caso è doveroso pagare le tasse perché le attuali imposte non sono state pensate solo per aiutare le donne ad abortire. E’ lecito e doveroso pagarle se intenzione del contribuente non è quella di aiutare le pratiche abortive pagando le tasse (se così fosse sarebbe immorale) bensì di soddisfare un obbligo generale di giustizia.

    Facciamo un esempio per spiegarci meglio. E’ moralmente lecito acquistare un’auto da un concessionario il quale so che userà anche dei miei soldi per acquistare droga? Sì, perché la mia intenzione è quella di pagare l’auto (atto doveroso di giustizia) non quella di aiutarlo a comprare droga (semmai per opportunità sarebbe meglio cambiare concessionario: ma nel caso dello Stato non posso farlo perché lo Stato è l’unico “concessionario” a cui pagare le tasse). Trattasi di collaborazione materiale al male e non formale: non collaboro direttamente all’atto malvagio, bensì solo indirettamente e non volontariamente.

    Diverso il caso in cui quello stesso concessionario mi vendesse ad esempio la sua auto privata confessandomi che quei soldi gli serviranno esclusivamente per comprarsi della droga: in questo caso ho il dovere di non comprare l’auto. In merito al nostro tema, pagare la tassa pro-aborto implicherebbe per il contribuente il fatto di far sua l’intenzione malvagia del legislatore, di sposare il fine illecito per cui quella imposta è stata pensata.

    Oltre a ciò esiste un altro motivo per cui è doveroso pagare le tasse ad uno Stato sebbene quest’ultimo finanzi pratiche abortive: è bene verificare che il rimedio non sia peggiore del male da evitare. Infatti i miei soldi aiutano lo Stato anche in altri ambiti moralmente leciti: non pagare le tasse comporterebbe una lesione a molti altri beni pubblici.

    Inoltre se questa mia forma di resistenza passiva all’aborto di Stato fosse resa nota ai più, potrebbe gettare un’ombra di sospetto su tutto il fronte pro-life etichettandolo come gruppo anarchico che fomenta la disobbedienza civile, aumentando per paradosso il favore per il fronte pro-choice e facendo così arretrare la lotta contro l’aborto.

    Infine questa mia decisione incrementerebbe altre forme di resistenza civile immotivate. La mia scelta potrebbe incentivare la nascita di altre decisioni simili ma illegittime. Sarebbe un pullulare di persone che decidono di non versare i tributi per i motivi più disparati: perché lo Stato finanzia giornali di una certa area politica, perché appoggia la caccia, etc.

    Insomma: pagare sì, ma non sempre perché prima dello Stato e della società c’è la persona e la famiglia. E una pressione attuale delle tasse oltre il 45% del Pil fa sospettare che a causa di ciò non poche persone e famiglie stiano conducendo una vita non proprio dignitosa.

     

    fonte: La Bussola Quotidiana, 26/03/2012
    http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-tasse-non-pagarlea-volte-si-deve--4895.htm

     

    (29/03/2012)



    [SM=g1740771]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 21/10/2014 22:53

      Il preservativo colabrodo




     


    Lo spacciano per sicuro ma non è vero! Il virus dell'Hiv può trasmettersi anche se il preservativo è correttamente usato. Perché non informano i giovani di questo pericolo? Forse per non mettere in pericolo il business di certe lobbies.


    Una propaganda interessata, cui non mancano ingenti mezzi economici, sostiene, in assenza quasi totale di voci contraddittorie, che l'uso del preservativo garantisce totalmente dal contagio del virus Hiv, impedendo la diffusione della malattia del secolo, dell' AIDS. 

    Ovviamente nel mondo laicista si dice peste e corna nei confronti della Chiesa cattolica, la cui morale retrograda e oscurantista si ostina a negare liceità all'uso dei contraccettivi, anche in epoca così a rischio di contagio mortale per larghe fasce di popolazione, soprattutto nei Paesi più poveri. Chiesa senz' anima, arroccatata su principi insostenibili, crudele, inamovibile e insensibile persino di fronte al pericolo di morte che circonda i nostri giovani. E così, ancora una volta sul banco degli imputati, la Chiesa ed i cattolici, per lo meno quelli che ancora seguono le indicazioni del Magistero in materia di morale sessuale, vengono additati a incoscienti, se non colpevoli, complici della propagazione del virus letale. 

    Costretti in difesa, noi cattolici non sappiamo quasi che cosa balbettare di fronte all'indice puntato di questi giustizieri dal giudizio inappellabile. 

    Ma si è proprio certi che le cose stiano veramente così? Si è sicuri che il profilattico protegga totalmente dal virus dell' AIDS? 

    Facciamo il punto della situazione. 

    1. Chi è siero positivo ha una malattia mortale di cui l'AIDS non è che lo stadio finale. 
    2. Chi è sieropositivo può contagiare gli altri. 
    3. Attualmente non esiste alcuna medicina o vaccino che guarisca da questa malattia e dunque l'unico mezzo per non contrarre questo virus è la prevenzione. 

    Ma oggi, quando si parla di prevenzione, viene alla mente una parolina magica: 'preservativo'. Lo dice il nome: preserva. Preserva la donna dal rimanere incinta, preserva giovani e meno giovani dal mortale contagio dell'Hiv. 

    Ma qualcuno - ci limitiamo a prenderne atto - dubita che il preservativo sia realmente uno strumento che garantisca di non essere contagiati dal virus. La cosa è risaputa, circola negli ambienti scientifici, ma si preferisce non divulgarla. 

    Tra i dubbiosi va annoverato il professor Joannes. P.M. Lelkens, emerito di anestesiologia all'Università di Maastricht e docente di fisiologia all'Istituto "MEDO" di Kerkrade (paesi Bassi) per la famiglia e l'educazione. 
    La tesi del professor Lelkens parte innanzi tutto da una constatazione: la probabilità di rimanere incinta utilizzando costantemente, in ogni rapporto sessuale, il preservativo varia tra il 9% e il 14%. Vale a dire che se 100 coppie, per un anno intero, usano esclusivamente il preservativo come anticoncezionale, circa 12 donne rimangono incinte. 

    Il dato, sconosciuto al popolo dei fruitori di contraccettivi, è confermato anche da una recente indagine condotta dall' Associazione degli ostetrici e ginecologi ospedali eri italiani (Aogoi). Anche questa indagine, ovviamente, è passata sotto silenzio quasi totale. 

    Ma proseguiamo. È dunque provato scientificamente che gli spermatozoi possono passare attraverso il preservativo. 

    Lo stesso professore ci informa che il virus dell' AIDS è più piccolo degli spermatozoi (0,1 micron) e perciò ha più facilità a passare attraverso il profilattico. 

    Quanto afferma il professor Lelkens è confermato da uno studio compiuto da C.M. Roland, capo della sezione "Proprietà dei polimeri" del Naval Research Laboratory di Washington, apparso in un articolo della rivista specializzata Rubber World del giugno del 1993. "Sulla superficie del preservativo - scrive Roland - la struttura originale appare al microscopio come un insieme di crateri e di pori. Più importante per la trasmissione dei virus è la scoperta di canali del diametro medio di 5 micron, che trapassano la parete da parte a parte. Ciò significa un collegamento diretto tra l'interno e l'esterno del preservativo attraverso un condotto grande 50 volte il virus". 

    La notizia va presa con estrema attenzione: il preservativo presenta fori 50 volte più grandi del virus dell' AIDS e quindi questo virus può benissimo attraversare la parete di gomma del pro-filattico. 
    La maniera migliore per verificare la veridicità di questi dati era testare nella realtà la presunta sicurezza offerta dai preservativi.

    Questo è appunto ciò che ha fatto la dottoressa Susan C. Weller che ha studiato la frequenza della trasmissione del virus, usando sempre il preservativo per un anno, tra coppie di marito e moglie nelle quali uno solo dei due partners è sieropositivo. 
    In questo studio è emerso che ben il 30% delle persone sane si è ammalato nell'arco di un anno; ciò a dimostrare che questi soggetti, nonostante l'uso continuato del preservativo, sono stati contagiati dal loro coniuge. 

    Una percentuale strabiliante che, se confermata, inficia del tutto il comune pensare di tanti promotori delle campagne del "sesso sicuro". Sostenere, come fanno molti messaggi pubblicitari, che l'uso del preservativo garantisca totalmente da rischi di contagio è del tutto falso. 
    Se il messaggio fosse accolto acriticamente - come purtroppo avviene spesso - dai nostri studenti, in ogni classe 6-7 dei nostri ragazzi (appunto circa il 30 %) rischierebbero pericolosamente di essere sacrificati alle campagne del "sesso sicuro". Vien da chiedersi quanti genitori sarebbero disposti a sottoscrivere tali campagne. E quanti giovani, se informati della verità, sarebbero disposti ad accoglierle acriticamente, come spesso oggi avviene.

    Infine, oltre al fatto che il preservativo presenta veri e propri tunnel che permettono il passaggio del virus all' esterno dello stesso, non dimentichiamoci che il profilattico durante il rapporto può subire lacerazioni (i preservativi nuovi hanno una probabilità di lacerarsi del 3,6%, quelli vecchi di qualche anno fino al 18,6%); può, se non utilizzato correttamente, provocare passaggio di liquido seminale, e con esso anche il virus Hiv, e, da ultimo, può sfilarsi. 

    Se sommiamo tutti questi rischi dobbiamo necessariamente essere d'accordo con il parere autorevole del professor Leopoldo Salmaso, medico epidemiologo e aiuto infettivologo presso l'ospedale di Padova, parere confermato dai risultati delle ricerche condotte dal Federal Drugs Administration, l'ente che negli Stati Uniti controlla i medicinali: "Il preservativo può ritardare il contagio, ma non arrestarlo". 

    La conclusione si impone: contare sui preservativi è far la corte alla morte. 

    A questo punto sorge spontanea una domanda: perché i risultati di queste ricerche non sono noti all' opinione pubblica? Forse per non generare un panico di massa? Ma quando c'è di mezzo la nostra salute, non abbiamo tutti il diritto di sapere? Non sarà che la vendita di preservativi fattura milioni di dollari in tutto il mondo e simili notizie segnerebbero la fine di un così imponente busi-ness? Domande che attendono risposta.

    Tornando invece al problema di come debellare l'AIDS, che cosa possiamo fare di realmente efficace per fermare questa malattia, dato che i preservativi offrono così poche garanzie? Qual è la vera strada del sesso sicuro? 

    La sola strada che dà certezza di non contrarre il virus è proprio quella di non avere rapporti sessuali con persone infette: la strada dell' astensione sessuale, proprio quella tanto derisa, gabellata per retrograda, qualificata come castrante la personalità dei nostri giovani. Eppure, il ragionamento non fa una piega. Il professor Salmaso ci aiuta con un esempio pubblicato su Avvenire: "Se un bambino ha il morbillo, abbiamo due modi per arginare l'infezione.
    Eliminare il rischio di contagio tenendolo a casa, oppure mandarlo a scuola facendogli indossare una mascherina.
    Va da sé che questo secondo criterio è assai più insicuro rispetto al primo. Portando la mascherina il bambino contagerebbe i compagni di scuola in quindici giorni, anziché in uno. Ma il risultato sarebbe ugualmente quello di un' epidemia generalizzata" . 

    Questo è quanto può accadere, fatte le debite proporzioni, quando una persona sieropositiva utilizza il preservativo. Non è certa di evitare il contagio, ma solo di ritardarlo. 
    Naturalmente, soluzione efficace e raccomandabile è la fedeltà reciproca nel matrimonio. Ma, guarda caso, qui torniamo al recupero di quella visione monogamica della coppia, proclamata dalla Chiesa sin dall'inizio della sua bimillenaria storia. 

    Ancora una volta questi cattolici. Che abbiano ragione anche quando parlano di preservativo?

     
    RICORDA


    -
     Il preservativo presenta fori il cui diametro è 50 volte più grande della grandezza del virus dell'AIDS.


    - L'astensione dai rapporti sessuali con persone sieropositive e la fedeltà reciproca nel matrimonio sono l'unica garanzia sicura contro il contagio

    - Studi epidemiologi, scientificamente condotti, dimostrano come nel 7-15% dei casi, fino al 30% in alcuni studi, l'infeszione si verifichi nonostante l'uso del preservativo.



    IL TIMONE – N. 1 - ANNO I - Maggio-Giugno 1999 - pag. 13 - 14



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)